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-teccia vi si conservano. Ambedue queste composizioni son lavorale in contrappunto rigoroso per le sole voci senza veruno accompagnamento di stromenti, ed in quello stile detto di prima pratica: ed abbenchè Marco Da Gagliano superi il suo antecessore nella purità e nella eleganza di un’armonia profondamente sentita a seconda della richiesta espressione del concetto c della parola, pure non si può ammeno di ammirare la grazia e la dolcezza della nuda melodia che alla foggia di canto corale il Corteccia applicò al Cantico di Zaccaria, ed al Miserere, composti a versi spezzati. Non pertanto la scuola musicale fiorentina di quel tempo può vantare, come la romana, un Palestrina, nè come la lombarda, un Monteverde: ma se questa scuola può aver diritto ad una celebrità, egli è soltanto per il merito di aver preso l’iniziativa di un nuovo concetto musicale, arditamente abbandonando le antiche forme, ed i rimasugli delle fiamminghe astrusità per poter più liberamente ridur l’arte regolatrice dei suoni ad un grado di maggior forza e verità d’espressione da mover determinati effetti a risvegliar nell’animo forti ed elevati sentimenti, da portar la specie umana sempre a maggiore incivilimento e perfezione, precipuo fine a cui quest’arte quasi divina dagli antichi veniva diretta, e come sempre esser lo dovrebbe. Egli è per questo che le musicali composizioni di tutti gli artisti della scuola fiorentina, che fiorirono tra il XVI e il XVII secolo, anco quelle di stile rigoroso, pochissimo artifizio di contrappunto presentano in confronto di quello che si rinviene nelle composizioni uscite contemporaneamente dalle altre scuole italiane, ma non perciò saran quelle tenute in minor pregio da chi consideri il nobile scopo a cui esse tendeano. Luigi Picchiatili.

I. R. TEATRO ALLA SCALA La sera del 2 corrente andò in iscena il Marino Faliero, antica poesia di Bidera, musica del Cav. Donizetti. Era già conosciuta quest’opera, ma non aveasi allora potuto apprezzare l’intrinseco bello di essa per poco felice esecuzione. E la sventura volle che, neppure nella sera del 2 gennajo, il pubblico riescisse soddisfatto integralmente del lavoro donizettiano, c... i tale infausto inconveniente derivò dall’indisposizione del protagonista Ignazio Marini. Il libro del Marino Faliero fu tratto dal Bidera dalla tragedia di questo nome di Casimiro Delavigne. Questa gli forni le principali situazioni ch’egli poi credette necessario di spostare non senza increscimento di Messer Buon-senso. Imperciocché non saprei qual demone potrebbe ispirare ad una donna il I desiderio di confessarsi colpevole innanzi ad un mai ilo nel punto istesso in che questi va a porre il capo sotto la mannaja. Bel conforto davvero ne' momenti estremi! Non potrebbe ella lasciarlo morire in pace c chieder poscia perdono a Dio del suo reato? No, signori: il Bidera ha voluto far sorbire al povero Faliero tutto I’ amaro calice delle miserie di questa vita per far viemeglio trionfare l’eroica virtù del perdono; e, se vogliamo, da questo lato l’autore può avere avuto anche la sua parte di merito. Egli è vero che Delavigne lascia pur egli confessare dalla moglie la colpa al marito, ma in quale momento? Allora quando ella scopre che il marito congiura contro Venezia, contro la patria: allora quando ascolta che per essa soltanto ei congiura, per vendicare l’onore di lei vilmente oltraggiato: allora che Faliero le esprime nel suo trasporto che non ad altro ei l’ha scelta in isposa che per lasciarle un nome grande ed illibato, che al letto di morte ha giuralo al padre di lei di difendere, di tutelare l’onore della figliuola; ch’ella con esemplare condotta ha risposto alle cure del padre e dello sposo; ove il contrario, non mai Faliero sarebbesi indotto a congiurare contro la sua patria. A tali parole s’accende la fantasia d’Elena, non vede che il pericolo cui va ad incontrare lo sposo, vede il sacrificio dell'uomo d’onore ingiustamente immolalo, l’onta che sul venerando suo capo si rovescia, e sol per sua cagione, per l’onore ch'essa ha macchiato; allora Elena arresta i passi