Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/15

- U SæB) parte puramente musicale degli Ugonotli.se a un profano mio pari è permesso profferire un giudizio, dirò che la è mollo lontana dal aÌ sembrarmi superiore a quella del Robertola strumentazione, (hcesi. e piena di scienza: ma in questo torrente di armonia strumentale le idee melodiche vi appaiono rari, liantes in gurgile vasto. Di bellissimo effetto vi è senza dubbio il corale di Lutero, sebbene rechi un pochino il carattere di una salmodia:, ma nei tre primi alti trovasi una sola melodia che. commova, rapisca, trasporti? La romanza, Plus bianche que la blanche hermine è disegnata con molta finezza, noi nego, e difficilissima ad eseguirsi, a quanto dicono } 1 accompaj gnaniento sulla viola d amore mi sembra । una graziosa invenzione, ma il canto per sè stesso ini pare ben poco originale. II duello del terzo allo sarebbe ammirabile, se non scemasse di pregio per la natura troppo insipidamente anacreontica della situazione. Il quarto e il (punto allo sono di una bellezza incontestabile j il terzetto finale Ira Raoul, Valentina e Marcello è! un vero capolavoro che vale per sè solo un intero sparlilo. Dagli Ugonotti in poi. vai a dire da sei anni in poi. il signor Mejerbeer si è de! dicalo, con una lentezza a lui consueta, ad una grande composizione die da più mesi cl si viene annunziando comi* che deliba । incontanente apparire. Era dapprima intii folata il Profeta (Le Prophète}, ma oggidì ella si chiama gli Anabattisti (Les Anabaptistes} e qual sia pur per essere il suo destino. può predirsi in prevenzione che la sarà improntata del marchio che costituisce l’originalità della terza maniera del signor Meyerbeer. Già d solo suo titolo ci I preavverte che avremo una fusione della । musica religiosa e della musica drammatica. | Questa fusione presta alle ultime composizioni dell autor del Roberto una tal quale aria severa e solenne che c tutta sua, e dagli entusiasti la fa considerare come la | più alta espressione del genio musicale i moderno. E luttavolla v’ha ancora in GerI mania certi estetici i quali si ostinano a sostenere che le ultime opere del signor i Meyerbeer non sono che un assieme di splendidi luoghi comuni, un ingegnoso contesto di minute vaghezze e di posticele eleganze combinate con una scienza che puzza un pochino di pedanlismo. Per quanto uno voglia accusarsi ignorante j in simili materie, non troverà gran latto difficile cogliere Ira questi due estremi op! posti il vero termine medio. E pertanto,! non tornerà difficile additare nello stesso Roberto il Diavolo, a lato a una grande fecondità d armonia, una tal quale aridezza melodica, un gusto troppo marcato per gli accordi dissonanti, e sovverchio uso delle transizioni repentine o per inganno, come si dice con termine sconti fico, maniera di ì comporre che qui e (pia fa parere le partiture del signor Meyerbeer stentatamente elaborale. Ma ciò che fa essere la musica i del celebre maestro un cibo troppo duro e greve alla digestione per certi stomaci! che senza misura se ne pascono, ciò che molte volte stancò quel povero Nourrit, ciò che non poco contribuì a logorare Porgano vocale di madama Falerni, e finirà per spegnere la voce di Duprez <5 se non si mette in guardia contro le seÆ duzioni di Roberto il Diavolo, egli è l’amore eccessivo che porta il signor Meyerjza beer alla parte più splendida del suo inÈn gegno, la strumentazione. Ilo già fatto

cenno, al principiar di questo scritto, della ripugnanza istintiva che nelle sue opere mi ispiràno certi effetti di armonia strumentale dovuti agli slromenti d’ottone un giovine compositore che dà alte speranze di sè, interrogato da me sulla causa logica di questo fenomeno, me lo spiegò cosi: «V ha nella musica una parte puramente materiale, la sonorità, sulla ([naie riposa la scienza della strumentazione. L’orecchio nostro può venir ben diversamente colpito da una medesima idea musicale, secondochè (“Ila è resa da uno strumento d ottone o di legno, ovvero da uno strumento da arco. Condurre de soldati all assalto con de violini sarebbe assurdo, e tuttavia si ponilo ben eseguire sul violino quelle medesime marce che si suonano sulle trombe. Da che derivano codeste differenze negli eliciti di una causa stessa, se non se da questo che 1 orecchio, indipendentemente dall idea, è colpito dal suono, e che l’impressione è altrettanto più viva in quanto ella va a ferire la parte puramente fisica della nostra organizzazione? - Ora, la è appunto questa sensibilità, veramente ma; feriale, lui il signor Meyerbeer troppo | spesso mira a scudiere. Pare che talora egli diffidi o del suo genio o dello spirito di coloro che lo ascoltano} ed e per lui poca cosa avere un’idea felice se non la affida allo strumento più sonoro e più potente d effetto sugli organi sensori! del suo uditore. Ed ecco da che deriva una tal quale musica assordante, certa specie di accompagnamenti che obbligano il cantante a sforzi eccessivi e fatali, una slroj umiliazione che a lungo andare produce sull orecchio il risultato stesso che proì duce l uso abituale dei cibi condili di tropI pe droghe sul guasto palato de’ghiotloni} in una parola il signor Meyerbeer possiede in modo ammirabile la sapienza della strumentazione, ma ne abusa». Nato prussiano, il signor Meyerbeer si è fatto pei fellamente francese e per lo spirito e per la lingua} egli ha ricevuti dalla gloria i suoi attestati di naturalizzazione, egli ama Parigi come sempre si ama il teatro de’propri! trionfi, egli e membro corrispondente dell Istituto di Francia, e fra lutti gli ordini di che ha tempestalo il petto, quello eh egli predilige è la decorazione d ufficiale della Légion d onore. Come uomo il signor Meyerbecr, si dice, ha un carattere dolce, affabile, modesto, benché passionato pel fumo dell’incenso, codesto alimento degli dèi della terra e dell’Olimpo. Egli attinge le sue ispirazioni, non già da un nettare generoso, come crasi falsamente divolgato, ma da una buona tazza di acqua fresca } e il maggior rimprovero che veramente ei si meriti gli è questo che troppo di rado ei scrive pel Teatro, e quindi troppo di rado dà occasione ai suoi ammiratori di prodigargli un ben meritato entusiasmo. A. Y. I । - ■

