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Dovremmo ragionare del tenore Musich, cui venne affidata la parte del protagonista; ma soprassalito alle prime note da un improvviso

 abbassamento di voce, dovette omettere
 i principali pezzi, e lo spettacolo fini

coll’atto terzo. Aspettiamo miglior incontro per giudicarlo. Terminiamo questi cenni con una parola di lode al basso Manfredi, che rappresentò il personaggio di Silva con bei modi di canto e di azione, tanto da doversi annoverare fra i distinti artisti. Ed infine un’osservazione al maestro concertatore. Abbiamo udito con sorpresa l’accompagnamento d’alcuni strumenti, nel principio del largo finale primo, alle parole «Vedi come il buon vegliardo>>, scritto dal compositore a sole voci, per le sue buone ragioni. Ci pare in generale sconveniente cosa quella di manomettere gli spartiti di chiari autori; quindi se il maestro lo ha fatto per l’ajuto dei cantanti a tenersi in tono, dobbiamo

 credere, per decoro degli artisti del

nostro gran teatro, che essi debbano essere in grado di eseguire nel miglior modo tutto quello che vien rappresentalo nei teatri secondarj, nei quali fu sempre eseguito il largo

 in discorso, come lo ha scritto l’autore.

0. CARTEGGI PARTICOLARI E NOTIZIE. — Brusselles -27 dicembre. - L Independence Belge pubblica il seguente decreto reale in data 24 corrente: Leopoldo, ccc. — Considerando che potrebbe essere utile il distribuire nelle scuole, nelle società liriche e nelle associazioni di operai una raccolta di canti popolari, atti a ispirare l’amore alle arti utili e ad onorare coloro che vi si dedicano; Art. I. Al nostro ministro dell’interno è data facoltà di prendere le misure necessarie per la pubblicazione di una raccolta di canti popolari nelle lingue francese e fiamminga. Art. IL Esso potrà distribuire agli autori de’ carmi e spartiti due imporli, di mille e dugento franchi ciascuno, da addebitarsi rispettivamente ai fondi di lettere c scienze e a quello delle arti belle. (Gazz. di Milano). — Firenze. Il Carnevale del 1850 si è aperto in Firenze con molte speranze, ma poche certezze. Gli animi han d’uopo di quiete perchè possano pensare ai divertimenti; pure in Firenze il teatro è quasi un bisogno, e non sarà per certo da lamentarsene la poca frequenza. I due teatri in cui si faccia musica sono la Pergola e l’Alfieri. In ambedue molte mediocrità, ed in conseguenza il resultato è facile a indovinarsi. - Alla Pergola / due Figaro del maestro Speranza. La musica di questa burletta non abbastanza conosciuta quanto meriterebbe per il suo merito, è piena di buon senso, e concorda pienamente col brillante libretto che ha scritto Romani. La Gabussi e Maggiorotti sostengono le parti di Susanna e di Figaro ambedue da sperimentati artisti, specialmente la prima che è inarrivabile per il brio comico. La Peruzzi (esordiente) disimpegna la parte di Ines; Riccio quella di cherubino, Morino quella del Conte. E da compiangersi che questo Spartito non abbia interpreti capaci di farne gustare tutte le bellezze comiche: ma in oggi è ben raro che in una compagnia di canto i soggetti non siano tutti sopra il mediacre, contentarsi se non sono al di sotto. Il ballo Renalo d’Arles, soggetto simile al Gustavo d’Auber, al Reggente di Mercadante, alla Clemenza di Valois di Gabussi, è ben disposto relativamente alla mimica., ma non piacque per l’insufficienza degli esecutori. Credo si pensi a cambiar presto e l’opera e il ballo. Per ora siamo sempre alle speranze. All’Alfieri l’Anna Bolena. I capolavori dei grandi maestri cominciano a far di nuovo capolino. Si sforzano di ritornare in società; ma, ohimè!, non trovano chi sappia prescntarveli con garbo. Mancano tenori, mancano bassi, mancano soprani: e sono appena 20 anni che videro la luce! E ci crediamo in progresso!! Questo, in quanto ai teatri di musica. - Delle Società particolari, e dei Concerti di artisti, poco è da dirsi perchè pochi e dell’une. e degli altri. Pure è da notarsi che il 29 del caduto dicembre il maestro Geremia Sbolei, professore all’Istituto musicale di Firenze, eseguì in sua casa una Messa di Haydn, in si bemolle, come fu scritta dall’autore, vale a diré con i soprani e i contralti nelle loro voci naturali. L’effetto di questa composizione fu mirabile. Vi fu precisione d’esecuzione, accentatura sentita, equilibrio di voci; insomma il signor Sbolci ne fece gustare questa Messa nella sua integrità, lo che siamo condannali a non ottenere nelle chiese nostre dalle quali sono affatto bandite le donne. Ma, diceva io, sentendo l’effetto che producevano, sarebbe veramente un gran male l’ammettere con le debite cautele nelle orchestre anco le donne? E cosi cessare dallo straziare, capovolgere, intrecciare, stuonare