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Berlioz. Intorno al nuovo progetto di (Vedi i numeri 20, 28 e 50 di questa Gazzetta).;uida vista. - Non è, come altri avra credulo, all’inconveniente: mi sembra di averlo trovato me:s AL CHIARISSIMO SIGNOR MAESTRO BAHIONDO HOLCIIIIIOV — — rovesciano sulla terra come, se si rinnovasse il diluvio universale. Veramente tutto ciò è cosa tale da produrre le vertigini, c molte persone, ascoltando il progredire di simile bufera, provano una sensazione che non saprebbero ben definire se venga prodotta da piacere o da dolore. La sinfonia è terminala da un rendimento di grazie dei contadini dopo essersi rasserenato il cielo. l’ulto ritorna tranquillo c ridente; i pastori tornano a mostrarsi e a correre per le colline richiamando gli armenti dispersi; le acque de,’ torrenti scolano poco a poco; la calma rinasce, ed odorisi di nuovo i rozzi canti, de’ quali la dolce melodia ridona il riposo aifi anima stanca, sconvolta e costernala dall’orrore sublime della scena antecedente. Dopo lutto ciò, puossi parlare delle stranezze di siile che si trovano in quest’opera? dei gruppi di cinque note di i violoncèlli opposti a quelli di quattro note nei contrabbassi che s’incontrano senza potersi confondere in un unisono reale? Puossi rimarcare, quel richiamo dei corni arpeggiando fi accordo di ut, mentre gl’islrumcnti di corda tengono quello di fa.? Cercare la causa di queste, anomalie armoniche? Veramente io ne sono incapace. Per un lavoro di tal fatta si rende necessaria la calma, il sangue freddo: ed il mezzo di garantirsi dall’ebbrezza quando lo spirito trovasi occupalo d’un soggetto tanto immenso dov’è mai?... Dopo aver odilo simili meraviglie si vorrebbe dormire, dormire, de.’ mesi interi, onde poter abitare almeno in sogno la sfera sconosciuta che il genio ci ha fallo per un istante intravedere. ■1! o Con grandissimo piacere vidi qui pubblicale le osservazioni che il bravo nostro N. E. Cattaneo ha creduto di sottoporre al di Lei giudizio intorno alla proposta fatta per determinare con esattezza i tempi musicali indicando la loro durala coll’orinolo alla mano: prima, perchè mi porge occasione di far più chiaramente conoscere l’indole del mio progetto, che nel primo articolo fu per vero troppo concisamente spiegalo: secondo, perchè venne a smentire le vane parole di certi neofiti musicali, i quali, pretendendo far da saputi anche in quelle cose che punto non intendono, avevano sentenzialo che. la proposta non avrebbe trovato un meschino che l’avria rialzala da terra, ove doveva cadere, perchè priva d’ogni logico fondamento. Quand’io dissi che propongo il mio divisamente agli scrittori di musica acciò se ne valgano ove lo veggano di qualche utilità, o lo abbandonino se trovano che manchi all’intento, ho mostrato di non fare gran caso delle mie. invenzioni e di questa in particolare; ma, che fosse poi così destituita di raziocinio da non meritare l’onore della discussione, confesso che non I’ ho creduto un momento e. che non sarò per crederlo senza buoni motivi. Stimo anzi poter aggiungere che il mio progetto non è per intimidirsi in faccia a nessuna logica opposizione, perocché prima di abbandonarlo al pubblico fu più volte assoggettato ad ima simile esperienza; e finora, per quanto a me sembra, non gli venne falla un’obbiezione alla quale non abbia sapulo onorevolmente rispondere. Siami dunque lecito di dire che quei parlatori, i quali alle ragioni di chi espone pubblicamente le proprie idee non sanno opporre che ciarle inutili, darebbero prova migliore del loro coraggio, se armali di tutta la loro gagliardia venissero a provarsi nell’aringo della discussione, oggidì sì facilmente aperto a chiunque brami d’entrarvi. 