Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/85


- 81 — l’obbligazione di vantaggiose di costruzione dei pianoforti verticali o diritti, e che ha fatto fare tanti tentativi per rovesciare la tavola c le corde lasciando il meccanismo al c dissotto. Non è egli evidente che stabilire una soluzione di continuila cassa, per dar passaggio ai martelli enotere le corde al dissolto, è una costruzione dei pianoforti ordinaij? clic vanno a permostruosità nella Chechc n’abbiasi detto, il vantaggio della percussione delle corde nel senso del loro punto d’appoggio sul ponticello è incoi! testabile. Eccellenti esperienze fallo del sig. Savori hanno dimostrato altresì che la pressione dell aria del ’ colpo di martello in questo senso imprime una vibrazione più energica alla tavola d’armonia, che allorché questa pressione non è che il risultalo della reazione della corda percossa nel senso contrario. Ma v! hanno altri vantaggi evidenti che sono il risultato della disposizione del meccanismo al dissopra, quale I’ ha immaginato il signor Pape, e soprattutto come è divenuto per i perfezionamenti che questo dotto meccanico vi ha progressivamente introdotti. Tutti sono le conseguenze necessarie d’un sistema ben conbinato in tutte le sue parli. Col suo sistema del meccanismo al dissopra, il signor Pape ha trovato una combinazione assai più semplice e assai più razionale; poiché, avendo potuto sgombrare la parte inferiore della cassa dello slromento da lutto l’apparecchio dell’antico sistema, egli ha potuto abbassare la posizione della tavola e il posto delle corde presso al fondo solido di questa cassa, in luogo di far operare la traizione verso le estremità opposte, ove i mezzi di resistenza naturale non esistono. D’allora in poi il tiramento delle corde è slato senza danno per la solidità dell’islromento, per l’effetto della re- । sistenza naturale, e senza aver ricorso al formidabile apparecchio delle stanghe di ferro degli altri fabbricatori. Un altro vantaggio di questa disposizione consiste nel percuotere le corde al punto conveniente per ottenere un miglior suono, allontanando il colpo ‘di martello dal punto ove la corda fa angolo. Ciò che è soprattutto rimarcabile c degno dei più grandi elogi negli strumenti del signor Pape, è la semplicità del meccanismo. Si sa che il problema da sciogliere nei pianoforti è la riunione della potenza d’atlaeco colla rapidità dell’articolazione della nota. Nella costruzione ordinaria si ottiene la forza d’impulsione del martello per la lunghezza della leva del tasto; ma il sig. Pape non voleva servirsi di questo spedienle. D’altronde si era proposto di dare al suo meccanismo la più gran solidità possibile, diminuendo il numero de’ strofinamenti, e perciò bisognava che l’attacco fosse diritto. Ma qui si presentavano le conseguenze di questo principio di meccanica che ciò che si guadagna in prestezza perdesi in forza, e viceversa. Questa difficoltà è stala Io scoglio del signor Pape per diversi anni; c perfino dopo aver sì ben idealo tulle le altre parti de’suoi strumenti, gli fu d’uopo mollo tempo per sciogliere il problema della maggiore diminuzione possibile della lunghezza della stia leva d’attacco, per ottenere la leggerezza del tasto, conservando la forza d’impulsione del martello. Non v’ha die Dio che vede in un colpo d’occhio il principio e la fine d’ogni cosa; per abile ed ingegnoso che sia un uomo, v’hanno delle difficoltà che lo possono trattenere lungo tempo, sebbene ei non le creda insolubili. Così fu la situazione del signor Pape durante qualche anno. In questo tempo gli artisti, che non s’informano punto del principio delle cose, c che non vedono che i risultati, non trovando nelle tastiere di questi pianoforti tutta la leggerezza che desideravano, non rendevano giustizia alla bellezza d’un concepimento di cui non comprendevano F importanza. Io solo protestava costantemente contro i loro pregiudizj, c più volte, nello spazio di diciassette anni, analizzai i miglioramenti progressivi che vedeva fare dal valente c perseverante fabbricatore nel suo sistema. Finalmente, per una di queste felici ispirazioni che sembrano destinale a dare una smentita ai principj della meccanica