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- 419 - — ’ — GAZZETTA MUSICALE ANNO III. - N. 29 DI MILANO DOMENICA 21 Luglio 1844. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.” di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerà Antologia classica musicale. — Per quei Signori Associati che amassero invece altro genere di musica si distribuisce un Catalogo di circa N. suini pezzi di musica, dal quale possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto che si paga I’ associazione annua; la metà, per la associazione semestrale. Vcggasi I’ avvertimento pubblicato nel Foglio N. 50, anno 11, 1S43. • La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pnur ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des ssn• timents propres à l’émouvoir.» J. J. Ho i;ss i.f f. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e alla è di elTijllive Austriache L. li per semestre, ed effettive Austriache L. I l affrancata di porto tino ai contini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio bicordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Vlfìcio della Gazzetta in casa bicordi. cont rada degli Omenoni N’.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli L’Ilici postali. — Le lettere, Sgruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. SOMMAI IO. F. La musica e la lingua. - IL Grande, accademia datasi nel Salone del Palazzo vecchio in Firenze. III. Varietà’. - IV. Gazzettino settimanale di Milano. - V. CORRISPONDENZA PARTICOLARE. - VI. NOTIZIE. - VII. Altre cosk. - Vili. Nuove pubblicazioni MUSICALI. uà oam a uà nusì(B®a ì • Ciò che la lingua presta alla • musica e la musica alla • lingua è del pari difficile • e pericoloso il rispondere • e decidere, ecc-, (I;. Rentre gli scrittori, in molle cose ^discordi, in quest* una conEvengono, di raccomandare ai T j w-r -k» maestri compositori di musica necessità di ben conoscere la lingua per poter unirsi in una mente colla parola che trattano, fa stupore si dica essere pericoloso il determinare i rapporti dell una coll altra, quasiché, invece di utile, potesse venirne danno all arte dall esserne istruiti i poeti e i maestri. Un tale assurdo non avrebbe mestieri di essere confutato} ed io non ne avrei certamente fatto parola, se 1 argomento non venisse a collegarsi strettamente colle dottrine che io tentai di svolgere nella mia Filosofia «Iella musica, e se la citata proposizione non mi avesse avvertito, poter fare un* utile aggiunta a quella mia operetta col dimostrare appunto ciò che la lingua presti alla musica, e la musica alla lingua. Rimaneva l’idea della difficoltà} ma oltreché questa, ove non sia stragrande. non mi parve giammai ragione sufficiente per desistere da un qualsiasi lavoro che possa recare vantaggio. sperai poterla vincere tanto più agevolmente, quanto che dall analisi già fatta degli elementi costituenti la musica mi sembra già in parte dimostrato ciò che questa ritrae dalla parola. Per lo che la questione trovasi ridotta a poco più della metà; a sciogliere la quale mi sembrò dover procedere storicamente. sia per b indole istessa dell argomento. sia per non discoslarmi di troppo dalle idee toccate di volo nel citato brano del foglio viennese. Queste cose erami necessario di premettere onde far avvisato (1) Vedi Gazzetta Musicale anno III, pag. 05. Numero tre brani presi dalla G. M. di Vienna. il lettore sull* intenzione eli questo lavoro, diretto non già a suscitare una vana polemica, ma solo a riempiere utilmente una laguna rimasta nella mia Estetica. Se a rintracciare Torigine di cosa che ’ sia volessimo appigliarci alle antiche storie. il cui capo va a perdersi nel buio delle; favole, non riusciremmo certamente oltre alle solite congetture, da cui poco o nés- I sun vantaggio ridonda alla scienza: e ricercare volendo se negli antichi tempi la musica e la poesia fossero una o due cose, e in questo caso qual fosse la prima a trovarsi, non andremmo più in là che a j Lino o ad Orfeo, oppure ad