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154 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Come si fa, vi domando a mettere in musica quest’opera, composta di due o tre scene, vale a dire di due monologhi e d’un dialogo? I due monologhi sono un’aria di Silvia preceduta da un recitativo, una canzone o mandolinata di Zanetto, ed un duetto assai lungo, anche troppo lungo. In un teatro non di musica, all’Odéon, il piccolo dramma di Coppée, piacque e fu molto applaudito: là «è vinta la materia dal lavoro»: i versi sono belli, gli attori li dicono con grand’arte, nulla di più naturale che il successo. Ma perchè ritornarci sopra per farne un’opera lirica? La musica scenica vuole innanzi tutto le situazioni: per belli che siano i versi, van perduti per la più parte quando lo strumentale impedisce di ben intenderli e di valutarne i pregi. Se almeno il compositore Paladilhe, giovine ancora e che fu laureato al concorso del gran premio di Roma, avesse preso il partito di esser melodico, di prodigare le frasi di canto, o quel che noi chiamiamo i bei motivi!... Ma no; ha voluto più specialmente occuparsi del lavoro strumentale. Comprenderete facilmente che il suo tentativo è rimasto sterile e che il successo non poteva coronare la sua operetta. Crederete dal poco che vi ho detto, che il Paladilhe non sappia trovar le belle melodie. Errore, La sua Mandolinata (è il nome che ha dato al solo di Zanetto perchè accompagna il canto pel suo istromento) è bellissima, d’una melodia facile, graziosa, elegante e che l’orecchio ritiene senza fatica. Vuoisi peraltro che sia ispirata da una canzone o romanza italiana: ma di ciò non essendo sicuro, non fo che ripetere quel che ho inteso dire. Vi ha anche qua e là qualche bella frase che fa supporre che il compositore, se il volesse, potrebbe essere melodico. Ma pare che no’l voglia. E perchè? Noi credereste. Perchè è affiliato alla > cuoia novella, ad una scuola che tiene a vile la melodia, chiamandola trastullo da femminette, e che vorrebbe ridurre la musica scenica al semplice lavorio dell’orchestra. Non conosce e non vuol conoscere che l’armonia. Il canto le cale ben poco. Le voci per essa non sono che altrettanti strumenti da fiato da aggiungere a quelli dell’orchestra per divertire la parte più volgare del pubblico. Sono flauti. clarini, oboe, fagotti, che impacciano il compositore, ma di cui è pur forza che si serva per far piacere agl’inetti! Ecco a che siamo giunti! Ecco quel che pretende la novella scuola; ed il peggio è che il numero dei suoi partigiani aumenta di giorno in giorno. Ed è ben naturale: tutti quelli che non sanno trovare nel loro vuoto cervello etto battute che contengano una frase di canto, nuova, originale, piacevole, adatta alla situazione, van gridando che la melodia è inutile e divengono affiliati alla nuova scuola. Ma nel numero ve n’ha di quelli che non mancano di idee, che potrebbero benissimo trovar dei canti, e che nullameno sembrano averne vergogna. Quando scrivono qualche pagina melodica, se ne giustificano come di un errore involontario; temono d’essere sgridati dai sedicenti corifei della nuova scuola. Direbbero come il fanciullo che ha meritato le staffilate per qualche grosso strafalcione: «non l’ho fatto apposta e non lo farò più». E questo pare essere il caso della mandolinata del Paladilhe, che per altro ha ingegno e cominciò molto bene la carriera. Il preludio che serve d’introduzione al Passant è molto lodevole; si vede che il nuovo compositore conosce perfettamente la parte strumentale ed in tutto il resto dell’operetta ciò che concerne l’orchestra, è scritto veramente con arte. Ma a che vale? Se non vuol occuparsi che dell’orchestra, scriva sinfonie, non domandi un libretto per comporre un’opera. Vero è che un libretto come quello che ha scelto, avrebbe messo nell’impaccio anche il più facile e fecondo melodista. Come si fa a mettere in musica un dialogo ragionato, una specie d’argomentazione, una difesa della vita libera o della schiavitù dell’amore. Ma credo che appunto perchè il libretto non offriva situazioni drammatiche, il Paladilhe lo ha scelto. Ha potuto cosi non occuparsi che della stromentazione e lasciar da banda il canto. E da sperare, per lui, che l’accoglienza piuttosto fredda fatta dal pubblico alla rappresentazione del Passant faccia riflettere il signor Paladilhe al rischio che egli correrebbe se volesse ostinarsi a restar esclusivamente armonista a discapito della melodia. Del resto tutti quelli che seguono questa via, hanno sorte eguale. Il povero Berlioz che non era mai andato sì oltre contro il canto, non ottenne mai o quasi mai un felice successo alla scena, ed aveva ben altro merito e ben altro ingegno che i pigmei dell’arte che si pretendono fondatori o fautori d’una scuola novella. Non parlerò dell’esecuzione dell’operetta del Paladilhe; avrei ben poco a dirne. La Priola nella parte di Silvia è insufficiente. Che voleté