universale, egli è pervenuto a ridurre la lunghezza della sua leva a meno di otto pollici, senza nulla perdere della forza necessaria d’impulsione, proporzionando il peso c l’azione di ciascun martello, come anche la prestezza deli-elasticità al punto d’equilibrio della leva, e trovando in questa felice combinazione, l’equivalente duna lunghezza proporzionale di questa stessa leva. Egli è così che Winkel d’Amsterdam ha trovato il mezzo di rimpiazzare la lunghezza proporzionale del pendolo astronomico per la misura del tempo in musica, col corto bilanciere del metronomo attribuito a Maclzel, nel mezzo del peso mobile che scorre su questo bilanciere per cambiare il centro di gravita in ragione della prestezza voluta. Son queste, bisogna confessarlo, delle idee di genio di cui gli artisti che si servono del pianoforte c del metronomo non comprendono il valore, ma che non sono meno degne dcU’ammirazione dei conoscitori. Io non ho soltanto esaminalo con attenzione gli ultimi prodotti del signor Pape in tulli i loro dettagli, ma gli ho suonati, e ne ho trovalo il meccanismo altrettanto facile che pronto, il suono forte, dolce c cantante. I suoi pianoforti in forma di tavola esagono, della dimensione di una tavola da sala, offrono in questa piccola cassa di poca grossezza i fenomeni d una potenza di suono che si crederebbe eseire da un gran islromento, c dell’estensione dei pianoforti ordinarj. Niente di più ingegnoso della disposizione incrocicchiata delle corde di questo pianoforte, e di (juella della tastiera mobile c del meccanismo. È nel suo genere un capo d’opera di semplicità nel suo concepimento e


PROGETTO DI U1ÎA 1TÏÏ07A RIFORMA MUSICALE III.» nella sua esecuzione. A confronto del gran pianoforte di concerto, divendo llila necessità nella nostra epoca per l’impretanza che questo slromento ha acquistalo da qualche anno, gli artisti hanno lungo tempo imputato a quello del signor Pape di mancare di vivacità nella sua sonorità e di leggerezza nel suo meccanismo. Ma questi difetti che disparivano in parte sotto una mano possente, erano il risultalo di ciò che rimaneva a fare affinchè il signor Pape raggiungesse completamente il suo scopo, della maggior semplicità possibile, riunita alla maggior solidità dell’islromento. Ora, avendo trovato la sua felice legge d’equilibrio fra la forza d’attacco e la rapidità dell’articolazione delle note, questi difetti son completamente scomparsi, e il meccanismo di questi grandi pianoforti è diventilo leggero come quello degli altri stromenli dello stesso fabbricatore. Ilo inteso, durante il mio soggiorno a Parigi, un. bellissimo pezzo a otto mani, per due pianoforti a olio oliavo, composto dal sig. Piste e eseguito da lui, dai sigg. Osborne, lloscnhain c Wolff, su due dei nuovi pianoforti del sig. Pape, e giammai musica di tal genere non mi è sembrala aver prodotto un simile effetto. Di più, ad onta di questa gran potenza, il suono era chiaro, limpido, e nella più gran velocità di movimento tutte le note spiccavano con una rimarcabile chiarezza. Io credo dover aggiungere una considerazione importantissima in favore degli strumenti del sig. Pape. Si sa che allorché avviene un accidente a un pianoforte costrutto secondo i principj del meccanismo inglese, di Petzold o di qualunque altro, bisogna neccssariamcn’e cessare la musica finché non abbiasi trovato l’artista necessario per farvi la riparazione, ciò che non è (piasi mai possibile al momento stesso; ma il meccanismo del sig. Pape è sì semplice e di sì poco 1 volume, elici tasti, i martelli, gli smorzatori, tutto in somma non forma che una cassetta della lunghezza della tastiera, c d’incirca otto pollici di larghezza. Dunque, le parti di questo meccanismo sono sì bene combinate, che lo si può togliere da un pianoforte per porlo sur un altro ove. s’adatti perfettamente. Egli è dunque facile 1‘ acquistare due meccanismi con un solo pianoforte, e se per avventura sopraggiunge un acci-* dente, il cambiamento potrà essere effettuato nello spazio di un minuto circa, dalla prima persona venuta, c la musica non sarà punto interrotta. Ilo voluto in quest’articolo provare le importanti invenzioni d’un artista tanto perseverante nelle sue ricerche., quanto