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- u carattere d’AIice è di tutta invenzione del signor Meyerbeer. Ciò’ che in questo carattere soprattutto mi piace. è il non ismentirsi mai ch’essa fa dal principio alla line. Alice, anche nell’ore dell’inspirazione sua la più fervida, è sempre la bionda fanciulla, piacevole, rassegnata e sottomessa che conoscete a’ primi atti. Tutta la malinconia e serena passione, tutta la melodiosa grazia dello spèntilo in esso lei riconcentrasi. Mostra il signor Meyerbeer di avere fino dal primo giorno prediletto codesto carattere. Egli ha versato nell’animo di quella schietta fanciulla, come in vaso prezioso. la più pura essenza del suo pensiero. E quando il tempo porrà la falce allo spartito di Roberto il Jfiavolo. rispetterà quella cara creazione, portandola sotto alle sue ali. come donna, cui arda la casa, fogge seco recando le più stimabili gemme. Mi duole non poter dir altrettanto di Roberto. personaggio cavalleresco, tronfio di esagerazione, smargiasso, che sembra essersi accollata la briga di recitare tutte le frasi comuni dello spartito; nè il Feltrarne^ povero diavolo nelle viscere di padre, buon uomo che porta alle tempia, in cambio della benda lutale dell’angelo tenebroso, la corona de’capelli grigi d’un vecchio Gerente da Commedia. Le medesime cure poste dal sig. Meyerbeer nella parte d’AIice ha spese eziandio nel carattere di Marcello, degli Ugonotti, i il qual carattere gli appartiene, e 1 ha intieramente concetto egli stesso. Vedendo che non gli somministrava il poeta che figure meschine, prese egli in mano i argilla, si foggiò egli una figura a suo senno, la quale poter poscia degnamente animare. II carattere di Marcello si aggira entro ad austero e semplice ambito di melodia. Alf apparire in iscena del vecchio servo, Smette 1 orchestra le mondane sue grazie, e assume un aria di ruvidezza che singolarmente contrasta colle sue consuete abitudini: le si fa quasi sempre compagno il canto corale di L’utero; e tale è la fecondità dei partiti de) sig. Meyerbeer, che ad ogni tratto con la islrumenlazione si modifica il cauto, e a seconda delle circostanze diviene oi’ malinconico, ora solenne. Nulladimeno, per sublimi che siano le qualità istrumentali spiegate dal sig. Meyerbeer approposito del dotto canto corale, non iscusano ancora lo strano abuso ch’egli ne fa nell’intiera sua opera. Pare che il sig. Meyerbeer sia d avviso che per comporre un carattere secondo le regole dell’arte, basti dare al personaggio del libretto un motivo caratteristico che I* accompagni. Ma quest’è un grave errore. Se le cose fossero in questi termini, ciascuno che avesse trovato un motivo nel suo pianoforte potrebbe tosto applicarlo a qualche bella immaginazione di Shalvspeare, e credersi, cosi adoperando, l’eguale di Mozart o almeno di Weber. Ciò che costituisce un carattere non è ella un’idea, sì veramente una successione di analoghe idee; altrimenti, ripeto, 1 opera della creazione sarebbe di nessuna difficoltà. Osservale, per modo d esempio, quante idee ha profuse Mozart nella parte di Don Giovanni, la più perfetta creazione, la più una che si conosca. Forse 1 introduzione, in cui Don Giovanni ammazza in duello il commendatore, quanto alla frase musicale rassomiglia al! finale, in cui, con ancora la spada alla । mano, respinge Ottavia e i contadini che

