Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/163

— 159 O =-^-^.-7-7^--= ACCADEMIA IH CASA BRASCA (20 settembre). B manca lo spazio por poter estenderci come vorremmo, e come sarebbe dovere, nel dare mi dettaglialo ragguaglio di questo interessantissimo trnttcnimento, datosi la sera di Venerdì. Non vogliamo d’altronde toglierci la soddisfazione di farne almeno un breve cenno; poiché son così rare le occasioni che ci si presentano ili poter adoperare largamen’e e senza restrizione l’ufficio della lode, che non vogliamo lasciar sotto silenzio di queste una delle più belle c complete. Distintissimi dilettanti di canto componevano la parte vocale di quest’Accademia. Citeremo, senza aggiunta d’inutili elogi, i nomi delle sorelle Luigia Branca e Matilde Branca-Jtiva, de’Conli Antonio e Pompeo Beli giojoso e Giulio Barbò c del sig. Juva. La parte isti uinentalc componevasj di tre pianisti esimj: son essi la signora Branca-Cambiasi, cd i chiarissimi signori Gambini di Genova e Golinclli di Bologna. -1 pezzi vocali formas ansi dell’immol lale Rapataci, del bello e distintissimo terzetto della Mary Iterila d’Anjou di Meyerbeer, del delizioso quartcllino dei Puritani, del terzetto dell ’Emani, nc’quali tutta la maestria degli esecutori fusa in un assieme irreprensibile offriva un complesso di esecuzione, che rare volle è dato gustare. Alla categoria dei pezzi vocali vanno uniti altri due, cioè primieramente un Duellino intitolato a Pacco ed Amore, vaghissima composizione del nostro Alary, che veramente ed in questo e in molli pezzi che di lui conosconsi dà saggio di una bella e spontanea vena melodica, corroborala da fletta intelligenza. Questo duetto è svolto con assai bel garbo, c vince in effetto (e meritamente) mollissime applaudite composizioni da camera. L’altro pezzo vocale che ci resta a nominare è un Duello del prelato sig. Conte Antonio Belgiojoso, felice brano d’un suo sparlilo, che ancora noi non conosciamo, ma che da questo breve saggio fa assai bene presagire, di sè. Si ha lusinga che il signor (’.onte non tardera mollo a combinarne 1 esecuzione. Tutti j suoi ammiratori, e son molli, la attendono c desiderano impazientemente. Qual Irò pezzi di pianoforte vi furono eseguiti. Il primo fu una fantasia di Gambini sui Lombardi, da lui medesimo con hell’arte e vivo sentire eseguila. La Gazzetta ha già tenuto discorso con mollo encomio di questa bella composizione del pianista genovese nell’occasione in cui egli la faceva udire ai suoi concittadini, or sono pochi mesi. Ripetiamo volontieri, perchè giusti, gli clogj che furono allora tributali a questo pezzo. Le Reminiscenze sulla Norma, di Thalbcrg, venivano eseguile a due pianoforti dalla signora Cambiasi c dal signor Golinclli. L’esecuzione or tonante, or grave, cd or leggera cd aerea, e sempre perfetta, suscitò un diluvio di acclamazioni. Nè minori ne ebbe c ne. meritò la vivacissima Fantasia sulla Linda, uno de’migliori pezzi del chiaro Golinclli, eseguila da lui stesso con un tocco sicuro, ardito ed inspiralo. Uno ancora resta pure a notare de’ pezzi strumentali, ed è una recente Fantasia di Dohler sulla Favorita. E questo un pezzo nel quale la solila eleganza e brio di Dohler vi sono profusi, cd in cui son veramente rimarchevoli i due primi tempi, in sol c in mi bemolle, salvo il vero. 11 celebre pianista, che ben a ragione predilige questo suo parto, lo volle dedicalo alla signora Cambiasi stessa; nè, crcd’io, poteva egli scegliere un’esecutrice che meglio lo interpretasse. Noi abbiamo le cento volle segnalali i talenti ed i trionfi di questa esimia pianista; inutile sarebbe perciò sul suo conto ogni ulteriore elogio. In questa magnifica serata abbiamo pure avuto la soddisfazione di vedere c sentire uno de’ nuovi piccoli pianoforti di Herz. In verità, quest’è forse la prima volta, in cui, parlando di questa nuova invenzione del signor Herz, abbiamo trovato le lodi de’ giornali francesi non esagerale, c forse anzi al di sotto del merito. A vedere codesto islromento di sì piccola mole fa sorpresa tutta la forza cd il volume di suono che lo si ode emettere. Le si potrebbe paragonare anche in forza ai più