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- 19 rata e sonnolenta. Invano l’animato Cavallini riappellava col suo potente arco alla vita tutto il suo esercito: non un solo dei valenti sembrava scuotersi alla voce del capitano: la sola gran-cassa dava non equìvoci segni di potenza vitale, e faceva élla pure ogni suo sforzo, e batteva batteva quasi a romperne la pelle per {svegliare i suoi compagni. Nessuno rispondeva all’invito, nè cori, ne orchestra, né spettatori. Tutto però non va amalgamato in un solo giudizio: anzi in ispecie i quattro attori principali del Dramma fecero del loro meglio per ottenere almeno, se non qualche plauso, qualche momento d attenzione, ed in alcuni punti riuscirono ad ottenere e l’uno e l’altra. La Moltini. per esempio, che è la più vaga é gentile Elvira che vi possiate imaginare, fu, in ispecial modo nei canti spianati, purissima, e se non sempre appassionata, almeno ragionata e giusta. La Polacca fu da lei trattata con bel garbo, quantunque il movimento siasi staccato alquanto lentamente. Se fedelmente fosse stato eseguito, bell’effetto avrebbe pur ottenuto il Largo del primo Finale, il quale, a dirsela tra noi, non è nè più nè meno che Un’Aria del soprano, ma che le nostre metalliche coriste hanno preso invece per un coro in tutta regola, in guisa tale che la sola appunto che non si sentiva in quel pezzo era la Moltini. Il malumore dell uditorio, il quale non era per certo quella sera bene disposto alle sensazioni vive, non trovò buona quelTesclamazione slanciala nelduetto con Marini Ah! padre mio.pw’A ne piace assicurare la signora Moltini che molle persone di buono ed imparziale sentire la trovarono anzi accentala con molla verità e con tutta 1 aggiustatezza d’intonazione. A hanno certe sere che il pubblico non desidera essere scosso nè in bene nè in male. In quelle tali sere sano consiglio del cantante deve essere quello di lasciarlo dormire. Saremmo però spinti a raccomandare alla brava Moltini minore spinta e maggior legato a’ suoi begli acuii, un pocolino di maggior nitidezza nell’esecuzione di qualche scala discendente, e, qualora ella non ci voglia tacciare di troppo esigenti, avremmo anche l’ardire di chiederle di porgere il suo trillo per diritto piuttosto che a rovescio. Le cose pel loro dritto camminano sempre meglio. Ella è tanto buona, arrendevole ai consigli e compiacente, che portiamo certa fiducia di essere esauditi. Ivanoff si è in parte rivendicato co’ suoi uditori, i quali, per dire la verità, furono fino ad ora troppo severi con questo diligentissimo artista. Ivanoff è uomo che sa cantare e canta, e il gruppetto che porge sulla parola furtivo nella sua sortita vale questo solo molli anni di studio. Egli fraseggia con assai d’eleganza tutta la sua parle, e ne duole che anch’esso sia stato male consigliato nel decidersi ad omettere tutto il rimanente di quell’ultima delicatissima scena, pezzo che noi non abbiamo che imperfettamente udito una prima sera da Moriani, il quale, perchè ai suoi mezzi non adatto, lo soppresse immediatamente alla seconda rappresentazione.Ivanoffpoleva farcelo apprezzare per intero e noi gliene avremmo saputo assai buon grado: tanto desiderio io pure nudriva di riudire ancora una volta quella divina melodia de1 violoncelli così affettuosamente intercalata dai violini e dalle viole: ma ahimè! pur troppo la tradizione non cessava di perseguitarci, e raccontava che quel pezzo qui (a Milano) non fece mai alcun effetto} dunque il pezzo sì ommise, o per lo meno si mutilò. Ferri non è qui a suo posto come lo era nel 11 aritto Falie.ro: questo genere di canto che tende quasi allo sdolcinato, è tutfaffatto contrario al suo modo di sentire} però egli si sostenne anche meglio di quanto noi l’avremmo potuto supporre: solamente