Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1872.djvu/126

118 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO sapete. I suoi falsetti, o meglio il suo canto ordinariamente falso, cominciano a persuadere anche i buoni inglesi che T epoca del signor Naudin è passata. Nelle scene, in cui avrebbe dovuto far pompa e della sua voce e della sua abilità drammatica, pareva che sospirasse e che gli si riempissero gli occhi di lagrime. Faure nella parte di Mefistofele, sebbene piaccia al Gye forse più che al pubblico, soddisfa tuttavia l’uditorio. Il suo costume rosso non lascia nulla a desiderare, e nessuno è disposto a dire ch’egli non sappia vestirlo. L’onorario mensile ch’esso riceve ammonta precisamente a lire sterline cinquecento, cioè cento meno di quello ch’è generosamente concesso al signor Naudin. Il Faust fu ripetuto giovedì e sabato invece della Figlia del Reggimento — fatto che contribuì al secondo e terzo disappunto! Il prospetto della settimana corrente promette il debutto delF Albani, della quale diconsi «mirabilia» e il debutto «definitivo» della Sessi. LJ Albani deve cantare nella Sonnambula domani sera e nella Lucia di Lammermoor sabbato prossimo. La prima comparsa della Lucca è promessa pel lunedi (8) della settimana entrante. I principali artisti della Sonnambula assieme all’Albani sono il «’ gran» Faure, favorito di Gye; il Fallar, che non è una stella, e il Naudin, che sebbene impotente ama di far credere che sia potente. Nessuno può dubitare che il Naudin conosca a perfezione la parte debole degl’inglesi, i quali finiscono sempre per credere alla divinità di coloro, che si ostinano a darsi per semidei. Nella Lucia, l’Albani ha nuovamente a collega il Naudin, e con esso il signor Cotogni. Il Cotogni è divenuto per la sua bella voce un favorito. È giovedì prossimo che la- Sessi conta mostrarsi sulle scene nella Figlia del Reggimento e con essa saranno la DemericLablache, il Ciampi e il [Bettini. Il Bettini ha una voce, la cui freschezza e robustezza rivalizza felicemente con quella del Fancelli. Certo il Bettini deve avere un segreto, al quale è dovuto il mirabile mantenimento della sua voce e della sua persona. La Trebelli è attesa in questa settimana da Parigi, dove ha cólto nuovi trionfi. Fra i popolari artisti ^italiani in Inghilterra la Trebelli occupa meritamente il primo posto. Non prive d’interesse sono le notizie musicali che vengono di Russia. Il maestro Bevignani, tanto a Mosca che a Pietroburgo, ha riportato un segnalato trionfo. L’orchestra gli ha fatto un regalo d’una splendida tazza d’oro e d’argento, mirabilmente cesellata, in attestato della sua solerte e intelligente direzione. E Fingrata orchestra nulla ha dato all’Arditi, il quale, ogni qualvolta eravi un’opera, nuova per lui, da mettere in scena, studiava con essa da cinque a sei ore per giorno. Ma F orchestra sembra che credesse non poter l’Arditi esporsi a dirigere un’opera, che non conosceva, senza sì lungo studio; mentre invece essa non credeva averne bisogno. D’onde l’impopolarità del signor Arditi in Russia, e il pericolo che non continui per molti anni a’ dirigere l’orchestra dell’opera italiana di quel paese. Il concerto a benefizio dell’Arditi ebbe a Pietroburgo un. grande successo, ma l’introito non ammontò a lire 37,000, come audacemente il telegrafo annunziò a suo tempo, ma si limitò a 16,000 — l’introito massimo in una serata di piena! Quel giovine pianista che voi certo conoscete, e che il governo italiano ha coperto della sua protezione per varii anni, sig. Alfonso Rendano trovasi da qualche giorno a Londra, dove intende stabilirsi, e, quello ch’è meglio, far buoni affari. Esso ora viene da Lipsia, dove ha passato il suo quarto anno d’educazione musicale a spese del governo italiano. Una serie di 18 concerti è annunziata nell’Albert Hall sotto la direzione di Sir Michael Costa, e di Carlo Gounod. Quest’ultimo dirigerà i concerti corali.Il coro dell’Albert Hall recentemente formato conta a quest’ora 1600 voci. Si annunziano già nei giornali due concerti, nei quali canterà la Nilsson il 5 e 24 giugno in St. James’s Hall. Berlino, 25 Marzo. (Ritardato) «Ermione», la nuova