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— 478 Ora, se in quanto ho detto di sopra non mi sono ingannalo, si vede bene che era affatto inutile offrire agli Italiani, in un metodo a loro destinato, la descrizione di un organo differente da quello usato da loro, la indicazione di registrazioni impraticabili per lo più sui loro istrumenli. i Tutta, dunque, mi pure, che si sarebbe dovuta sopprimere quella parte dell opera, o (meglio) rifarla in modo, a noi ed ai nostri usi conveniente e proficuo. Seguitando ora I esame del metodo, di J cui parlo, alla descrizione e indicazioni di che sopra tien dietro una rubrica delle ufficiature: è questa una indicazione del numero delle volle e dei momenti nei quali devesi suonar Porgano duranti le sacre funzioni, ed un avvertimento del carattere che a tulle queste suonate principalmente conviene. Le tre pagine in cui tulio ciò si contiene possono riuscire di qualche utilità maggiormente lo riescila libero se non vi fossero ancor (pii delle cose j fuori affatto dei nostri costumi, come sarebbe il seguente precetto: «Dopo la comunione l ’organista suona il Domine salvum in falso-bordone v. Non so che presso di noi, almeno nella generalità, vi sia quest uso. - Parimente poco più sotto si legge: a Dopo la benedizione (della messa) 1 organista suona un gran coro (1) per la sortila! Anche (pii vi sarebbe da osservare che, meno la occasione di feste solenni, il coI stiline più generale tra noi, almeno se non ni inganno, è che dopo la benedizione si suoni una semplice cadenza, col pieno, onde non impedire al coro di cominciare immediatamente la recitazione delle ore che dicoiisi dopo la messa. Ma basti su ciò. A quanto sopra è dello tien dietro una breve istruzione sul canto-fermo, ed un sunto di nozioni sull armonia. Di quella, risguardanle una materia tanto necessaria a conoscersi pei fellamente dall organista, dirò che è breve soverchiamente. Potrebbe poi anche dirsi che sia alquanto incom! pietà: pcr esempio non vi si trova vera i definizione e trattazione delle intuonazioni, che nel canto-fermo, per rapporto al bisogno dell organista, sono una delle cose le più essenziali, nè si accenna la differenza che spesso corre tra le solenni e le feriali, (flf, non vi si parla convenientemente delle trasposizioni.: non vi si la parola del tuono misto, dell Evovae, o Saecidorum, ecc:, ccc. Al contrario, abbenché assai ristrette e tutte esclusivamente pratiche, buone sono le regole di armonia. Finita questa prima parte del metodo in discorso, autore della quale è il sig. Muller, incomincia la seconda, lavoro del sig. Rinck, la quale consiste primieramente in trenta preludj in tutti i tuoni e modi tanto maggiori che minori, ed in un seguito di trentasei versetti o pezzi di musica in varj tuoni e generi. Così almeno li qualifica I autore, ma è vero che la stessa varietà che si riscontra nei tuoni non si trova nei generi, chè anzi pel lato di una certa lieve monotonia sono queste composizioni appunto riprensibili. Del resostenerlo, dietro le asserzioni di taluno dei più abili nostri costruttori, ed in parte per esperienza mia propria, per rapporto alla Italia centrale ed alla Toscana in specie. (I) Per gran-coro nel nostro metodo par die s’intenda un pezzo combinato a più diversi registri simultanei. (2) A ciò si arroge che gli csempj d’intuonazioni e di finali, clic si trascrivono nell’opera di cui è discorso, spesse volle non corrispondono a ciò che si usa da noi. sto son bene scritte, e credo possano riescile utili per acquistare nel suono il vero gusto che all’organo si conviene (1). Mi par dunque che mentre la seconda parte dell’opera in discorso, che in sostanza è la più interessante, risplende innegabilmente di molli pregi, non degna di lode ne sia la prima, sì per ragioni assolute ed intrinseche, si per ragioni relative agli usi di noi italiani. per cui dal1" autore non fu destinata. E poi un fatto che all’opera stessa, anziché il titolo di Metodo per organo, per quanto mitigalo dal predicato converrebbe essere intitolala Metodo per accompagnai e con l’organo le sacre funzioni, ovvero breve guida dell’organista duranti le sacre funzioni. Né mi si accusi di voler cavillare con soverchie sottigliezze sul titolo, poiché la esattezza nei nomi è indizio e ajuto nella esattezza dei giudizj. Nè è poi di rigorosa giustizia la osservanza nella intitolazione delle cose venali, onde chi sulla fede del titolo soltanto si dii a comprare, non si trovi esposto ad una decozione. E certo nessuno potrà sostenere che meriti il nome di metodo per un islrumento quell’opera. in cui manca la esposizione appunto delle prime regole necessarie a ben suonarlo. Ma, ciò essendo, mi si potrà da taluno obbiettare: perchè tanto rumore a proposito di si piccola cosa? - A che rispondo dicendo che tanto rumore non è solo a proposito di si piccola cosa, ma di quel vuoto, che, come in principio osservai, notasi nella didascalica musicale, e che, nonostante la