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appiè nie ufo al 2V. «3. - 93 o diziosamente frammischiare ad essi artifizi poco comuni, senza cadere nelTarido e puro genere scolastico} ed è perciò die le imitazioni sono qui adoperate senza che l’animo rimanga freddo, come avviene allorquando in musica si vuole appagare la sola niente, senza cercare le vie del cuore. La proposta che fanno i bassi nel cominciare delfallegro è ripetuta e ristretta lungo il pezzo in modo veramente degno dell” autore. Di bellissimo effetto è pure il pedale acuto che i violini e l’oboe vanno alternando nel riprodursi del pensiero, che potrebbe aver nome di motivo di carattere, o come alcuni vogliono cabaletta. La stretta di questo lavoro è piena di nerbo, e quando sembrerebbe che Donizetti avesse ottenuto coll’impiego di tutta forchestra il massimo della forza di colorito, arriva a renderlo più potente e vivace col dare alla tromba il canto nelle note alte, e movendo i bassi per terzine. Comunque nel coro d’introduzione e nella romanza del tenore che vieti dopo, non vi abbia grande novità di forma e di pensiero, lultavolta e in questi ed in qualche altro pezzo su questo andare, si riscontra sempre quel far disinvolto e quelle giuste proporzioni che danno a vedere come il compositore sappia far bene, anche quando o il tempo o il volere gli sieno venuti meno per far meglio. - La cavatina del soprano è un fiore di rara bellezza, e. nel primo tempo in ispecie, superiore a qualsiasi elogio: il pizzicato dei bassi, mossi con colorito crescente e decrescente, prepara a meraviglia un canto di mestizia che si fa più risentito per certe frasi larghe, accompagnate da una ben contesta armonia e da un tremolo degl1 istrumenti ad arco. La ballata per contralto è felicemente ideata. Ad alcuni è parso che questo pezzo si risenta del genere francese: io credo errore il notar ciò a difetto, poiché tengo per fermo che nelle arti belle si abbia solo a mirare al buono ed al cattivo, che tutti i tempi e tutte le scuole han dato al mondo, sventuratamente in proporzioni molto diverse. L1 adagio per voce di Basso che serve a lui di cavatina è di bella fattura: e ad ognuno sarà facile ravvisare comeDonizetti, scrivendolo, avesse nel cuore e quasi nelle orecchie le rare inflessioni della voce di Giorgio Ronconi. Siamo al finale del primo atto, il quale ha un largo sembrato a molli di lavoro alquanta leggiero} e che non è veramente grande lavoro, nè per pensiero melodico, nè per artifizio musicale. A questo punto io mi sono riserbato di notar cosa la quale ridondar dovrebbe a vantaggio di tutto questo lavoro di Donizetti, ma nei tempi che corrono forse lo pregiudica. Maria di Rohan presenta un fatto famigliare, per isvolgere il quale il poeta non ha messo in campo nè popoli, nè eserciti. Aon sarebbe dunque strano che la banda (ormai d’obbligo) fosse venula a frammischiare sul palco scenico alle voci dei cantanti quelle di pifferi, clarinetti, trombe, tromboni, ofiicleidi, non che quel molestissimo suono indeterminato che scoppia si spesso a ridoppi da un tamburone battuto spietatamente da robustissima mano? Certo a questo mondo le cose vanno come gli uomini le intendono, e il destino permette} a mio gusto, per esempio, trovo persino soverchio che Donizetti nell ultimo tempo del finale, ossia stretta, abbia raddoppiato il canto anche col trombone. Mi si dirà: icè di migliore effetto, cioè di effètto più clamoroso ”. Ma Dio buono! ove si anelerà con questi effetti crescenti? Non è un brutto scambio che fa foracchio, quello di cercare il diletto per via di moltipliche di note, laddove è ufficio nobilissimo delfarte produrlo colla bellezza, venustà, e forma del pensiero? Mi pare che avvisi molto bene Berlioz dove condanna lo scempio che si fa nelle orchestre dei tromboni cd officleidi, adoperati ad ogni frase non più dei soli pezzi concertati e cori, ma delle cavatine, romanze e, dicasi pure, anche dei recitativi. Finita la digressione, torno al lavoro di Donizetti. Siamo alfatto secondo. Si compone questo di una romanza del tenore, di un adagio per contralto, di un duetto fra basso e tenore, e di un altro fra tenore e soprano. Di quest1 alto ogni giudice imparziale dovrà dire molto bene pel disegno e ristrumentazione dei pezzi, e per 1 applicazione dei concetti musicali ai poetici: e ad esempio citerò alla fine del primo duetto il commiato fra Enrico e Riccardo. Non taccio però che l1 azione svolgendosi in questa seconda parte fra tre soli personaggi, senza che vi abbia nemmeno un pezzo concertato a tre voci, è stato impossibile cosa all’autore della musica non generare qua e là qualche po’ di monotonia. Nel terzo atto mi è sembrato piuttosto prolisso e lungo il duetto a tenore e soprano} forse il compositore volle soddisfare qualche esigenza artistica e nulla più. Di bellissimo effetto è faria del Basso, la quale ha una cabaletta che ognuno tosto ravvisa di Donizetti, per f impronta di popolarità che possiede in grado eminente. Non so fermarmi gran fatto alfazza del soprano, comunque questa sia fra i pezzi più applauditi delbopera, perchè mi sento attratto a spargere a piene mani le lodi sul terzetto finale che comincia con un duetto a soprano e basso. Da questo punto sino alla stretta del terzetto medesimo, ove, mi sia concesso dirlo, il maestro fece al solito un