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gliettini muscati, mazzi di fiori, scatole di confetture e strenne splendidamente legate arrivano alla sua anticamera e passano nella sua stanza di ricevimento, con un’accoglienza fredda ed indifferente. Non è questo vano apparato di corbellerie che possa eccitare il suo entusiasmo e renderle accetto il primo giorno dell’anno. Ella ha idee di solidità d’altro genere, sole che possano compensarla della disapprovazione del pubblico in teatro. Al quarto piano troviamo un appartamento modestissimo nel quale il dolore è entralo insieme coll’anno nuovo. È abitalo da povere cucitrici; sono tre sorelle, un dì comode, ben educale e che ora vivono dei loro aghi. Queste poverette amavano con tenera sollecitudine il vecchio lor padre, morto la stessa mattina; e, ciò malgrado, stanno lavorando a trapuntare un abito di seta, destinato ad una signora che deve farne pompa, la sera del primo gennajo, ad una festa da ballo. Hanno avuto una generosa anticipazione pel loro lavoro, e non posson mancare alle solenni loro promesse di compirlo. - Ma come, un dì agiate ed or povere? - È la storia di mezzo genere umano! Giovane e sano, il lor padre era uno de’ più ricercali e de’ meglio pagali maestri di musica della città; vecchio, infermo e carico di famiglia, gli caddero addosso il lucro cessante, il danno emergente, e da ultimo la povertà ed il dolore. Al piano più alto v’ha un giovane di mercante che si duole di dover andare allo studio, benché sia chiusa la bottega, invece di divertirsi come tanti altri; un praticante d’avvocato che si rallegra delle formalità del primo giorno dell’anno, grazie alle quali i suoi creditori l’hanno lasciato dormire; una modista che gli dà passando il buondì, con la sua scatola di cartone sul braccio; un vecchio organista alla fine, sì affaccendato a scrivere per la sua parrocchiale, che non sospetterebbe nemmeno la morte dell’anno 1832, se non venisse ad annunziargliela espressamente il sagrista. Ognuno soddisfa al programma della propria giornata; ognuno corre per la città distribuendo parolette cortesi, carte di visita o regninoci: e, simile agli altri giorni dell’anno, questo scorre alba sua volta, senza mantenere quanto aveva promesso. Il concerto del banchiere è stato applaudito, ma gustato meno del pranzo e accompagnalo da minore allegria. Il dovizioso zitellone è stato grandemente punto e sconcertalo dall’imprudenza di aver condotto con sè un nipote giovane, bello e galante, al quale le signore in disponibilità hanno usalo molte cortesie e dello un mondo di cose seducenti e graziose. L’impiegalo ha trovato dall’immediato suo superiore un ricorso de’ suoi vicini di casa tendente a impedirgli di turbar quind’innanzi la pubblica tranquillità con le scordature strazianti del suo violino, ed ha ricevuto per sovramercato la consolante notizia che, in una sperala promozione, gli era stalo anteposto un aspirante, con dieci anni di servizio meno di lui. La cantante, che si lusingava di doni più solidi in casa, e di miglior fortuna in teatro, fu protestata dalla Direzione, e se vorrà appellarsene al Tribunale correrà