grandi di Pleyel o Pape, inutile P aggiungere che i migliori e maggiori pianoforti di Vienna, posti a contaito, restano ecclissali da questo loro piccolo e modesto rivale. Ora che i signori Branca hanno finalmente ripatriato, giova sperare che la buona musica intima rivivcrà. Ed in vero non v’ha famiglia sotto tale ri_ guardo in tutta Milano maggiormente benemerita di -rjv questa. Alberto Mazzucato, — LETTERA Al signor Bartolomeo Montanello intorno ad alcune obbiezioni da questo mosse contro il iti templifleatione cograflea di Giuseppe Raymond. Signore! ervcnulami, non ha guari, la vostra Lettera al sig. Giovanni Ricordi, ho veduto con piacere l’esame ragionato che fate del mio opuscolo, c l’approvazione che date a gran parte di esso: di che non posso abbastanza ringraziarv i. Se nonché, quasi come per comprovare la sincerità degli elogi che mi compartite, non vi siete arrestato dal dar di piglio alla sferza della critica, c siete andato censurando alcuna delle innovazioni da me proposte; quelle, cioè, che sono contrarie alle vostri*, o che per sè medesime ritenete mal fondale od inutili. lo non mi adonterò mai di ima critica appoggiata dal raziocinio, c tanto meno della vostra, che avete saputo condire della più squisita urbanità: all’incontro non sarà discaro a voi ch’io esponga le ragioni, per । le (piali, non ostanti quelle clic avete addotto contro ■ di me, io persisto ni ll’opinare sì medesimamente dopo la vostra lettera summenzionata, come prima, in rii guardo ai punti da voi messi in controversia. La vostra prima obbiezione verte sull’irregolarità nella distribuzione delle note entro il mio rigo. S’clla non riflettesse altro che l’irregolarità considerata in sè medesima, senza verun rapporto alla pratica della musica, permettetemi di dirvi francamente che io crederei di non dovermi stillare menomamente il cervello per confutarla: giacché, essendo le mie linee intermedie non compiute, ma solo iniziale, ed essendo esse quivi, dirò, non in qualità di linee, ma di segni alti a far distinguere la quiddità delle note, è evidente come a nulla affatto importi la perfetta regolarità nella distribuzione, di esse, e per conscguente delle note. Ma 1 obbiezione acquista peso dal momento che accennate l’irregolarità che nc deriva ncH’esprcssionc degl’intervalli. Per rispondervi a questo riguardo, io domando: A conoscere un intervallo nel momento deifi esecuzione giova egli il calcolare il numero di lince e di spazi che separa le due note costituenti l’intervallo? lo non credo: perciocché, senza dire che in j molti casi, attesa la rapidità dell’esecuzione, siffatto calcolo non potrebb’essere sperato, la precisa grandezza di un’intervallo non si misura con la semplice intuizione della grandezza dello spazio che separa le due note, bensì dall’apprendimento delle due note, combinalo con la cognizione già prima acquisita, e passata in abitudine, che, verbigrazia, do-rc è una seconda, do-mi è una terza, do-fa una quarta, ecc. Onde la cognizione degl’intervalli è strettamente collegata con quella delle note, e, dirò meglio, al tutto ne dipende: onde, conosciuta senza pericolo di errare la I quiddità delle note, si conosce con la medesima sicurezza quella degl’intervalli. Anzi, se la cosa è in questi termini, e se io vi dimostro che nel mio sistema la cognizione delle note । è incomparabilmente più facile ad acquistarsi, ed acqui; sita, incomparabilmente più ferma che nel sistema j usato, nc verrà per naturale conseguenza che la stessa irregolarità, di che mi accusate, porta la massima luce J all’evidenza degl’intervalli, anziché l’oscurità da voi pretesa. La (piale dimostrazione non mi par difficile a farsi, solo che v’inviti ad osservare, come dalla somiglianza delia posizione delle ottave ne emerge che, imparate se’te note, sono imparate quante mai si contengono nel sistema musicale, qualunque sia T estensione a cui pcr avventura sia pcr esser portalo: lad। dove nella musicografia comune, imparate selle noie, | sono imparate selle note, c nulla più: bisogna iniI parare tulle le altre ad una ad una. Quale immenso vantaggio! A fronte di questo ovvi meraviglia s’io vagheggio