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dominare su tutta la massa vocale. Così, dopo i due soli di Norma e Politone nella scena finale, la melodia del coro Oh m fe ritorna deve essere appena accennata cd affatto repressa} poiché le parole interpolate di Norma e Pollione devono sempre campeggiare, ed anche perché le belle tenute ìlei bassi del coro rimangono in tal guisa perdute. Parlo di questa cosa in tuono assoluto, perché mi ricordo perfettamente il modo col quale lo slesso Bellini pose in iscena lo spartito, e non ho dimenticato una sola delle varietà di colorito eli’ egli esigeva. Anche il movimento dell In mia mano alfin tu sei, è alquanto precipitalo } ed alquanto caricata trovai la banda nel primo largo dell introduzione} quella soave melodia del clarinetto e flauto. dove il pezzo riparte dalla dominante per riposarsi di nuovo sulla tonica, resta quasi interamente sagrificata. Se la non si sapesse tradizionalmente a memoria. sarebbe impossibile riconoscerla e comprenderla. Anche i clarinetlini della banda sono alquanto garruli e sproporzionali alla massa complessiva. che è pur assai bene combinala: essi urtano principalmente, nella marcia che si accenna di dentro dopo il primo tempo della cavatina di Pollione. In generale anche negli accompagnamenti T orchestra pose maggior cura che non suole a non coprire le parli cantanti. Non è già che si ignori avere diritto il cantante ad essere accompagnato assolutamente pianissimo: ma per solfito non si vuole darsene cura: e qualche piccola menda si notò anche in questa circostanza, principalmente nelle viole nel primo tempo del succitato duetto In mia mano alfin tu sci. ove suonano molto più forte di quello che abbisogna, come pur anche i corni nella cavatina di Norma sotto il verso Del fido amor primiero, nel (piale cadono le note più deboli della Montenegro, e restano in tal modo soffocate del tutto} e posto che per puro amor d arte stiamo notando questi piccoli nei, 1 che anche nel minore che precede di l’ò r uisotto crescendo timo grai lamentoso movimento dei violini una note specie di gemito del corno, colle sincopate Si, Si, Do, Do, eco., che per essere lo stromento accordato in Ih, corrispondono alle note scritte, Sol, Sol, Labemolle, La bemolle: voglio dire che anche queste sono sonate troppo forte o meglio sia le due prime, poiché il La bemolle, con tutta la buona volontà di emetterlo più sensibile, rimane nota mutissima per natura dello stromento, e da ciò appunto ne vien disproporzione: mentre tutte quelle note devono avere una tinta sommessa e gemente sempre uguale, il che non si può ottenere se non repriinondo molto il Sol. A questo modo soltanto si otterrà ch’ei pareggi il cupo La bemolle che gli succede, e renda in tutta la sua sommo concetto di Bellini. integrità ’liberto Mazzucato. VARI ETÀ LA SONATA PER PIANOFORTE Istoria baslevolmcntc curiosa si è quella della sonata di clavicembalo e di piano. Ma, che nessuno prenda abbaglio, è pressoché l’intiera storia della composizione applicala all’uno c all’altro. Il regno della sonala fu il più lungo di talli i regni. Quell’ideale, che tanti moderni conquistalo!! sognato aveano negli eccessi della febbrile loro ambizione, gasila brillante chimera che un Luigi XIV, un Carlo XII, un Napoleone seguivano cogli ardenti loro desiderj, la monarchia europea, lo credereste? è la sonala, la semplice e modesta sonata che questo bel sogno venne realizzando. Durante più d’un secolo l’assoluta sua dominazione si estese sul mondo incivilito. Ora religiosa, ora profana, la sonata scorreva dalla chiesa al concerto, dalle sale al chiostro. Fumavano gl’incensi, l’oro giuocavasi, tutte le acclamazioni rimbombavano dappresso all’idolo. Ahimè! sciamava l’onesto Bourdelot nel suo ascetismo musicale, ohimè! eccola persino sugli altari!... Povero Bourdelol! cento anni dappoi, la sonata gli avrebbe fatto perdere la lesta. Imperciocché, a’suoi tempi, soltanto Haèndel e Bach cominciavano ad apparire; e voi sapete