11 non farlo è segno o di pochezza d’animo, o di poca fiducia nel parlilo che pur vorrebbesi sostenere. Ma lasciando queste cose che non entrano ne’ falli nostri che per amenità, le dirò, pregiatissimo sig. Macstro, che leggendo le osservazioni del nostro amico e la gentile risposta che Vossignoria ha trovato di fargli, mi sono convinto di quello che aveva innanzi molto temuto, cioè che. per amore di brevità io non aveva abbastanza chiaramente indicato il modo di far uso del metodo proposto; il che deve avergli nociuto non poco, perchè molli devono non avermi compreso. Se un uomo della levatura del Cattaneo è tra questi, è probabilissimo ch’io mi sia insufficientemente spiegato. E dunque coll’intenzione, di spiegarmi meglio che dirigo a lei questa lettera sperando che le insorte, dubbictà vorranno a dileguarsi ad una semplice più chiara esposizione, ed ella vorrà riassumere la cosa per darmene gentilmente un più parlicolarizzato giudizio. Proponendo io che la durata d’ogni tempo musicale avesse a misurarsi col mezzo dei minuti, fui ben lontano dall’immaginare., come il Catlaneo avrebbe interpretalo, che il cantante o suonatore, dovesse, nell’eseguire qualche, pezzo di musica, sempre attentamente aver fi occhio all’orologio pcr tener calcolo preciso de’ minuti che passano. Accennando che questo era il difetto capitale del metronomo, reputai di naturale. induzione che uno de’ mici primi intenti sarebbe stalo quello di evitarlo: a questo infatti ebbi rivolta la mente. Ciò che intesi proporre è soltanto che il filarmonico debba osservar l’orologio quando incomincia un cantabile c guardarlo una seconda volta quando lo abbia finito per sapere se ha impiegato maggiore o minor tempo di quello prescritto dal compositore. E qui, perchè non abbiati luogo altre mcn rette intelligenze, giova premettere, un avvertimento che parmi indispensabile. Le mie cifre numeriche non sono, come molli avranno pensato, un indizio per ben rilevare le immagini melodiche ad una prima lettura, siccome sono tulli gli alici segni musicali. Per gli esecutori di musica a prima vista il mio mezzo regolatore è precisamente inutile. Esso non è destinato che in sussidio dello studioso, il quale voglia ben apprendere qualche pezzo vocale o strumentale. e specialmente a vantaggio dei cantanti che. debbono studiare la parte loro pcr cantarla a memoria sulla scena, oppure dei corpi d orchestra che son costretti di fare più ripetizioni per ben combinare I insieme d’uno spartilo. Il suo fine diretto è quello di giovare alla buona esecuzione della musica teatrale, meta principale, a cui era rivolto tutto il mio progetto, e questa mela è necessario non perderla di che conduca il filarmonico, precedendo i passi di lui: è la voce del maestro compositore che gli tien dietro per assicurarlo se ha fallo bene o male: la sua utilità non si può quindi raccogliere se non dopo fallo un primo esperimento. Siccome poi il caillante, del pari che lo studioso, passa c ripassa necessariamente parecchie volle ogni musica per ben possederla, gli torna assolutamente indifferente la necessità della ripetizione che sembra pure un difetto del mio sistema, e che infatti valse d’argomento ad una delle dubbiezze dell’amico Cattaneo. Intanto che il filarmonico studia le note, impara anche a ben distinguerne il movimento regolandosi sulle piccole differenze che fiorinolo gli avrà indicale, senza bisogno di tornar da capo appositamente per questo. Anzi, se mai il cantante, come ve ne son molti, fosse di coloro che inclinano a slembare la musica col rallentarla, 1 orologio sarà sempre là a rimproverargli la sua tendenza; c potrebbe anche darsi che, senza la voce d’alcun censore, riuscisse, un giorno a correggerlo interamente. Convien quindi ripetere che la condizione inseparabile dal mio sistema di non esser utile che ad una seconda o terza lettura non è un difetto che in apparenza, dacché le prove e riprove il cantante come lo studioso le deve fare, egualmente. Ben lungi pertanto dall’essere necessaria la continua attenzione, dell’occhio sull’orologio, non è che prima d’incominciare c dopo d’aver finito che il filarmonico sarà obbligato ad osservare il corso dei minuti: a questo bisogna por mente, perchè da questo fallo è tolta qualunque idea di distrazione, di cui vorrebbesi pure accagionare il sistema. Del resto è evidente che una simile operazione riesce agevole a praticarsi, perchè non può costare che lievissima fatica: non sono che due sguardi da darsi all’orologio per ciascun grado di misura cambiato: il quale