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ha toccati gli ultimi scalini a cui sono già giunti gl’ingegni che lo hanno preceduto. La scienza, dimostrazione matematica del progresso, è immobile sulle sue basi, come tutto ciò che non è abbandonato al fluttuante capriccio della moda, delle opinioni, delle passioni dell’umanità. Immenso cammino costrutto dalle superiorità intellettuali, esso va lentamente ma con sicurezza avanzandosi verso ignote regioni, che l’utopia già descrive, che il genio presente, che la pedanteria onora di contumelie; esso vede ad ogni volgere di generazioni, ad ogni compimento di lustro, ad ogni rapido trapasso d’anno aggiungersi un prolungamento che lo va mano mano avvicinando alla meta. Ma illustre operajo, che coadiuva in tal modo al grandioso lavoro, non è giunto all’estrema linea ove ha posto la nuova pietra che passando attraverso a tutto quanto era già stato fatto, che dopo aver percorso tutto il cammino già ridotto a compimento. Nella scienza l’idea non è mai originale, ma è il frutto di altre idee, d’un’operazione per così dire chimica del cervello, che trae nuovi preparati da altri preparati vecchi e conosciuti. Nella scienza volo, ardimento, individualità, indipendenza, ecc, ecc. tutto insomma il pretenzioso frasario artistico, manca di verità e di senso. Il genio scientifico non è altro che il prodotto dell’ingegno naturale moltiplicato collo studio e colla riflessione. Solo la filosofia, considerata come scienza, si sottrae in qualche parte a questa legge, ma la filosofia è il punto d’unione dell’arte e della scienza, è un paese limitrofo in cui si parlano due diversi linguaggi, è un ibridismo che accetta tutte le forme, perchè può essere a capriccio arte e scienza, praticismo e poesia, verità e utopia, analisi arida e severa, e brillante formicolamento d’idee surte non dalle viscere del fatto ma dallo splendente scintillamento dell’immaginazione. Là è il neutro terreno ove finisce la scienza ed ove nasce l’arte, ove muore il ciò che è e dove spuntano le mille vite del sistema, ove battagliano gl’ingegni ermafroditi che non sono abbastanza artisti per rinunciare alle apparenze del positivo, e che non sono abbastanza positivi per abdicare all’aureola brillante del poetico.

Senza perderci in un’antitesi, di cui i nostri lettori potranno facilmente indovinare i dettagli, è facile determinare quanto diverse da quelle della scienza sieno le condizioni dell’arte. Inoltre emanazione immediata dei costumi, delle credenze, delle idee d’un popolo, l’arte s’assoggetta ad un’infinità di modificazioni, che variano ad ogni volgere d’età, ad ogni rivoluzione di idee, ad ogni cangiamento di culto e d’abitudini. L’arte è di più essenzialmente individuale, o tutt’al più nazionale, mentre la scienza è umanitaria. Ogni popolo ha la sua musica e la sua poesia; l’umanità tutta non ha che una sola matematica.

Il corso preso dalle nostre idee ci porterebbe a sviluppi di troppo contrari alla brevità richiesta dal giornale. Rientreremo quindi nel nostro argomento contentandoci semplicemente di dedurre dal suesposto, che il gusto relativo è quindi il regolo incerto che guida e determina i giudizii nella musica, giacchè supporre un assoluto nell’arte è un azzardare una proposizione contro cui combatte la terribile prova del fatto.

In un ultimo articolo indicheremo le conseguenze che nascono da questi principii, e cercheremo di far conoscere fino dove arrivino i diritti e le condizioni necessarie della critica musicale.

Bermani.



VARIETÀ

IL RITMO.

Quesito musico-teorico.