abile e coscienzioso, e contribuire, per quanto è in me, che sia resa giustizia a opere tanto utili. Ilavvi sempre un tempo in cui il vero diventa evidente; ma non è senza importanza che ciò avvenga durante la vita di colui che ha scoperta la verità. Fétis pèhe | Direttore del Conservatorio di Brusselles. o (Contitinazione, Vedi il.V. 18 e 19). Immerso sempre nella tristezza provai un istante di contento, e sebben conosca l’inutilità di queste mie lettere, che d altronde non mi distolgono dalle mie occupazioni, nacque in me una fredda speranza che possa un giorno conoscersi (pianto vado rozzamente esponendo in esse. Bastami per ora il sapere che non son di peso a te, e che più d imo intelligente in musica conviene meco, se non del bisogno d’ima riforma musicale, della somma chiarezza, e facilità che ne verri bbc dalla mia nuova maniera di scriver la musica. In credi che avrei potuto risparmiarmi di parlar tanto contro i (piarti di voce, stante che la maggior parte dei professori non ne ha idea, cd io di buon grado ne avrei fallo a meno, ma trovo opportuno il prevenire l’unico apparente ostacolo alla mia innovazione. Per una giusta conoscenza di me stesso, c per la materia che tratto, son più che certo che pochi, o nessuno si darà la pena di leggere (pianto scrivo; ma se anche uno vi fosse che volesse per un momento occuparsene, c sentisse poi che questa da me decantala chiarezza sarebbe d’impedimento alla progressione della musica, è naturale che, senza punto chiarirsi della verità, direbbe: lasciamo star le cose come. sono. Convicn dunque sradicare questa falsa idea, ed è porcili che li prego a permettermi ancora poche parole a questo riguardo. (die sia impossibile ammettere i (piarti di voce si potrebbe dedurre dall’esperienza di anni c di secoli, in cui la musica è andata lanl’ollre in grazia appunto della totale dimenticanza dei (piarti di voce, e degli imitili tentativi, falli da uomini sommi per trovare altre scale che la diatonica. La voce umana non conosce che il canto che procede per Ioni e semitoni, e se questa è legge di natura fondala nella costruzione di noi medesimi, „ Chi non vorrà confessare n dice a il Padre Sacche ti che il genere enarmonico tanto u celebre, e. <piel suo quarto di tono, altro non fu u finalmente che una vana favola, secondo che già u da molli si riputava indino dai tempi di Plutarco n. Ma piano, sento dirmi, non si tratta già di procedere facendo le, scale per due quarti di tono, cd una terza maggiore secondo l’antico genere, enarmonico; si vorrebbe soltanto stabilire la differenza tra il diesis, cd il bemolle, e lasciando il genere diatonico, disiderc la scala in 24 parti. Che risponderesti, mio buon amico? Io ne, avrei troppe cose da dire, ma, siccome le credo parole sprecate, dirii solo a costui come vorrebbe poi chiamare la distanza dal do al do diesis, considerata secondo l’idea elio ne abbiamo noi. Questa seconda, che pur tale sarebbe, non poi rebbi’ chiamarsi nè minore, nè diminuita, nè maggiore, nè eccedente. Dunque che razza di seconda sarebbe? Lo stesso dicasi di tutte, le altre distanze. Ma queste son baje a fronte delle difficoltà incalcolabili che verrebbero dai quarti di voce. Dna però delle cognizioni più necessarie per l’esecuzione della musica si è quella delle, distanze. Ora se questa non è qual dovrebbe, per la maggior parte, degli esecutori, colla divisione della scala in 12 parli, qual sarebbe, poi dividendola in 24? Il voler ammettere i (piarti di voce, sarebbe, a mìo avviso, una progressione retrograda, una diquelle coltivazioni che isteriliscono il campo; e forse si tornerebbe, all’antica musica greca, in cui sebben le note fossero le, 24 lettere dell’alfabeto ora semplici, ora doppie, rivolte a destra, o a sinistra, poste a rovescio, o stese orizzontalmente, pure per servire alla varietà dei modi, dei canti e dei toni s’andò t’anl’ollre, che se n’ebbe bisogno per fin di 4620, per cui era <1 uopo lo studio di molti anni per apprenderne buso. Egli è perciò che Platone permetteva che la gioventù impiegasse ben tre anni soltanto ne’ primi elementi. E questa è la musica che dovremmo prender per norma? Lascio il giudizio ad altri. Per me ritengo che il moderno si