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BABTOLOWO MOtfTAWEIJLO in complesso. y

in lina semplice declamazione quello dei rapsodi: avvegnaché non sembri conciliabile il vero canto colla lunghezza di un poema, non diviso a strofe, siccome lo erano i versi di Pindaro, d’Anacreonte ed altri, ì quali, perchè veramente destinati ad essere cantati, furono detti lirici. Raimondo Boucheron. computare i rivolli di ogni accordo e le combinazioni della diversa posizione de’suoni. Ricevendosi poi fra i gradi della scala anco i (inque scmituoni, di dodici CICALATE Mi accade di osservare che tuttodì si parla della naturale distribuzione de’ suoni nei gradi della ricevuta scala, e tuttodì si traila istcssamente di modificare que’suoni, affinchè meglio si prestino agli accordi ed alle modulazioni in qualsivoglia tuono. D’altra parte vado meco stesso riflettendo che, a primo aspetto, sembra considerevole il numero delle combinazioni che hanno luogo coi sette suoni della nostra scala, mollo più se si aggiungono ai sette gradi della scala i cinque semitoni, ove il maggior intervallo dei gradi lo concede; nullameno siamo ben lontani dal poter ammettere tutte le combinazioni possibili dei suoni; e un buon numero di esse riesce spiacevole all’orecchio, poche altre si gustano soltanto quando l’udito è predisposto ad assaporarle, e se ne aggiugne alcun’altra, che può aver luogo soltanto (piando i suoni di che è composta si trovano a certa distanza, nè si tollera punto se questi suoni sono più vicini. Le successioni poi dei suoni così combinati a due, a tre, a quattro, ossia la serie delle modulazioni è ancor molto più limitala di quanto a prima giunta potrebbe sembrare. Questo rifiuto che fa l’orecchio di molte combinazioni de’ suoni della scala, questa necessita di preparazione e di risoluzione in molli casi, questo disgusto cagionatoci dalla maggior parte delle successioni di accordi, ci avvertono forse che la distribuzione de’suoni nei gradi di presente stabiliti pcr raggiungere lo stesso suono più acuto o più grave non è affatto naturale, ma puramente convenzionale, c naturalizzata poi dal lungo uso, come avviene di molte altre umane istituzioni, delle quali riceviamo a poco a jioco le bontà c i difetti, e vi ci naturalizziamo in modo da non disccrnere più le une dagli altri, e ci par tutto buono, lutto confacente a noi. Già l’esperienza ha fatto conoscere che la natura nostra si piega a ricevere, c in seguito a bramar pure, ciò che le è dapprincipio affatto contrario e abboininevole. A milioni potrei citare gli escinpj di quanto asserisco; e basti l’osservare che l’uso islcsso delle sostanze venefiche le naturalizza cosi a un corpo umano, da rendergliele, niente meno, essenziali per la vita. Inclinerei pertanto ad opinare che qualora la distribuzione de’ suoni nella sosia musicale fosse di posta tratta dalla natura, reggerebbe ogni combinazione che si facesse di essi suoni; cioè ogni accordo dovrebbe riuscir gradevole al primo affacciarsi, ogni successione di accordi dovrebbe tornar buona; c tutti i suoni comunque combinati, e pur tutti contemporaneamente uditi, come altri ebbe ad asserire, dovrebbero rendere una piacevole armonia. In tal caso potremmo sottoporre gli accordi c le modulazioni a calcolo numerico; c avremmo, dato che i gradi della scala avessero a rimaner sette, le seguenti combinazioni: a due voci N. 21 a tre..»