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— 402 — farà de’ progressi, e ne ha anzi già falli anche in questi pochi mesi. - Non so perchè nella cavatina di Bonnivet abbi trattate a foggia di recitativo le due prime strofe Nome celando c spoglie- La stretta del duetto tra i due suaccennati mi piacque assai; le due voci si combinano tanto bene assieme e con un fare sì nobile! - È una assai bella cosa anche, mio bravo Winter, ad aver la fortuna di tenere a tua disposizione sempre pronte e fresche le cabalette, questo scoglio della fantasia de’ maestri. Le tue dal più al meno son tutte belle. Eccone qui un’altra di bellissima, quella della Riva-Giunti: e cosi ben condotta in tutta la sua non ordinaria lunghezza! Siccome però questa è in tempo ternario, hai fatto male a farla precedere dall’adagio Oro, gemme, pure in tempo ternario.Preceduto da un tempo pari il secondo tempo dispari avrebbe spiccato maggiormente. - Il finale primo è condotto con qualche artifizio; le idee però non sono nuove: ho a lodarti del rimanente perchè nemmeno nei pezzi concertati hai fatto abuso e (piasi neppur uso di tutti gli spietati gridi di moda, c di quelle note martellate, sussultorie c cannoneggiale. - Nell’aria di Bonnivel notai quella sevcro-gcntilc idea di quel coro interno. E nuova c caratteristica. - Il duetto che segue tra Clarice e Bonnivct non ha bisogno, credo, de’ miei elogi, perchè tu abbia ad assicurarti che è bello, bellissimo. Per (pianto la tua singolare modestia e la diffidenza di te stesso abbassino a’ tuoi occhi il merito del tuo lavoro, non potranno accecarli a segno di non vedere che in questo hai cólto perfettamente nel segno. Quale gentilezza d’idee! come schei za ed aggirasi gentile l’accompagnamento del lungo parlante’, e la bella originale idea del poeta nel proporre per pochi versi la cabaletta, poi interromperla dal rumore dei Franchi, per poi riprenderla, come I hai ben resa! Questo pezzo mi ha tocco, ed è in vero a mio gusto il migliore dell’opera, ed il più originale: quello infatti dove si svela più netto l’istinto della tua bella vena melodica. - Quantunque non molto dall’uditorio apprezzata, trovai buona la stretta di quest’atto secondo, cd in questa principalmente rinvenni degno di elogio il solo di Clarice che. batte sempre su quella diminuita. Anche questo è nuovo. - Mi fu detto che il primo coro del terzo alto fu composto in pochissime ore. Scusa la mia sincerila, ma è facile d’accorgersene. - 11 duetto tra Clarice c Terreno è posto da alcuni tuoi ammiratori per merito di composizione cd invenzione al dissopra dell’altro che prima lodai. Trovo anche questo buono, massime nel primo tempo si bene c largamente idealo, ma amo di più l’altro. Motivo di questa mia predilezione sarà forse la mia giurala antipatia al genere gridalorio. - Spero che toglierai nelle successive rappresentazioni quelle ultime fioriture nella preghiera di Clarice: sono di cattivo gusto, troppo lunghe, mancano di grandezza, ed in conseguenza non convengono al triste e severo quadro della situazione, meno ancora ai mezzi della Riva-Giunti, (ìli ultimi bei versi.1 le verrò bell’angelo racchiudono pure della musica piena di passione; ma, lascia che le lo ripeta, un po’ troppo stentorea, per non dire urlante, per una povera avvelenata, fiaccala agli estremi da sì tremenda e lunga agonia. Questo si è uno de’disgraziati, ma d’altronde rarissimi momenti, nei (piali hai voluto sacrificare alla moda. Ti compatisco però, come ho scusalo, anche prima di le, il nostro bravo Lauro Rossi; poiché i begli acuti della Giunti sembrano perfino giustificare questi slanci d un gusto sì falso. Del rimanente anche la signora Giunti, che non ti fu per verità nè fedele nè mollo calda interprete nel primo alto, negli altri due s’elevi» ad una bella altezza, c sostenne il suo non facile personaggio con verità, passione e somma intelligenza, e