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e nel tutto da scorgervi una poetica, o metrica struttura? Perchè, in grazia, che mai significano i periodi, le frasi misurate, ripetute, imitate, variate, il ritmo, il tempo, le cadenze, le transizioni, l’agitato, Tespressivo. e quanti elementi informano, animano, coloriscono celesta musica che esce da corde, da legni, da metalli, se non una poetica contraffazione? Una volta scrivevano suonate drammatiche come battaglie, incontri, avventure, sinfonie funebri che intendevano rappresentar qualche cosa; le stesse armonie hanno talora significato storico o morale; vedo pure alcuni pezzi per pianoforte che portano titoli a cui non so se il testo corrisponda. Tutto questo ci avverte che la musica strumentale lavora, o finge di lavorare sui dati a lei posti da un1 altr’arte, la quale non può essere che la poesia, perchè nè la pittura, nè 1 architettura, siccome arti mute nulla possono somministrane. Essendo adunque tale cotesta musica senza canto, che diremo della vocale? Questa lavora direttamente sul canto, che le vieil dato dalla poesia, non fa altro che ricamare una tela poetica, contrappuntare un canovaccio, colorire un disegno colla poesia piglia essa le mosse, e 1 accompagna imitandone gli andamenti, secondandone i pensieri, sviluppandone i concetti, collaboratrice di quelTestetica che generata dalla parola delTuomo meglio che nelle altre arti è rivelata alia maggior parte del volgo per il doppio mezzo della poesia e delia musica. Veduta ora la genesi non che le rassomiglianze che sono tra prosa, poesia e musica, e come tutte e tre si riducano alla parola, o declamazione affettuosa, a meglio mostrare questo intimo legame che annoda insieme le due ultime sarebbe da proporre una forinola che dichiarasse tosto di quale e (pianta importanza sia questo argomento che trattiamo. Quando si dicesse che La poesia genera la musica. tosto ciascun vedrebbe come la seconda debba servire, e prestar ubbidienza alla prima, come questa a quella debba cedere per dovere di figliuolanza. Ma siccome questa soggezione non basterebbe a farci toccare quel legame che le congiunge, e d’altra parte gli officj sono scambievoli, cosi invece proporrei questo problema: Quali ajuti dalla musica esiga la poesia^ o nella sua insufflelenza, o per la maggiore espressione. In ogni modo la musica è sempre subordinata alla poesia^, ma essa non debbo vergognarsi di soccorrere un’arte cosi sublime che un giorno fu creduta favella divina, sebbene oggi, e notevolmente sui teatri, sia meno che umana. Ma io prego la musica a prestare gli officj suoi alla poesia maschia,, forte, robusta, profonda di cui Tltalia nostra non ha penuria, e la pregherei pure a dimenticare per qualche tempo quei libretti, che possono averla indisposta contro f amorosa sua genitrice. Prof’. Bili ani. RIVISTA DELLA SETTIMANA Milano. - Molto si parla, ed a ragione, in questi giorni di una nuova composizione sacra del maestro Mandanici. E questa un Gloria in Excelsis a due Cori reali di quattro voci cadauno, vale a dire ad otto voci reali, eseguito per la prima volta il giorno di Pasqua sotto le volte del nostro maggior Tempio. È questo mi componimento che nei fasti della musica sacra contemporanca segn^ un punto di qualche rilievo, specialmente per l’ingegnosissima Fuga, nella quale i due Cori, l’uno: ■=

dall’altro reciprocamente indipendenti, meritano l’attenzione dei dotti per novità, finitezza, e somma complicazione, unita a bella chiarezza di travaglio: doti, le due ultime, quasi impossibili ad ottenersi nella suddivisione sì sminuzzata delle masse vocali. Tutti i selle, pezzi appartenenti ad altrettanti brani, nei quali fu avvedutamente scompartita questa saera orazione, vanno lodati per scioltezza e varietà di forme, spontaneità di frasi, giusta espressione del testo: mai due pezzi giganti sono la Fuga sullodata ed il Qui tollis. Quella, come si disse, in genere severo; questo di carattere sostenuto, ma