orologio, collocato che sia sul fortepiano, sarà sempre prontissimo a rispondere a chi voglia consultarlo sul bene o male interpretalo movimento. Ciò posto, è inutile aggiungere che servono eccellentemente tulli gli orinoli da lasca, che al mio amico Catlaneo parvero insufficienti <dlo scopo, perchè non ne aveva ben indovinato 1 officio. E questa anzi una delle ragioni per cui il progetto parvenu preferibile all’uso del metronomo: lutti essendo mimili d’orologio, quasi nessuno del metronomo, ne vico di natura che tutti avranno una scorta, mentre attualmente tulli ne mancano. Un’altra circostanza poi, che vuol essere osservata prima non è vorrà di lasciare questo proposito, si è che il cantante costretto di guardare i mimili tutte le volte che cantare: ben altrimenti, sarà una diligenza da una sola unica volta per conoscere la vera intenzione dell’autore: anche questo bisogna ben considerare. Quando, raggiunti i confini prescritti, il virluoso privo meno porta avrà senlilo il giusto movimento, se non è affatto di musicale intelligenza, dal più al preciso fi avrà nell’animo sempre. Ciò che imè di sapere come debba essere, secondo la mente dell autore, quel largo, quell’adagio, qucll’a/idanle, qucil’cmc/Hn/ùm, quel presto, quel prestissimo, di cui ignorasi il carattere (1). Einora a queste varie gradazioni non si è saputo prescrivere una linea di demarcazione che le separi l’ima dall’altra, perchè, non dissimili dai colori, si confondo)! tra loro insensibilmente. Si sono, è vero, ritrovate molte e varie denominazioni; ma gli stessi movimenti, cioè quei movimenti che son designati da uno stesso nome, variano secondo I indole e fi energia di chi li interpreta. Ora il sistema di notare i minuti, checché si possa dire, è un mezzo materiale, sicuro, immancabile a delincare questi confini, a far conoscere quale sia il vero grado di movimento ideato dall’autore; quindi il sistema soddisfa alla più scabra necessità musicale, a cui non bastò finora alcun espediente (2). Chi vorrà farne esperimento col fallo se ne persuaderà meglio che dalla forza degli argomenti (5). La notazione dei minuti sarà dunque un mezzo eccellente per togliere quella versatilità, quell’incertezza, quell’indefinizionc nelle varie gradazioni dei tempi che hanno finora tanto pregiudicata la musica melodrammatica. Ripeto che questa è la meta principale, a cui è volta la mia proposizione: il cangiarne Io scopo sarebbe, mi si conceda la frase, come decapitarla. La diversità inconcepibile che passa nell’esecuzione di un’opera da un teatro all’altro è quella che. mi spinse a cercare un rimedio dianlc pochi sguardi da volgersi all’orologio: se mi sono ingannato, non mancheranno argomenti per convincermi dell’errore. Un’altra condizione che pare non sia stata bene interpretata si è quella, che la numerazione dei minuti non debba essere soltanto complessiva per ogni pezzo in cui vi siano più e diversi tempi, ma debba essere singola e parziale per ciascun tempo, acciò sia ovviato l’inconveniente di dar troppo all’uno c meno all’altro. A meglio chiarire quest’idea riporterò l’esempio d’un caso pratico. Per determinare i tempi della cavatina della Norma Casta diva, che inargenti - essendo importante che anche i recitativi siano cantali con quell’andamento che loro conviene f i), dopo le parole il sacro vischio io mieto, noterei minuti tre e un quarto: alla fine del primo tempo dell’andante, dopo le parole Senza nube e senza vcl, scriverei minuti due e un quarto, non comprendendo il ritornello del flauto, che facilmente verrebbe da sè -a conformarsi al canto dopo una prima prova (ti): alla fine dell’allegro intermedio tra il primo canto e la cabaletta, dopo le parole La mia voce tuonerà, scriverci mezzo minuto, nemmen qui comprendendo il tratto di marcia suonato dalla banda (6), finalmente dopo le parole E patria e cielo avrò del primo tempo della cabaletta, scriverci tre quarti, poco più: del rimanente, non fare caso perchè prosegue pressoché sempre lo stesso andamento. Non tralasccrei per altro di osservare la precisa intera durata del pezzo per marcarla in testa al medesimo, essendo troppo conve•2 —