«35 a quattro. h 55 a cinque. a 21 a sei.. ‘» 7 a sette.. ’i 1 N. 120 combinazioni; senza e ritenendola per tal in totale gradi, avremmo le seguenti a due voci N. 66 a tre.. n 220 a •piatirò.. n 49 fi a cinque. n 792 a sei... r 924 a sette.., «792 a otto.» 49’5 a nove.. «220 a dicci.. n G6 a undici. M 12 a dodici. r 1 N. 4085 combinazioni; modo composta combinazioni: senza pur calcolare l’immenso numero delle combinazioni che ci verrebbero somministrate dai rivolli. Ora vedete che prodigiosa serie di armonie avrebbe il musico a sua disposizione, c poiché le armonie servono di base alle melodie, vedete bene quante cantilene diverse si potrebbero immaginare! Non sarebbe più il caso di lambiccarci il cervello pcr trovare una cabaletta nuova; ne avremmo a josa pei genj, pei semigenj, e pei ciabattini del mestiere. Ma ora la hisogna è impacciata assai. abbiamo che dodici accordi; se pure son tanti, perché molli si derivano un dall’altro, c perchè si può dichiarare senza tema di sbaglio che sia un solo l’accordo delle nostre voci, quello di terza e quinta, c gli altri non sieno che lo stesso accordo di terza, (maggiore o minore) e quinta, cui si aggiunga o si alteri alcuna voce; ma quest’aggiunta o quest’alterazione ci obbligano essenzialmente a ritornare presto all accordo scmjilii c di terza c quinta, se almeno vogliamo rimanere coll’animo tranquillo c coll’orecchio non lacerato. Nè io sono tampoco persuaso che si arrivera a trovare una scala cosi felice che. presenti 1 immensa quantità di combinazioni di sopra calcolate; ho anzi le mie buone ragioni che mi accennano F impossibilita di trovarla; perchè la dovizia richiede varietà., la varietà produce complicazione de’rapporti, e la consonanza dev’essere riposta nella semplicità de rapporti. Quindi diamo bando ai computi di possibili combinazioni; nè io ho esposto quei numeri, se non pcichc in breve mi apriranno l’adito ad esporne degli altri più utili; e intanto mi si permetta che continui ancora un poco sull’argomento avvialo. Errimi pertanto avviso che i suoni.della scala nostra, potendo pur avere dei rapporti naturali, altri ne abbiano totalmente convenzionali; oche un’altra serie di suoni, fissala con miglior analisi de’ suoni, possa sviluppare maggior numero di consonanze. Ma questa diversa gradazione de’ suoni non dovrebbe già essere basata sugli attuali tuoni o scmituoni ridotti a perfetta eguaglianza, o su altra divisione di scmituoni a quarti di voce, come in oggi si va cianciando a favore o contro simili tesi. La nuova scala risulterà di sci, di otto, di dieci suoni e di intervalli diversi degli attuali, secondo che verrà suggerito da un nuovo scandaglio de’ suoni fatto da un orecchio sensibile e delicato, e appartenente a una testa immaginosa, atta a sbarazzarsi dei rapporti ora fìssati dalle nostre abitudini, pcr riconoscere tosto degli altri rapporti che risulteranno dalla natura de’nuovi suoni. Alcun valente indagatore de’suoni ebbe a tentare questa nuova scala; ma è come tentare un nuovo linguaggio non jiarlalo da alcun popolo del mondo. Nessun vi abbaila; e anzi abbiamo eontrarj al nostro progetto quasi tutti i musici sapienti, i quali riguardano la scala nostra siccome dettala precisamente dalla natura, adducono a conferma esperienze, prove c giudizj fine. Fra le cose singolari in cui alcuni viaggiatori c ne senza avidi di novità ebbero ad abbattersi nello spccolare i luoghi più remoti del globo sublunare, si accenna uno strano quadrupede, come un gatto, che emette suoni, precisamente sulla nostra scala, ascendendo e discendendo successivamente per sci gradi della scala. Egli canta colla più perfetta intonazione e con singolare precisione di tempo: do, re, mi, fa, sol, la, sol, fa, mi, re, do, interponendo a ciascuna voce una breve pausa, cred’io di scmiminima. Anche i nostri gatti convengono spesso su per i tetti a dare de’concerti e accordano armoniosamente le loro voci; ma si rileva da questi accordi che la loro scala è alquanto differente della nostra, e i loro passaggi, le loro modulazioni, i loro principj