di fattura più libera: [lezzo svolto a larghe forme, mclodiato con grandezza, ed intercalalo ora dall’ima ed or dall’altra delle voci intermedie con una frase espressiva e piangente, che molto si confà alla supplichevole preghiera che innalzasi a Colui che toglie i peccali del inondo. Mi permetto ciò non pertanto una piccolissima osservazione all’egregio maestro. Nel maggiore di questo Qui tollis, dopo quel bel crescendo praticato su ([nella scala cromatica dei bassi, che. va a cadere sulla seconda del tono con terza maggiore, avrei desiderato che la Dominante re (il pezzo è in sol) che succede a quel forte fosse stala accompagnata dal suo accordo di settima, sembrandomi che altrimenti la tonica non resti domandata sufficientemente; poiché quel lungo accordo di la, se non fa dimenticare il sol, almeno ne allontana l’idea in modo da ritenere che l’autore non voglia cosi repentinamente ricadere sulla tonica. Perciò il bisogno, a mio modo di vedere, di caratterizzarne con relativo accordo la dominante.-11 primo pezzo, il Gloria, quantunque lungamente e con mano perita sviluppato, sembra mancare d’una l idea principale abbastanza solenne, per potersi elevare all’altezza del rimanente. Invece trovai nuova ed affettuosa la prima parte del Quartetto Laudamw te; le voci vi si congegnano così spontanee! 11 fugato sulle parole Propler magnani gloriavi tuoni | tende alquanto al comune c le progressioni scmitonate ascendenti che lo seguono, restano assai difficili, forse impossibili, ad una precisa esecuzione vocale. Sembra trascuratene il terzetto Domine (ili; ma forse ciò fu fatto ad oggetto di porgere maggior risalto al Qui tollis che gli succede, c che tanto ho lodalo. Come pure la penna del compositore scorse, se non incurante, almeno rapida, in lutto il rimanente del testo lino alla gran Fuga, [lezzo che, come prima notai, destò la । meraviglia de’ nostri più eruditi ed incontentabili contrappuntisti. Già dissi, che la fuga Beale del Coro primo, c la fuga del tono del secondo, sono l’una af। fatto dall’altra indipendenti, c possono in conseguenza eseguirsi separatamente, senza che nessun vuoto rimanga per chi ascolta. Risulta chiaro da ciò, essere assolutamente tre pezzi differentissimi quelli che si possono ottenere da questa ingegnosa Fuga; vale a dire, uno da quella isolala del primo Coro, un altro da quella del secondo, pure isolala, ed il terzo mediante l’esecuzione complessiva. Strano ed ingegnoso lavoro!- La fuga del primo Coro però è più accurata cd evidentemente prel diletta dall’autore. 11 soggetto ne è chiaro e spontaneo; e pièno di vita è il cantra-soggetto, dal quale il signor Mandanici trasse un divertì mento di sommo effetto, che aggirasi con belle varianti e modulazioni per tutto il corso del pezzo. La fuga del secondo Coro è buona, quantunque apparisca troppo soggetta a’ bisogni della prima. Non amo più che tanto in quest’ultima i nemmeno il contrappunto che i tenori tessono al soggetto dei bassi: questo vi perde in chiarezza. Sembrami che lo stretto della Fuga complessiva poteva essere più grandioso e sviluppato: forse la tensione di tanto fa■ ticoso studio avrà stancata nelle ultime misure la pai zienza del peritissimo contrappuntista. Come pure, avuto riguardo allo sviluppo sì largo di questa fuga, avrei amato il Pedale, e lungo. Esso offre riposo, c prepara con importanza la conclusione di questo genere di lavori. Non ne trovai che imo intermedio, appoggialo al secondo organo e di [iodio battute, e che veramente non si può nemmeno chiamar Pedale, non passandovi sopra che i semplici accordi di terza e quinta, quarta c sesta. - In ogni modo tulio questo pezzo è lavoro assai bene imaginato, destramente condotto e sostenuto, cd anche di buono effetto acustico, qualora ne si eccettui una qualche mancanza di chiaroli scuri; difetto inevitabile in questa circostanza, perchè prodotto dalla voltila indipendenza dei due cori. Poiché eomprcndesi chiaramente che questa