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da una proporzionata massa di esecutori, in tutt’altro locale che non fosse la picco- |i lissima sala del Conservatorio. Perciò noi vogliamo offerire in oggi un primo e sincero omaggio alla composizione di Mercadante, imperciocché con ciò egli ha pure presentemente legato a moderni tempi un prezioso saggio di composizione religiosa. Non è questo il momento di discutere se sia o no consacralo di celebrare le grandezze di Dio colla semplicità primitiva del canto e dello strumentale, anziché col mezzo di armonie potenti, che li conducono all ultimo grado di perfezionamento. E una questione che senza dubbio non verrà sciolta se non quando noi non saremo più, se, come i grandi maestri passati, i viventi si decidono una volta a consacrare al genere religioso le belle ispirazioni del loro genio. In tal caso nessuno meglio di Mercadanle, per la profonda sicurezza che possiede e per T impronta severa de’ suoi pensieri potrebbe in Italia pretendere a preparare all’avvenire una riputazione, degna forse d’essere paragonata a quella de’ più bei nomi dell’arte musicale. Queste riflessioni non devono però farne dimenticare gli allievi del Collegio che interpretarono con amore in tale circostanza tutto quanto hanno cantato. Nè pure il loro Direttore per la stessa ragione dev’essere dimenticato. Dunque egli è verso il sig. Fiorirne, capo delle parti vocali ai concerti del Conservatorio e ripulatissimo professore di canto in Napoli, già intimo amico di Bellini, che noi soddisferemo un ultimo debito pel talento che adopera nel dirigere i suoi giovani allievi. Egli vorrà perdonarci di non parlare di lui che al termine di questo articolo: le belle romanze però che compone, e le rarità artistiche che possiede ci forniranno più lardi occasione di parlare di lui più diffusamente. Breve notizia intorno all’Archivio musicale dell’I. R. Biblioteca <11 Vienna. <11 Antonio Schmid scrittore nella medesima. (Dai Fogli Austriaci di Letteratura c Belle arti, 20 aprile N. 6.) (Continuazione: vedi i numeri 19 e 22). VII. L’archivio privalo dell’Imp. Leopoldo I. consistente la maggior parte in opere teatrali ed oratorj, in più raccolte di arie e di piccole cantale, annovera 69 autori delle prime due serie, alcuni dei quali sono i seguenti} Lo stesso Leopoldo I, P. A. Ariosi!, C. A. Badia, G. A. Bernabei, A. Berlali, A. Cesti, Fr. Cavalli, M. D’Ardespin, G. Legrenzi, A. Metani, C. Fr. Polaroli, A. Scarlatti, ecc., ecc. Oltre queste opere accennate, se ne ritrovano ancora molte di incerti autori. Vili. La raccolta degli autografi gloriasi nella maggior parte di composizioni complete di 142 autori, tra quali: Salteri Op. 41, G. AIbrechtsberger, Giulio d’Alessandri, Bach (padre e figli), l’Imp. Carlo VI, L. Cherubini, e di tutti i più rinomati de’secoli passali e presente, fra cui si annoverano anche i luminari più grandi viventi } tra 3uali G. Meyerbeer, Mendelssohn-Bartholy, Spontini, Spohr, Rossini, ecc. ecc. Nel numero di questi non sono ancora accennati quegli autori, de’ quali non si ha potuto sino ad ora raccogliere che frammenti autografi. Del resto sembrami necessario di avvertire che la biblioteca di Corte non possiede soltanto un pezzo degli autori indi-! cati nelle varie sezioni, ma che di varj compositori può rammentarne molti: cosi per esempio di Paolo Colonna conta 80 composizioni } persino 480 di Antonio. Draghi: la maggior parte delle produzioni di Pier Luigi Galestrina, di Orlando Lassus, ecc. ecc. Per conseguenza 1 artista e l’amatore della musica, desiderando di pascere la mente ed erudirsi nelle opere classiche antiche, trova anche in Vienna on vasto campo per soddisfarsi. | Noi chiudiamo questa breve notizia col voto, che tanto questa raccolta, quanto ogni altra che ha in vista simile meta, abbia la buona fortuna di arricchirsi anche in seguito di tali oggetti che sieno degni

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dell attenzione de raccoglitori, e meritino di essere tolti alla dimenticanza. Coloro, i quali giudicheranno ciò che ho di volo indicato essere troppo ristretto e quasi una mera nomenclatura, possono volgersi allo scritto periodico musicale, intitolato Cecilia del -1842, ove io ho fatto 1 inserire de supplementi alla storia e letteratura musicale, i quali contengono molte cose cavale dal tesoro della Biblioteca ed Archivio musicale, serventi a riempiere le lacune che possono esistere in tale materia. Per mitigare un poco l’aridezza del pre-! sente articolo, e per convalidare vieppiù ] la predilezione e protezione singolare che accordarono ognora i Sovrani