di armonia non sono basati sulle nostre teorie. Da quel gatto singolare (che nell’americano paese, dove fu trovato, si chiama Haut) si vorrà inferire che la nostra scala è naturale affatto, perchè è fin propria degli animali bestie. E già personaggi gravissimi hanno dedotto per quella famosa scala che sicuramente la natura ha dato a quell’animale l’organo della voce ugualissimo all’organo umano, e quindi un canto, per ciò che riguarda la serie degli intervalli, affatto simile al canto dell’uomo. Ed altri gravissimi barbassori pretesero pure di dimostrare che l’uomo abbia appreso la sua scala ed il suo canto da un tal animale. In quanto a me giudico quel racconto un’egregia fola, regalataci con molte altre da’viaggiatori, i quali non possono dimenticare il naturai vezzo di raccontare portenti a delizioso pascolo de’buoni allocchi. Nè minor meraviglia mi faccio di coloro i (piali vogliono che noi andiam mo’ sempre a scuola delle bestie pcr apprendere le cose nostre; o che suppongono, il che torna Io stesso, che gli altri animali escano al mondo dalla natura colle loro cognizioni, coi loro usi, colle loro perfezioni, e l’uomo soltanto debba uscire dal seno della natura rozzo, selvatico, informe, in peggior stato d’ogni altro ente, sicché abbia poi bisogno di ricorrere alle bestie per apprendere modi e norme di soddisfare a proprj bisogni e di procacciarsi i proprj diletti. Tanto sia detto tra parentesi, che non è questo il luogo di sfoggiare argomenti di simile filosofia, c di venir a contenderla con Hobbes, Iluezio, Rousseau, e con tutti gli altri che non sanno fabbricare teorie intorno all’uomo, se non gettandolo in grembo di una strana natura da essi immaginata, o traendolo da un’abbietta origine, incompatibile colle facolta intellettuali e morali dell’ente ragionatore. Io penso adunque, che, se pure esiste quell’animale, non moduli niente affatto la voce sui gradi della scala da noi adottata, perchè giudico essere questa scala di nostra invenzione, e giudico impossibile che egli la possa indovinare. Sarebbe come se quel gatto americano parlasse la nostra lingua. Avrà egli una modulazione di somiglianza, ovvero sarà un animale atto ad apprendere le cantilene degli altri animali, ed avrà appresa quella serie di voci dall’animale uomo. Vi sono molti animali che hanno la facoltà di ripetere le voci e le cantilene nostre e quelle degli altri animali. Vi sono pure degli animali, degli stessi piccoli insetti che sembrano porgere tutta l’attenzione ai nostri suoni e alle nostre melodie, e dan segno di ritrarne diletto. Se vogliam credere, erano sicuramente più meravigliosi gli effètti dell’antica musica, colla quale il suonatore traeva a sè le fiere, le selve e le rupi; ma non pochi e più certi miracoli vanta parimenti la musica moderna, nè io li ripeterò perchè son noli a tutti. Non vediamo tutti i giorni de’cani ululare, gemere, abbajarc a suoni discordi, a voci stridule o mal intuonate, a strane armonie, e starsene altra volta tranquilli ad udire una stupenda sinfonia suonata pure col fragore di tutta un’orchestra? Andate poi a dire dell’intelligenza de’ cani in fallo di musica! Io ne tengo uno, che i miei bimbi chiaman Ciappiìio, il quale non può rimanersi (juicio nel momento che si intuonano gli istromcnli, e appena incomincia la suonata si cuccia in un angolo della sala c dorme felicemente finché dura il pezzo; e allorché poi i suonatori ritornano alle voci sconcertate, egli si sveglia immancabilmente c dà nuovi segni di inquietudine. Ma (piando si parla di bestie, io non soglio trarne conseguenza, perchè le bestie son bestie; e nemmeno da questi fatti io inferirei che i rapporti de’ nostri suoni abbiano assoluta base nella natura. (Sarà continuato}.