Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/31

GAZZETTA MUSICALE

ANNO III.
N. 7

DOMENICA
18 Febbrajo 1844.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


SOMMARIO. I. La Musica guardata nei hisogni presentì. - II. Notizie Storiche. Della musica de1 Greci. - Ili. Biuliograeia. Quartcllo a due violini, ccc. - IV. Varietà’ Dell’educazione musicale delle donne. - V. Notizie musicali diverse. LA MUSICA CUARDATA JVF/ BISOGNI PRESENTI Articolo Vili, ed ultimo. (Vedi anno II pag. 137, 141, 166, 177, 197 e 202, c anno III pag. 17). ’ a parolaespressionenon è una di quelle che ancora facciano fortufegNj ■ a* tempi nostri. Gli antichi, i f (» Squalierano piuttosto ligi alia for,1,a(così dicono i moderni) esprimevano meglio di noi} perchè l’espressione sta nel linguaggio, il quale è la forma del concetto. Ora domina l’idea, e la forma è niente} il che significa, che le grandi idee nostre poco alla volta diventeranno come gli starnuti di Guglielmo Borstere, i quali non si potevano dipingere. Quanto alla musica non vi è a temere questa grande scissura tra l’ideale e l’espressivo, essendo, a mio giudizio, I* idea e 1 espressione una cosa sola. Ma quando si dice che la musica esprime o significa, s’intende (piasi sempre che dipinge pensieri altrui: della poesia, cioè, della scena a cui si acconcia} il che non toglie alla musica il merito suo. Ora se havvi musica che debba attendere a questa espressione, è appunto quella che si consacra alle ceremonie della chiesa. Quando essa rattristi e raccolga a sufficienza debbo badare a questo. Quanti buoni cristiani accorrono al tempio, sanno che con Dio non si scherza, e che bisogna essere schietti con lui e sinceri, appunto come il Pubblicano. Di qui una terza qualità della musica sacra: la schiettezza. Accompagni essa strumentalmente i riti, o vesta di note la salmodia, se non vuol farsi colpevole di farisaica imposi tira parli a Dio colla sincerità dell annonia e della melodia, e sopra lutto del cauto, come parlava quella di Marcello e di Pergolesi. Ma, e come mai ottenere cotesla. schiettezza? Imiti il buon cristiano, il quale non ha bisogno di pregar molto, ma bene. Poche note, pochi suoni, signori maestri, ma lunghi, ma opportuni alla parola. Che cosa è ino cotesto sede, sede, sede a dextris mets? Si fan forse complimenti anche in cielo? Se— de una volta sola, e con tutta la possibile cordialità. Lo stesso errore commetterebbe chi dicesse Glotid in e.rcelsis una sola volta } perchè una voce di giubilo, un augurio si può ripetere quanto si vuole. In generale poi ogni (piai volta la musica è contraria al senso delle sacre parole, è sempre doppia e fallace, dal qual peccato si guardino i maestri. E poi non potrebbe essere (dia un poco più grave? Molti inni, e salmi, e versetti vi hanno senza dubbio pieni d’allegria} anche nell anno ecclesiastico vi hanno epoche di gioja } per cui la musica dovendo essere di necessità lieta, non debbo però abusare di questa ilarità, perchè (pii è il caso su mentovato dell’.Exultate fusti in Domino. L allegria dir santi è molto diversa dalla mondana. Egli è gran differenza tra il ridere d un pazzo o stolido, e tra quello di persona assennala e grave,’ cosichè il fragore degli strumenti, la moltitudine delle note, il cantare a piena gola non convengono alla letizia del santuario. Questa santa allegria debbe nascere dalla festività della melodia, dal suo colore} nè so, se mi spieghi} perchè in queste cose si metafisiche è più facile sentire che spiegarsi. Il costrutto è, che la musica sacra debbe essere talvolta allegra senza perdere la sua gravità} ed a ciò badino i compositori. Le (piali due virtù ora discorse sono analoghe sempre ai bisogni nostri spirituali, cioè alla schiettezza del cuore, ed alla contentezza che proviamo nell amicizia di Dio. Ma nessun maestro creda potere conseguire questa ed altra virtù se non fa uno studio particolare della poesia sacra, e della liturgia. Dirò dapprima che egli debbe sapere intrecciare e condurre a fine un lutto. Una funzione ecclesiastica compresa nel giro delle 24 ore debbe essere musicalmente, come è ritualmente, tutta di un colore. Dai primi vesperi sino ai secondi inclusive le varie composizioni, come tanti atti d’un dramma, hanno da fare armonia perfetta} ed il processo del tutto debbe essere tale, che la festività della musica cresca con quella che è dalla Chiesa celebrata. Perchè ogni solennità cominciando colla vigilia, tempo di preparazione, e pendenza, anche la musica de’ primi vesperi dovrà acconciarsi alla mortificazione, nè destare innanzi tempo nel cuor de’ fedeli | 1 ilarità del giorno seguente, e questo sarebbe il vero caso della musica affliggente. Nel di solenne poi egli è tempo di far I sentire sopra gli altri suoni quelli che concentrano lo spirilo, ed insieme il vanno gradatamente rallegrando sino a che giunga la grave e pacata allegria degli ultimi vesperi. Dal (piale andamento ognun vede che la Messa tenendo il luogo di mezzo debba partecipare dei due estremi che sono il dolore e la gioja. Quando un compositore avrà pensato a questo, bisognerà che badi alle parole su cui scrive} che saranno salmi, inni, segueiize, ollertorj, ccc. La chiesa ha saputo acconciare alle varie sue ufficiature diverse poesie, e prose ritmiche, badando che i sentimenti accordandosi colla festività ajulassero la divozione e spiegassero anche i varj significati della festa} e questa medesima chiesa dando luogo alla musica nel santuario intese che essa non riuscisse un rumore insignificante. La quale intenzione fu cosi scrupolosamente interpretala dai veçchj maestri di cappella, che, anche sullo pena d essere dimenticali dai posteri, non vollero trasgredire le sacre leggi musicali. Ma colesti vecchi compositori che cosa facevano per dar libero sfogo al loro genio limitalo tra i segnali confini? Studiavano la parola, la trovavano feconda di grandi idee, di profondi concetti} ed in vece di allargar il volo si alzavano sublimi. Che ne luoghi profani non sia peccato lo sbagliare il senso della poesia, e far montagne di note solo per promovere la traspirazione ai sonatori e cantanti, ciò è evidente,- ma in chiesa egli è sacrilegio suonare e cantare contro il significato della parola. Io ho uditi Miserere pieni d allegria, Magnificat più cupi del De profundis, certi Kyrie e Chrisle eleison clic movevano a pietà non Dio, ma gli uomini. La maestà del Credo, e del Sanctus da (pianti non è intesa! La tenerezza dell’Xg/i/zv Dei da quanti non è sentita! E le lamentazioni di Geremia possono finora vantare una musica sufficiente? Io capisco che nei salmi p. e. vi hanno cose troppo oscure per essere vestile di acconcio note. Ma quando non si può entrare nei particolari, bisogna contentarsi del significato generale del salmo} e poi