rischio di giuntarvi anche le spese. L’abito a trapunti fu consegnalo a tempo e pagalo. Ma quale straziante contrasto fra un’orchestra da ballo e le lagrime ed i singhiozzi di tre povere orfane! Il praticante d’avvocalo e il giovane da negozio sono stali obbligali di cedere ad un umanitario del 20 per cento la loro rispettiva mesata per generosità indispensabili, quasi diremmo di coscienza; e persiti la crestaja ha regalalo la moglie dei portinajo la quale incominciava già a guardarla di traverso. Anche il vecchio organista ha subito le proprie tabulazioni, perocché lo strepilo egli andirivieni di tanta gente affaccendala gli hanno impedito di finire una fuga dalla quale sperava applausi e fortuna. Gli resta da musicare, per la fine di gennajo, una cattiva canzone alla Felicità, lavoro del quale fu incaricalo da un Visionario, suo amico e mio; ma sarà questo un soggetto atto ad eccitare il non difficile estro del maestro? Ne dubitiamo. Il problema dell’umana felicità non fu ancora ben sciolto né ben musicalo da alcuno. I. R. TEATRO ALLA SCALA La sera del 26 dicembre scorso fu inaugurata la stagione di carnevale al nostro maggior teatro, nuovamente addobbato e ripulito, col Luigi V, musica del maestro Alberto Mazzucato, eseguito dalle signore Marietta Gazzaniga-Malaspina (Bianca), Gaetanina Brambilla (Elisa), e dai signori Negrini (Luigi V), Corsi (Ugo), Alessandrini, ecc. È sufficientemente nota l’eccellenza di questa lirica produzione di Felice Romani, già tanto encomiata sotto il titolo di Ugo conte di Parigi, clic il celebre Donizetti con lusinghiero successo poneva in musica per la quaresima del 1852, ed alla quale poscia con inavvertito consiglio si cambiò il protagonista, si tolsero alcune strofe e se ne aggiunsero alcune altre. Non ne daremo perciò nemmeno un conciso ragguaglio. Che ora poi crediamo di approvare o no l’arduo confronto a cui si esponeva il maestro Mazzucato quando nel febbrajo del 1845 musicava di nuovo pel teatro Re la suddetta tragedia, è il meno che possa interessare la maggior parte dei nostri lettori. Potrebbe forse tornar loro non discaro che ci impegnassimo in un esame di tutti i pezzi che compongono questo spartito; ma poiché ricordiamo specialmente l’ultimo cenno di lode, pubblicato in questa medesima Gazzetta, in data di Parma, 26 marzo dello spirato anno, nel quale ravvisiamo opinioni che differiscono in qualche punto dalle nostre, a mo’ d’esempio per ciò che concerne la scorrevolezza della melodia, le spesso inattese e svariate modulazioni, la istrumentazione non fragorosa, e qualche pecca in cui il Mazzucato sarebbe caduto non ostante l’avesse da perspicace critico giudiziosamente ad altri rimproverata, ci imiteremo a nudamente accennare che l’esito fu su queste scene sì poco felice, che il maestro non ebbe, come altrove, l’onore di essere chiamato sulla scena, c gli artisti riscossero ben podii applausi. Ed a dir vero anche l’esecuzione poteva essere meno vacillante. Il Negrini non era forse bene in voce. La Gazzaniga, se interpretò da esperta artista la difficile sua parte dal lato declamazione, da quello del canto lasciò insoddisfatto