piccolo olocausto al gusto in osffi dominante • • OD in teatro, le bellezze si succedono senza interruzione. Donizetti ha creato nel terzetto della Maria di Rohan un possente rivale a quello della sua Lucrezia Borgia. La situazione è sommamente drammatica. La moglie del Duca vede scoperto il segreto del suo cuore: è di effetto quasi straziante l’accordo di nana, sul quale si poggia il pregare che fa 1 infelice Maria interrompendo le rampogne del Duca, le quali hanno una veemenza che la musica dipinge eminentemente. E come pur bene i tocchi di campana, i quali ricordano a Maria che Riccardo dovrà ritornare fra poco, troncano il corso a quel dialogo musicale, senza nessuno detrimento delfunità! Quale ansia e quanto sdegno represso allorché il Duca sta aspettando che l’uscio si schiuda e vuole che Maria aspetti con lui! Quanta dignità e risolutezza nelle parole di sfida che il Duca dirige a Riccardo! - Oh! perchè il teatro italiano non ha spesso a rallegrarsi di quel sii concepimenti musicali! Perché non è I dato alfarte, o a meglio dire a chi la professa, di tenersi salda a quel punto che chiamerei apogeo dell arte medesima? avanI ti, ed oltre il quale non si trova più il vero, e perciò non più il bello! Innanzi di finire queti cenni credo buona cosa far osservare a chi ama f arte e gli artisti, con quanto magistero di vero canto 1 sia generalmente tessuta la musica di que, sta Maria, e ciò perchè chi scrive e chi ascolta sappia che se i gridi di qualche laringe solidamente costrutta arrivano a scuotere e perciò in giornata a piacere a non pochi, e fapplauso di questi è invito a raddoppiare di sfòrzi, è a desiderare e sperare che il mal costume non prenda seggio su questa terra, che per la dolcezza dell idioina, proprietà ancor sua, ebbe un canto invidiato, ma non raggiunto dai compositori stranieri. P. Torripiani. LE SlXlOME I>I (f). Sinfonia Eroica, Questa sinfonia fu «la Beethoven incominciata sotto il Consolalo, c le aveva destinato per titolo: Napoleone. Un bel mattino, mentre il sommo maestro era occupato in questa composizione, vede arrivare nella sua cameretta il suo allievo Ries con un giornale in mano, che. annunciava Bonaparte essersi fatto proclamare Imperatore. Beethoven, impietrilo all’annunzio, rimane per un istanti; assorto nei suoi pensieri; indi esclama: a Eh! via, anch’egli è un ambizioso n: cd al primo titolo delia sinfonia sostituì le parole: Sinfonia eroica composta per festeggiare la memoria di un grand’uomo, volendo con ciò significare che invece di un canto di vittoria «’gli scriveva un canto funebre, poiché il suo Napoleone, era morto per lui. Dibàtti, questa sinfonia è una epopea sublime e melanconica, in cui si scorge che il compositore-poeta fu di mano in mano inspiralo dalle illustri imprese del suo eroe e da quella profonda tristezza ch’egli prova all’idea della sua ambizione. Egli si lascia trasportare ora a «logli accessi di furore, ora ad una tetra e meditabonda calma. Tale conflitto di diversi sentimenti energici che lottano nella sua anima si rende manifesto in tutto il primo allegro, in cui si rinvengono accenti, quali in altri tempi fuggivano dalle labbra dch’afflitto Giobbe e del lamentevole Geremia. - L’adagio è una vera marcia funebre, simile a quella che il compositore scrisse Per la morte d’un eroe, e che fa parte delle sue opere per pianoforte. 1 violini mormorano un canto grave c largo accompagnato dal riimo velato dei bassi. Questo canto passa agli strumenti da fiato prendendo un’espressione ancora più lamentevole; indi segue un maggiore che risplende come un pensiero di conforto. La prima cantilena si fa nuovamente sentire, ma riappare più agitata di prima; e scorgesi chiaramente che il poeta ha il cuore gonfio di sospiri cd è soffocato dalle lagrime, e che perciò il suo pensiero non si appalesa che a sbalzi dolorosi e strazianti. L’anima sua abbandonasi ad un lungo lamento, che ben presto s affievolisce; finalmente la voce gli si estingue, e le sue, labbra mormorano appena la prima frase ad ogni trailo interrotta e che va lentamente spegnendosi. Si rialza dippoi nobile e fiero, ma tuttavia triste nello scherzo, come uomo che, esca da un profondo abbattimento e prenda il suo partito con una coraggiosa rassegnazione. L’andamento è, vivo, animato, felicemente interrotto dai contrasti «E un’armonia colorila c pittoresca. 1 corni tramandano i loro accordi pieni di rotondità e splendidezza nel mezzo di questo rapido movimento che termina con un ritmo spezzalo cd energico, e con una esplosione di tulle le forze che l’orchestra sembra nella sua corsa aver acquistate. L’allegro finale forse non sembra corrispondere pienamente alla bellezza cd alla grandezza sostenuta «lei (re pezzi precedenti: la prima parte perii è piena di robustezza c d’ima piccante originalità; ma gli sviluppi (1) Atteso che in questi giorni tanto si parla, cd è ben ora, di codeste straordinarie composizioni di Beethoven, crediamo non saranno discari ai nostri lettori i (.curii che ne andremo tratto tratto inserendo in queste pagine, cenni che noi togliamo ai più distinti critici, e che prescegliamo, perchè più che del lavoro musicale, O danno idea del grande sentimento poetico che dono tali sublimi Sinfonie. Ed è infatti da lato, o non altrimenti, che deve intendersi e la vera Critica musicale. questo trattarsi (La