le armonie, e scandalizzare gli uditori anco i meno devoti? E questo pure è nel numero delle speranze! — Genova - 50 dicembre. - La Saffo comparsa per la terza volta sulle nostre scene ha quasi naufragalo. Nulla diremo della musica perchè troppo nota; è certo però che la causa principale di questo naufragio sta nell’esecuzione. La signora Evers è poco favorita dalla natura nella voce, e malgrado che si riconosca essere artista, non potè trascinare il pubblico al plauso; ne ebbe però alcuni molto parziali. In essa si rivela un profondo studio dell’arte del canto, e se l’opera stessa non ricordasse le incancellabili reminiscenze d’una Strepponi, d’un Costantini, d’un Ivanoff, avrebbe forse ottenuto maggior favore dal nostro pubblico. Se la nostra impresa fosse tale da accettar consigli, le diremmo di azzardare piuttosto qualche novità e di non confidar molto nelle opere di conosciut a fama che con insufficiente esecuzione fiascheggiano più delle, altre. Il tenore Curzani è molto paralizzato ne’ suoi mezzi; non sappiamo veramente se questo sia in lui cosa accidentale o abituale; il fatto sta però che dev’esser supplito quanto prima da altro tenore. I1 basso Gassier ha bella e simpatica voce, e venne applaudito, come pure il contralto, signora CasaIoni, la cui voce forte e sonora abbisogna però di essere alquanto dirozzata. Il gran solo di clarino dell’aria del tenore venne stupendamente eseguilo dal signor Manetti, distintissimo professore concertista, e seguilo anzi interrotto dal plauso universale. L’esito infelice o per lo meno molto incerto di questo spettacolo serio fece accelerare di qualche giorno l’andata in iscena dell’opera buffa. Jeri sera diffatti avemmo la sempre graziosa operetta Don Bucefalo del giovine chiaro maestro Antonio Cagnoni (giovane che gl’impresari lasciano a torlo da qualche tempo inoperoso) la quale ebbe, come altra volta, festosa accoglienza e buona esecuzione. La prima donna signora Gassier ha una sorprendente agilità, una voce acutissima e canta assai bene. 11 suo trillo è perfettissimo. Alla sua cavatina ed al rondò finale ebbe un diluvio di plausi, ed anche negli altri pezzi concertati venne pure acclamata. Il buffo comico signor Ferranti ha molti numeri per piacere, come di fitto piacque e piacerà di più, se sarà più castigato nell’azione. Nulla dirò dello Scheggi che fece ridere moltissimo; non saprei dirvi però se il pubblico sia abbastanza soddisfatto di avere in carnevale al Teatro Carlo Felice una buona opera buffa G. — Napoli - 26 dicembre. - Mi domandate notizie musicali di questi teatri, ed io prontamente secondando il vostro desiderio m’affretto a darvele. Qui riapronsi i teatri la sera di Natale, e non la sera di S. Stefano, come si costuma nell’alta Italia. Jeri dunque si diede al tollerante pubblico, per la ventesima volta almeno in quest’anno teatrale, Emani. L’impresa senza dubbio fin dal cominciamento dcll’appalto presentò nel prospetto una numerosa compagnia nella quale contansi non poche celebrità artistiche: è pur anco vero che ad alcune di queste stelle non rimane che la rimembranza del passato splendore, ma nella scarsezza attuale di cantanti di alta riputazione questi oscurati astri sono indispensabili: debbono comparire i loro nomi su i cartelloni, per contentare le direzioni teatrali, e per illudere il pubblico. Ha saputo poi l’appaltatore trarre profitto dalle tre prime donne, Tadolini, Gazzaniga, Marray, dal contralto, Salandri, dalla comprimaria, Riva Giunti, dai primi tenori, Bettini, Malvezzi, Bouccardè, dai baritoni, De Bassini, Varesi, dai bassi profondi, Selva, Arati, dai buffi, Luzio, Salvetti, Giunti, dalle rispettive seconde e terze parti, e coristi d’ambo i sessi scritturati?... Senza perderci in inutili parole è forza confessare che più malamente non poteva l’impresa condurre una si esuberante riunione di artisti. Per confermar ciò, basta dire, che parecchie volte è avvenuto, che per l’indisposizione di un solo dei nominati virtuosi, il teatro S. Carlo ha dovuto rimaner chiuso, non potendo l’impresa sostituire altro spettacolo a quello prefisso: ed in molti incontri di solenni circostanze, in cui il teatro deve assolutamente essere aperto al pubblico con qualche novità, per difetto di preveggenza, si veggono stretti a ricorrere al vecchio repertorio. Con quest’impresa, un’opera si tiene in prova un paio di mesi (salvo poche eccezioni). Non crediate che s’impieghi tanto tempo per rendere il più che si può perfetta l’esecuzione: ciò sarebbe degno di lode. Ben altra è la cagione. Gli artisti non sono pagati (o se lo sono in parte è per forza di giudicati) per cui si ricusano compiere i loro obblighi, e cosi mancando alle prove ora l’uno, ora l’altro, queste divengono sconnesse

