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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 171 con grande impazienza l’arrivo delle cento spose. Infatti il naviglio è segnalato, ecco che arriva, ma ahimè! avendo dovuto fermarsi in molti porti intermedii un gran numero di donne è rimasto a terra in queste frequenti stazioni, e di cento ch’erano, sono restate appena quattordici! Capirete facilmente che quattordici fanciulle non bastano a cento coloni. Come fare? Il governatore dell’isola trova un espediente assai ingegnoso: quello di mettere le quattordici donne in lotteria; i quattordici coloni che guadagneranno le avranno. Gli altri aspetteranno una nuova spedizione. Credo superfluo aggiungere che tra le quattordici sono la giovine duchessa Gabriella e la sua amica madama Poulardot I loro mariti sono arrivati, il cielo sa per quale prodigio, nell’Isola, ma per non esserne espulsi si decisero a prender gli abiti femminili. La lotteria ha luogo: tra i quattordici vincitori c’è il governatore dell’isola, il sig. Plupersonn ed il suo segretario Brididick. Il primo guadagna la giovine Gabriella, l’altro la grossa signora Poulardot. Qui comincia una serie di scene le une più buffe delle altre e tutte d’una inverosimiglianza spinta all’ultimo limite. Per esempio, il Governatore ed il suo segretario prendono i mariti per le donne, e credono invece che le due donne siano due uomini travestiti. Durante un atto intero il pubblico assiste ad un viavai di scene grottesche ed alle quali la madre farà cosa saggia di non condurre la figliuola; finalmente il Deus ex machina che deve trovar il nodo è il primo naviglio, quello che conteneva le prime cento fanciulle. Ecco che arriva nel porto dell’isola— Verde ed al gran completo. Sicché ora invece di quattordici, le donne sono centoquattordici. Togliete via la bella Gabriella e la signora Poulardot, restano centododici. 1 coloni sono cento, compresi il Governatore ed il suo Segretario. Per chi saranno le restanti dodici donne? Il Governatore con un sorriso malizioso fa capire che non è affatto imbarazzato del soprappiù. Io non sono certamente tra quelli che credono che l’arte drammatica è un sacerdozio, il teatro la scuola dei costumi ecc. Nullameno quando vedo che si va troppo lontano non saprei dar piena approvazione agli scrittori di commedie che fondano il loro successo sul genere troppo galante, al segno che le oneste donne non osano più andare al teatro. Dal breve riassunto delT intreccio di questo libretto non avrete potuto capire a che punto esso sia ■ scabroso. Non è tanto l’argomento che farebbe arrossir le donne, sono i particolari. Nel Nappo d’argento non è così: ivi tutto è doppio senso; manco male; si ha sempre l’espediente di dire che non si è pensato a male; ma nelle cento vergini le cose sono dette in modo così chiaro così spappato che non è da farsi la menoma illusione. Non m’incombe di fare il censore, ma posso almeno esser sorpreso di veder che tutti i giorni i fogli repubblicani si affannano a dire che sotto il secondo impero i costumi erano divenuti troppo leggieri. Non lo nego; ma son forse più austeri ora che il secondo impero è caduto? Pare dì no, a giudicarne almeno dalle produzioni teatrali che sono per la più parte il riflesso della società. Al Teatro Italiano abbiamo avuto due o tre serate assai importanti quella nella quale la Sasse e Monginì hanno cantato il Trovatore e che non ha fatto il grand’effetto che se ne sperava. La voce della Sasse è troppo forte per il Teatro Italiano; Mongini che non voleva restare al di sotto ha gridato più di lei, il basso Colonnesi ed il contralto Bracciolini han fatto altrettanto: non so come non li abbiate uditi di costà! L’altra serata «a sensazione» è stata quella nella quale la signora Floriani ha cantato la Traviala. Quando dico «ha cantato,» esagero. Ma ha avuto paura, e benché abbia aperto la bocca il suono non è uscito o cosi poco che non vai la pena che se ne parli. Tremava come una foglia ed è stata lì lì per cader svenuta. I quattro costumi che cambia durante la rappresentazione le avevano costato la bagatella di ventotto mila franchi! È pagar un po’ caro il piacere di farsi ammirare in pubblico. Ad una festa da ballo avrebbe fatto più effetto, ed avrebbe speso