più ancora con rara nobiltà non sì facilmente attendibile in una distinta buffet, quale finora crasi a noi presentata. L’Antonelli ha una parte, che in certi momenti apparisce troppo pesante pe’suoi mezzi; ma egli è d’altronde sì accurato e zelante, che il pubblico fece assai bene a rimunerarlo d’applausi. Egli è inoltre un cantante che, sebbene poco ricco di mezzi vocali, fraseggia con qualche eleganza: aggiungi che sa prendere fiato in tempo, e studia assai, cose assai rare a giorni nostri. Cosa dici di quel cannone vocale del sig. Fonti? È troppo pel teatro Re, ma non cessa d’altronde d’essere una cosa straordinaria. Che beila voce, sì tonante, sì estesa, cd allo stesso tempo pastosa cd intonata! Ma sembra pur troppo che natura troppo splendida nel regalarlo di sì potenti mezzi, sia stala alquanto avara nel fornirlo d’un retto talento per metterli in opera. Varrà lo studio dove non v’ha ricchezza d’istinto? - Speriamolo. Intanto io mi congratulo, e di cuore, c sincerissimamente, con le, mio carissimo Winlcr, e perchè hai scritto bene, e perchè scriverai meglio, c perchè il pubblico t’ha compreso cd applaudito. Hai avuta però una fortuna: ed è quella che il libretto del sig. I)clauzièrcs è veramente lodevole per dicitura, per semplicità cd eleganza del verso e della frase alla musica adottatissimi, per concisione c succosità di dialogo, nonché per una certa nobiltà nel trattare e caratterizzare le passioni, senza cadere nel comune e ncll’esageralo. Vi sarebbe qualche cosa a dire sul tessuto del dramma, ma chi si merita più scuse dei librettisti? lo infatti ritengo codesto uno dei migliori drammi lirici che la moderna fabbricazione ci possa offerire. Addio, mio simpatico compositore. Sii modesto, sì, anche per 1 avvenire, ma più fidente nelle tue forze; ne hai lutto il diritto. Giovedì 20 giugno. Il tuo Affezionatissimo Alberto Mazzucato. II. Gli Anglicani <11 Jleyerbcer al Teatro Auovo di Padova. (1) (Da Ietterà). Ben diceste, che ora mi si olire un bel campo per dirvi qualche cosa sull’esito dello spartito Gli Anglicani di Meyerbeer, che andò in iscena in questo nostro Teatro Nuovo la sera mercoledì 42 corrente. Se dovessi narrarvi il tutto per disteso, sarebbe un affare troppo lungo: quindi non mi limiterò che a far poche osservazioni intorno al pregio della composizione, ed alla esecuzione. Nella critica sulle composizioni di Meyerbeer, N. G, 8, il, 15, 1G, fu detto assai in questa medesima Gazzella, e giustamente detto. Ma siccome in qualche parte io non mi vi posso pienamente uniformare, così, qualche cosa aggiungerò di mio., op,D Gli Anglicani sono assolutamente un Capo-Lavoro, veramente degno di quel sommo fra i moderni scrittori. Esiste in questo magico spartito, un contrasto continuo, fra Immaginazione, Scienza e Filofofia, contrasto che mette nell’imbarazzo sulla scelta del primato. Tante sono le peregrine bellezze in esse profuse! La costante unità in mezzo alla continua varietà formano certamente il primo pregio di questo raro lavoro. Unità di stile, unità di soggetto, unità di caratteri furono i primi tipi che il nostro Autore si propose a modello. E qui, a dir il vero, è dove non posso pienamente convenire col citato critico. Che se giustamente Marcello viene paragonato ad Alice, nemmeno gli altri personaggi sono trascurati. Polentina per (1) Il nobile sig. Melchiorre Balbi, veneziano, cui dobbiamo i seguenti cenni, è distinto compositore, massime di musica ecclesiastica, oltre ad essere uomo collo nelle lettere e studioso cd ingegnoso matematico Egli ha fissato da più anni la sua dimora in Padova, dove tratta con largo successo l’arte musicale. Allievo del celebre Calegari, il sig. Balbi volle rendere omaggio alla memoria del suo istruttore, col pubblicarne la sua scuola, della quale il Calegari nulla aveva mai lasciato di scritto. Questa scuola è quella pubblicata nell’anno 4829 in Padova