 ed inutili. Aggiungete a ciò un direttore quanto

valente altrettanto indifferente. Che valse all’impresa assumersi grandi pesi, se pensa a tutto, meno che all’andamento degli spettacoli?... La conseguenza di tali disordini

 è immediata: la fallenza è indispensabile, e

se a stento ancor questa pubblicamente non si dichiari, devcsi all’appoggio di personaggi distinti, i quali si lusingano solamente di prolungare questi giorni che rimangono infino a che termini l’anno di obbligo cogli abbonati. Suppongo che avrete già i ragguagli esatti della nuova opera di Verdi, Luisa Miller; perciò non mi ci trattengo lungamente come meriterebbe. Questo lavoro

 del celebre compositore rifulge sopra gli altri

suoi, se non per peregrine ispirate melodie, per l’accuratczza dello stile, e soprattutto per degli effetti istromentali, nuovi specialmente alla musica italiana. La filosofia drammatica impera maestrevolmente in tutto lo spartito; che se qui al primo udirlo non produsse l’effetto che si attendeva, sono persuaso che con l’andare delle rappresentazioni l’intero pubblico saprà rilevarne tutte le bellezze. Fra i cantanti si distingue sempre il De Bassini, benché la sua parte sia di pochissimo interesse nell’azione. La Gazzaniga, ancoro indisposta, non ha potuto spiegare tutte le sue doti; ed essendo la sua parte in alcuni momenti un poco troppo acuta l’è necessario guarirsi del suo mal di gola per cogliere quelle note del terzo registro con nettezza e giusta espressione. Malvezzi si è animato in questo spartito più dell’usato, e se fosse più preciso nel suo canto, e non mendicasse l’effetto nei soli suoni acuti, potrebbe aspirare a calcare le più cospicue scene con la certezza di piacere. L’orchestra eseguisce mirabilmente questa elaborata composizione del dotto maestro. Ciò addimostra che ben diretta fin dalle prime prove, vale quanto qualunque altra orchestra, meno alcune precisioni che in Italia (confessiamolo senza ritegno) sono ancora trascurate. - Si sta preparando, al solito lentamente, La Favorita, opera nuova per queste scene: le prove sono ancora a pianoforte, lntanto si debbono dare due altre opere nuove per Napoli, e due scritte espressamente, una delle quali del celebre Mercadante intitolata Virginia, ed il tempo è assai breve e stringe. La Favorita, classico lavoro del gran maestro Donizetti, fu scritta per la Stolz, che ha voce di mezzo soprano. Qui si è data alla Tadolini. I pezzi a solo li trasporterà, ma quei d’insieme per adattarli alla sua voce ed a’ suoi modi speciali di canto, sarà mestieri manomettere l’originale. Caro amico, vi sembrano questi buoni auspicii?... In grandi teatri non si dovrebbero mai permettere siffatti sacrilegi musicali!! Questo per ora; subito che avrò alcun che di nuovo a dirvi, mi farò un dovere d’informarvene. — 27 Dicembre. - Jeri sera si ebbe la quarta rappresentazione della Luisa Miller. Il teatro era affollatissimo. I1 mio vaticinio si va avverando, giacthè jeri l’opera piacque molto, e gli applausi furono caldi e sinceri: anche l’esecuzione fu migliore. — Novara - 51 dicembre. Jeri sera andò qui in iscena l’opera nuova del maestro Luigi Gibelli, intitolata Don Pedro di Portogallo. La composizione