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- 210 — ........ torio che giudicava 1 opera di Meyerbeer era composto da giudici più che competenti. Poiché egli è pure in Germania che si eseguiscono e si comprendono le opere più grandi che il genio musicale abbia creato., ed è in Germania che si apprezzano (pianto valgono i maestri più illustri. Essere applaudito freneticamente da un parterie che seppe applaudire Gluck, Ilandel, Mozart, Beethoven, è una gloria invidiabile, e!’ autore di Roberti) e degli Ugonotti deve andare superbo di questo nuovo sucDanjou. cesso. MA me STILI R T OPERA IN CINQUE ATTI parole di Teodoro Anne ni>i(A ni Xirni itvixaik. (Rappresentata per la prima volta all’Accademia Reale di Musica in Parigi.) - Prima comparsa del tenore (lardoni. - (.omertà del signor Félicien David al L’onservalorio (pare di Parigi). eorgesi in complesso in questo libretto biografico, favorevolissimo del resto agli sviluppi dell’arte musicale, meno all’abile poeta un semplice episodio della gnor Anne ebbe, più ch’altro, in vista di far brillare esclusivamente ed in ogni forma il talento della Slollz; ma sembrami vi si avrebbe potuto riuscire egualmente con un’azione più concentrala, con un tessuto drammatico più stirilo. Checché però se ne voglia dire, il compositore della musica fu bene scesilo dal poeta. Scene. liete, violente, appassionale; memorie piene di poesia; due scene di addio, Luna graziosa e dolcemente melanconica, l’altra imponente, tremenda; lenerc meditazioni; ire d’orgoglio represse, esplosioni di furore; rassegnazione religiosa; in fatti quanto la musica domanda, quanto di che ella abbisogna per camminare salo a piene mani nel libretto di questa Maria Stuarda. Ma faceva d’uopo al compositore, per ben penetrarsi di queste mille impressioni diverse, per sentire come i suoi personaggi, per amare, soffrire e piangere con loro, un po’di quella libertà e di quella tranquillità, senza cui l’imaginazione si agghiaccia, rallenta il suo corso, s’arresta, muore, e lasciasi trascinare dalla vochè dicesi pure (die appena appena fu accordato al signor Niedcrmayer il tempo necessario alla fatica materiale della sua partizione. Egli ha perciò dovuto immolare- sè s’esso, e poiché non si volle appellarsi se non se alla sua facililà cd alla sua prontezza di accozzar note, egli non potè pensare ad altro se non a terminare il suo lavoro al momento indicalo. Certo che è una bella prerogativa per un compositore, cui preme di prodursi, quella d’improvvisare qualunque enorme lavoro ad ogni bisogno. Ed i bisogni d’un teatro sono di sovente tanto impreveduti ed imperiosi! L’impresario cerca una grand’opera; ne ha bisogno subito subito; (dii è (die vuole rendergli l’eminente Servigio di scrivergliela sul momento?... Certamente non v’ha che il maestro dalla mano agile. Dov’è? Alla campagna. Si corre a lui; una scossa improvvisa lo sveglia; è una grand’opera che gli precipita sul capo. Andiamo, presto presto! qui, della carta rigala! cembalo; qua un libretto; non trattasi che di far cantaro dieiollo personaggi, non compresi i cori; di scrivere dei ballabili, delle pantomime., lui’iniDerlure; si proverà un pezzo in’anlo che il maestro scriverà un altro; si islrumentcrà lo spartilo duranti le prove al cembalo...., senza calcolare i cambiamenti chiesti dai cantanti, i (piali non troveranno le frasi adatte alle loro voci, secondo (die si saranno alzali (pici giorno di buono o di cattivo umore, secondo che la sera antecedente avranno avolo più o meno applausi: senza tener conio (lidie reclamazioni degli uni, (lidie insistenze degli altri, delle battaglie degli amor proprio: impossibile al povero compositore, imprigionalo c stretto fra due o tre. ambizioni rivali, di poter non solo muoversi, agire, ma nè tampoco respirare. Malgrado adunque l’enormità del suo impegno il signor Niedcrmayer, al (piale si avrebbe perdonati) la brevità, ha scritta una lunga ouverture, la stretta della quale è assai animata e calorosaì Passo rapidamente sui primi cori: la romanza di Bolhwell è bella, senza che possa dirsi molto originale, nè offerente grandi mezzi al cantante di figurare: non è dunque dal modo col quale la eseguisce che si possa dar un giudizio dell’esordiente (lardoni. Segue un, duello