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-14 lâS&àâ® — — — Queste armonie di viole, violoncelli e bassi, come già notammo parlando delle Sette parole di Merendante, sono di un caaVJ ratiere religiosissimo. Il signor Labarre asserisce che il celebre salmo di Allegri j non ottiene più. il maravighoso effetto ’i di altri tempi, a motivo che più non si conosce il vero modo di cantarlo, spe; cialmente dopo che mancarono i musici! castrati. Non sapremmo ben dire se ciò j sia vero o falso bensì ne duole che 1 arte del canto sia fra noi così decaduta da potersi a stento sentire una musica da Chiesa ben eseguita, massimamente per ciò che riguarda i grandiosi pezzi d’insieme. Ciò proviene non tanto da mancanza di buona scuola, quanto da un certo principio egoistico,pel quale i nostri cantanti, quanto più sono capaci ed abili, tanto più si credono i in diritto di esimersi dal cantare nei pieni*, i e se pure vi aprono la bocca, lo fanno con tanta sbadataggine o malavoglia,che il povero compositore ne va disperato. Per questi non vi sono altri pezzi meritevoli di attenzione che gli a. solo o i duetti con qualche raro pezzo concertato, e intanto quelli a pieno coro | dai (piali si possono ottenere mirabili ef1 letti, se eseguili con perfetta unione, re- [ stano per solito affidati a cantanti di assai minor conto e per abilità e per voce, dai (piali per lo scarso numero di prove 1 che cf ordinario si fanno non si può nem-! meno ricavare tutto che dar potrebbero. | E se cosi si adopera coi maestri viventi i i e dirigenti in persona 1 esecuzione dei proprii lavori, si può ben argomentare come I debbano venir travisali quelli degli anti! chi. la di cui interpretazione riesce sovente r i difficile a maestri di squisito sentire, e in quello stile versatissimi. Per tal motivo molli dei pezzi in cui è diviso il nuovo । Miserere stenteranno ad avere fra noi una | esecuzione soddisfacente, sebbene il canto cammini semplice e naturale. Quanto più una musica segue (siccome questa) passo passo la parola, esprimendola piuttosto col complesso di tutti gli elementi che non con quei motivi scoperti j tanto prediletti al pubblico, ma che da- 1 j rebbero al canto del salmo un carattere j | troppo elegante:, tanto più richiede una per-!! fetta accentuazione, e quel ben graduato | I chiaro-scuro, quel crescere e diminuire dei | [ suoni eguale m tutte le parti. per cui è tanto celebrata la Cappella Pontificia e che sono la vera vita di qualunque musica. Nè v1 ha dubbio che il chiarissimo autore cosi 1 intenda avendo egli notato per। sino i luoghi della respirazione, cosa di cui non vi è esempio nella musica antica, certamente perchè i cantanti d’allora erano । più dei moderni attenti e perspicaci. Il Miserere di Donizetli non è diretto! a blandire i sensi, ma a fare profonda impressione nell’animoal (piale scopo è sommamente acconcio lo stile largo e per lo più fugalo, condito di belle armonie che da bel principio rapiscono fanimo in un’estasi religiosa,e lo dispongono a pietosi pensieri. Noi non istaremo a farne una minuta analisi potendosi di leggeri esaminare lo- > pera intiera dagli amatori, e vedere quella che ne diede il sig. G. Prinz nella Gazzetta. /Musicale lenii a (30 settembre 1843),, articolo scritto con somma penetrazione e ’ giuste vedute. Diremo solo i pezzi che più ò ne piacquero i quali sono: Il coro N. 1, Vn il terzetto a canone per soprano, tenore, e basso N. 7, il solo del soprano N. Il, e la fuga finale tessuta con molta chiarezza ed ottimamente istrumentata. Nella seconda battuta del canto del primo numero troviamo unaccordo di 1a, 1a,8*,5*, senza 3.a, che ci sembra sarebbe stato più armonico se avesse avuto questo intervallo nel tenore. Convien dire che questo numero sia stato quasi intieramente rifatto perchè non concorda colla descrizione che ne la il suddetto signor Prinz, il quale sembra ciò nullameno lo avesse presente. La riduzione stampata dal signor Ricordi siccome fatta dall1 autore stesso è fedelissima alla partitura