dell’infelice vecchio, e gli dice: Voi andate a divenire traditore dello Stato, voi andate ad affrontare i più gravi perigli, e perchè? per me, pel mio onore? Ah! quest’onore, io l’ho perduto! — Il dado è tratto, Faliero deve compiere la sua missione, viene tratto a morte, e in quell’ora tremenda gli scende soave nel cuore la santa voce del perdono. E forse lieve la differenza che passa in questo punto dal libretto alla tragedia? E poteva il Bidera trovare due situazioni più belle con minor fatica? Ma forse troppo dicemmo del libro. Donizetti scrisse quest’opera pel Teatro Italiano di Parigi, c qui torna in acconcio ripetere che le opere scritte per piccoli teatri, non del lutto si addicono ai grandi. Infatti di sovente traspare un po’ di vuoto nella strumentazione, in oggi tanto più facile a colpirci, in quanto che assuefatti all'orribile strepito de’ tromboni e delle gran casse, dove alcuni maestri fanno consistere tutti i loro principi d’armonia, e la novità e la varietà c la leggiadria delle lor frasi musicali. Peraltro non a caso il Marino Faliero ottenne i più lusinghieri successi su lutti i teatri ove fu rappresentato. Incomincia con una stupenda introduzione, che alla Scala pur anche venne festeggiala, e festeggialo c applaudito venne il basso Ferri che sosteneva la parte d’Israele. Segue un’aria per tenore, che, scritta in origine per Rubini, mette quasi direi nell’impossibilità ogni altro tenore d’eseguirla. A questa la signora De-Giuli (Elena) sostituì una cavatina per soprano, ed eccoci al solito con queste intromissioni di pezzi estranei alle opere che finiscono col ridurle abili all’Arlecchino. Il pubblico must cavasi volonteroso di perdonare una tale mancanza, ed applaudì fi adagio dalla De-Giuli cantalo maestrevolmente; ma allora che si avvide che la cabaletta, oltre essere estranea allo sparlilo della sera, era estranea pur anco all’adagio succennato, non potè frenarsi, e volle mostrare la sua disapprovazione, superala peraltro dagli applausi che all’attrice prodigarono quelli che, non badando punto alle cause secondarie, trovarono un’esecuzione felice c la compensarono di lodi. Il duetto che segue riusciva nella tessitura troppo allo alla voce del Ferretti, ed anche a questo si pensò rimediare con una cabaletta d’altro spartito. Tutti sanno che il pubblico non si mostrò indulgente. — Marini, al suo primo presentarsi, venne salutato con vivissimi applausi; era il ben visto che tornava a noi dopo lunga assenza, era Marini da cui aspettavasi ancora Fallilonanlc voce e la bella pronunzia, che questa dolo nessuno gli può contrastare, ed è merito principalissimo, oggi che gl’italiani istessi pronunciano sì sgraziatamente la loro lingua. Ma che volete? Marini era indisposto, e in tutta la sera si vide quanto avrebbe potuto fare, quanto la parte di Faliero sarebbe stata al suo dosso, se egli avesse potuto trovarsi meglio in voce. E già sapevasi che sin da varii giorni indietro Marini era stato costretto a guardare il letto. Speriamo che presto abbia a rimettersi in salute una delle più care simpatie del nostro teatro. Premesso ciò, si comprenderà facilmente che il duello Ira Marino c Israele non potè andare come si sarebbe aspettalo; che il finale non potè riuscire neppur esso applaudito. E qui giova avvertire che non la sola mancanza di Marini pregiudicò a questo pezzo: a noi sembra forse il meno felice dell’opera: riguardo all’esecuzione generale, l’adagio fu cantalo con troppo languore, la stretta con troppo fuoco. Nell'atto secondo riscosse meritati applausi il tenore Ferretti, che si volle più volte rivedere al proscenio: la cabaletta soprattutto, di un genere di forza, si adatta mollissimo ai mezzi del bravo Ferretti, che il pubblico era ansioso di sentire in qualche cosa ove avesse potuto trionfare. L’aria di Faliero è uno dei più bei pezzi di tutta fi opera, e in una sera in che Marini meglio si trovi in salute, noi speriamo di poterla meglio gustare. Nell’alto terzo la De-Giuli eseguì la sua grand’aria in modo perfetto: così nell’adagio come nella cabaletta fu trovata degna di altissimi encomj: noi osiamo asserire che fu il pezzo unico