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487 3 ■ ■■ — ■ ■■ --T.. ■ ■■. Un difetto non minore di quello di suonare in chiesa musica di un genere sconveniente è quello, scordandosi che 1 organo è destinato a servire alla liturgia, di volere che i riti liturgici servano al comodo del suonatore. Se troppo brevi persetti. allorquando si deve rispondere al coro. talora sconvengono. non possono sconvenir mai tanto quanto versetti lunghi di soverchio. Qual cosa più imponente che sentire un’accaìcala moltitudine tutta ai sacerdoti unirsi per prorompere nel canto di qualche salmo, di qualche inno? e qual cosa, al contrarlo, di più freddo, di più meschino, che più stringa il cuore, che sentire di tanto in tanto rispondere all’organo le sole voci di pochi preti cui ninno del popolo faccia eco? Ed è ciò quello che pur troppo avviene allorquando molto in lungo protrae T organista i versetti convertendoli in sinfonie che ad altro non valgono che a pubblica distrazione. In tali casi non di rado avviene del pari, ed io stesso mi vi son trovato presente in una delle principali chiese di Firenze, che al riprendere del coro il popolo, non rammentando più bene qual fosse il versetto già cantato, quale quel da cantarsi, ricominci lo stesso, o la gente vada cantando chi una cosa, chi un’altra. Non troverei strano che taluno si compiacesse di tacciare me, uomo del mondo, e che pure cosi vo scrivendo, d> allcttata bigotteria, abbenchè la indipendenza delle mie opinioni dovesse esser nota abbastanza. Ma per me. dicano ciò che vogliono, credo che rapporto a questo subbietto non possa dirsi mai tanto che basti. Né è bigotteria il parlare cosi, ma linguaggio che si conviene alla umana ed artistica dignità offesa da tanto abuso. Meglio è non fare una cosa, che farla di proposito al rovescio di quello che esser fatta dovrebbe. Quando la s imprende, e sia pur qualunque. si deve porre ogni cura onde riesca tale quale esser deve. Age guod agis potrebbe dirsi di ciò, trasportando 1 antico adagio ad un senso, che, se non è il proprio, non e però meno vero. Se in chiesa un contegno decente può esigersi e si esige i sacri Leviti, non a piangere inter vestibulutn et altare, ina a marciare in battaglia. Che se, si negli uni, che. negli altri non facesse alcuna breccia questa patetica rimostranza; odano, e (se non si emendano si vergognino almeno) con qual tuono parli loro pocta: un (3 ««Il teatral rondò, l’allegra danza a Arila chiesa risuona, e quella impura a Musica inetta, onde arrossa natura, a E ne freme di Dio la sacra stanza». E nella nota trigcsimascconda della dissertazione terza: ivi a Io so pcr cosa certissima che il suono d’un organista d’una citta d’Italia fu in occasione di solenne messa sì profano, che la moltissima gioventù accorsa alla sacra funzione non potè contenersi dal secondare il ritmo del suono eo’piedi, colle mani, con tutto il corpo, di maniera che una savia c intelligente persona ivi presente dovette, scandalizzata, partirsene dalla chiesa, non polendo più a lungo soffrire tanta sfacciataggine. La messa si cantava in canto fermo, e I’ organista rispondeva, coni’è costume, al coro. Eu occupalo lo spazio di circa Ire. quarti d’ora nel Kyrie c nel Gloria, tempo che potrebbe bastare per una messa in musica concertala. Si argomenti da questo la lunghezza de’non più versetti, ma suonate; c quante ne avrà falle mai di bizzarre cose quello sfrenato organista!!! Ma pur troppo è così; il suono dcll’organo, strumento privativamente ecclesiastico, è oggidì snaturalo affatto c si è convertilo nel suono del Pianoforte». E se il Santucci sa il fallo sopra narralo, non so io per csserniivi trovati} presente, che spesso persone distratte dall’organo vanno duranti le sacre funzioni canterellando dietro l’organista le arie profane ch’ci suona? a ragione dai semplici astanti, come non lo si dovrà tanto più pretendere da chi, come gli organisti. prende tanta e si interessante parte nell esercizio esterno del culto? da chi. per soprappiù, è anche pagato per prendervi questa parte? Nè a scusarsi del fallo basterebbe per un organista di tal fatta invocare il gusto di quel rettore ecclesiastico che lo stipendia, e che (cosa strana, ma che pure potrebbe avvenire) di un suono sì incongruo potrebbe pure esser contento, e fors’1 anco giungere