che abbiamo sott’occhi (5). Lo stesso Prinz nota alcuni errori di prosodia dicendo doversi questi condonare all italiano maestro. Forse Donizetli vi cadde per troppo uso di trattar versi e poco esercizio della prosa, anziché per mancanza di cognizione della lingua latina ma pur troppo una gran parte dei nostri maestri vi inciampa per quest’ultimo motivo. L’ignoranza di questa lingua che fu un tempo parlata dai nostri padri nella patria nostra, e di cui dobbiamo far uso nella musica sacra, dovrebbe oramai essere riguardata dai maestri italiani siccome vergognosa. Essa conduce a controsensi, a trasposizioni erronee, a falsa prosodia, ed è poi (piasi impossibile che le parole più significanti abbiano la loro vera espressione. e si trovino ben collocate. Chi è zelante dell1 onor nazionale si ricordi che il correggere i nostri difetti è la risposta migliore alle accuse che ci fanno; gli stranieri. A questo bel lavoro il chiarissimo maestro ne aggiunse un altro assai pregevole per dotta fattura, semplicità di stile, ed espressione. Intendiamo parlare dell’Ave; Maria di cui fa cenno l’articolo di Labarre. la quale parimenti è pubblicata dal signor Ricordi. E una musica tutta spirante divozione e confidenza affidata ad un soprano con coro, figura 1 uno del celeste nunzio, l’altro della Cattolica Chiesa | che si rivolge alla Consolatrice degli al- j flitli. L1 accompagnamento che. nella prima parte, è a sole viole, violoncelli e bassi con I sordini, sembra esprimere la quiete che I regnava nella modesta cella, e il raccogli- j mento con cui la gran Vergine orava nel । momento che fu dall’angelo salutata quale benedetta fra le donne. I violini entrano solo dopo il coro nella seconda parie. Il tutto forma una specie di ricercato in cui I nulla trovi di troppo comune o triviale, e si risente di un misto di scuola italiana e tedesca dei migliori tempi. Mentre adunque per 1 una e 1 altra di queste sacre composizioni tributiamo al celebre maestro le più sincere lodi, desideriamo che egli voglia continuare in questo genere, nel quale può riuscire a grandi | cose e adoperarsi, non a salvare (come, j dice il critico Viennese), bensì ad illustrare sempre più T onore italiano, ed a promuovere il ristabilimento della vera musica sa- । era nella patria comune. Boucheron. i (5) Forse vi ha pure qualche inesattezza nella tra- | dazione di questo articolo dal tedesco all’italiano, e, ciò per la molta fretta con cui venne fatta. BIBLIOGRAFIA. STÏI» J PER PIANOFORTE ni Gounelli Da che Clementi immaginò la prima raccolta di I Sludj (piindi divenuta celebre sotto la denominazione I di Grades ad Parnassùm e Cramer pubblicò i rinomati suoi Esercizj, opere eminentemente classiche che | ogni suonatore di pianoforte ha imparato e imparerà, 1 comparve una tale quantità di collezioni sotto diversi qW/ titoli, di proteiforme genere, di differente merito, da potersi affermare tutti i moderni pianisti-compositori averne prodotto più di una a servire di manifestazione della maniera, della diteggiatura, de’ portamenti WA proprj a ciascuno, c ciò fortunatamente per l’arte, che gli studj per pianoforte (in buon punto seguì, il ripetiamo) 1 oppongono un valido freno alla strabocchevole invasione di futili fantasie a pot-pourri. Senza gli Sludj la musica pel sovrano slromcnlo-armonieo, in sì deplorabile trascuranza delle sonate, sarebbe forse già caduta in i una obbrobriosa rovina in (pianto ad invenzione ed a | condotta. In molti sludj trovansi unite lo prerogative di un vero pezzo di musica a’I’utilità di un esercizio; le * idee poetiche emanano in mezzo a brillanti passi in cui sono sviluppate tutte le risorse meccaniche dell’istromenlo, la forza dell’espressione vi emerge assccon- ì data da caratteristici andamenti, c l’orecchio viene al- j Iettato, la mente interessata, il cuore commosso, c; ad un tempo le dita addestrate ad ogni sorta di difficoltà. In una parola gli sludj sono il meglio che vi offrano i pianisti della nostra epoca, e noi non possiamo che protestare