lo minacciano? Forse il: Fin. che dal vino. quel canto di ebbrezza del libertino maledetto dal cielo, apparisce nell* orchestra durante la formidabile scena della statua, come una rimembranza del delitto all’ora solenne dell’espiazione? Eppure chi non coglie i misteriosi rapporti che collegano insieme codeste melodie? Quale spettatore intelligente e collocato tantalio da dominare l’opera eh egli ascolta, non rimane trasecolato a veder sorgere l’unità dai più disparati elementi? Ognuno si accorge che tutti codesti pensieri escono dallo stesso cervello, tutte codeste faville dalla stessa fornace^ ognuno, che tutte codeste sonore fronde, dissomiglianti I una dall altra, si spiccano dallo stesso albero. Altrettanto può dirsi di Weber. Tutte le frasi di Gaspare, nel Freyschiitz-. sono improntate di un tetro carattere di maledizione e fatalità, e somigli lodia? chi pertanto può dire che I una all altra o nel ritmo o nella me(S.7/YZ continuato} scile cause die conducono a mal partito le opere riprodotte senza l’intervento dell’autore (1). per Io parlo per ver dire nè odio d’altrui, nè per disprezzo. Pclr. Egli è comune lamento fra i maestri-compositori, che le loro produzioni, passando da un teatro all’altro, vengano così barbaramente mutilale, sconciate, c ridotte in modo da non esser più riconoscibili. Varie sono le cause di tanto malanno; per ora, (2) non parlerò che della principale, quale si è la poca cura, il Bissano amore, e, fors’anco, la prava coscienza dei maestri-concertatori che sono destinali a metter in iscena le opere altrui.... Vi avranno certamente delle eccezioni a farsi nella generalità di cui io intendo parlare: ma elleno sono, a mio credere, così rare, che il riscontrarle è una vera scoperta degna di (piesto secolo, corrivo, anziché no, a vederne ovunque.... Vi sono diverse classi di maestri-eoncerlatori, come vi sono diverse categorie di teatri, cioè, di primo, di secondo, di terzo cartello, (termine di camerino): così l’ignorante.... Nei grandi tealri il maestro-coneeftatore è l’organo principale. (leU’Impresa: egli è, apparentemente, il buon servitore di lei, e l’amico a tutte prove, Iranno (piando propone alla slessa, indi’ interesse coi/iuiie, qualche debilitante forestiera, da lui educala o finita al bel canto italiano, c. tranne maggiormente più, quando con l’abile e. conscienziosa sua coopcrazione contribuisce al cali ivo esito di qualche sparlilo, dall’Impresa procuratosi a caro prezzo. Siccome poi egli è, od è siato un maestro-compositore, che si è arrenalo od ha fallo naufragio, così ha troppo rancore nell’animo perchè veda con piacere che altri, più felice di lui, arrivi, sano c salvo, alla meta: Eccoli perciò in continua guerra, siccome nemici naturali, colle glorie nascenti, e col merito sconosciuto dei giovani principiatili i (piali non abbiano avuto l’avvedutezza di gettare qualche brano di focaccia nelle fauci del Can-l’.crbero. Guai al primo spartito che lor cade nelle mani, e guai tre volte, se desso spartito piacque altrove!! Nei tealri di second’ordine, e nei piccoli teatri, il maeslro-conecrtatorc si è, per lo più, il maestro di Cappella del rispettivo luogo che si adopera al disimpegno della circostanza. Qualche volta l’impresario conduce con sè a tal uopo qualche macstrino-accompagnalore, che, poco (1) E uffizio di questa Gazzella E investigare l’origine, per (pianto rimola ella sia, disgustosa ed ingrata, di certe piaghe che deturpano il nostro teatro. Epperò non sarà fuori di proposito lo scoprirne una gravissima quale si è. quella che forma il soggetto di (piesle osservazioni. E un tema che abbiamo già trattalo altra volta, (vedi nel foglio N.° XLV11I. ì.a Annata l’articolo intitolalo Le Opere di ripiego) ma che è bene svolgere di nuovo con altre e meno generali osservazioni. (2) In altro articolo ci faremo a dimostrare le altre cause più o meno malaugurate, e. funeste quali tutte concorrono a perdere nella loro riputazione le più belle opere del giorno!!.. •OR? esperto nel cammino che ha da percorrere, ad ogni tratto inciampica c si trova fuori di strada. Dall’altro canto il maestro di Cappella, che può essere benissimo un uomo di merito, pecca ncll’esser ligio ed accondiscendente troppo, accontentandosi di una esecuzione approssimativa, (Dio sa cornei), poiché