non gli facciamo grazia di alcune varianti, le quali non tendono che al solo scopo del grido, e del grido in giornata egli sa quanto ne siamo ristucchi. Marini che si rimette di sera in sera ne’suoi mezzi fu il Marini che già altre due volte si produsse su queste islesse scene nel medesimo spartito. Lodevole assai allora ed adesso. I pittori, che da un’arida vallata ricoperta di neve e ghiacci ne trasportano come per incanto tutto d uo tratto alla più bella primavera, in un appartamento co veroni aperti, da’ quali travedonsi da lontano boscaglie della più fresca e verde vegetazione, e meglio ancora poco dopo ne trasportano in una sala d armi ali aria aperta in un cortile, hanno trattate alcune scene con begli effetti di luce, in ispecial modo quella del secondo atto. Attendiamo le opere nuove di Petrali, di Pacini e di Mirecki. Parlasi anche della Linda. Sperando nell’avvenire, cerchiamo di godere del presente. Alberto Jlazzucato. Non sappiamo spiegarci per (piale ragione siasi voluto chiamare semplicemente Divertissement o Divertimento la bella c interessante composizioncina mimica messa sulle nostre scene dalla signora Elsslcr col titolo Le illusioni di un pittore. A nostro credere era inutile tanta modestia, poiché ne pare che quelle poche e brevi scene contengano tanta stoffa drammatica quanto il più delle volte non ce n’è in molte grandiose azioni coreografiche che pur ci si offrono con gonfia pretesa d’effetto sccnico-tragico-romantico-storico, c quel che segue. La perfezione e l’importanza caratteristica di un componimento scenico qualunque non istà nelle dimensioni delle sue parti, ma nella giusta armonia di esse, non nel farraginoso contesto di elementi disparati e molteplici, ma nell’ordine, nella chiarezza, nella semplicità. Con buona pace dogli illustri coreografi che da gran tempo in (pia ingombrano il nostro gran palco scenico de loro splendidi pasticci inimico-drammatici, Le. illusioni di un pittore che ci ha date la signora Elsslcr col semplice titolo di Divertissement, possono offerirsi a modello di un genere d’azioni teatrali, a trattare il (piale si vuole un po’più di invenzione, di gusto e di sentimento (liticalo del vero bello, che non se ne suol sicnic certe assurde c fragorose spendere a porre inepopee coreografiche, dalle quali ci liberi per sempre il genio protettore del Teatro della Scala. Il giovinetto sig. Monplaisir nella parte del pittore, ha de’momenti felicissimi; e in diversi punti ei da prova di una finezza di sentire c di ima giusta misura di espressione degjja di far invidia ad attori mimici di lui mollo più provetti. Della signora Elsslcr è superfluo il far parola: in lei l’intelligenza, la grazia più squisita, e tutte le vaghezze di una scuola perfetta ci fanno ammirare la danzatrice per eccellenza. La signora Morlacchi che sostiene la parte di madre del pittore non ne ha compresa l’importanza; il che è tradire per metà l’interesse della breve ma graziosissima azione. o; VARIETÀ l’n renilo su alcuni Cfinlfmti Unni attualmente a Togliamo dalla Ilevue des Deux Mondes il seguente brano nel quale si reca un breve giudizio di confronto tra alcuni de’ cantanti al presente addetti al teatro italiano di Parigi. «Salvi è un tenore elegante, dotato d‘una voce pura e gradevole; ma ei manca di energia, e non possiede punto quell’estro originale, (pici fascino, (pici diavolo in corpo di cui parla Voltaire, che distingue i grandi artisti non esclusi i cantanti. Era Ronconi e Salvi passa la differenza che vi ha tra il maestro e I’ allievo. Ronconi, quello là si, che è un vero maestro, uno di quegli uomini che come David, come Rubini, come Dupiez, imprimono al canto della loro epoca una fìsonomia, un fare particolare, e sono inventori nella loro arte; uno di quegli