opera di Max Bruch, ebbe la sua prima rappresentazione giovedì passato con esecuzione buonissima e un successo incerto, causa la poesia mediocre e più la mancanza degli eòetti moderni nella musica. Il poeta Hopffer ebbe per modello il Racconto d’inverno di Shakespeare, e gli confessiamo con piacere molta abilità nella tessitura delle scene, che però non basta per un libretto senza una lingua pura, bella e poetica; talvolta egli l’ha, main generale gli fa difetto. Il maestro Bruch appartiene a quei compositori che cercano ed hanno uno scopo purissimo nell’arte; egli è autore, oltre di molti lavori sinfonici, sonate, canzonette, quartetti, e di un bellissimo concerto per violino, anche di parecchie cantate stupende di stile elevatissimo e d’un colorito ideale. Tali: il Friijhof, Salamis, La fuggita della santa famiglia, il Canto delïlsis, ecc., le quali ei fecero sperar un buon compositore teatrale; sa trattar perfettamente l’orchestra e il canto, il suo contrappunto mostra una profonda sapienza e l’armonia è di molta novità. — ma io credo che non abbia trovato il successo bramato, per aver voluto far la musica teatrale troppo classica. Ho bisogno di dirvi che il Bruch è antagonista risoluto della musa wagneriana e della nuova scuola tedesca; la sua musica ha la base nel territorio classico dei celebri nostri maestri, ma l’evitare ansioso ogni piccolo effetto comune e lo scrivere moderno, arrendendosi alle pretensioni del gran pubblico, era il massimo fallo dell’opera e la causa principale del solo successo di stima. Il pubblico è modesto assai, brama qualcosa (non tutto!) secondo il suo gusto e ne ha piena ragione; nell’opera di Bruch vi era troppa sapienza e, mi spiace dirlo, appena una melodìa tale, da restar facilmente in memoria. — Non voglio tacere però delle molte bellezze e finezze nel dettaglio che si incontrano in tutta l’opera a incominciare dalla bella introduzione; nell’atto primo quasi nulla merita d’esser menzionato specialmente, ma nel seguente la preghiera della Ermione, il suo sognò e la scena del tribunale erano buonissime. L’atto migliore e bellissimo è il terzo, di cui la scena avviene nei campi d’Arcadia. L’autore ha disegnato con molto talento e con intelligenza artistica la vita popolare, la musica da ballo è molto caratteristica e rassomiglia nella fattura a quella del Gluck; è principalmente riuscito benissimo il pastore Titiro. In quest’atto sono degni di menzione anche uno stupendo crescendo nell’orchestra, come non abbiamo mai inteso nulla di simile, e poi i canti di Perdita. L’atto quarto non elevasi all’altezza degli altri ed il suo finale è mancato. Degli esecutori era la migliore la Voggenhuber (protagonista) ed il Betz (Leonte), non meno la Grossi (Perdita), la Brandt (Irena), il Woworsky (Polissene) ed il Formes (Florizel) Tutti costoro furono chiamati parecchie volte alla scena col valente maestro. Uno spettacolo veramente raro furono le due rappresentazioni della società d’opera italiana dell’impresario Pollini col concorso della famosa Artot-Padilla, già riputatissima fra noi. Premetto che l’opinione del pubblico di Berlino musicale era lusinghiera non poco per l’arte e per il canto italiano. L’opera prima rappresentata fu il Don Pasquale, prova stupenda e perfetta, in cui brillava, Norina gentilissima, la Desiderata Artot. Accolta all’apparire sulla scena con una frenesia di battimani, ella li seppe serbar durante l’opera fino all’ultimo finale, in cui cantò Il piacer, valzer di Balfe con molta bravura. La sua voce rassomiglia molto a quella della Lucca; ha la stessa leggierezza infaticabile delle coloriture e la stessa naturalezza nelle scene drammatiche. Ernesto fu il Marini, tenore di cartello, che ha voce soavissima e una agilità straordinaria; la celebre serenata dell’atto quarto fu fatta ripetere in mezzo agli applausi. Un Dottore Malatesta assai comico fu il Padilla; quest’artista congiunge una voce eufonica piena di forza con molta intelligenza musicale e garbo scenico veramente aristocratico, ma è migliore di tutti il Bossi, nella parte di Don Pasquale. Non si vede che raramente da noi la perfezione artistica, nel canto e nella scena,