qual diluvio di sonate ha coperto il mondo, da que’ venerabili patriarchi lino a Beethoven, flammei c Weber. E quante diverse maniere non cambiò la sonala di mano in mano! Invariabile, quasi dalla prima origine, nella sua forma generale e nella sua divisione, permise quindi ad ogni specie di siili d’illustrare successivamente la lizza ch’essa schiudeva loro d innanzi. Avvenne come d’un circo indisirutlibile, ove combatterono c ruppersi diversissime penne. Le scuole di tulli i paesi vi spedirono infiniti rappresentanti. Ava i, per vero dire, ne’ destini della sonata un’ombra di fortuna di quell’elcrna Roma, che vide passare nel suo recinto tanti c tanti popoli senza ch’olia abbia mai soccombuto. Simile a Roma, ebbe la sonala anche in Francia un momento fatale, in cui si trovò improvvisamente oscurato l’antico suo splendore. L’invasione di alcune forme capricciose rapì lo scettro della moda; tutti la neglessero, le volsero le spalle. Ma la disgrazia non durò che un solo istante. L’ora della risurrezione venne per la sonala, ed ora la giovine scuola de’ pianisti compositori s’adopera a ricostruirle un piedestallo. Ed ecco: la semplice parola di sonala avrebbe dato, dieci o quindici anni indietro, delle vere nausee alla fashion cose di classico pianistica. Una sonata! chi vi bada? Ma è rococò, parrucca!... Piacevole ritorno delle quaggiù! Non è ora manifesto che questo più non disgusla affatto? Come questo rococò s’è ad un trailo adornalo delie grazie dell’adolesccnza! Vedi come le giovani leste inorgogliscono adesso della tanto spregiala parrucca! No, più alcuno non dice: Sonala, che vuoi tu da me’! E la sonata che dice: signori da me che volete? - Ciò che, vogliamo, bella sonala, ognor giovane, vera Ninon cui 1" dà non si mostra! Ciò che vogliamo! Nè In lo indovini? No* vogliamo qualche cosa che troppo non sia divenuta antica, ora che tulio invecchia sì presto: qualche cosa che vaglia a risvegliare questo povero pubblico, intormentito dall’oppio dei notturni e dalle melodie che non sono melodie, c dalle romanze senza parole del pari che senza canto. Qualche cosa che possa combattere l’incubo perpetuo delle fantasie, dc’capricci, e soprattutto quelle lezioni di sludi che «piasi più non si producono, minaccevoli falangi! se non in numero di cinquanta, di cento alla volta. Ciò che noi vogliamo da (e prediletta sonata? noi vogliamo la tua inesauribile popolarità, un nome consacralo dai più gloriosi falli che precedettero. Una nobiltà di quasi due secoli: illustri alleanze con gii Haydn, i Mozart, i Clementi, gli Sleibell, Dusseck, c Dio sa quanti altri: forme perfettamente appropriate ai vari caratteri del pensiero musicale; tutto ciò tu possiedi, deliziosa sonata. Noi ti vogliamo, t’amiamo, l’avremo, ti sposeremo. E ciascuno a sua volta la sposa, imperciocché la sonala è di buona pasta. Ma tutti non riedono gagliardi e ben disposti. La sposa è della tempra di madama Barbe-Blcu. Negli erculei amplessi suoi essa soffoca più d’uno tra gl’imprudenti fidanzali. Pace sia dunque alle sue vitiime: non pensiamo che a festeggiare i successi de’ suoi più felici favoriti. G. M. {NOTIZIE MUSICALI DIVERSE — Milano. ìYuove pubblicazioni. - L’Editore Antonio Locateli! ha testé pubblicate le 6, 7, 8 e 9 puntate del Compendio Storico-Filosofico della Musica di Fétis. corredandole dei ritratti di Jumelli, Cimarosa, Haydn c della Pasta, di varie tavole con istromenti indiani e di calcografìe con segni della notazione Lombarda del IX c X secolo, della notazione Sassone dal IX al XII secolo, colla canzone degli antropofaghi, col Bolero c con un pezzo a quattro voci di Benedici, In Josquinum a prato musicorum principe-m, Monodia. - Questa importante pubblicazione che presenta alla letteratura musicale d’Italia una delle migliori opere ultra montane, arricchita da curiose tavole, da nitide incisioni ed ampliala da un’appendice e da annotazioni, possa avere quel compiuto successo che sotto ogni riguardo si merita! — All’eletto lavoro di