a così volerlo: non si tratta per lui di contentare i gusti di prete Tizio o di prete Cajo, ma di servire alla chiesa, alla mistica unione, cioè, di tutti i fedeli decoro della religione in uno con Dio, al e dell’arte. Ï PROSCEiNJ AU’anoniitio Mcrittore «leU’articoIo Bill Kuovo Teatro «li læeco. (Vedi Bazar A. 80). con ve,° SI1S,° i! voslro scritto, «jN rv wP^pcrchc annunzia un nuovo teatro, cioè àj, ’brulla nuova arena pcr l’esercizio delSm ftg mLaI’ Arti belle, arti carissime che, tralque’ ch’hanno imparalo il secroio di mantenerle veramente belle, turno valgono a mandar innanzi la civiltà de’popoli. Altro motivo di vera compiacenza mi fu il vedere nel voslro articolo ciò che troppo di rado si riscontra nelle relazioni di teatrali bisogne, voglio dire i difetti degli artisti censurati con franca schiettezza ma senza ’l bruito colore della prevenzione passionata, delia parzialità, ed i pregi encomiali senza quella solila abbondanza di micie che nausea i non guasti palali, c non è a dirsi «pianto riesca nociva agli artisti c«l all’arli, perchè sebbene sostanza per sè innocente, puri* somministrala in dose esuberante, come si pratica dai procoli, dai protettori cicisbei c da «pici giornalisti che lo vendono a buon mercato, ili venta un morboso lievito il «piale promove nelle ignoranze una specie di fermentazione che le gonfia, ne. sviluppa mefitici gas evi genera finalmente le presunzioni, vere suppurazioni che fanno insanabili e bruiti i figli dcll’ar// belle. Il voslro amore di verità, il vostro sistema di urbana critica traspajono ad ogni periodo del voslro scrino, c ciò mi fu sperare che mi saprete buon grado che io vi palesi il mio dubitare delia giustezza di una massima da voi esternata; dubbio da non trascurarsi da voi clic vi mostrate inteliigmlc delle ragioni architettoniche e prospettiche, c tanto meno «lai professori dellarle che si dedicano alla costruzione di teatri. Parlando della struttura del nuovo teatro, di Lecco, voi dite; ^...pareil noi disdicevole la mancanza del proscenio, che certo vale sempre a diffondere la voce, aggiungendo decoro e sonorità al teatro». Io non comprendo bene «lai pregialo voslro scritto se lamentiate la totale mancanza di un proscenio, cioè di quello spazio che separa le estremila della sala de’spettatori dai finti panneggiamenti che sogliono incorniciare la scena, ma mi pare da supporsi che i ricchi candelabri dorati di che parlale saranno appunto ornamenti di un proscenio; voi dunque, se non erro, appuntale di sbaglio l’archilello per non avere fregialo il palco scenico di un proscenio costruito come si pratica, cioè traforalo da’ palchi; ed è su questa supposizione che. mi prendo la libertà di sottoporre al vostro giudizio ed a «piallo de’ periti dell’arte, non di soverchio attaccali all’argomento del Si usa così, i seguenti riflessi. Io sarei d’avviso che il proscenio con palchi debba scemare anziché accrescere la sonorità del teatro, ’essendo indubitato che li stessi vacui de’ palchi, le tappezzerie, i panneggiamenti che (i adornano, le persone «he vi stanno spettai rici debbano ammorzare ie ripercussioni de’ suoni, talché, se non forse con sicuro esito, stante il poco progredire delle teorie acustiche, pure con molla probabilità di riuscita nell’importantissimo intento di rendere,’ come suol dirsi, armonico un teatro, ini pare si potrebbe far servire lo spazio del proscenio ad aumentare i’hitensilà delle risonanze col mezzo di specchi concavi o vasi metallici, come vuoisi praticassero gli antichi Elleni, mezzi che l’ingegnoso buon gusto degli architetti saprebbe in pari tempo far servire all’eleganza, al decoro del teatro. Un secondo inconveniente prodotto dai palchi di proscenio è quello di far la figura di un intruso, giacché non è a porsi in dubbio che il Proscenio o Avaidiscena sia parte della scena, sia cioè il luogo destinato al davanti, per così esprimermi, de’ quadri drammatici, luogo che pcr tutti i rispetti deve essere separalo dalla sala de’ spettatori. - Terzo inconveniente è quello di servici* di distrazione, di disturbo agli allori, perchè I esperienza insegna che non sempre i palchi «li proscenio racchiudono gente abbastanza educata c discreta da pensare all’obbligo di civiltà che avrebbero lutti gli spettatori, quello cioè di non disturbare con