non vuole disgustare, con maggiori ripetizioni, i professori d’orchestra, che sono gli stessi esecutori della sua musica da Chiesa: inoltre, accomodandosi alla loro infingardaggine od alla loro incapacità fassi a semplieificare le parti di ciascuno, togliendo per esempio, le note pizzicale di basso continuo che danno fastidio al suo amico, il C.ontrabasso, lasciandovi soltanto la nota fondamentale; e così, cogli altri suoi buoni amici dell" orchestra, a chi leva un a solo per intero, a chi una parte di esso; questi fa tacere in un passo difficile, a quell’altro lascia fare, (pianto più gli pare e piace, giacché egli è un distinto dilettante che suona (piando, e come vuole... NeH’istessa guisa poi si adopera il lirav’uomo a prò dei cantanti che a lui furono raccomandali, e con cui, dal bel primo giorno, ha scambialo il tu ed il voi nella maggior dîmes! ichczza del mondo. Alla prima donna verrà, per esempio, il capriccio di levare dallo sparlilo una cabaletta ed inserirne altra di altro autore: niente di più facile, benché la seconda sia in tuono dissimigliantc ed estranea al carattere, allo siile della musica, ed al significalo delle parole. In (pianto al tuono, è abbastanza notoria, anzi é proverbiale I’ abilità che hanno colestoro, lutti quanti, di passare di botto colla disinvoltura del più grande armonista (il quale, peraltro, non pui) far a meno degli accordi intcrmedj), da un tuono all’altro per distante ch’ei sia. In quanto al rimanente delle sconvenienze sovraesposte, ci pensi il buon senso del pubblico rispettabile. Non parlo poi dei tagli, e delle sostituzioni che richiede il pubblico o direttamente o indirellanienle, che esige la direzione, e che suggeriscono i consiglieri dell’imprésa per il meglio della cosa, o per il meglio delle persone; il maeslro-concerta’ore è sempre lì pronto a tagliare, a rammendare, c rimediare a lutto, ben inteso nei modi che gli son proprj, cioè, con certi passaggi di tuono da far spiritare, i cani, e con certe aggiunzioni, in proprio, di frasi semplici ficaie, o rese adorne, e di cadenze alzate o ribassate col vero latto di uomini del mestiere, come sono, di artigiani-artisti (1). Una musica dunque così sconciala nella sua interezza, svisata con sostituzioni estranee, ritratta malamente nelle sue intenzioni, non dovrà ella produrre, quant inique bella, (ull’altro che il dovuto effetto, a detrimento dell’autore, degli uditori, e di un arte, che. è rispettata da tutti, tranne da chi la professa per mestiere?... Pier-Angelo Minoli. © (I) Ripetiamo di bel nuovo che vi hanno delle eccezioni a farsi, le quali io rispetto c venero quanto altri inai... Corso di nia dei Storia e Teoria wiill’armosignor rétifì. nelle sale del signor llei’i, a Parigi, (Vedasi alle Notizie ). Le ultime sedute di questo corso ebbero un interesse maggiore delle prime. iNella terza il signor Fétis fece conoscere forinole nuove di modulazione di un effetto assai vivo. inaspettato, di’ egli dedusse a priori dai suoi priucipii cosi semplici quanto fecondi. L’ultima adunanza fu impiegata nell’analisi dei principali sistemi d*armonia che si cercò dì far prevalere dall’origine della scienza sino all epoca attuale. L esimio professore vi fece prove di vedute altrettanto profonde che giuste, e d’un* erudizione che colpi di stupore tutta 1 assemblea. Un accidente diede alla fine di questa seduta una specie d’interesse drammatico inaspettato. Il signor Fétis aveva annunciato, nella sua terza lezione, che se si trovasse fra i suoi uditori qualche persona che credesse avere alcune obbiezioni da presentare contro le basi della sua teoria, pregava perchè le si facessero conoscere col mezzo di lettere prima della sua quarta adunanza, acciocché potesse annunciarne una quinta che non sarebbe più una le. zione, ma una conferenza sulle obbiezioni