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142 •GAZZETTA MUSICALE DI MILANO dilatata e riposata. Allora incomincia il gran concerto del bosco, e il gorgheggiar de’ garruletli augelli, e il bordone delle foglie e il dondolamento degli arbori; v’ha chi vi ha udito perfino il muggito de’ buoi, mugitusque boum, ed altri anche il mugolio più dolce delle giovenche, v’ha chi ha riconosciuto uno ad uno gli augelletti che cantano. Noi non abbiamo voluto penetrare troppo in codesta analisi e ei siamo accontentati alla sintesi; abbiamo ammirato grandemente la poetica osservazione della natura nella quale il Raff ha posto tanto diligente studio quanto non avrebbe potuto porne di più un vero pittore. La melodia che domina questo tempo è come abbiam detto, blandissima, vaga, ondulata, partecipa assai della maniera patetica e sensuale del Brahms, ei ha del silvestre e del montanico ad un tempo, ma di lunga lena non è, presto si sperde come la carezza d’uno zeffiro. — Segue un adagio, direi quasi un notturno. Vi scorre mollemente per entro il calmo e solenne respiro della selva addormentata. Avremmo gridato, se fosse stato lecito, ad una certa battuta verso la cadenza estrema del primo canto, avremmo gridato ciò che esclamava il conte-duca Orsino, personaggio di una commedia di Shakespeare. Cette mesure encore ztne fois! elle avait une cadence mourante: oh! elle a effleuré mon oreille comme le suave zephir equi souffle sur un banc de violettes dérobant et apportant un parfum... Assez! pas davantage. Ce n’est plus aussi suave qzie tout à l’heure. Assez, pas davantage. La frase che segue quel primo canto non è più nè cosi soave nè così peregrina; Dadagio continuando, ripetendosi, si diluisce in varie trasformazioni strumentali, acquista grazia forse, ma perde potenza. Un leggiero tremolio di violini e un cinguettio di flauti, come Un’aura dolce senza mutamento lo circonda, ma l’impressione vergine e nuda del tema melodico non è sorpassata. A nostro parere, la prima pagina di codesto adagio è, melodicamente parlando, la più alta di tutta la sinfonia. Segue uno scherzo, la danza delle driadi. Vezzoso, ben adorno di leggiadra, peregrina istrumentazione; elastico nei ritmi, ora balzante su gambe di levriero; or scivolante e fluente come veli di ninfa. Il trio di questo scherzo è un arabesco leggiadrissimo di disegni ritmici e di note flautate colte sull’estreme eseguita del cantino, par in udirlo che ad un tratto i grilli della notte si mettano a cantare mentre continua la danza delle ninfe dei boschi. Il Raff si compiace ad accoppiare nel suo programma sinfonico la mitologia greca alla saga alemanna, le Driadi classiche al Dio Wodàno o Godano e alla fata Hulda, al Mercurio romantico e alla Ecate romantica. Nell’ultimo tempo codeste due deità scatenano una fra le più portentose caccie fantastiche che sieno passate attraverso le visioni d’un cervello umano. Quest’ultimo tempo lungo quanto i tre primi uniti assieme è lo squarcio più ammirabile della sinfonia e può essere analizzato tanto dalla mente d’un musicista come da quella d’un pittore, come da quella d’un poeta. Il Raff ideando cotesto ultimo tempo riuni in sè stesso la fantasia di Weber, di Kaulbach e di Uhland, La notte è ancora folta, le Driadi sono scomparse; la calma regna nella selva. Solo chi tende l’orecchio fra il folto delle querele ode un hallali d’un corno così lontano che per la sua lontananza non è afferrato dall’udito come uno squillo, ma piuttosto come la vibrazione d’una corda sonora. Questo hallali solenne, grave, fatato, è ripercosso dal vento o da altri corni da caccia posti nei varii punti della foresta. Il Raff da questa idea di poeta ha saputo trarre