importuni cicalecci col farfalleseo andar e venire, colI irrequieto appuntare, cannocchiali c binocchiali or sulle attrici ora sulle spettatrici Dulcinee, defraudando cosi «lei diritto di gustare lo spettacolo scenico la buona gente che I’ ha comprato alla porla con una moneta eguali* a quella pagala dai prosi eniei; da pensare che quell obbligo che il Galateo altamente reclama e dagli uditori delle platee e da «pielii de’ palchetti è assai più doveroso per «pielii che stanno ne palchi di proscenio, perchè da quelli è assai più facile il disturbare e attori e spettatori. - Un «piarlo inconveniente dei palchi di proscenio si è quello di offrire agli artisti (ai sedicenti artisti, non ai veri, parliamo chiaro) una prossima occasione di mancare al rispetto dovuto al Pubblico, non essendo rari i casi ove mal educati allori osano vibrare occhiate, diriger parolette ai prosceniei, trascurando per conseguenza di concorrere colla scena mula, come è loro stretto dovere, all’effetto drammatico, dimenticando Li riverenza dovuta ad un Pubblico. I. introduzione dei due a fior di avanzo dell’uso taire sulle scene. de’ palchetti di proscenio., c massime che durava ancora ai tempi di Volfrancesi, ove all’intorno degli attori sedeva un semicircolo di spettatori, fra’ «piali la stessa Corte: li epigrammi di Voltaire e di altri filosofi fecero aitili valere la ragione contro quell’inconcepibile paradosso, c sarebbe impresa bella di i Progresso se, vincendo alcune poverine vanità, e le testarde tenacità degli usi inveteratisi a dispetto del buon senso, riuscissero a bandirne la non poco ridicola coda, almeno nella costruzione de’nuovi teatri. Gentilissimo sig. Anonimo, o voi riconoscete ben fondali i miei i illessi, allora mi assicura il voslro amor del vero non v’iiieresccrà l’unirvi meco nel far plauso all’architetto che non volle palchetti nel proscenio del nuovo teatro di Lecco, c «piando poi crediate avere buone ragioni per dimostrare erronea la mia opinione, vi assicuro che vi ringrazierò e col cuore e coll’inchiostro dell avermi tratto da un errore che da lunghi anni mi sta nel celebro, in compagnia de’ molti altri che vi staranno forse, a marcio dispetto di monna • bigione, buona creatura che pretenderebbe entrare padrona assoluta in lutti li umani cranj, ma, poveretta! vi trova troppo sovente le porle, chiuse, e sente ballarvi dentro allegramente la presunzione, i pregiudizi, le superstizioni, suoi dichiarali nemici, che vi entrarono pcr le binale finestre degli occhi e delle orecchie. Borg emanerò, Ottobre dei L81Ì-. A’icoi.ò Eustachio Cattaneo. GÀZZETTI1T0 SÏTTHÜ.1U — Alla Scala avrà luogo questa sera la prima rappresentazione della nuova Opera Ermengarda del maestro Sanelli. — Annunziamo con vero piacere l’imminente arrivo in Milano del rinomato violinista Bazzóni, che ora trovasi a Magdeburg (al Nord della Germania). La sua di. ora Ira noi sarà breve, avendo egli intenzione di recarsi a Parigi nel prossimo carnevale. Le sue peregrinazioni artistiche in Germania gli meritarono l’ammirazione generale c come esecutore e come compositore. Il Grande allegro di concerto (Op. 15), uno de’suoi ultimi lavori, è dai Tedeschi qualificato come la migliore composizione dell’autore. CARTEGGIO PARTICOLARE Varese, 6 Ottobre. Nell’ora scorso autunno Varese vantava uno splendido signore che per proprio ed altrui diletto generosamente crasi preso cura del prospero risultato degli spettacoli musicali. Ei faceva scritturare cinque prime donne; invitava un maestro direttore di pregevole lama ed un tenore di scelto rango e di emergente abilità, oltre quello clic figurava nel cartellone; ordinava che di un buon terzo venisse aumentata l’orchestra. resa la migliore e la più robusta che mai risuonasse in questo teatro; accresceva la coorte dei coristi; a ti e portava il numero delle opere sfarzosamente allestite; agli abb uiati regalava due serate; proteggendo artisti esteri o scegliendo i più capaci delia compagnia e col concorso della brillante e ben addestrala banda di Lainate spessissimo rendeva variate le rappresentazioni,, coll’aggiunli di pezzi staccati, che, comprese due accademie, sommarono a non mimo di quaranta; i poveri del paese soccorreva col totale profitto di un magnifico concerto; agli artisti tanto principali che subalterni prodi