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ULTIMI GIORNI DI BEETHOVEN (Continuazione e fine, vedi N. 18,) MAGGIO Si è pubblicato il Piccolo Romanziere di Enrico Panzacchi, che fu già spedito agli associati che lo avevano chiesto per premio. Verso la fine del corrente mese sarà pronta anche la Cronologia idei Cambiasi. Il 13 marzo Hummel m’invitò di nuovo ad accompagnarlo in casa di Beethoven. Lo trovammo visibilmente aggravato. Era a letto, sembrava soffrire atrocemente e gemeva di frequente. Parlava tuttavia molto e presto. Pareva sopratutto rimpiangere d’essere rimasto celibe. Già alla nostra prima visita egli ne aveva parlato in tono scherzoso ad Hummel di cui aveva conosciuto la moglie quando era giovane e bella. «Voi, disse egli, potete chiamarvi felice; avete una donna che vi ama, ma io povero!...» e sospirò profondamente. Egli pregò anche Hummel di condurgli sua moglie, che non aveva saputo risolversi ad andare a rivedere in uno stato compassionevole, l’uomo che essa aveva conosciuto in tutto il suo splendore. Poco tempo prima gli si aveva fatto dono d’un disegno della casa dove era nato Haydn. Egli l’aveva sospeso accanto al suo letto e ei disse mostrandolo: «questa attenzione mi ha cagionato una gioia puerile; ecco dove questo grand’uomo ha visto la luce.» Parlò in seguito ad Hummel con profondi segni d’interessamento di Schlinder, che divenne famoso più tardi. «E un brav’uomo, diceva, che mi mostra molta simpatia. Egli prepara un concerto che deve aver luogo fra breve; ho promesso di prendervi parte, ma tuttavia non produrrà nulla, lo desidererei che mi faceste il piacere di prendere il mio posto. Bisogna sempre dare un colpo e di spalla agli artisti bisognosi.» Naturalmente Hummel accettò. Questo concerto ebbe luogo dieci giorni dopo la morte di Beethoven, al teatro di Joseplistadt. Sotto l’impressione degli avvenimenti dei giorni precedente Hummel improvvisò una fantasia sull’allegretto della sinfonia in la. La sua esecuzione magistrale gli fece ottenere un successo colossale; il motivo che l’aveva spinto vi contribuì assai. Poco tempo dopo la nostra seconda visita, si seppe a Vienna che la Philarmonic Society di Londra aveva inviato cento lire sterline a Beethoven per assisterlo nella sua malattia. Si disse anche che questo dono fece tale impressione sul grand’uomo che le sue sofferenze fìsiche gli parvero raddolcite. Quando noi ei ritrovammo il 20 dinanzi al suo letto, era facile avvedersi alle sue parole quanto questo segno d’interessamento l’avesse rallegrato, ma egli era d’una debolezza estrema e non parlava che dolcemente e con interruzioni ed intervalli. «Non tarderò ad intraprendere il gran viaggio» mormorò dopo averci salutato. Egli ripeteva spesso parole di tal fatta, ma si occupava ancora talvolta di disegni e di piani che, oimè, non dovevano mai effettuarsi. Parlando della nobile condotta della Philarmonic Society e lodando il popolo inglese, egli disse che, ristabilito in salute, andrebbe a visitare Londra e comporrebbe una grande ouverture sinfonica per gli Inglesi suoi buoni amici. E poi andrebbe a visitare anche la signora Hummel che questa volta ei aveva accompagnati, e viaggerebbe un po’ da per tutto. Il suo occhio, che alla nostra visita precedente era ancora vivo, pareva ora appannato ed egli durava fatica a sollevarsi ogni tanto. Non si poteva più sperare guarigione, uno scioglimento fatale era da temersi. Quando lo rivedemmo per l’ultima volta, il 23 marzo, l’aspetto di quest’uomo illustre era straziante. Egli era là, spossato, gemente. Non usciva parola dalle sue labbra: grosse goccie di sudore gli imperlavano la fronte. Come egli non trovava abbastanza presto il suo fazzoletto, la signora Hummel gli asciugò il volto a più