P

rima che io dichiari il quesito che mi propongo di sottoporre al giudizio di quei professori od amatori dell’arte musicale che sanno addentro nelle teorie meloarmoniche, penso necessario l’anticipare alcuni miei atti di fede. E 1.º che sia massima incontrastabile il non potersi dir logica definizione quella che non chiarisca quanto è possibile l’essenza della cosa definita, che non la separi, non la distingua da altri oggetti o concetti che, sebbene a lei affini, non siano però con lei identici, che inchiuda termini che vorrebber essere e non lo sono definiti, chiariti ne loro speciali rapporti coll’idea fondamentale della cosa definita. 2.º Che il definir a dovere i termini tecnici di un’arte, e massime quelli che ne dinotano una parte essenziale, sia il primo de’ doveri di chi si assume il grave incarico di dettare precetti, regole, a scanso di incorrere la taccia di aver voluto farla da maestro prima di finire di essere scolari, di aver voluto illuminare altrui colla mente non ancora abbastanza spazzata dalle tenebre, o di aver ceduto alla forza d’inerzia, madre prolifica di quelle oscurità che non mancan nemmeno ne’ libri didascalici dell’arte belle dettati da artisti di merito distinto, profondi nelle musiche cognizioni. E le conseguenze delle oscurità nelle definizioni che s’incontrano nella maggior parte de’ libri teorici della musica quali sono? bagattelle! o li iniziati fanno un salto quando le incontrano e, per non rompersi il capo, si avviano a quello studio superficiale e leggero che semina a bizeffe li artisti e i dilettanti leggeri, tanto che volerebbero pel vacuo come foglie secche, se la pesantissima prosunzione onde vanno d’ordinario muniti i leggeri, i superficiali musico-fili, non li tenesse saldi, aggruppati alle porte del tempio di Euterpe a dispetto del biondo papà Apollo: o se l’iniziato ha fermo proposito e lena e talento e genio per l’arte, bisogna che impazzisca e impieghi assai tempo e pazienza per recar luce nei precetti di coloro che col frontispizio delle loro opere hanno promesso di illuminarlo; o finalmente se l’iniziato è scarsetto di ferma volontà di studiare, di tentare di vincere li ostacoli che presenta o l’insufficienza de libri o l’ignoranza de’ maestri, manda al diavolo e ritmo e accordi e modulazioni, e non concede più che un par d’orecchie a quell’arte che non si può imparare senza una lunga e costante operosità di un buon cervello. 3.º E finalmente che nella teorica musicale la parola Ritmo abbia un significato importantissimo, perchè dinolante una delle proprietà costituenti l’essenza prima, fondamentale della musical favella, e che per conseguenza, se non è necessario, se è fors’anche intempestivo il tentare di farne conoscere il significato ne’ libri de’ primi elementi musicali, sia però indispensabile il definirlo colla maggior chiarezza ne trattati d’armonia, d’accompagnamento, di contrappunto, ne’ dizionarj musicali, ne’ metodi di bel canto, o completi, o brevi o compendiati che si vogliano intitolare, altrettanto quanto è indispensabile il definire che cosa debba intendersi per Metro, Numero nella poesia, per Simetria, Euritmia in architettura, per Dritto in giurisprudenza e va dicendo.

La verità delle tre premesse oso dirla incontrastabile, e ciò posto, io azzardo la seguente proposizione: che nei trattati d’armonia e d’accompagnamento, nelle grammatiche, ne’ dizionarj musicali, ne metodi teorico-pratici per canto che girano per le mani de’precettori di musica, sì nelle private che nelle pubbliche scuole, non si trova definito il Ritmo con sufficiente chiarezza, col necessario sussidio di appositi esempj atti a facilitarne l’intelligenza, ed in pari tempo a porre fuor d’ogni dubbio che lo scrittore precettista abbia ben capito ciò che pretese definire e far capire altrui.

Io non potrei dire di aver letto tutti i trattati completi o compendiati di teorie musicali; ma, ripeto, ho letto ed esaminato tutti quelli che sono adottati nei Conservatorj e van per le mani de’ studiosi e de’ precettori di musica; e non esito sfidare a provarmi erronea la mia asserzione col trovarmi una definizione stampata del Ritmo, che possa dirsi completa, chiara, logica. Anch’io ho definito il Ritmo nella mia Grammatica della Musica1 ma, con buona venia de’ gentili che l’hanno pubblicamente encomiata, io pel primo non ne sono soddisfatto, sebbene, per non avere trovato di meglio in altri libri musico-didascalici, e per non avere allora avuto bastante coraggio per dare una mia definizione io mi sia attenuto a quella data da G. G. Rousseau nel celebre suo Dictionnaire de Musique.