indipe.ndcnza fa sì, che nè l’uno nè l’altro abbiano giammai un momento di riposo, c perciò riesca impossibile ottenere neppur un solo de’tanti effetti die rilraggonsi dalla varietà del numero delle masse. - E desiderabile che il maestro Mandanici venga animalo ad al’ri lavori di siimi genere, essendo egli uno de’ pochissimi, che in giornata coltivi con tanto amore e profondità uno studio sì proficuo all’arte, e che tanto è trascuralo da lutti i moderni compositori. Passiamo ora dal sacro al profano. Alcuni de’ nostri teatri si riapersero. Le sorti del (’.arcano non furono sinora gran fatto liete. Vi si die Lucrezia Borgia, vi si darà (almeno così il Cartellone) Boberto il Diavolo; dove darsi, dicesi, C/ii Dura Vince, (ìli Esposti; eccellente miscellanea [>e’fautori dell’eceletismo musicale. Al Re la bell’opera di Rossi / Falsi Monetari, ovvero, come appdlavasi altra volta, La Casa disabitata ebbe meritata fortuna. Anche [ter questa bella musica è dunque venuto il giorno del riscatto. A questo ci vollero dicci anni. - Questa musica ha il vero carattere buffo, senza trivialità. Barinovi assai cose originali, molta scorrevolezza, in mezzo alla quale l’autore fa talvolta uso di un colai genere spezzato, che giunge mollo a proposito il più delle volte a rompere quella monotona quadratura di periodi, che noi italiani prediligiamo un pò troppo, specialmente nelle opere buffe. - L’esecuzione è anche buona in generale. Il baritono sig. Walter, pressoché esordiente, emette una voce buona e bene educata, e mostra del criterio nel fraseggiare. Il buffo Soarcs ha [iure, a dispetto di (piasi tutti gli altri buffi del giorno, della voce, e recita con buon senso. Ma un bello c distinto talento è ([nello della sig.a Riva-Giunti, che. vi sostiene la parte di Sinforosa con un garbo, ed un’eleganza comica tutta sua. Ella [iure possiede una bella e forte voce, che emette anche con giustissima scuola, massime negli acuti; ai quali si desidererebbe d’altronde arca molto più vasladi quella del Re, perchè trovassero campo a spaziare convenientemente, tanto son essi dotati di bello, robusto e pastoso volume. Alberto Mazzucato. CARTEGGIO Firenze, 8 Aprile 1844. Abbenchè il movimento musicale nell’ora scorsa quaresima non apparisse fra noi tanto brillante quanto lo fu negli altri anni, non per questo si creda che non vi fosse tanto da soddisfare i desidera degli amatori. Nel teatro della Pergola la Barbieri, la Brambilla, Roppa, Castellali e De Bassini in sì breve spazio di tempo si produssero in (piatirò diverse Opere, due delle (piali affatto nuove per Firenze. Il valore di questi cantanti vi è già noto, e la loro fama certamente non abbisogna di esser rischiarata dai mici panegirici; nè tampoco posso intrattenervi sul merito delle due Opere nuove da essi rappresentale, La Fidanzata Corsa cioè del maestro Bacini, e Bianca di Santa Fiora del conte Lilla, giacché della prima si è. già discorso in questi fogli, dell’altra aveste a dar giudizio voi, Milanesi, allorché per la prima volta si produsse sulle vostre scene. Il violinista Giuseppe Grassi, il giovine pianista Ilonnorè, e madamigella Bertucat nella sua doppia qualità di cantante e di arpista vidersi sempre uniti a trattenere il pubblico con svariate accademie musicali ora nel teatro del Cocomero, ora in quello dei Filodrammatici Concordi, ora nelle sale annesse al teatro Goldoni, ora nel nuovo Casino di Firenze, ora nel teatro della Piazza vecchia, ora alla Società Filarmonica. Il pubblico trovi» sempre da ammirare nel signor Grassi una perfettissima inliionazione, un bel portamento d’arco cd una, se non mollo animata, certamente assai forbita esecuzione. Il signor Ilonnorè ebbe plauso per la nettezza c precisione con cui fa [tarlare il pianoforte, e per i suoi modi di accentar le ® frasi, mentre la signora Bertucat colla grazia del suo sesso, con la dolcezza dd suo canto, e colla simpatica armonia della sua arpa, Steppe costantemente procurarsi ammiratori. (féVW