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158 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO riprese col suo. Io non dimenticherò mai lo sguardo di riconoscenza che le rivolse. Il 26 marzo eravamo in piacevole compagnia in casa del signor de Liedenberg, antico allievo di Kummel e gran dilettante di musica. Uno spaventevole uragano scoppiò fra le cinque e le sei ore. Turbini di neve accompagnavano formidabili scoppii di folgore, e la luce dei lampi illuminava la sala. Alcune ore dopo giunsero ancora dei convitati che ei portarono la notizia della morte di Beethoven, avvenuta appunto alle sei meno un quarto. Questo fenomeno metereologico, coincidente così perfettamente coll’ora della morte del grand’uomo. non sarebbe certo stato interpretato come un semplice effetto del caso nei tempi andati. Le esequie ebbero luogo il giovedì 19 maggio. La riunione nella casa mortuaria Sch’warzsparnier-Hauss N. 200 presso lo Schottenthos. Di là il corteo si recò alla chiesa della Trinità. Otto maestri di cappella, pacifici campioni dell’arte, fra cui Eibler, Kummel, Seyfried, Khreutzer, Weigl, Gyrowetz e Gaensbacher, tenevano i lembi della bara, che era coperta di ghirlande. Beethoven non aveva mai ricevuto simile onoranza. Gran numero d’artisti attorniavano il feretro; tutti portavano cerei. Ho ancora innanzi agli occhi l’alta statura di Lablache che era presente. La fila era interminabile; la folla compatta. Tutta Vienna era là! Seyfried aveva aggiunto ad un’armonia militare di Beethoven un coro d’uomini di grand’effetto. Io non potei penetrare in chiesa, ma mi feci condurre con Kummel al cimitero di "Waering che rigurgitava di gente. Riuscimmo a pervenire accanto alla fossa e vi attendemmo l’arrivo del carro funebre. Fino all’ultimo momento non si sapeva che Anschütz, il celebre attore, dovesse pronunziare l’orazione funebre scritta da Grillparzer. Anschütz prese la parola all’ingresso del cimitero-di modo che questa parte della sua cerimonia ei sfuggì. Dopo una lunga pausa, il corteo arrivò. Si calò il corpo nella fossa. Kummel, profondamente commosso, gettò alcune corone di fiori sulla bara e un gran numero d’assistenti lo imitarono. Non mi sovvengo che si abbia cantato, o pronunziato alcun discorso; ma ciascuno sembrava penetrato dalla solennità del momento, e tutta la folla era come presa da un sentimento di rispetto e di lutto. Di quelli che hanno assistito a queste esequie reali, pochi senza dubbio sono ancora di questo mondo. Ma sono nati milioni di uomini che hanno votato a Beèthoven un culto che non ha eguali. E quando la spoglia mortale se n’è andata in polvere, che il vero genio ei apparisce in tutta la sua grandezza e la sua memoria riceve un omaggio d’amore, al quale egli non può più rispondere. JTiller Meyerbeer, come è noto, fu sempre molto titubante nella scelta dei libretti per le sue opere. Quando era d’accordo con un librettista, questi non aveva più un’ora di requie finché il lavoro fosse terminato secondo gli intendimenti del maestro. Un giorno Scribe, pressato dal compositore di introdurre un’aria nel quarto atto del Roberto il Diavolo, pregò il suo amico e collega Casimiro Delavigne, di scrivere questa poesia per il maestro. Il poeta, sedotto dalla situazione della principessa Isabella, che supplica Roberto di risparmiarla, dettò una poesia piena di slancio. Meyerbeer ne è entusiasmato, si accinge a musicarla, ma in quindici giorni non sa trovare una nota per i magnifici versi. Tutto disturbato si reca da Scribe e gli dice: «Questa poesia è straordinariamente bella, ma non posso approfittarne.» — «Sì, è bellissima», risponde Scribe, «ma il mio amico non è del mestiere; tutta la situazione si può svolgere con poche parole, forse con: Grazia per te, grazia per me, ecc.» — «Bene, benissimo», grida Meyerbeer, come fuori di sè: «Graziai graziai Ora la mia aria è bell’e fatta». Essa, come tutti sanno, è riescita magnificamente, ma la parola grâce {pietà nella versione italiana) vi si presenta non meno di 19 volte. Ed ecco perchè questo pezzo è generalmente chiamato Varia di grazia. A La famosa canzone latina degli studenti tedeschi — Gaudeamus igitur — è antichissima. Una canzone satirica (Spoltlied), trovata in un vecchio manoscritto e fatta in occasione del matrimonio di Lutero (1525), ne riproduce la melodia. Quanto al testo, era probabilmente T espressione della gioia degli studenti che partivano in vacanze; lo si trova stampato per la prima volta nel 1781. Ne furono fatte molte imitazioni e parafrasi in tedesco. A Quando Liszt, or fanno molti anni, si recò in Spagna e diede splendidi concerti a Madrid, il signor Salamanca, il Rothschild spagnuolo, gli dimandò come gli piacesse quel paese. «Non c’è male,» rispose Liszt, «peccato che gli zigari siano tanto cattivi.» — «Lasciatene la cura a me, vi manderò dei zigari eccellenti,» rispose il Creso di Madrid. Liszt stava aspettando che questa promessa si traducesse in fatti, ma invano; il banchiere l’aveva dimenticata. Ciò indispetti l’artista, che il giorno della sua partenza da Madrid comperò 500 -zigari dei più fini, li mise in una elegante cassetta e li inviò al milionario, nel momento che montava in vettura, insieme col suo viglietto di visita, sul quale aveva scritto p. p. c. (pour prendre congé). Egli viaggiava colla’ posta straordinaria ed era quasi arrivato ai confini, quando dietro la sua vettura ode gridare un tonante alt! Meravigliato, guarda fuori; non era un bandito, come aveva temuto, bensì un corriere cosparso di sudore e di polvere, che gli galoppava di dietro gridandogli tutto trafelato: «Reco il pacchetto che Vostra Eccellenza dimenticò a Madrid!» E staccato dal cavallo una valigia, la presenta a Liszt, quindi colla rapidità con cui era venuto si allontana. Liszt apre la valigia e vi trova una cassetta di palissandro intarsiata d’argento, contenente diecimila zigari d’avana dei più fini col biglietto di visita del signor Salamanca.