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— 203 o CICALATE DI [Vedi i numeri 4-2, 4-5 e 18}. IV. issi più sopra che a berteggiare le soverchie ripetizioni di un tal autore giova rendere fugato il tema che viene immaginato per esprimere la ripetizione; ma si può ben anche con modulazioni variale, e con passaggi ricercali e improvvisi, con isbalzi dagli acuti ai bassi o viceversa, con sortile inaspettate di istromenti, che a bella posta siansi lasciali qualche tempo in riposo, ripetere il pensiero che vuoisi pungere. Di tal maniera voi sosterrete il componimento che non cada in trivialità, e porrete il difetto alimi nella massima evidenza. Così io ho tentato di fare nella sinfonia che intitolai l quattro classici; in cui, dopo di avere con tempi diversi esposto il fare di quattro famosi, presi alcune frasi che mi parvero maggiormente usate da ciascun d’essi, e formai quattro pensierelli caratteristici, coi quali terminai la sinfonia facendoli ripetere alternatamente, c talvolta udendoli insieme, e or uno or l’altro facendoli balzar fuori improvvisi con armonie prese di slancio, o con sortite inaspettate di istromenli; e par quasi che gli autori presi di mira vi compagino innanzi un dopo l’altro, e talvolta a due, a tre insieme, e pur tutti (pialtro, cd anco si facciano a contenderla sulla preferenza dei modi di uso loro, lo non pubblicherò questa salira per tutto l’oro del mondo, perchè voi ravviserete di botto le quattro celebrità ch’io prendo a cuculiare, c sebbene trovi di averle punzecchiate assai di proposito, m’accorgo che non dev’essere d’un ineschili uomo (piai mi son io il frugare per entro le opere de’ classici. Non v’ha genio, per grande e sveglialo che sia, il quale non dia in modi a lui comuni, e non vada ripetendosi (pia e là con certo fare suo proprio; anzi direi che questo accade veramente (piando il genio sonnecchia, c lo scrittore è costretto a ricorrere a’ suoi ripieghi perchè il genio non gli serve molto. Sarei nullaiueno di opinione che «piando io scrittore fosse con la pungente satira della musica risveglialo su queste sue inavvertenze si guarderebbe bene dal ricadérvi. Le vere opere del genio artistico sono sempre portentose, come è portentosa la natura, Chi dalla natura ha sortilo il genio all’arte opera in modo che non sa rendere ragione a sè stesso de’ suoi concepimenti. Ma soventi al genio non corrisponde il giudizio; ovvero ne’.trasporli del genio non abbada l’autore se le cose che egli inventa siano giudiziosamente poste a luogo. Ciò reggiamo accader di frequente nella musica, ove è facile che 1 autore si lasci trasportare dalla bellezza di un concetto che lo inebbria e lo rapisce, e mancando di questa felicità di giudizio cade agevolmente in quegli inconvenienti che non sono per pii discernibili. Qui la satira musicale sarebbe assai utile, ed ha mollo da sferzare; ed io ho raccolto da moderne produzioni un buon numero di questi modi che, sebbene avvenenti, esprimono tuli’ altro di quel che hanno ad esprimere. Taluno non ha rispetto a dire che le son cose da nulla, che i uditore non abbada a simili incongruenze, quando la musica gli piace; ed è vero che. per I’ avvenenza della musica sorpassiamo momentaneamente sulla poca convenienza de’ pensieri musicali colla situazione e colle parole che hanno ad esprimere, c in quell’istante noi sentiamo forse più gratitudine all’autore pcr averci regalato un motivo o un pezzo che ci trasporli [ter l’attraenza sua, anzi che alla difettosa relazione che possa avere col luogo in cui è posto. Ma affinchè la musica sia durevole e perfetta, nè mal risponda all ufficio suo, è pur duopo che non manchi di questa qualità essenziale di esser messa a proposito, e spieghi e aumenti il senso delle cose, anziché detragga ad esse. E l’immaginoso autore tenga in riserbo questi avvenenti concetti, che pur gli escono quasi indipendentemente da sè, pcr una tal quale prepotenza del genio suo, chè gli verrà presto occasione di applicarli anco giudiziosamente. La satira musicale può far iscorge.re assai facilmente queste incongruenze ed avvertire il compositore c gli uditori del difetto imperdonabile. Potrete, pcr esempio, accompagnare il flebile lamento d’amore cogli accenti interrotti c a contrattempo di un coro, i (piali vi rappresenteranno appunto lo sbattere d’usci cagionato dal vento al sorgere d’improvvisa bufferà; c colpirete assai da vicino alcuni «h ’moderni accompagnamenti di coro, ficcati in un’aria pcr servire alle convenienze del cantore principale; perchè onde l’aria sia di tutta importanza non deve mancare del corredo di un coro, nè del fragore di tutti gli istromenli d’orchestra, per (pianto il fragore disdica al querulo lamento od al devoto priego che devesi esprimere. Con una frasetta che partendo dal basso vada a stento arrampicandosi all’acuto, c per lo raddoppio delle parli fatto alla scoperta, il concetto prenda consistenza e robustezza, e (piando le voci son giunte al loro stremo di aeulezza c di forza, un assordante colpo di gran-cassa, posto in punta del fortissimo che avrete raggiunto, determini il vertice della piramide musicale che avrete costruito; voi verrete così a censurare l’ormai