ira Maria e Bolhwell, ed mi coro animalo.4 cheval! à cheval! che dicesi composto sul motivo d’una tarantella della prima opera del signor Niedcrmayer, Stralicila. Sarebbe cosa ridicola in verità di far un delitto al compositore della riproduzione d’un suo vecchio pezzo, ( he più non si eseguisce, c che il pubblico ha già da lungo tempo obbliato! La romanza di Maria Adieu donc belle France ha nel libretto un’importanza immensa: vuoisi là una melodia, il ricordo della (piale dovrebbe spandersi sulla partizione intera. Il core si commove alle semplice idea d’una scena siffatta, tanto piena di amarezza e di tristi presentimenti: hic. est locus. Ma non ogni di trovasi la romanza di Richard Cœur-de-Lion, c possa pur trovarsi, bisogna aver il tempo di cercarla. L’aria di Murray non è gran fallo felice: malgrado I’ eccellente esecuzione di Barroilhet, fece poco effetto. E buono un coro d’uomini, sciolto ed energico, c buona è mia romanza tratta da un tema popolare scozzese, abilmente Irasformato, cangiandone la misura ed ampliandone il ritmo: con tale modificazione, la melodia si veste d’un carattere romantico pili pronunziato. La musica dei ballabili è trascurala. Eu applaudito il ducilo che apre il quarto allo, e il pezzo d’assieme che gli tien dietro è ben condotto. L’aria di Elisabetta è adatta a far brillare la bella agilità della (ìras-Dorus; ma non conviene al carattere di Elisabetta. (lardoni, I’ esordiente, ha una bella voce, assai fresca c piena di gioventù; egli canta con giustezza; adopera le note di petto fino al la senza sforzo; meno bello è il suo registro di lesta: certo che egli avanzerà ancora nella scienza del canto. Ha grazia, ma poco calore; o almeno poco ne mostrò nella parie di BolhNvell. E colpa della parie, o del cantante, o fors’anco d’anibedue? Desidero sentirlo cantare nel Guillaume Ora che ho tutto dello quanto risguarda VOpéra, vo dare a tutti gli amici dilla musica una bella noAl Conservatorio ebbe luogo il concerto del sig. Félicien David, e col successo il più straordinario ed il più vero di cui io sia fino ad oggidì stalo testimonio. Il signor Félicien David è. un poeta cd un grande compositore; la sua venuta nell’arte è un fatto degno di considerazione, almeno lo credo, sull’onor mio. In un articolo speciale, mi tenterò di provarlo. Berlioz. DELLA CRITICA I» FATTO D’ARTE Articolo li. (Vedi il N. 18 anno III.) o non sono fra quelli che fanno dipendere t pressoché esclusivamente, le bellezze dell’arte da quelle della forma, nè appartengo alla classe degli ottimisti sbrigliati che vorrebbero concedere al genio, od al talento, la facoltà di prendere le regole a schiave dei più fantastici loro capricci; giacché se. rifiuto il dispotismo snervante della scuola classica, ini ondo altresì che vi sia di irragionevole, di falso, di pericoloso nella indipendenza troppo indomabile delle esagerazioni romantiche. Lo studio, l’analisi dei capolavori delle grandi superiorità intellettuali, surte nell’andare dei secoli, servirono come di guida a costruire una linea di fari, (die rischiarano la via attraverso F Oceano incerto, córso dall’intelligenza. Ma, esigere, che i nuovi navigatori non si allontanino un istante dalla splendida striscia che brilla loro dinanzi, è un voler anatomizzare con temeraria precocità gli ardili Colombi (die s’avventurano alla scoperta delle ancora ignote regioni dell’arte. Due. grandi potenze, si dividono l’attenzione, gli sludii c le fatiche dell’umanità; sono queste l’arte e l’industria. Alla prima dobbiamo lo svolgimento, la propagazione, la facoltà, per così dire, d’iniziazione delle idee, alla seconda il formidabile impero che va facendo tutto giorno delle, nuove conquiste sull’inerte immobilità della materia. Quali sarebbero i destini dell’industria, se una ligia ammirazione verso l’aulico avesse costretto l’umano ingegno a battere continuamente uno stesso sentiero? Che sarebbe stato di noi se pedanti industriali avessero pcr esempio cercalo di lottare contro l’intrusione del romantico vapore per un religioso rispetto alla classica trireme? Nè 1‘industria antica è rispetto infcrior all’arte antica; ambedue sono feconde di grandi prodotti, ma tutte c due sono incomplete c non bastano a soddisfare i crescenti c mutabili bisogni