una stupenda esposizione di fuga, Y Hallali ripetuto, riprodotto, modulato, s’avvicina sempre più, fin che il suo vero timbro può esser colto dal senso, infatti all’ultima risposta il corno di Wodàno s’ode nella pienezza delle sue risonanze. Ma un altro Hallali segue il primo, più concitato, più guerresco del primo, più ripercosso dagli echi, più temuto dalle belve. Una seconda caccia invade la selva e già la selva è piena Di nere cagne bramose e correnti Come veltri ch’uscisser di catena. Taïaut! taïaut! taïaut! taïaut!! l’orchestra intiera grida taïaut! come per aizzare i veltri infernali all’attacco; taïaut! taïaut! e all’urlo di caccia risponde l’abbaiamento feroce e stridente dei cani d’Ecate. E impossibile immaginare un più vertiginoso turbine di suoni. A voler seguir passo passo tutta la descrizione musicale del Raff ei sarebbe da riempire un lungo capitolo. La caccia poscia si disperde, s’allontana, ed entrano in iscena i satiri danzanti a suon di sistro, indi ricompare la caccia. Stupendissimo come concezione poetica e musicale, è un frammento di fuga nel centro del tempo che esprime la fuga delle belve inseguite, e stupendissima anche è la fine della sinfonia descrivente l’aurora. Codesto tempo è di gran lunga superiore agli altri tre anche perchè non v’hanno certe rilassatezze della forma come negli altri si notano. Nel primo tempo c’è una progressione di tono che vorremmo non udire, vuoto, volgare, fiacco è anche un intermezzo dell’adagio, li il pensiero del Raff s’accascia come stanco o noiato; in complesso la forma dell’adagio non ei persuade gran che, sempre però facendo eccezione del divino canto che lo inizia. Vero marchio d’originalità nello scherzo non pare che ei sia. Così nei tre primi tempi il dente della critica trova da mordere. Nell’ultimo no. Là tutto è nuovo, possente, tutto è ispirazione sana e robusta. A voler concretare il giudizio si potrebbe dire di questa sinfonia che il colore vi è gettato a piene mani con una profusione da pittore sublime, ma che linea vi fa difetto. Intendiamo per linea quella degli intervalli e dei toni che costituisce la vera ed unica essenza della melodia, quella che trovi in Beethoven su qualunque pagina tu legga. Ad ogni modo se col colore solo raggiunto per mezzo delle fusioni istrumentali ed armoniche il Raff seppe produrre effetti cosi imponenti, lodisi altamente l’artista tedesco e il suo speciale magistero. Vorremmo vedere altri compositori accingersi a scrivere altre sinfonie descrittive e trovare colmata da opere d’intelletti nuovi e gagliardi codesta lacuna dell’arte. La sinfonia descrittiva è un fecondissimo campo da mietere pei maestri d’oggi. La sinfonia descrittiva è una seducentissima forma intermedia fra la musica dipendente e la musica indipendente, fra il melodramma e la sinfonia classica. La sinfonia descrittiva è l’opera musicale romantica per eccellenza. Ma non possiamo finire senza dimostrare la nostra gratitudine alla commissione artistica della Società del Quartetto la quale ha voluto e potuto farci udire a Milano la più importante novità istrumentale della stagione. "Tobia Gorrìo Il nostro egregio collaboratore cav. Casamorata ei scrive una dotta lettera intorno all’aneddoto su Weber riportato in questa rubrica nel N. 15. Weber non si portò a Londra che nel marzo 1826, malaticcio, e vi mori poco dopo, cioè ai primi di giugno. È adunque impossibile che l’aneddoto, riportato da noi sulla fede d’un giornale francese, si riferisca a Weber e siam lieti di dovere questa rettifica ad un nostro collaboratore. Non crediamo per altro come fa l’egregio Casamorata che questa inesattezza possa esserci posta a carico. L’episodio che abbiamo riferito è