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- 479 — O massimamente dappoiché le poesie del Metastasi) rapirono senza contrasto il principato del teatro lirico. E il Sassone. IHàndel, il Bach e il Gluck, e tanti altri posero sotto le note i drammi italiani che si videro signoreggiare imperiosamente in tutte le Corti europee da Pietroburgo persino a Lisbona, e da Pollava lino ad Amsterdam, eseguiti da uomini e donne italiane, non senza vantaggio considerabile d infinite famiglie, e di moltissimo oro colalo in Italia per questa via. Nè minore si fu la riputazione, che del buon gusto e del prospero stato delle arti italiane presero gli oltremonlani, in veggendo le tante colonie composte di maestri, di sonatori, di cantanti, di ballerini e di macchinisti bravissimi, che sortivano dal loro paese per procacciar ad essi un sì vario, si gentile e si perfezionato diletto, nè minori i contrassegni onde vennero distinti con pochi italiani, celebri solo per questo merito. Ferri, Malteucci e Guadagni furono creati cavalieri} Farinelli ebbe la croce di Calalrava in Ispagna, dove sotto la sua direzione e regolamento si rinovellò negli spettacoli teatrali tutta la magnificenza e il buon gusto dell’antica Atene: la Tesi fu premiala colf acquisto dell’ordine della Fedeltà e Costanza in Danimarca, e così via discorrendo. Non so pertanto con qual ragione un riflessivo e interessante scrittore (I) abbia chiamata vana e. inutile quella gloria che ritraggono gl Italiani dal vedere che la loro lingua, musica e poesia sono superiori a quelle degli oltramontani. L’Italia non dovrà mai al nostro avviso riputar vana una lode che suppone in suo favore una decisiva maggioranza nelle doli dell ingegno e in quelle dell arte. Nelle prime, perchè nè la musica nè la poesia possono arrivar a tanta eccellenza in un popolo che dotato non sia di squisita sensibilità e di brillante immaginazione: qualità, che trasferite alle belle arti non solo bastano ad immortalar un uomo, ma ad assicurar eziandio ad una intiera nazione l’omaggio di tutti i secoli. Nelle seconde perchè la perfezione di quella facoltà è un indizio sicuro che si coltivano per ora o si sono per 1 addietro coltivale felicemente molte altre che dipendano dalle prime, o s inanellano con esse, in maniera che non possono reggersi da per sè: cosi una lingua ripulita, abbondante, armoniosa e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura e eh cognizioni: una poesia ricca e perfetta nei inolliplici rami che la compongono. suppone un uso quotidiano del ■ teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e; profondo del cuor dell uomo, una musica, coinè l’italiana, suppone un avanzamento! prodigioso nel gusto, e in tulle le arti del j lusso. Imperocché è incontrastabile, che: giammai un popolo baderebbe a perfezionar con tanto studio le facoltà di puro diletto, se l’agio, la pace e la morbidezza, e le superflue ricchezze onde nasce il lusso, non vi dominassero da lungo tempo. Nè può tampoco chiamarsi inutile quella gloria che il sostentamento serve di lauta gente e contribuisce in particolar maniera a tirar in Italia l’oro degli stranieri, essendo certo, che da niuu ramo delle belle 2 arti cava, se ben si considera, tanto lucro, Zm questa provincia quanto da quei che servono al melodramma. Principalmente dac- j (1) Delfina, Rivoluzione d’Italia. Lib. 25, Gap. 15.

chè le arti del disegno dopo aver padroneggiato senza rivali per ben due secoli nel bel paese che Appennin parte, e’I mar circonda e VAlpe, voltarono in fine le spalle, e se ne andarono affisse sid carro di Minerva ad illeggiadrire di loro venustà le rive della Senna. Se non che, non si dee credere che il buon gusto musicale, quale è stato finora descritto, fosse così universale quanto a prima vista apparisce. Se le armoniche facoltà ebbero i loro Orazj e i loro irgilj, non mancarono di Bavj, e di Mevj anche in abbondanza^ e se la semplicità, la sobrilà, 1 espressione e la naturalezza furono le delizie dei primi, le fiamminghe anticaglie, il contrappunto operoso e la romorosa armonia spiccarci) non meno nelle composizioni dei secondi. Che se alcuno stentasse a credermi, faranno in vece mia sicura testimonianza due chiarissimi autori, cui ninno potrà rimproverare di aver voluto adombrar il vero o recar onta alle glorie della loro patria. L’uno si è il sig. conte Benvenuto di S. Raffaele, regio direttore degli studj a Torino, il quale in due belle lettere sull arte del suono cosi si esprime, esponendo lo stato della musica, allorché Tartini cominciò a spuntare qual astro novello sul cielo della Italia. Dominava ancora tra gli scrittori quel barbaro gusto delle fughe, de canoni, e di tutti, in somma i piii avviluppati intrecci d un ispido contrappunto. Questa increscevol pompa di armonica perizia, questa gotica usanza d’indovinelli e di logogrifi musicali: i/itesta musica gradita agli occhi e crudel per gli orecchi, piena d armonia, e di rumore, e vuota di gusto e di melodia, fatta secondo le regole, seppure le regole hanno l’atrocità di. permettere di far cose spiacevoli, fredde, imbrogliate, senz’espressione, senza canto, senza leggiadria, (piai