uomini che cantano col cuore prima di cantar colla voce. Salvi al rincontro si tien pago di seguire placidamente la strada già battuta; egli lia una voce colla quale canta, perchè al tempo in cui viviamo le cavatine si pagano a buoni cantanti. Del resto questa medesima osservazione sarebbe, ad applicarsi al signor Candia, delizioso cantante che ogni anno fa progressi notevoli, ma che pure, ne ho gran paura, non oltrepasserà inai certi limiti modestissimi. Quanto a vigore e ad espansione di voce, il signor Candia mi pare di molto superiore a Salvi. E in fatto nel magnifico adagio del terzo atto della Lucia,ove il signor Candia trovava de’ begli accenti anche dopo Rubini, Salvi si mostra troppo da meno. Ma la cosa ch’ei dice in un modo incantevole e canta con una soavità e delicatezza unica la è la romanza di Chalais nella Maria di /tohan: stima soave. E difficile immaginare nulla di più puro e di più tenero, nulla di più dilicatamente lumeggiato di questa cantilena ove la voce di Salvi svolge con singolare prestigio tutto che vi iia in essa disquisito. Pertanto al sig. Candia il vanto dell’espressione, della larghezza propria al vero stile drammatico; al sig. Salvi il vanto della grazia, della purezza, della finezza nelle mezze tinte; questi per la parte di (’.halais, quell’alno per quella di Jlateensvood. Ed ecco il retaggio di Rubini caduto in buone inani. Ciò è quanto dire che a malapena essi due otterranno di empire il vuoto immenso lasciato dalla mancanza (l’un solo? no, certamente; Rubini valeva più da solo che non il sig. Candia e il sig. Salvi insieme. Intanto osserviamo che lo scettro dell’individualità sovrana, se fu perduto pelle parli di tenore, si guadagnò per quelle di baritono; e al Teatro italiano il virtuoso per eccellenza al presente non si chiama più Rubini; ma Ronconi. Quanto a Fornasari nel Belisario, ci osserva la Berne des Deux J/om/es,ch’egli ha dato tutto quel maggior spicco che per lui si potè alla melanconica parte del cieco eroe, alcuni pezzi della quale, tra gli altri il celebre duetto del secondo allo, ci li canta habilement. E tuttavia, per quante buone qualità si vogliano riconoscere in Fornasari, non potrà dirsi ch’egli appartenga all’eminente classe di (pie’ virtuosi di primo ordine che col proprio luminoso ingegno hanno il privilegio di far gustare anche una mediocre musica e d’imporla al pubblico. Però, si domanda se non ha fatto bene ad abbandonare al più [tresto la [(rima sua scelta per continuare le sue recito coll’./siiir della Semiramide, nella qual parte egli è ben lontano dal poter lottare colle rimembranze lasciale da quel buon uomo di Lablachc, c da quell’altro buon uomo di Tamburini! Fornasari ha una voce di basso dotata di ammirabile estensione, ma povera però di vibrazione c ben poco metallica. Gli è questo un caso consueto nelle vere voci di basso, nel giudicar della bontà delle quali, certe voci di baritono, in gran favore al di d’oggi, ci fanno essere forse ingiusti ed inesatti. Tultavolta, senza esigere da una voce di perfetto basso qual è quella di Fornasari, la vibrazione c l’accento incisivo proprio del canto di Ronconi od anche di Barroilhet, polrebbesi pur pretendere un po’ più di nerbo nell’attacco delle frasi, meno mollezza e abbandono nello svolgerle!... Dato luogo a questo rimprovero rimangono pur molle cose a lodare in Fornasari, il cui talento debbo pure andar sempre guadagnando col tempo. Per esempio, il così detto canto spianato gli calza a meraviglia, c fin ora la cosa da lui meglio detta in questo genere, è l’adagio scritto per lui dal sig. Persiani nell’opera 11 Fantasma. E approposito di questa nuova partizione, la Bevue des Deux Mondes, accennando all’aria della signora Persiani, Per te dimentico, ec. nel terzo atto, osserva esser