sazievole e vagheggiato modo de’ finali d opera, in cui non deve tornar buona la cadenza se. non è predisposta da un pianissimi) e col crescere di forza vada a poco a poco a prender piega per la risoluzione, determinata da un fragorosissimo scoppio di fulmine già preveduto e atteso da tutto l’uditorio. Sabbia pure ad esprimere l’ira repressa; assumerete una frase rumorosissima ne’ bassi, replicata molte volle con inganni d’armonie sotto un incessante e poco variato gridare degli acutissimi, c vi farà dar la soja ad allre cadenze de’finali d’uso, nelle (piali si fa aspettare la risoluzione oltre ogni garbala convenienza. Nè crediate con (‘ili clic il vostro scherzevole componimento abbia a produrre quello sfinimento di aspettazione che nei componimenti censurali degenera in vera noja; al contrario, se il vostro fraseggiare sarà veramente gajo e lepido, ogni nuova e singolare modulazione che aggiungerete, produrrà nuovo diletto in chi vi ode, nel tempo stesso che pungerà al vivo siffatte alimi leziosaggini. Amelie vado io indicando argomenti di satira se le nostre musiche le somministrano ad ogni tratto? M" è accaduto di udire nello scorso carnevale una nuova produzione, la quale pcr poco che fosse caricala delI’ ironia, del sarcasmo c dello scherzevole che deve avere le satira, sarebbe stata una stupenda censura delle produzioni moderne. E sì, era dettala da un famoso! Pure eran ivi raccolti e messi a sproposito tulli i modi esagerati d’uso, c s’udiva così marcato certo stile pesante della giornata che per fare a bella posta una satira non si poteva seguire miglior via. (Sarà continuato). INVENZIONI ALL’ESTENSORE DELLA GAZZETTA MUSICALE DI MILANO. Lecco, 17 Novembre 1844. onoscendo io 1 interesse che Ella inette in tutto ciò che appartiene all’arte musicale, e con quanto amore e sollecitudine Ella accoglie tutte le novità risguardano, la prego, e mi lusingo ch’ella mi grazierà di fare di pubblica ragione in un prossimo numero della Gazzetta Musicale il seguente mio rii rovaio. Nella mia condizione ebbi più volte a scontrarmi nell occasione di dare lezioni a piccoli ragazzi, 1 intelligenza de’ quali non di rado era superiore ai loro mezzi fìsici:, voglio dire, le mani loro, sebbene (( proporzionate allo sviluppo generale del £ corpo, non corrispondevano ai bisogni sulla i tastiera-, e quindi mi occorreva spesso per L supplirvi, in parte, dirò così, sacrificare le Î idee de*compositori. sia dal lato della digitazione, sia da quello dell’armonia. E per verità tale è lo scoglio che tutto di ogni maestro prova. Perciò ben sovente mi feci a riflettere se era poi assolutamente impossibile il superare siflìilto ostacolo. Ecco, pregiatissimo signor Estensore, appunto (pianto io colla speranza di non errare le annuncio: l’ostacolo è vinto. li mio ritrovalo è tale da poter essere classificalo tu due gradi-, offro cioè il mezzo di dare per le mani più piccole l’estensione dell’ottava in quella della sesta, e per le mani meno corte l’ottava ancora in quella della settima^ e ciò con piccola modificazione (conservando sempre il pianoforte della primiera sua condizione), adattabile non solo a qualunque istromenlo, ma da potersi usare a piacere, ed in breve istante, (piando previamente sia stato fornito del mio meccanismo. Dirò più: darò a piacere nello stesso islromento la condizione del primo grado nella melò a destra della tastiera per l’esercizio dell allievo, e lascierò libera la metà a sinistra per l’accompagnamento al maestro. Né s’insorga qui a rimproverare al mio pensiero 1 opposto difètto di mancare allo sviluppo della mano, appunto perchè tenuta sulle proporzionali naturali ordinarie:, chè oltre ai riflessi fatti già nella prima parie di questa mia, ben molti altri ancora ve ne sarebbero. E ancora, siccome poi lo stesso mio ritrovato si adalla per gradi, quale maggior comodo si potrebbe desiderarle? Per limitarmi ad accennarne un solo. ma per capitale vantaggio, dirò che l’allievo viene di bollo messo alla porlata d imprendere i suoi sludii positivamente e concordemente a veri principii dell arte, sia per riguardo alla digitazione, sia per quello dell’armonia j e cosi tolta la mostruosità di avere delle ornmissioni, delle facilitazioni ove l’arte non le comanda. Così, signor Estensore stimatissimo, mentre penso guarentire a me medesimo il mio, ritrovato per la via legale, è mia intenzione di raccogliere un sufficiente numero di domande, o come d’irebbesi di Associali, alto a compensare le mie fatiche prima di far pubblica la cosa; al quale scopo farò poi tra breve conoscere con I apposito avviso le condizioni e la fabbrica presso cui avrò stabilito il mio ricapito e la mia officina. Fratturilo con istima ho il piacere dir’mele Divolissimo Servo Francesco Abbiati Organista della Preposiluraln di Lecco. I

il. CENNO NECROLOGICO nemesi© iiaausedhri..... Sugli estinti Non sorge fiore, ove non sia di umane Lodi onorato, o d’amoroso pianto. Fo scotìi. N’cmcsio Manfredini debbo tributare una parola di elogio e. di slima, ponendolo fra gli artisti di merito non comune: al quale professammo non volgare venerazione, c la cui perdila riuscì assai d dorasti a chi lo ebbe a conoscere.