I. R. TEATRO ALLA SCALA i 1 JL’AIV1II1>A, NUOVA AZIONE COREOGRAFICA. I| Riflessioni generali. Prima comparsa <11 JIa<l. Ix^nai. Al teatro alla Scala s è dato sere fa un nuovo ballo cinico fantastico, 1 Armida, che al pubblico non gradi gran fatto. Ne spiace dover confessare che anche questa i volta il pubblico ebbe le sue belle e buone ragioni di non fare lieto accoglimento a questa novità coreografica L’azione è per sè stessa troppo povera di contrasti drammatici, o vogliam dire, manca al lutto di quel CLfo movimento di passioni e di quel vivo giuoco d affetti che vuoisi indispensabile a tener in sospeso l’attenzione dello spettatore, e di’ emozione in emozione trascinarlo (piasi suo malgrado a subire fiinpero prepotente dell illusione teatrale. L’episodio di Armida, con tante dovizie di splendida poesia svolto nell immortali’ poema di Torquato, e una stupenda invenzione, ove lo si prenda nel senso in che volle darcelo il poeta, vale a dire quale mi’allegorica immaginosa pittura di uno de’tanti contrasti clic resero si arduo il conquisto della città santa.Annestato nella vasta e grandiosa tela i e alternato con altre diverse cavalleresche peripezie, quell episodio serve mirabilmente a compire il grandioso concetto} è una ingegnosissima parie d’un tutto meraviglioso, è un incomparabile quadro ove j lo si consideri posto nel debito suo punto j di vista, fra mezzo a tante altre pitture, > tutte assieme destinate a compire le poetiche ragioni della grandiosa e complicala macchina epica. Ma tolto dal suo luogo, scompagnato dagli alili membri del tutto, e messo a reggersi da sè solo e isolatamente, quelf episodio diventa cosa troppo vuota d interesse, troppo fiacca di concetto, e oserei dire, (piasi puerile e al lutto in contrasto | colle idee eroiche cui pretende risvegliare nell animo dello spettatore. E per verità a voler ridurre ai più semplici termini il pensiero dominante in que- । sto ballo dell’Armida, con tanto sfarzo I prodotto ora sulle nostre grandiose scene, abbiamo nulla meglio di una scaltra femmina che, non d’altro forte che degli insidiosi suoi vezzi e delle ingannevoli sue occhiale, si piglia bravamente a gabbo il profondo senno di quella cima di guerrieri I e d’eroi, il gran Goffredo, e con quattro amabilissime moine tira nella amorosa sua rete il fiore de paladini crociali: indi, poiché si è beflala ben bene delle vane loro proteste, coglie al medesimo tranello il formidabile Rinaldo venuto per liberare i compagni, e gode al vederselo intorno farle da spasimalo} e per ultimo, caduta ella stessa nel medesimo laccio teso altrui, senitesi vinta da arti delle sue più polenti, si instizzisce, si smania, e per eccesso di femmineo dolore cade svenuta al suolo, ecc. Or si domanda come mai questo debole e bizzarro aneddoto galante, degno tull’al più di servire d argomento a una c mnnediola cui fosse a darsi per titolo: Le astuzie amorose ossia i Paladini cucitiliali -, si domanda come poteva mai bastare a somministrar sufficiente sostanza di interesse, di calore e di animato contrasto ad un coreografico componimento che volessi offrire al nostro collo e intelligente pubblico sotto le grandiose e splendide forme di una azione eroieo-fanlastico-mimica? I signori coreografi che a’dì nostri tengono lo scettro della coreografia in Italia, hanno, a debole mio giudizio, il gran torlo di non curare abbastanza la scelta dei tèmi, di non ponderare abbastanza le condizioni indispensabili in una finzione scenica qualunque, vale a dire il contrasto ch’ile passioni, la lotta degli affetti, il movimento insomma di tutte quelle suste morali dal cui giuoco più o men vivo risulta, a cosi dire, la forza vitale, il principio animante

 — ..   =— «O

ri «SÈ