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— 141 [0= ÜAZZETTA MISICALE ANNO III N. 34. DI MILANO DOMENICA. 2?> Agosto 4 844. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerò Antologia classica jiisiriLK. — Per quei Signori Associati che amassero invece altro genere di musica si distribuisce un Catalogo di circa N. 20Q0 pezzi di musica, dal quale possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto che si paga I’ associazione annua; la melò, pcr la associazione semestrale. Leggasi l’avvertimento pubblicato nel Foglio N. 50, anno II, 4843. • La musique, parties inflexions vives,accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres a l’émouvoir. • J. J. /lOUSSEJV. II prezzo dell’associazione alla Gazzetta v alla Musica è di efTellive Austriache L. 12 per semestre, ed elTettive Austriache L. 14 affrancala di porto tino ai contini della Monarchia Austriaca; il doppio peri’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene falla mensilmente e franca di porlo ai diversi corrispondenti dello Studio tìicordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ullicio della Gazzetta in casa tìicordi. contrada degli Omenoni N.° t"2o; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Cilici postali — Le lettere, i gruppi, ce. vorranno essere mandali franchi di porlo. SOMMARIO. I. I. R. Teatro alla scala. 1. I Capuleli cd i Montecchi di Bellini. - 11. 2. Prometeo, Ballo di Vigano, riprodotto dal compositore Iluss. - 111. Varietà’. - IV. Cenni.neurologici. Volfaugo Amadeo Mozart (figlio). - V. Gazzettino settimanale di milano. - VI. Carteggio particolare. - VII..Notizie. Vili. Altre cose. - IX. Nuove pubblicazioni musicali. TEATRO ALLA SCALA i. I CAPUTETI E I ITÏOATECCBHI «li Jit’llisti. e ha* gu iti dalle si^.c Gresli e Grititæ e dai signori Slicci e JF’etlrifffilili. - Prima rappresentazione della stagione d’autunno, la sera 20 corrente. 4^,<>lgeva la primavera del 1831. Da non molti mesi io ahi— filava Padova pcr ivi attendere a ’ ge la t i studj delle malemali-^l che, cliè ad ogni costo aveasi deciso voler fare di me un Newton, o, se non tanto, almeno un professoruccio d’algebra, d’aritmetica, fors’anco un modesto ingegnere, o alla più disperata pur anche un semplice perito agrimensore. Fortuna e destino, queste divinità sorelle, bizzarre e dispotiche dominatrici dell’universo, fallirono lutti i presagi e vollermi invece maestro di musicai se per il meglio o il peggio - sallo Iddio. Ciò poco conta. - Fatto è che per me questa passione de’suoni era. forse in quell’epoca più ancora che adesso, l’unico pensiero del giorno, il costante sogno delle notti. ’La musica di Bellini principalmente aveva schiuso il mio cuore ad una tal foga di nuove ed affascinanti sensazioni, che, pareami. avrei fallo il viaggio del mondo per assistere all esecuzione d un lavoro di questo compositore. Ora accadde che in quel nienS. Benedetto in Venezia. Per giunta due mie concitladine (1) vi sostenevano con larghissimo plauso le parti protagoniste. La brevità della gita favorì il mio disegno, e vo(1) L’ima d’esse, somma speranza del teatro melodrammatico, ricca di mezzi siraordinarj, còlla da fulminante malattia, vi moriva pochissimo tempo dopo. Appellavasi Regina Obbizzi. La seconda non avverò le speranze che di lei si concepivano ne’primi passi di sua carriera; il suo talento non potè mai svilupparsi pcr difetto di retti sludj. Di questa seconda laccio il nome. lai a Venezia. Sia F impressione solenne prodottami dalla vista della bella città regina de’ mari che per la prima volta visitava, sia la potenza delle note del Catenese, siano 1 una e 1 altra cosa unite insieme, ella è verità che quello che io sentii dentro di me, al momento in cui udii per la prima volta quell ineffabile melodia che veste le parole Se ogni speme è a noi rapila, nè io provai altre volte, nè certamente risentirò più in tutta la mia vita. Mi sentii, in Lutta l’ampiezza dell espressione, rimescolare il sangue, il capo mi si fè vertie m*attaccò una cotale convulsione gmoso, _...