che veramente sorprese, fi unico che venne più sinceramente acclamalo. Il duello finale, dove certamente Donizetti ha fallo pompa maggiore del suo ingegno drammatico musicale, riportiamo aneli’ esso ad altra sera. L’aria di Ferri venne applauditissima; questo giovine vieppiù cattivarsi potrebbe fi attenzione del pubblico, se facesse uno studio particolare sulla sillabazione: il suo canto riesce un poco languido, perché languida è fi accentuazione delle frasi, mentre i buoni maestri dell’arte ne insegnano che ben vibrata debba essere fi espressione di ogni sillaba. Gli facciamo per ultimo osservare che Israele Bertucci deve rappresentarsi qual uomo che ha già corso la sua giovinezza; che ricorda a’ suoi compagni, certamente più giovani di lui, poiché figli li appella, d’aver combattuto a fianco del gran Faliero, or in Rodi, ora in Zara; e nell’ultima scena, prima di andare al patibolo, chiede di poter abbracciare ancora una volta i suoi figli, c questi sono nient'altro che quegli uomini che hanno seco lui congiuralo. Dopo ciò converrà egli stesso che si è mostrato troppo giovine sulla scena. Questa è l’istoria della sera del due corrente: tale fu l’esito del Marino Faliero; ora prepariamoci al capo lavoro Belliniano, la Norma, con novelli artisti incaricati a sostenerlo. J. NB. La seconda sera le cose parve andassero un poco meglio, e Marini trovò de' momenti onde farsi applaudire.

POLEMICA Leggiamo nella Gazette Musicale di Parigi un rimprovero diretto alla nostra Gazzetta Musicale di Milano per aver questa prodigalo delle lodi all’opera Don Sebastiano di Donizettli. In quelle cose che non ci è dato vedere co’ nostri propri occhi, nè udire colle nostre proprie orecchie, è necessario allenerei alle altrui relazioni. Se queste ci si presentano in gran numero e la maggior parte concordano in esaltare il merito di un’opera, perché dovremmo crederle tutte menzognere c invece attribuire il pregio di verità ad una sola che dice interamente il contrario? Tutti i fogli di Parigi s’accordano in lodare il Don Sebastiano; la sola Gazette Musicale s’ostina in predicarla opera di mediocre valore: c qual diritto ha dessa per pretendere fede a confronto degli altri? La nostra coscienza, amica al genio de’ grandi compositori, c’invita a credere più facilmente il bene che il male, perchè ne' grandi compositori non è strano rinvenire piuttosto il primo che l’altro; d’altronde Donizetti è nostro italiano, e tutti che sentano un po’ d’amor patrio, debbono affrettarsi a celebrare le glorie dei loro concittadini. Sarebbe d’uopo che la Gazette Musicale di Parigi avesse dato prove irrefragabili d’imparzialità per ispirarci maggior fiducia. Sarebbe d’uopo che l’accusa a noi diretta non potesse giammai ritorcersi contro di lei. Ella ci addita come soverchiamente ligj al Donizetti, perchè possessori dello spartito in questione: ma chi non sa ch’essa è apertamente avversa all’illustre compositore? Chi non sa che, totalmente ligia ad altri maestri, adopera con tutte le sue forze onde abbattere lutto quello che dal genio di essi non viene crealo? Quando si vuol correggere un errore in altrui, bisogna che il censore ne vada esente egli stesso. Noi ci appoggia/no ai falli, allenendoci alle relazioni degli altri giornali; quali prove ne può offrire della veracità delle sue la Gazette musicale di Parigi? Non solleviamo quel velo che ricopre le azioni di taluno, perchè troppo chiari apparirebbero i diversi affetti che lo muovono, l’invidia, il livore, l’amicizia, la deferenza. ALBUM DI TH. LABARRE V’hanno, dice la Franco Musicale, romanze e poi romanze, come favole e poi favole. Sedici battute d’una melodia più o meno ripetute, aggiustate sopra tre accordi, con un riposo sulla dominante all’ottava battuta, ecco ciò che costituisce la maggior parie delle romanze. Se i musici avessero, siccome i farmacisti, un Codice destinato a dirigere il loro lavoro, tale è senza dubbio la formola generale che vi si troverebbe, con alcune varianti, per questa specie di preparazione. Quanti romanzisti, il cui nome ha decorato, per quindici anni e più, gli scaffali di tutti i negozianti di musica e il