che una vocalista faccia di un.continuo recitativo, giacche anche la sua aria, anche il duetto non sono che un lungo e monotono recitativo. La Galli Marié nella parte di Zanetto è oltremodo graziosa. Il vestimento maschile le va a pennello, e la bella canzone sul mandolino è cantata da lei in modo da farla, ridomandare. Tanto è vero che il pubblico ama la mef. lodia, perocché non appena gliene date un pochino, è soddisfatto e grida bis! Questa volta non vi parlerò nè deìY Opéra, ove non si dà ancora nulla di nuovo, nè del Teatro Italiano, il quale annunzia le rappresentazioni della signora Sasse, e farà esordir domani sera nella Tnaviata una nuova cantante, la signora Floriani. Dico nuova, perchè non ha mai calcato la scena. Vuoisi che si dia al teatro per solo amore dell’arte. Il suo vero nome è Emilia Lavai, ed è allieva del tenore Royes e della De La Grange. «Se è rosa, fiorirà.» Ve ne parlerò nella prossima mia lettura. Intanto da più giorni non vi è più un palchetto nè un posto di platea che non sia stato preso. Tutti hanno la curiosità di sapere come sarà accolta la bella esordiente. E generalmente tutti vorrebbero vederla riuscire. fi. fi. Londra, 23 aprile. (ritardato) Le improvvise indisposizioni continuano più severe e più frequenti che mai fra la compagnia del Covent-Garden. Non è però a maravigliarsene troppo, visti i capricci veramente straordinari della stagione. Oggi estate, domani inverno, e un altro giorno estate e inverno alternativamente ogni ora. Pare incredibile, ma cosi è. Anche simili spettacoli, come potete credere, sono però gustati non invero dall’animo, sì bene dal corpo, il quale soffre in conseguenza. I disappunti della settimana si limitano a due. La Saar dovea debuttare nel Flauto magico di Mozart, e la stella canadiana dovea comparire per la terza volta nella Sonnambula. Alla Sonnambula fu sostituita la Traviata, e il pubblico a giudicare dal suo contegno entusiastico non nb fu malcontento. I principali interpreti della Traviata furono Naudin, Cara voglia e la Lucca. Il Caravoglia è il sostituto provvisorio del Cotogni, il quale continua ad essere ammalato. La improvvisa indisposizione della Saar, se ho da credere alle male lingue, non è un fiore di stagione, ma piuttosto un fiore di virtù. Sembra che quell’amabile donna non sia da tanto da poter tentare la parte di Pamina, e il nuovo annunzio del Flauto magico tende a dar ragione a quelle male lingue. Il Flauto magico è annunziato per lunedì prossimo, 29 corrente, e la brava Lucca sarà Pamina. La Saar debutterà invece nelY Amleto, che è annunziato per giovedì sera col Faure, col Bagagiolo e colla Sessi. La rappresentazione della Favorita colla Lucca, col Nicolini e col Faure è stata nuovamente un successo. Con simili artisti non può essere altrimenti, sebbene Nicolini lasci molto a desiderare a causa della sua voce generalmente tremola. Contro il Nicolini milita quella benedetta r nativa, che egli non può seppellire con tutta la sua buona volontà; e oltre a ciò sembra che una specie di panico s’impadronisca di lui ogniqualvolta presentasi sulla scena. L’Esmeralda del maestro Campana verrà data nella seconda metà di maggio, e sarà interpretata dai soliti artisti. Che quest’opera sia riservata alle celebrità non è piccolo onore al merito. A dispetto di ogni avversa critica Y Esmeralda è sparsa di melodie, che si cercherà invano di seppellire, e che vivranno per essere ammirate e gustate. Il fatto più notevole nei fasti del Drury Lane è la rappresentazione degli Ugonotti col Fancelli, coll’Agnesi, col Mendioroz, col Foli, colla Titiens, colla Colombo e colla Trebelli-Bettini. L’esecuzione meno imperfetta dal principio della stagione è stata questa degli Ugonotti. Tutti più o meno si distinsero, il Fancelli non eccettuato, a dispetto della sua ignoranza di scena Della Trebelli-Bettini, che sostenne la parte d’Urbano, ripeterò quello che ha detto Y Observer, giornale accreditatissimo della domenica. «La sua prima comparsa sul palco scenico fu salutata con sincero entusiasmo. La sua personificazione del paggio è la più fascinante che possa desiderarsi su qualunque teatro italiano o altrimenti. Ascoltare l’intonazione perfetta della Trebelli è per sè solo un distinto piacere; ma questo dono di natura, poiché è cosa che non può acquistarsi nè collo studio nè colla pratica, è in lei congiunto a un istinto egualmente rimarchevole per l’esatta misura del ritmo musicale, e a un talento spiccatissimo per la scena. Aggiungerò che tutti i giornali senza eccezione sono rimasti egualmente entusiasmati della Trebelli-Bettini nella parte di Urbano. Gli ammiratori di Sir Sterndale Bennett, che non sono pochi, hanno istituito in suo onore un premio annuo perpetuo, che porterà il suo nome, e che sarà dato a un allievo della Reale Accademia di Musica. L’istituzione di questo premio è stata festeggiata in forma solenne con con gran corso di artisti e amatori in St James’s Hall.