altro pregio veramente aver può, che quel di abbagliar gli eruditi e di uccider per! la fatica il compositore e. per la noja i dormigliosi ascoitanti? L’altro è il famoso Benedetto Marcello patrizio veneto: genio fra i più grandi, che abbia nel nostro secolo posseduti l’Italia, e che nella sua! immortale composizione de’ salmi gareggia; col Palestrina, se non lo supera. Quest uomo eccellentissimo, che alla gravita dell’antica musica ha saputo unir cosi bene le grazie della moderna, compose ancora una saporitissima critica intitolata il Teatro | alla moda, senza nome, senza data e senza luogo di stampa, ma che fu per altro man- | data in luce poco dopo il mille e sette- I ove colla licenza che permette la maschera, schiera ad uno ad uno con ironia tulli i difetti che dominavano al suo tempo in sulle scene. Ad essa noi pure rimettiamo i lettori che dello stato del teatro italiano volessero avere piena contezza. Nè i mentovati vizj si trovano nel volgo soltanto dei compositori e degli attori, ma in alcune composizioni eziandio di quegli uomini sommi, di cui si è finora parlato con tanta lode. Porgetesi ha delle cose molto triviali, i principi di Jomelii non furono conformi alla eccellenza cui giunse dappoi, Tariini pagò tributo al suo secolo infettando le sue prime sonate con (piallo stile di laberinto, in Coralli non tutte le opere uguagliano la quinta, nc la melodia dell immortai Farinelli fu la stessa nell’età sua virile che fosse stala nella sua giovinezza. Ma non ci dobbiamo punto maravigliare di questo. ripensando che nelle vie. che percorre l’umano spirilo per istruirsi. I1 errore è quell’istmo fatale poJ„ll„... I... 1 non viene verità e 1 ignoranza, che non lice ad alcun nocchiero sto dalla natura tra la annoverato que pochissimi, cui propizio sorrise Giove dall Olimpo. CICALATE (Vedi il numero 42). IL avere principalmente in vista che sal’lib coimmipic sia semplicemente. ▼ W^^islromcntule, deve emergere chiara ed igJA jfcj-’pÇev niente, nè deve aver bisogno di glosse o di postille per rilevarne il costrutto. Guai! se accadesse il caso di quel pittore, che avendo Irimenli far riconoscere, fu costretto a scriverle di solfo; quest’è il f/atlo. E in molle maniere può essere evidentemente indicalo il ditello che si prende a bersaglio, olire formarlo il principale soggetto di apposito componimento come si è già dello, e (piindi ripeterlo e farlo campeggiare lungo tulio il componimento; si può balzare di bollo dal pensiero che vien via seguente al modo (die vuoisi censurare; si può farlo proposilo di scherzevole ritornello; si può esprimerlo con una parie intanto «die I’ altra lo imita corbellandolo; o (piando egli è indicalo a modo di teina si può con variazioni caricarlo c deriderlo; e non saprei ora rammentarmi • piani’ altre clic dipendono massimamente dalla tessitura della satira, e dal genio del satirico. Abbia soltanto la composizione una buona tessitura, e buoni sparlinienti, sebbene piuttosto a questi che poiché si pui) d’un salto balzare da un pensiero alI altro, ma il periodo e il parziale sparliincnto è <1 uopo che entrino facilmente e gradevolmente; e questi passaggi medesimi dall’uno all’altro pensiero vogliono esser fatti con giudici)) c disinvoltura, siccome vegliamo nella Sinfonia dell’opera Zampa e in molte altre stupende composizioni; e sono mollo lodali anco dalle persone, nell’arte eccellenti, conoscendosi la difficoltà che bassi a trattarli convenientemente; imperocché ove sian fatti con gusto e disinvoltura apportano molla leggiadria al componimento, e diversamente lo rendono affatto slegato e triviale. Laonde reggiamo molli de’ valorosi non farne uso, c tener unito tutto il componimento colle frasi principali o derivale, o cogli appicchi consentanei al pensiero che precede o che. vogliono far seguire. Pure negli scherzi e nelle satire musicali questi sbalzi sono talvol a neccssarj; c questo fare slegato di pensieri, che si succedono improvvisi, facilita la espressione delle cose, c dona mollo brio al complimento. D’altra parte ognuno sa che per rendere legali de’ pensieri svariatissimi, massimamente nello stile faceto, basta un nesso comune, un ritornello, una sospensione che tronchi di bollo il periodo (fatta però con bel garbo per non aver a rompersi il collo); dopo la (piale si può passare a idee c modi e tempi diversissimi. Un tema variato vi può egualmente far satirizzare molte e disparate cose; e tal genere di componimento può con facilità riuscire di forma regolare e di buona condotta. Dipende onninamente dal genio di chi scrive il dare una forma o l’altra al proprio lavoro, e per me basta l’accennare che la satira musicale [tuo essere di varie forme. Non si trova poi difficoltà alcuna a rendere burlesco un soggetto serio, anzi (pianto più egli é sostenuto e dignitoso è tanto più facile di farlo piegare allo scherzo; e basta una frasetta giocosa di mezzo, una desinenza lepida; talvolta valgono le. reticenze, le sospensioni, gli accompagnamenti scherzosi; giova talvolta avvicinare o distaccare frasi 0 note, esprimere con note spesse o sincopale o a contrattempo ciò clic andrebbe espresso con note larghe e