Posto adunque che io abbia ragione nell’asserire che nessun Italiano scrittore di musicale tecnologia abbia dato una giusta definizione del Ritmo, io credo poter aspirare ad un bocconcello di benemerenza coll’eccitare i dotti nelle melo-armoniche discipline a mandare a questo stesso foglio la possibilmente chiara, completa, giusta definizione della parola Ritmo.

La Gazzetta musicale vanta nomi chiarissimi fra i suoi collaboratori, come sono un Simone Mayr, un Boucheron, un Professore Bigliani, un Casamorata, il maestro Luigi Rossi, il dotto amatore Geremia Vitali e qualch’altro valente, e di tanto mi lusinga l’amor proprio da sperare che taluno, o fors’anche più d’uno di loro, convinti di recare un vero servizio alli studj musicali, vorrà onorare la chiamata. Che se poi taluno dell’onorevole coorte conoscesse una definizione esatta, logica del Ritmo, già stampata in un non recente libro teorico-musicale, non abbia scrupolo alcuno a sciorinarmela dinanzi, giacchè io sarei contento della mia sconfitta (seppure potrebbe dirsi tale dacchè ho dichiarato di non averli letti tutti tutti i libri musico-teorici) perchè io potrei rivolgermi a tutti li altri scrittori di Trattati, Metodi e cose simili, e dir loro: Non lo sapevate nemmen voi se avete dato incomplete, scure o false definizioni del Ritmo: e così, dividendola in più, la mortificazione si farebbe tanto leggera da non farne rossa la cute.

  1. Presso Giovanni Ricordi: Edizione II.ª 1832.

GAZZETTINO SETTIMANALE

DI MILANO

— Martedì sera l’egregio nostro collaboratore sig. Isidoro Cambiasi invitò una sceltissima coorte di maestri dilettanti e professori per assistere o prender parte alla lodevole esecuzione de’ seguenti pezzi vocali ed istromentali:

1.º Beethoven — Sonata in sol minore.
2.º Reber — Trio.
3.º Mandanici — Salve Regina a tre voci1.
4.º Mozart — Terzetto nel Flauto magico.
5.º Haydn — Duetto nella Creazione.
6.º Bertini — Sestetto in mi minore per pianoforte ed istromenti d’arco.
7.º Mozart. — Aria di Papageno nel Flauto magico.
8.º Haydn. — Aria nella Creazione.
9.º Beethoven — Adelaide.
10.º Rossini — Quartetto. Quando corpus morietur, nello Stabat.

Ai nostri lettori presentiamo questo interessantissimo programma onde in taluno possa sorgere il desiderio di imitarne l’esempio. Le composizioni classiche di elevato concepimento e di un genere non proclive alla moda formano il vero gusto ed efficacemente ammaestrando incantevolmente dilettano

— La Scala ha lasciato per ora in riposo le prove di Semiramide, e darà invece principio a’ suoi esercizi carnevaleschi coi Lombardi alla prima Crociata, sostenutivi dai conjugi Poggi e da Colini.

— Il teatro Re chiuse jeri sera il corso delle rappresentazioni de’ fanciulli Vianesi. Lo spettacolo fu intercalato da alcuni pezzi per Violino, che vi eseguiva di nuovo il valente Arditi. – Pel carnovale ne si prepara la Sonnambula, poi, dicesi, L’osteria di Andujar di Lillo.


CARTEGGIO PARTICOLARE

Torino 13 Dicembre 1844.

Quantunque già accennata da altri giornali, trovo conveniente che anche la Gazzetta Musicale parli della mancanza ai vivi del celebre cantante Angelo Testori, d’anni 75. avvenuta dopo lunga e penosa malattia il 7 ottobre anno corrente. Esso fu giustamente da tutti compianto, sì per la non comune abilità che aveva nell’arte sua, sì, è più ancora, per la bontà del suo carattere.

L’egregio maestro Luigi Rossi, valido collaboratore di questo vostro foglio musicale, gli era amicissimo: gli aveva

  1. Questo commendevole pezzo del dotto autore di molti conosciuti lavori da chiesa, da teatro e da camera venne recentemente pubblicato presso Ricordi. La Salve Regina contiene molte bellezze di sentimento, di stile e di magistero, e può servire di degno riscontro all’Ave Maria dell’istesso Mandanici nello scorso anno lodatissima.