meno senza esporsi alla mortificazione di non poter cantare la parte. Finalmente la terza serata importante è stata quella nella quale la Penco ha cantato la Norma. Nulla di particolare per chi ha inteso questa musica cantata dalle prime artiste. E sabato Y Anna Balena con la Sasse. h B LONDRA, 13 maggio. Ancora del tenore Campanini al Drury-Lane nella Lucrezia Borgia. — Replica del Faust colla signora Maria Roze — Seconda rappresentazione della Marta al Covent-Garden — L’Albani, la Patti, la Nilsson e la Titiens. Nella seconda rappresentazione della Lucrezia Borgia, ch’era pure la seconda comparsa del Campanini davanti al pubblico del Drury Lane, v’ebbero gli stessi applausi, lo stesso entusiasmo che nella prima. Così il Campanini ha avuto un vero successo. La Maria Roze ha debuttato, come v’ho già detto, nel Faust. il quale fu ripetuto, presente in teatro l’illustre autore, martedì scorso. La voce della Roze non è potentissima ma è certo simpatica. Non veste per la scena troppo ammirabilmente, ma ciò forse è difetto d’esperienza. Col tempo essa certo apprenderà l’arte sua ch’oggi non possiede. Anche la Roze è francese; e il suo nome suonò un giorno altamente nei saloni, che furono, dell’Hotel de Ville. Il suo viso, se non bellissimo, è singolarmente attraente; ma della persona è forse un po’troppo pesante. Cantarono con lei benissimo il Vizzani, il Foli e la Trebelli-Bettini. Ho assistito alla seconda rappresentazione della Marta al Covent-Garden coll’Albani, col Graziàni, colla Scalchi, col Tagliafico e col Bettini. Poveretta, la Scalchi è stata seriamente e lungamente ammalata, e però da lei sarebbe impossibile, dopo sì breve tempo, aspettar maraviglie. L’Albani si distinse più che mai; parlarvi del Graziani e del Tagliafico sarebbe superfluo. Del Bettini dirò che dovè ripetere l’aria del terzo atto, che disse benissimo. Finalmente la diva svedese è arrivata in mezzo a noi dal continente americano. Con essa è arrivato anche il gran baritono inglese, M.r Santley, il quale ha costato dei buoni denari alla ditta Chappel e Compagnia! I giornali parlano d’una offerta di 120,000 lire rifiutata dalla Titiens per cantare al gran giubileo di Boston. E oltre le 120,000 lire la brava cantatrice, che non ha voluto abbandonare nemmeno per un mese il Mapleson, sarebbe stata completamente spesata. Il signor Gilmore è in cerca d’altre stelle, e conta trovarle, a quanto pare, nel firmamento italiano! Se non erro, non ve ne sono poche fìsse e in disponibilità! fVERONA. Al teatro Ristori la Favorita, fu un trionfo pel baritono Giraldoni e per la signora Carolina Ferni. Bene il tenore Aramburo. UDINE. Ci scrivono: Al teatro Nazionale ebbe luogo testé un concerto di mandolino del famoso cieco Vailati Dopo ognuno dei singoli pezzi eseguiti stupendamente da questo valente artista, gli applausi proruppero generali ed entusiastici. Il Carnevale di Venezia ad una corda sola è un prodigio di bravura e fu fatto ripetere. Presero parte lodevolmente al trattenimento la brava pianista signora Elisa Badolini, e la signora Teresa Santos che cantèi con molto garbo una canzone spagnnola EI esterno de una artista. — Ottimo esito al teatro Minerva la Saffo di Pacini. Fra gli esecutori piacquero più di tutti la signora Mallknecht-Antonietti e il tenore Celestini. Bene i cori, discreta l’orchestra. VALENZA (Piemonte’). Esito felice il Trovatore colle signore Vogri e Mariotti, col tenore Firpo e col baritono Mazzoli. LIVORNO. Saffo e Lucrezia Forgia furono due splendidi successi; piacque la signora Scaratti, la Veralli; il tenore Filippi Bresciani e il baritono Grandi. BARLETTA. Ci scrivono: Al Macbeth successe felicemente la Lucrezia Borgia. Ebbe ad interpreti le signore Cattinari-Fassi e Baldi, il tenore Palermi e il Parboni. La Cattinari-Fassi e Parboni ebbero i primi onori. Bene anche gli altri; cori ed orchestra diretta dal maestro Montenero, lodevoli. TORTONA. Ci scrivono: I due spettacoli dati al nostro teatro, cioè la Contessa d’Amalfi e la Lucia, ebbero esito assai lieto. Fra gli artisti emerge la signora Clerici, che è sempre applauditissima. TRIESTE. Ottimamente nella Jone la signora Pascal-Damiani, il tenore Tombesi, e il baritono Burgio, che furono applauditi con entusiasmo. Bene anche il basso Zucchelli.