l’idea di presentare eguale la posizione delle ottave? Vi confesso clic quest’uguaglianza di posizione, che pare voi abbiate in poco conto, è sempre stala da me ritenuta come uno degli oggetti principali pcr cui il sistema di Guido re o clamava una riforma: perocché dalla mancanza di essa uguaglianza ripete appunto la sua maggiorc’eomplicazione. Ma il problema era difficile a sciogliersi; anzi, al punto di vista in cui lo riguardate voi, cioè a quello di conservare le linee, e di ottenere uguale la detta posizione, io sono con voi, e il ritengo come insolubile. Perciò io dovea necessariamente prendere il partito di eliminare parte delle linee; e questa necessita, se male non mi appongo, è tornala profittevole alle mie viste di semplificazione. Di fatto, se non v ha luogo a dubitare che la configurazione individui le note meglio che la posizione, da questo lato il mio sistema vince il guidoniano; e tanto più perchè l’ordine ascendente e discendente vi è conservalo senza la complicazione delle linee, e le mie scile note riescono ben distinte senza l’ineonv cnicntc di una configurazione selliforme. Le quali proprietà, unite con la facilita e I evidenza che emanano dall’uniformità delle ottave, compensano abbondantemente la stessa pretesa interruzione (fi ordine. Imperciocché infine il merito di qualunque sistema musicografico non è riposto nella regolarità di un principio, sibbene nella semplicità dei resultati; e semplificare, nel nostro caso, non significa precisamente diminuire il numero dei segni, ma segnare un metodo, mercè il quale essi riescano più prontamente intelligibili: rendere chiaro e facile è semplificare. cilamente risposto alla vostra seconda obbiezione riguardante il dovere appor lineette quasi ad ogni nota. Un’altra ve ne sarebbe in ciò che voi dite, essere assiti difficile, il situare colla penna le nate a posizione giusta fra quelle due linee: ma a qucsla troverete la risposta bell e falla nell’annotazione posta appiè della pagina a’i del mio Saggio. Onde passiamo all’ultima. Voi non approvate i segni da me proposti per distinguere gli accidenti: or bene, io vi dico ch’ci sono non solamente più semplici, ma più razionali c meno equivoci che nel sistema usato. Sono più semplici, e basta guardarli per conoscerlo; sono più razionali, perchè analoghi al procedimento ascendente e discendente dei semiluoni da essi rappresentali; sono meno equivoci, perchè inerenti alla nota stessa, e perchè non v’è pericolo d’ingannarsi di linea o di spazio, tanto nel leggere quanto nello scrivere, siccome non di rado avviene nel sistema in uso. Che se d altra parte giova il contrapporre opinione ad opinione, eccovi un brano di lettera a me diretta dal sig. Enrico Herz: a 11 vostro sistema di notazione» egli dice a parmi assai chiaro, e fra i numerosi min glioramenli ivi indicali, c che potrebbero facilmente h passare nella pratica, ho specialmente annotalo quello h che consisterebbe nell indicare gli accidenti con una n lineetta nella nota medesima, sia ascendente per riniti piazzare i bemolli, ecc. h. Prima di terminare qucsla lettera, permettetemi di dirvi, o Signore, che nel mio Saggio non ho voluto in nessun luogo far eco a veruna delle vostre proposizioni: perciocché il detto opuscolo era compiuto molli mesi prima della pubblicazione della vostra Lettera al sig. Giovanni Ricordi, siccome possono testificare i signori Donizetti, Herz, Luigi Rossi e De-Lafage, ai quali ne diedi lettura fin dall’autunno del 1842. Gradite, o signore, ecc. Vostro devotissimo Giuseppe Raymond. L’i Parigi, il 2 di Giugno 1844. Ne vengono dirette le seguenti OSSERVAZIONI Nella Gazzetta n.° 55 si dice che a Wiesbaden il signore e la signora Eccelli di Firenze avevan diretto un concerto nella loro qualità di artisti di musica. - Relativamente a ciò è da sapersi che artisti mascolini di musica chiamati Uccelli non se ne sono O mai conosciuti in Firenze. Al contrario vi è notissima la signora Carolina Pazzini vedova Uccelli, che da dilettante si è voluta fare artista maestra di musica, e la figlia sua, altra volta chiamata Emanuella e che ora si fa chiamare Emma, artista cantante il soprano.