Apollo e ■ Mercurio. Nei qual caos di storia e mitologia, anche addiettrandoci dalla Grecia all E- I {fitto, non sarebbe difficile al musico eru-! dito sostenere nata prima la musica che la parola articolata, specialmente se, facendosi appoggio delle speculazioni del । gran Vico, avesse ricorso alla supposizione che essendosi I umana razza dispersa per I la gran selva della terra, e cosi per alcuni secoli vissuti gli uomini isolatamente ed a guisa di feroci belve. avessero perduto fuso della favella,■ e solo con urli e grida va-; lessero ad esprimere le immani passioni da cui senlivansi agitati. > In tale ipotesi non vi sarebbe che un passo a fare, un po’ gigantesco invero, ma: non eccedente la forza d’immaginazione di chi sieda tranquillo allo scrittoio} non vi sarebbe, dico, che un passo per canibiare colesto urlare dell’uomo-bestia in un canto, in un primordio di melodia } e con un po’ di rettoriea non dovrebbe es- | sere difficile di farlo credere soavissimo,! ora che il gridare a piena gola non é riputato picciol vanto nella canora gerarchia. Ma a seguir questa via, oltre allinconveniente di non poter dire cosa che non sia già ripetuta da cento, vi ha anche quello । di non poter riuscire a qualche utile risullamento per la scienza, il qual pensiero J non è in verità seducentissimo per chiunque scriva coll’intimo convincimento che ■ il nostro non è tempo di inutili ciarle. Conviene dunque abbandonare le storie profane, e rivolgersi a quella fonte di ve- | rità da cui poche stille derivano. ma fecondissime di utili conseguenze. E tal fonte é la madre di tutte le storie, é la Genesi, da cui avendo quella notizia antediluviana; di Jubal pater canentitini (non importa ] sapere cosa fossero gli strumenti di cui parla il Sacro Testo) ci troviamo tosto assai più in là che all’Orfeo e Mercurio 1 rimegisto, il quale secondo alcuni non sarebbe altri che il ministro di Faraone. Giuseppe} nunzio degli Dei perché spiegò i sogni, e Dio della mercatura perché raccolse i grani per venderli poi nel tempo della penuria. Ma quel che più monta si è, che partendo da quel punto non è d’uopo supporre 1 uomo tanto degradato da far vita più selvaggia degli orsi o leoni. E quantunque Jubal e Jubalcaino appartenessero alla famiglia Gamica. separatasi dopo il fratricidio da quella del primo progenitore, e di Sel, i di cui figli si chiamarono per eccellenza figliuoli di Dio-, tale separazioni’ non dovette impedire die si comunicassero le scoperte e invenzioni di cui lutti potevano abbisognare, siccome non impedì die si contraessero malrimonii fra i figliuoli di Dio e le figliuole degli uomini (I), Ma anche senza di ciò potevano i figli di Set ( tanto lungamente vivendo gli antedduvigni ) aver fatte le medesime scoperte, e grandemente averle perfezionate per modo, che quel Noè. il quale visse seicento anni prima del Diluvio, e trecento cinquanta di poi, ebbe tempo di arricchirsi di tutte le cognizioni de suoi maggiori, e di trasmetterle ai figli aggiungendovi non poco anco del proprio. Cosi per molli secoli dovettero passare di padre in figlio le scienze e le arti. e vi ha ragione di eredere, non essere caduti gli uomini nell’ignoranza fìntali lo die, pd sempre crescente numero delle popolazioni centrali, non dovettero sovrapporsi le razze. Nelle (piali evenienze ebbe principio la schiavitù imposta dai vincitori ai vinti, e quelle precipitose emigrazioni di famiglie fuggenti il nuovo giogo, e riparatesi alla meglio in terre od isole inospite. prive delle cose più necessarie. In questi casi, egualmente che nella schiavitù, 1 animo é troppo oppresso perché possa pensare a conservare e trasmettere altrui un sapere divenuto quasi inutile, e se si perdono le arti più necessarie. (pianto più non debbono cadere in obbho quelle di lusso, la musica e le arti sorelle? Cattiate nobis de fanti iris Sion dicevano i Babilonesi agli Ebrei caduti in loro mano; ma al solo rammentare la patria perduta il dolore serrava la gola ai! (1) Genesi Cap. VI.