Mandanici, sì conforme all’espressione del toccante saluto alla Madre d’Iddio, l’editore Ricordi fece succedere l’./re ’Maria di Donizctli, pezzo che a Vienna nello scorso inverno in uno dei concerti spirituali eccitò profonda sensazione quando anche fosse eseguito in confronto de’capolavori di Mozart, Beethoven c Cherubini, e le cui patetiche melodie e terse armonie quanto prima devono risuonare al teatro della Grand’Opt’ra a Parigi in unione al tanto decantato Miserere del)’istesso instancabile compositore lombardo che vuoisi abbia pure or ora assunto b impegno di scrivere per quel massimo teatro francese una nuova opera intitolata Jeanne la Folle, poesia di Scribe. — Roma. All’accademia filarmonica z che fra le private istituzioni musicali occupa eminente posto e non di rado offro abbastanza lodevoli esecuzioni de’ più acclamati spartiti teatrali, nelle sere degli 11, 13 e 15 passato dicembre sotto la direzione del maestro Bornia, da 120 parli fra accademici, dilettanti e professori si esegui niente meno che il Mabucco del maestro Verdi. La Baronessa Fhurman (Abigaille) nulla lasciò a desiderare, come pure la signora Misticclli, il tenore Marconi ed i bassi Bartolueci e Balzar. I cori e l’orchestra assai si distinsero. Se nella vostra Milano, la più opulenta delle città d’Italia, alla fine si potesse coordinare una Società filarmonica quanto utile e diletto ne deriverebbe a’numerosi nostri dilettanti e professori; una accademia filarmonica apporterebbe in Milano un’era novella per la musica. Quali’altra città mai n’è sprovveduta? O (Da lettera} — Torioo. La Casa disabitata del maestro Lauro Rossi, il degno condiscepolo del lagrimato Bellini, mercé le rilevanti Jinodilicazioni cd aggiunte introdottevi dal eh. autore ora presenta un insieme tale da poter competere co’migliori spartiti buffi della giornata, di cui pur troppo avvi grande penuria. Al Solerà la Casa disabitata fu rappresentata sodo favorevolissimi auspicj. — Ferrara. Il violinista Bignami (direttore dell’orchestra ili Cremona) fu assai festeggiato in una serata offerta dalla benemerita nostra Società filarmonica. Le difficili variazioni ed il brillante rondò eseguite c composte da questo preclaro cultore della musica fermarono l’attenzione degli spettatori. — Parigi. I pianisti che sono, o si credono, di pi ima forza avrebbero ad acquistare la nuova fantasia di Liszt sul Don Giovanni che da taluno vico proclamata siccome il capolavoro del colossale taumaturgo del pianoforte (1). — Si aspetta impazientemente li pubblicazione del Capriccio di lìialberg sulla Semiramide, pezzo già qui favorevolmente conosciuto per l’incantcvid esecuzione del sommo autore. — Un’importante adunanza si tenne non ha molto a Parigi, presso il signor Adolfo Sax. Onesto giovine ed abile artista, il cui talento incontrastabile suscitò fino a questo punto tante ingiuste opposizioni, aveva riunito presso di sé parecchi giudici competenti pcr sonunettere al loro esame disinteressalo i diversi strumenti di sua invenzione che già tanti nemici gli concitarono. I signori Meycrbecr, Sponlini, Berlioz, Kastncr, il generale Rumigny, e molli compositori c distinti giornalisti intesero con vivo interesse il clarinetto-basso, il clarinetto-soprano perfezionali da Adolfo Sax. La tromba (lutile, la tromba a cilindri, di cui il signor Al ban fe’ conoscere la brillante sonorità, la tromba basso, la tromba-contrabasso, e soprattutto il saxofono, vera creazione di genio, furono uditi con ammirazione dallo scelto uditorio. Non è permesso che alla malevoglienza mettere ora in dubbio le qualità di lutti questi istromcnti. sian nuovi, sian solamente perfezionati. La grande approvazione ottenuta da Adolfo Sax in questa sessione, deve cancellare agli occhi suoi, come agli occhi di ogni giudice imparziale, i dubbi oscuri emessi dall’animosità e dall’invidia. (1) Questo pezzo travasi in lavoro presso Iticordi per esser in breve pubblicato insieme a due altri pezzi di Liszt sopra molivi di Glinka. =^oi