presso la tipografia Crescini, e che intitolasi Trattato del sistema Armonico di Antonio Calegari, maestro nell’insigne Cappella della Basilica di s. Antonio di Padova, proposto e dimostrato da Melchiorre Balbi Nobile Feneto con annotazioni ed appendice dello stesso. Questo libro trovasi pure vendibile dal Ricordi. - Veniamo lusingali dal sig maestro Balbi, nuovo nostro collaboratore, della più zelante coopcrazione al sempre più variato ed interessante andamento di questo (Giornale, che la Redazione va superba di vedere continuamente si bene accollo. Za Bedazione. esempio usa costantemente di un canto senza fioriture, vivo ed appassionato, e ciò in conformila alla sua posizione in vero pjj altamente terribile. Margherita ba un canto elegante ed in pari tempo dignitoso. Quello © I di Saint-Bris è vibrato e tronco, e così dicasi degli altri personaggi. Nell’assieme generale poi tutte queste parziali unità || tessono, come sopra notai, una magica va! rietà. - Chi legge i citati N. 45 e 46, può । formarsi una retta idea di quella varietà ’ continua, di cui questo poema musicale va fornito. Che se molti sono i pregi in esso! contenuti dal lato della parte recitata, non i i minore al certo è il merito della Slromentazione. Quante e qual! bellezze non vi si ritrovano! L autore approfitta dell’Orchestra j in un modo esclusivamente suo proprio, i per cui mostra essere di lei l’assoluto sovrano. Mio caro, troppo vasto è questo j giardino per cogliervi tutti i preziosi fiori de1 quali è adorno. Pure qualche cosa vo’ । j dire anche su questo punto. Per esempio la romanza di Raul, obbligala alla sola viola, desta un incanto soave ed affatto nuovo. Quella di Marcello, obbligata alla gran-cassa per imitare, parmi, i । colpi di cannone, ed all’ottavino per imitare il fischio delle palle, è fattura originale, i strana, e felicissima. Ma ciò che è veraj mente mirabile sopra ogni altro pezzo, si è la chiusa del quartetto nell’atto quarto. • I Nel detto pezzo St. Bris propone una bellissima melodia; in progresso viene que। sta ripetuta, variala, e sviluppata in una maniera quanto si può dire degna di Meyerbeer: dopo di che succedono alcuni episodj musicali, che più non ricordano ciò che l’autore propose fin da principio, i Ma che? - Date da St. Bris le opportune di_ sposizioni per 1 imminente strage, tulle le volontà si concentrano in una sola, e perciò in un generale unisono. St. Bris ripete la prima melodia, che acquista una indescrivibile forza mercè il concorso di tante vo1 ci, vo-1 dire dei tre Capi della congiura, del coro d’uomini, e di quello delle donne, sotto sembianze di giovanetti. Ma ciò non basta. Questo vigorosissimo unisono. esprimente, come dissi, una sola volontà, viene accompagnato da tutta F orchestra in maniera affatto nuova: cioè con una imponente continuazione di progressive gradazioni di forza dall’uno ali altro estremo grado, destante vivamente 1 immagine di un burrascoso flutto, che tutto sommerga ed affoghi. Condotta la frase musicale al suo compimento, non dimentica già F autore che questa è una congiura: dunque una nuova tinta dà al suo immenso quadro} egli è un pianissimo, espresso con voce repressa e profonda, mentre tutti accennano al motto convenuto., ed al silenzio^ quali basi del loro orribile progetto, partendo accompagnati da una stromentazione. che, del pari fioca ed oscura, sembra dileguarsi essa pure. e spegnersi poco a poco. Questo silenzio però non è egualmente osservato dal pubblico, che trascinato in un insolito entusiasmo prorompe immediatamente in uno scroscio s d’applausi. In altra mia, che ben tosto succederà alla presente, vi parlerò delle deplorabili mulilazioni, che si dovettero fare, parte per mancanza di qualche soggetto, e parte per $ abbreviare lo spettacolo. Farò cenno anche intorno all’esecuzione. che pur merita Wg encomio. Melchiorre Balbi. ftQè Padova., 47 giugno 4844. ffgiï