delle umane generazioni. Perchè dunque se la derisione è la ricompensa di chi cerca con isforzi impotenti di tergiversare il cammino al progresso ed allo sviluppo dell’industria, sarà permesso ad alcuno di gloriarsi qualora si ostini a voler che I’ardente bronzo dell’arte coli eternamente entro le forme modellale dagli antichi gemi? Perchè si vorrà imporre per tipo al poeta, mischiato a tutti i positivi interessi della vita attuale, Omero o Dante, l’uno il poeta dell’eroismo favoloso, l’altro quello delle gare civili c degli udii municipali? Perchè negare a questa nuova esistenza, basala su condizioni sì diverse, costretta a favellare a intelligenze nudrile di altre credenze, dominate da altri desideri!, ispirate da altre speranze, l’impronta d’ima originalità, che risponda alle esigenze d’im’epoca che non ha nulla di comune con (piante l’hanno anteceduta? Perchè questi eterni raffronti del presente artistico col passato, pcr sacrificare il primo in olocausto al secondo? Ed è su (piesto rapporto che la critica è chiamata ad adempire la più alla e la più nobile delle missioni, perchè è fra tali dissentimenti che il critico deve gettare la sua potente e giusta parola, come il giudice del torneo che, facca cadere il suo bastone a calmare le troppo avvampale, ire dei combattenti. Analizzatore tranquillo; sicuro, conscienzioso, egli rifiuterà l’assoluto mdl’arle, come cercherà di opporsi alle transizioni troppo rapide, ohe con mal regolato sconvolgimento vorrebbero gettare a terra tulli gli altari prima di sostituirne dei nuovi. Il critico s’assiderà giudice e consiglierò freddo cd imparziale fra il passato ed il presente, cercando di trarre, da ambedue, l’insegnamento pcr l’avvenire. Nè una simpatia eccessiva polla sua epoca, nè una smoderala religione, peli’antichità determineranno i suoi giudicò, ma solo l’esame attento e riflessivo del corne i nuovi tentativi soddisfino ai nuovi bisogni, anatomizzando del pari e la servilità che cerca di divinizzarsi aspergendosi colla polvere di vecchie ruine, c la febbrile convulsione che urta impetuosa contro tutti i freni, mormorando la pomposa frase - indipendenza del pensiero. Da queste idee generali è difficile scendere con una transizione abbastanza abile, ad una applicazione particolare, se ci piacesse di parlare della critica speciale, che versa sovra un’arte determinata, la musica. Domanderemo quindi ai nostri lettori il permesso di entrare bruscamente nel nuovo argomento, che sfioreremo con una brevità, di cui certo nessuno ci farà rimprovero. La questione principale sta in questo: dev’essere © egli permesso il discorrere di un’arte ad che non nc conosce i pratici misteri? Noi non ci attenteremo sicuramente di risolutamente il quesito, ma ci azzarderemo un uomo sciogliere ad offrire alcune considerazioni sufficienti, a nostro giudizio, a far valere i diritti della critica ignara dei secreti positivi musicali, purché essi venga ristretta entro certi confini, adoperala con convenienti restrizioni e con opportune cautele, e rivolta a certi speciali bisogni di una certa classe d’intelligenze, bisogni che debbono essere avvertiti e soddisfatti da questa gran guida delle idee progressive, la stampa periodica. Oltre le mille importanti differenze che stabiliscono una grande linea di separazione fra l’arte e la scienza, ne esiste una che noi vogliamo determinare, perchè ci sembra giovare al nostro pensiero. Sta questa nel vario processo con cui si formano c si sviluppano le vere superiorità in queste due regioni, aperte ai voli dell’umana intelligenza. Nella scienza l’ordine delle idee è completamente gerarchico; una cognizione è gradino ad una cognizione superiore; l’ingegno può, in proporzione della sua abbondanza e della sua facililà, percorrere con più celere prestezza il cammino che guida all’apogeo della scienza, ma non può, neppure nella sua condizione più eccezionale, ometterne il più piccolo tratto, saltarne a piè pari alcuna porzione; nella scienza lutto è infiltrazione, sovrapposizione, cristallizzazione, pcr così dire, intellettuale più o meno lenta, ma sempre graduale, e l’ingegno il più privilegiato non s’accorge del completamento delle sue forze, non sente In sè la potenza della novità c della scoperta che quando