febbrile che non ni* abbandonò per ben tutto il giorno seguente. Chi non ha prò-, vato una di codeste sensazioni, o almeno non sa comprenderne la portata, colui ccrlamente trovasi inetto a comprendere quanta | sia la potenza di linguaggio che la musica ’ può parlare all uomo in alcuni momenti sotto I influsso di date circostanze. Costui si rida pure di me e de’miei febbrili entusiasmi. A molli è noto, ma forse non a tutti, come quella suaccennata divina frase fosse i stala concepita da Bellini anteriormente alla composizione dei Caputeli, e destinata ad un terzetto di uria sua malaugurata opera, dal titolo Zaira, scritta pel teatro di Parma, e dai Parmigiani, non so con (pianto amore di giustizia, condannatissima. Nel terzetto le due voci, soprano e contralto, eseguiscono la cantilena in ottava. Tale disposizione di parti appare in vero un po’singolare. Quantunque scritta d un tono più alla che non nei Caputeli (in fit), è agevole ciò non di meno comprendere corne la frase così disposta presentisi oltre misura grave per un contralto, non aggirandosi se non nell’estensione di una nona all estremità inferiore del diapason, dal sol, cioè, sotto le righe sino al la in terzo spazio. Forse la Cecconi, per cui fu scritta quest’opera, avrà avuto tale straordinaria vigoria in queste note di petto da farne risultare | un effetto potentemente marcato: è però certo che al giorno d’oggi non saprebbesi rinvenire una siffatta voce di contralto che alla suddetta si eguagliasse o ij per lo manco si approssimasse, e che fosse || in grado di rendere, se non in lutto, in!| parte almeno. quel, dirò così, volumi- ’ noso effetto che il maestro scorgasi pure aver fissato ottenere. Federico Ricci nel bel terzetto del suo Corrado ha riprodotto, non la frase, bensì l’idea di applicarla così per ollava a due voci bianche • però affatto infruttuosamente: poiché, nè dalla Brambilla, per la quale fu scritto, nè da nessun’altra esecutrice mi fu dato per anco di sentirne non già un effetto di energia, ma nemmen Az... D ’ tanto da poter distinguere questo raddoppiamento all’ottava bassa: di questo non m’avvidi se non più tardi, esaminando la partizione. la di Bellini, d innestare questo suo pezzo nei nuovo spartito, ed una felice necessita quella di affidarlo a dm* voci unisone, abbassandolo d un tono. Dico necessità. poiché non altrimenti potevasi accomodare la voluta frase alle voci non sfogatamente soprane delle sig.e Carradori e Crisi. L’inspirata cantilena, trasposta cosi nel tono di mi bemolle, più armonioso assai e più solenne di quello diJa, e perciò aggiranlesi in un campo più centrale ed in conseguenza più cantabile, e la novità (chè la fu allora, o presento aspetto di novità) di que’due soprani unisoni, al che aggiungasi f animata posizione del dramma, spiegano abbastanza perchè questo pezzo al suo apparire abbia scosso il suo uditorio si profondamente. Non v’ha nessuna cosa pili d una novità fortunata, la (piale venga ben tosto riprodotta dalli.) stesso autore e si attiri immediatamente una folla di imitatori. Per conseguenza in brevissimo volger di tempo la novità si trasforma nella cosa la più trita e stucchevole che mai si possa imaginaire. E cosi avvenne allora. Non tardò a presentarsi Mercadante,il quale nel secondo finale della sua apprezzabile JEmma di Antiochia affidò una magnifica frase a due soprani unisoni; finale che, riunendo ogni merito d’ispirazione e di lavoro, non ebbe altro torlo se non di venire dopo quello di Bellini, e forte di un’idea della (piale Belimi aveva sì altamente impressionate le menti. Nè lì s’arrestò Mercadante: chè,nelle ultime sue opere in modo speciale, vediamo nei pezzi d assieme, più che negli altri, pressoché costantemente camminanti unisone le voci bianche. Bellini istesso volle riprodurre tale idea nel suo Quintetto della Beatrice; ma 1 effetto, non pili nuovo, apparve naturalmente sparuto. Aggiungi che (pianto immensamente filosofico è l’unisono ne’ Caputeti (giacché anche a chi nulla sa nè vuol saperne d estetica musicale, salta negli occhi chiaramente che di que due amanti, mossi da un solo sentimento, da una medesima passione, non altrimenti che una deve es