la nostra gratitudine c sollecitare gli esecutori a dar la meritala preferenza a questi giovevoli componimenti, fulgida gloria di Moscheles, Chopin, Henselt, Berlini, Kessler, Kalkbrenner, Killer, Liszt, Czcrny, Dohler, Thalberg, ccc., ecc. I dodici sludj dal Golinelli dedicali all’egregio Hitler, sono un’opera d’ispirazione e di gusto e ad un i trailo diddalica. In essi devonsi lodare i seducenti pensieri, i quali di uno squisito animo melodico fan i piena prova; la chiarezza e temperanza del piano; l’ef- i ficacia de’dettagli; la varietà de’cbiaro-scuri; la correzione ed agevolezza de’ portamenti in ciascun nu- ■ mero tendenti ad un prefisso scopo, c relegante e i non mai ricercato travaglio. Il giovane pianista bolo- i gnese a nostro credere (cd abbiamo buone ragioni per lusingarci clic la nostra opinione possa esser parleg- i giata) offrì una raccolta la quale, oltre convalidare cd accrescere la sua riputazione, deve pure contribuire a render gli oltramontani meno verso dirmi disdegnosi in proposito delle composizioni pianistiche cd i nostri editori e musicisti più fidanti negli scrittori indigeni. j In musica tutta Europa per noi è un solo paese; il | vero bello dovunque rimane tale, e dovunque deve cs- 1 sere in pali grado rispettato; le patrie e le desinenze dei nomi non coniano, vuoisi guardar l’entità e lo spirito della cosa: non abbiamo alcuna prevenzione nè di scuola, i ne di nazione, nè. di persona, e perciò ora triboliamo. i debili encomj agli sludj del modesto Golinelli, col medesimo impulso con cui tempo fa esaltavamo il profondo Sphor, o l’acclamalo Thalberg, ere. Certamente assai ci godrebbe l’animo se più spesso ci venisse porta propizia occasione di esaltare i lavori de’ nostri istromcntisti. Affinchè i lettori possano formarsi un’idea dell’opera a cui questi cenni son diretti, passeremo in breve rivista tulli i dodici numeri che la compongono, avvedendo, che per difficoltà materiale, in pieno non va ascritta a quelle di maggior forza c complicazione. Il N. I - do - alleyro - 2/4 - principia da alcune battute a piacere, ove l’andamento del pezzo è accennalo a modo di reminiscenza: la melodia c l’armonia di questo studio, sempre insinuanti, sono omogeneamente svolte fra un’incalzante successione di animati passi ad oliavo ripetute or da ima mano ed or dal- | l’altra, per eccellenza accentuati, in ispecie laddove energicamente dalle oliavo si passa agli accorili c si prorompe in un fortissimo di un effetto irresistibile, cd a cui succede un delicato brano sottovoce che da i miglior spicco all’imponenza de’ periodi fra cui è ì posto. Il.N. II. - si bemolle-alleyro - 9/8 - non si raccomanda gran fallo per noxità; è però trattalo da mano maestra e, mantenuto sempre nella stessa figura, interessa fino al suo compimenlo. Nel N. HI. - pi minore - presto - C - in certo (jual modo si raffigura un sussurio che da prima odasi sommesso da lungi c che a poco a poco vada rendendosi più forte, e che quindi torni a decrescere e i ad affievolirsi; ci pare che l’unisono legatissimo soddisfacentemente lo caratterizzi. Alla terza facciala si involge in una misteriosa significazione alle frasi marcate dalla inano sinistra, mentre la destra prosegue il primitivo passo. ■ Il N. IV. • mi bemolle - alleyro - C - verrà prefe- j rito da’sicuri pianisti: la difficoltà n’è rilevante, le bel-! lezze sonvi di primo ordine: con intelligenza è basato dietro un brillante seguito cromatico di quartine ad: ottave (a cui è affidata la melodia) alternale con note semplici. Coloro che accuratamente lo studieranno ne ritrarranno vantaggioso compenso c non volgar di-: fello. Il N. V. si - andante mosso - C - si distingue per nobiltà delle cantilene a meraviglia coadjuvate c sostenute, da un scelio accompagnamento per decime a semicrome con quattro semiminime ogni battuta. Questo commendevolissimo studio evidentemente diinoslra la rara diligenza dal Golinelli usala nello stendere la sua raccolta. li N’. VI. - la minore - alleyro - 5/4 - il più breve ((W