dell’Augustissima Casa d’Austria in grado si emi- j nenie aliarle musicale, la quale non solo è mai stala interrotta sino a nostri dì, ma fu persino virtù ereditaria fra i Principi i e Principesse di quelflmp. R. Famiglia il distinguersi ancora nella pratica della medesima, il Traduttore crede non inopportuno! di presentare in seguito ai lettori di questo foglio alcune date istoriche sotto il ì; titolo: ■! Le Glorie della Musica i I SOTTO IL FAUSTO GOVERNO dell’Imp. e R. Casa d’Austria. Gin. Simone Mayr. MUSICA E POESIA Articolo IV. (Continuazione. Vedi i numeri 14, iti e 22). Dopo la struttura del verso bisogna pur I guardare alle stanze e strofe, ciascuna delle quali contenendo un sentimento compiuto o quasi-compiuto debbe trovarsi in analogia coi periodi o semi-periodi musicali. La stanza a 4, 6, 8 versi eguali e lun-! giù è in generale adoperata a raccontare j o descrivere. La dolcezza che il Poliziano, seppe dare all ottava, di cui fu probabil- j mente 1 inventore, e colla quale volle intarsiare il suo Orfeo scritto per la musica, debbe invaghire i compositori a ridestare un genere che morì troppo presto. Una i composizione a stanze dovendo avere un movimento grave e nel tempo e nel ritmo, e schivare insieme la monotonia, converrebbe che camminasse a modo di recitativo obbligalo, salvo in que’luoghi dove l’affetto dominasse, perchè dovendo il can- i tore raccontare non ha da cantar troppo. Tolgasi ad esempio. aria buffa del Gorradino, dove il poeta affamato intona in sestupla: Intanto Erminia infra le oni- 1 Irose piante y ecc., e vedrassi il deforme che nasce dall’ignoranza o dall’abuso. Almeno il tempo poteva acconciarsi a quella ottava, giacché la cantilena è affatto sbagliata. Si dirà che trattasi di ridere} ma allora perchè non scegliere una stanza del 1 Beffili o del Passerini!? Le stanze debbono serbare grande simmetria tra loro} e perciò farebbe mestieri che i due ultimi versi di ciascuna fossero lavorati a ritornello, con variazioni ed imitazioni. Avendo detto delle strofe a versi lunghi, passerò a dire qualche cosa intorno agli altri generi di poesia per ciò che riguarda la verseggiatura. E sia da prima la lirica. I moderni sembra che svegliasi adesso per mettere in musica qualche poesia non drammatica. Peccalo però che la me- I slizia del secolo abbia cangiala la lira dì Anacreonte e d’Orazio nell’arpa del Bardo! A rimedio di cotesla tristezza comincino ad avvezzarsi allo stile delle anacreontiche. Queste canzonette nella tessitura delle loro i strofe possono pigliare tanti varj metri । quante sono le possibili combinazioni, sebbene anticamente usassero minore libertà, dico nel metro. La prima strofa era una volta il tipo delle altre} ma ora vi s’intruse il sistema binario. Della prima guisa è la seguente del Pindemonte: Fonti c colline - Chiesi agli Dei: M’udirò alfine - Pago io vivrò. Nò inai (ine! fonte - Co’ desìi’ mici, Nò mai quel monte - Trapasserò. Della seconda maniera è questa Borghi: T’inchina, o Dio clic termini L’ambascia di quaggiù. Come un gran coro in festa, La terra, il ciel si desta: Le morte cose tornano Alla natia virtù. del Non lare bisogna credere che il metro irregosia meno pieghevole alla simmetria della frase musicale. Metastasio segui pure talvolta il sistema binario, nè i maestri se ne lamentarono. Poi quando uno mettes! in capo che la musica debbe secondare la poesia, qualunque metro esca dalla fantasia del poeta, purché non sia bislacco, è opportuno alle note: d’altra parte sarebbe bella, che i musici godendo ampie facoltà nelle combinazioni si rifiutassero alle bizzarrie de’poetiI Musica e poesia debbono sempre star amiche, che alla fin fine fantastiche. pazze e capricciose sono tutte e due. Ma io in mezzo a cotesto libertinaggio raccomando molto ai musici la varietà. Le canzonette un po’ lunghe (dico in poesia), che non variano mai tempo in musica, non fanno ritratto di sè stesse. Esse pajono gravissime matrone anzi che vispe e leggiere fanciulle: movono in quinci e quindi, stanno in sull avviso, ed appena sorridono a chi le inchina. Oh le venerande Cornelio e Sempronio! voi non siete della famiglia nè di Anacreonte nè di Vittorelli. Io non parlo di quelle che il volgo canta per lo vie} nè di quelle che rallegrano il solco, l’officina, la prigione, se pure ancor ve ne hanno di proprie ed originali} perchè ora e popolani e contadini vanno balbettando e zuflblando le ariette de’teatri} così che anche qui il volgo imita i maestri, acconciando la sua goda canzone alla musica del dramma. Parlo adunque di quelle scritte a bella posta per la musica, nelle quali osserviamo o