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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 7 uno spaccato di checchessia, e salvo il ridevole assalto dei selvaggi cogli analoghi fuochi di bengala, tutto andò benissimo. E questo il luogo di regalare agli impresari di tutto T orbe una buona massima. Eccola: «il pubblico che perdona volentieri quando si tratta di mostrarsi ignorante, non perdona mai quando si tratta di mostrarsi indulgente.» E nel caso concreto: il pubblico che perdonò di aver vestito Vasco di Gama coll’orpello dei pagliacci, perchè po’ su, po’ giù T aveva sempre visto così, non perdonò allo spaccato di vascello e ai fuochi di tengala dei selvaggi, perchè tutto ciò l’aveva visto a far meglio. l’uomo e che i filosofi non hanno ancora spiegato la potenza gioconda d’un calcio applicato saviamente... nella parte innominabile; sta il fatto che dacché mondo è mondo un calcio ha sempre fatto ridere; ma questa volta il pubblico del Santa Radegonda rise con tanto gusto, con tanta e così sincera soddisfazione, che certamente Marte ei entrava per qualche cosa. In fatti, conveniamone, in questi momenti in cui il dio delle battaglie ne fa tante delle sue, non è piccolo conforto per un cuore ben fatto il pensiero che, almeno nel palcoscenico del teatro Santa Radegonda, si trova ancora un dio capace d’infliggergli coram populo una simile punizione. S. F. Il teatro Carcano ha incominciato la stagione col Rigoletto, al quale succedette due giorni dopo la Lucia di Lammermoor. Due capolavori in una settimana! Siamo sinceri; non è già trattar male il pubblico, specialmente quando i capolavori non si presentano storpiati fino alla deformità, fenomeno non raro nei fasti di quel teatro. Il Rigoletto, è vero, ei aveva qualche cosa di più della gobba e della sciancatura messa al mondo da Victor Hugo e posta in musica da Verdi, ma non era addirittura un mostro come sa farne il Rovaglia, ed avrebbe potuto attraversare un’orda di biricchini senza farsi tirare i sassi — il che non è poco. Ma tanto e tanto non arrisero troppo liete sorti al povero Rigoletto, e sebbene il Giori, la Bellariva e T Amorini facessero di tutto per guadagnare la partita, il pubblico che per le ragioni dette sopra era di malumore trovò il pretesto del tenore, che era ancora alle prese col panettone della vigilia, per mostrarsi arcigno ed intrattabile, come se ad un onesto tenore non dovesse esser lecito di partecipare alle carezze pletoriche del Santo Natale. Quando un pubblico ricorre a simili pretesti per tenere il broncio, egli firma la sua sentenza con tutte le sue mani — e la critica non ha di meglio a fare che pubblicarla ai canti delle vie. La Lucia ebbe sorti migliori; emerse la Brambilla che cantò con molta grazia, e piacque un tenorino — Lojacono — il quale ha, più che una bella voce, un aspetto gradevole, che non è la allampanata esilità dei tenori sentimentali, nè la rotonda mole dei tenori di forza, ma un non so che tra due che ’fa credere di vedere davvero un innamorato; cosa che avviene cosi di rado fra i tenori, che bisogna tenerne conto ad ogni costo. Anche il baritono Rossi-Romiati, incrollabile sul palcoscenico del Carcano da qualche tempo, si tolse lodevolmente dalla sua parte; e gli altri non guastarono ad onore e gloria dell’impresa. Peccato che tutto ciò si sia compiuto dinanzi a un pubblico così diradato, che pareva meglio gli avanzi generosi d’un pubblico che si fosse battuto a Sedan, che un pubblico vero. Si attende ora il Fornaretto, il Mosè, il Roberto il Diavolo, il Faust e tante altre meraviglie — e Rovaglia è uomo da farne vedere delle belle... se il pubblico vorrà vederle. La Canobbiana ha finalmente il suo bravo spettacolo di commedia e ballo; dico bravo per non dire cattivo, ma se dicessi cattivo, per quanto ciò dovesse crescermi fama di sapienza, mi sentirei ardere dai rimorsi; mi spiego meglio: la compagnia drammatica eseguisce bene e piace; il ballo, Fra Diavolo, non è eseguito bene e non piace. Al Re (vecchio) recita la compagnia Pezzana, ricca di artisti eccellenti, ma più ricca di artisti mediocri; non mancherà occasione di occuparmene di proposito quanto prima. Il Santa Radegonda è rimasto fedele al passato e continua a beatificare la folla coi vaudevilles del repertorio francese. Di questi giorni ce ne furono ammaniti due migliori e meglio eseguiti dei soliti, cioè: Monsieur de Choufleuri con quel che segue, e Orphée aux enfers, T uno e T altro di Offenbach. Il successo di entrambi fu lusinghiero, ma quello del secondo lo fu in modo speciale grazie all’amenità della caricatura. Fra le tante bellezze scoperte dal pubblico in questo Orfeo ce ne fu una che le passò tutte, voglio dire un calcio applicato da Giove nella parte innominabile di Marte. È cosa che si collega colla natura delPS. Il doppio spettacolo — Norma e La Dea del Walhalla (ballo) — ebbe ieri alla Scala un successo assai lusinghiero. La Fricci ha eguagliato la sua fama e fu applauditissima in tutta Topera: nella frase: Oh non tremare, o perfido, fu sublime, ed entusiasmò il pubblico che ne volle la replica. Fu pure assai bene accolto il tenore Tasca de Capellio. Il ballo parve troppo lungo, ma vi è un’abbondanza di luce, di apparizioni, di trasformazioni e una ricchezza di scene e di vestiarii che sbalordisce. Buoni ballabili e gruppi di bell’effetto non ne mancano. Lo spettacolo, allietato da un pubblico numeroso e ben disposto, fu contristato sul principio da una disgrazia toccata all’egregio clarinettista Luigi Bassi, il quale fu colpito da sincope e dovette esser trasportato fuori del teatro privo di sensi. Il pubblico, che vuol dare una causa anche alle sincopi, suppone che non siano estranei a quella sciagura certi dispiaceri che di questi giorni toccarono al Bassi per motivi della sua carica. Speriamo ad ogni modo che la cosa non sia grave e che l’esimio artista sarà presto ridonato alla nostra orchestra. Notiamo intanto il coraggio fortunato del clarinettista sig. Sarno Antonio, il quale sostituì il Bassi all’improvviso senza alcuna prova precedente e se ne tolse con onore. NB. L’organo della Fricci, non vi è più dubbio, è sempre T organo d’una volta. S. F. Torino 9 29 dicembre 1870. Non posso trattenere la mia impazienza di farvi noto il successo del nostro spettacolo al Regio, dal momento che le notizie di codesto della Scala e di quello della Pergola non sono guari liete, e le massime scene di Napoli e di Genova non hanno potuto solennizzare la loro riapertura nè a Natale nè a Santo Stefano. Un certo tal quale orgoglio municipale mi spinge d’altronde a parlarvene brevemente e subito, inquantochè il Regio è stato abbastanza fortunato per poter contare un successo, malgrado che non ei sia stato gran merito per parte di tutti i personaggi secondarii ed anche di qulcuno de’ primarii, almeno di quelli che dovrebbero essere tali.