 qualche desiderio. Ella deve ben guardarsi
 dall’esagerare l’accento concitato, specialmente

nell’emissione dei suoni acuti, locchè già altre volte le abbiamo osservato senza profitto. E ci duole doverci pur troppo persuadere che gli artisti una volta calcata la scena e ricevute ovazioni, il più delle volte prodigate da uno spiato di partito, sprezzano quegli avvertimenti che onderebbero a farli salire a miglior fama. Il bravo Corsi e la Brambilla, dalla bellissima ed intonata voce di contralto, cantarono in guisa da ottenere meritati applausi, i quali facciamo voti perchè vengano tributati con maggior coscienza e parsimonia, e riserbandoli solamente ad incoraggiamento ed a distinzione del vero merito, sia tolto così il pericolo che il nostro teatro perda di quella riputazione che si è giustamente acquistata. TEATRO CARCANO Non v’ha dubbio che il Saul del maestro Buzzi, che nel breve volgere di pochi mesi ottiene

 il secondo trionfo a Milano, è opera ridondante
 di maschie musicali bellezze e di sicurissimo

effetto. Del che, se eravamo persuasi nella lassata stagione di primavera, tanto più dobbiamo indarne convinti, dopo la riproduzione di questo spartito al Carcano, la sera di Santo Stefano. L’impresa di quel lontano teatro non poteva fare miglior scelta e pel proprio interesse e pel piacere del Pubblico che lo frequenta. In fatti, la prima sera dello spettacolo, la sala era zeppa di spettatori, e l’opera del maestro Buzzi fu accolta con generale entusiasmo. Gli applausi furono ripetuti e prolungati, moltissime le chiamate, senza obbliare il maestro che si volle, con tutti gli artisti, al proscenio. Questa storia veridica di fatto parrebbe dover ammettere anche un ’esecuzione perfetta dello spartito, da parte degli artisti componenti la compagnia di canto. Ma qui, dovendo noi fare alcune eccezioni, andranno esse pure, come è ben naturale, a tutto merito della composizione musicale, la quale, anche indipendentemente di una esecuzione in tutto lodevole, potè eccitare l’entusiasmo dell’uditorio. La prima donna, signora Olivi-Vetturi, che sostiene la parte di Micol, è una simpatica conoscenza dei frequentatori dei teatri di Milano. Ella possiede molti secreti dell’arte sua, ma non ancora quello di animarsi tanto che basti da allontanare

 in alcuni momenti l’idea di una statua;

chè tale, per esempio, ci parve nell’importante momento in cui Saul, in preda al suo regale furore, vuole sguainare la spada per uccidere David, che è il marito di Micol, ossia della signora Olivi-Vetturi. Del resto ella canta bene, con molta agilità, e fu una delle due colonne dello spettacolo. 11 Pubblico le fu largo di applausi e di chiamate. Accanto a lei porremo il protagonista Saul, sostenuto da quello stesso signor Vialetti (I) che, la passata stagione, piaceva molto nel Roberto di Meyerbeer. È artista pieno d’intelligenza e di vita, che pronunzia assai bene e che sa far uso gradevole di una voce per sua natura forse non molto omogenea. Anch’esso ebbe chiamate, come la prima donna, solo e co’ suoi compagni e col maestro. Il tenore Saccomanno, David, è uno di coloro che hanno la passione di spinger la voce c di gridare a tutto polmone; fatica inutile, specialmente nell’armonica sala del Carcano. Da ciò qualche sgradevole uscita, che il pubblico si è affrettato a disapprovare. Nei pezzi d’insieme, ha saputo o ha dovuto moderarsi e si unì lodevolmente a’ suoi compagni. Se questo giovane vorrà studiare, potrà riescire a buon fine. Il personaggio di Gionata fu sostenuto anche questa volta dalla signora Peccia, la quale ci parve troppo donna per istar bene ed illudere sotto le vesti maschili, e troppo ancora immatura nell’arte per meritarsi, sola, quei plausi che non le furono però negati in solidum. 11 signor Cervini sostenne bene, adesso come nella scorsa primavera, la parte del sacerdote Achimelech, in ispecie nel bellissimo finale dell’atto terzo, che fu accolto con un vero tuono di applausi. Notile — Milano. Emani, opera colla quale si è inaugurata la stagione di carnevale al Teatro Re, piacque, malgrado il supplemento al primo tenore, ammalato, e malgrado un’esecuzione piuttosto debole in tutte le parti. — I. R. Teatro alla Scala. - Roberto Devereux, succeduto al Luigi V, ebbe, la sera dello scorso martedì, accoglienza alquanto fredda. Il bravo tenore Laudi non era molto in voce; al baritono Bencich s’adatta poco la parte del Duca, perchè d’una tessitura un po’ bassa per le sue corde; egli si fa però sempre conoscere per quel distinto attista che il Pubblico milanese aveva tanto applaudito nell’Emani al Carcano. La signora Lotti non fu troppo fortunata in quest’opera, c la signora Hubner piacerà di più in una parte di minor importanza. Ciò nondimeno, tutti riscossero qua e là qualche applauso. - Si sta provando il Rigoletlo di Verdi. — L’affisso del Teatro Carcano annuncia, che, per imprevedute circostanze, in luogo di una delle promesse due opere nuove, si rappresenterà la Semiramide. (1) Il maestro di lingua, declamazione e mimica del sig. Vialetti è il ben noto e bravo sig. P. Malvezzi, il quale fu anche maestro, nelle suddette materie, dei signori Derivis c Didot c della signora Gianni-Vivez.