pubblicazione del lavoro dei signori Muller e Rinck mi pare esista tuttora, per la mancanza (se non m inganno) di un vero e proprio completo metodo per organo. Il riempire convenientemente tal vuoto parrebbe a me fosse opera essenzialissima, a cui converrebbe rivolgessero le loro cure i professori della materia. Tanto rumore, poi, se occasionalmente è nato per me dall’esame dell’opera dei signori Muller e Rinck, è da ine principalmente diretto a provocare (se è possibile) la riforma di tulli quegli abusi che il suono dell’organo deturpano oggigiorno. Di quelli strettamente musicali mi sono dal più al meno occupato fin qui. Ora mi resta a dire di quelli massimi che si riferiscono e nascono dalla mancanza di religiosa convenienza, di che si è reso generalmente accagionabile questo suono. -Ma di ciò in altro articolo, chè il presente è ormai lungo anche di soverchio. farà continuato}. L. F. Casamokata. (1) Si noli anche qui un altro riscontro della diversa costruzione degli organi in Francia c Ira noi: spesso vi sono segnali ai pedali dei suoni, degli andamenti, che, con le pedaliere a oliava ripiegala, come la sogliamo praticar noi, restano impraticabili. STORIA MUSICALE Secolo <1* oro della musica italiana. Progressi della IVIelodia. Valenti Componitori italiani. Scuole celebri di Canto e di Suono col vario loro carattere. (Continuazione e fine: vedi i numeri 17, 48, 26 e 40). pregevole pel metodo d’inse00 S-phnare, Per varietà degli stiQyf SL^Tdi. e pel numero di bravi discopo li fu la scuola bolognese o.et fondala da Francesco PistocAntesignano di essa divenne il celebre Antonio Bernacchi, il quale, comecché avesse fievole voce e disadorna, tanto ei seppe fare a forza di studio, che attissima la rese pel canto, nel quale meravigliosamente poi si distinse pel facile spianamento, per l’arte di graduar il fiato, perla leggiadria degli ornamenti e per la esalta maniera di eseguir le cadenze. Il suo raro melilo in vece di renderlo il caposcuola e il Marini della moderna licenza, come a torlo il chiama il conte Algarolti (4), il fece anzi comparire uno de’ più rinomati cantori del suo tempo. Antonio Ralf, Giovanni Tedeschi, Tommaso Guarducci e Giambattista Mancini, che si è anche distinto fra i letterati pel suo bel libro intito[ lato Riflessioni pratiche sul canto figurato allevati da lui fecero bella testimonianza del valore del loro maestro. La taccia di avere in qualche modo contribuito alT odierno rilasciamento potrebbe forse con più ragione ripetersi dal Fasi bolognese scolare del Pistocchi. 11 suo stile composto di volatine, di gruppetti, di passi ricercati, di trilli e di mille altri abbellimenti. se bene piacesse in lui perchè proprio e tutto suo, era nullameno esposto a degenerare in abuso qualora venisse imitato da cantori inesperti. Carlo Caldani e Pio Fa bri. tenori eccellenti. Barlolino Faentino, e il Minelh, uno di que’cantori che hanno a’ tempi nostri posseduto con eminenza l’accento musicale, erano pure della stessa scuola. Di lungo tedio e di niun giovamento al lettore sarebbe il venir meco per ogni dove cercando tutti i famosi professori di canto che dell uno e deli altro sesso ebbe allora 1 Italia. oppure quali fossero i diversi stili de’Buzzoleni, de1 Cortona. dei Matleucci. de’Sifaci., de’ Careslini, de’ Senesini. delle Boschi, delle Cozzone. delle Visconti, e di tanti altri, l’abilità de’quali è ila sotterra con esso loro, sebben non rimanga spenta in quanto alla fama. Basterà non pertanto faccennar brevemente il valor di due donne che si fecero a quel tempo sentir sul teatro con gloria uguale a quella de’ più celebrati cantori. La prima fu Vittoria Tesi Fiorentina discepola del! Redi e del Campeggi, la quale ad una inflessione di voce sommamente patetica, ad una intonazion perfettissima, ad una pro! nunzia chiara, netta e vivacemente sonora, ad un portamento di persona slmile a quella della Giunone d Omero seppe unire possesso grande della scena, azione mirabile, espressione sorprendente dediversi caratteri: doti, che la resero la prima attrice del secolo. La seconda fu Faustina Bordoni veneziana allieva di Michelangelo Ga। sparlili buon contrappuntista. Divenne ugualmente insigne pel proprio merito che per la fortuna di essere sposa del gran SasI sone. Agilità di voce, cui non è facile trovar l’uguale, facilità senza pari, speditezza nepassi, destrezza nel conservar e ripi— I gliar il fiato, vaghezza nei trilli, nuovi e brillanti gorgheggi di voce. mille altre | qualità in somma, la rarità e il pregio i delle quali viene stimato soltanto dai conoscitori che scrissero il nome di questa cantatrice nei fasti del Genio. Fornita di tale e tanta ricchezza in ogni genere, l’Italia divenne allora per le altre nazioni scuola pregiata d ogni saper musicale, onde i più gran compositori sira- I nìeri o vi si portarono a bella posta a ® imparare, o impiegarmi le proprie fatiche rn i nel perfezionar il melodramma italiano, Saggio Sull’Opera in Musica.