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- 99 — O-— O mai potesse avere un padre: poiché il maggiore (Enrico) si era distinto quale eccellente compositore, cantante, e pianista: il minore (Pietro) si era di già fatto un nome come celebre pittore: e la sua figlia Stefania aveva date non dubbie prove di uno straordinario talento. accoppiato ad uno spirilo e grazia impareggiabili. In tali crudelissime circostanze, che sventuratissima condizione è quella di non lasciare dopo di sè al mondo persona nel cui nome sperar si possa ancora di sopravvivere: egli dovette sentire lutta 1 amarezza del dolore,- ma grandissimo conforto gli era ancora serbalo nell affezione degli amici, che non erano pochi (i quali gli hanno in vero tenuto luogo di parenti), e nell attaccamento de suoi allievi che lo amavano come un padre. Alcuni mesi sono si ridiede all OpéraComitpie. Le délire-. Berton si fece portare alla prova, ma non potè assistere alla rappresentazione. Quella fu I’ultima volta che gli fu dato di uscire di casa, giacché da quel giorno in poi le infermità Io inchiodarono nella sua camera. Per una giustizia provveditrice la sua morte è stata cosi dolce come era dolce il suo carattere: la sua malattia lo trascinò alla tomba grado grado, e quando s’avvide che l’estremo momento s’avvicinava non fece conoscere ne spavento nè intolleranza, assoggettandosi con grande reverenza ai divini voleri. Domando egli stesso la visita dai quale ricevette soccorsi spirituali. Gli ultimi raggi d’un limpido giorno già presso all*imbrunire penetrarono nella camera del moribondo in quest ultimo istante, e la loro tinta vespertina rischiarò per I ultima volta il viso di quel venerabile uomo che dalle afflizioni della terra passava al premio d’uifaltra vita, non lasciando, dopo di fatiche, altra eredità alla sua tanti anni moglie ed suo nome. Ciò elle Berlo» è a’suoi nipoti clic la gloria del caratterizza Io stile musicale di la spontaneità. 1 abbondanza © delle melodie, ed una certa originalità di armonia, di modulazione e d istrumentazione. La musica di questo compositore (dice Fétis) ha un carattere d’originalità assai pronunciato. Quantunque egli conoscesse tutte le risorse delTarte sua. trascurava forse un po’troppo lo sforzo duna fatica penosa e minuziosa. Lavorava presto: e non cercava mai di nascondere la debolezza deli idea principale sotto la magnificenza degli accessorii. Se egli non avesse, come dicevasi, trascurato lo studio rigoroso dell arte, le sue opere sarebbero tanto stimate pel suo ingegno quanto sono ammirate per l’impeto della sua inspirazione. Ciò che distingueva Berton come artista e come uomo era la totale privazione di quel sentimento d invidia che fanno suscitare i successi e le glorie altrui. Aon si potè notare neppure in lui quell eccesso di amor proprio che termina spesse volte col degenerare in orgoglio smodato ed alterigia, che rendendosi sempre più baldanzosa per alcuni riportati trionfi fa giudicare con manifesto disprezzo dei lavori degli altri, aumentando di molto il merito dei propri’» Berton comprendeva ed ammirava le opere de’suoi rivali Ç; rendeva loro piena giustizia, ed era il primo ad applaudirle:, nè risparmiava d incoraggiare i tentativi dei giovani. fossero o non fossero suoi allievi. Nel giorno 26 aprile del corrente anno ebbero luogo i suoi funerali: furono c’elebeati colla pompa degna di un artista e di un uomo quale egli si era appalesato. In mezzo ad una folla considerevole. entro la quale si accavalcavano delle notabilità d ogni genere, ^li artisti dell Opera Comique e del Conservatorio si riunirono per eseguire nella chie.sa di S. Rocco una messa, composta di un Requiem di Deldevez. allievo del defunto, d’un Dies irne di Cherubini, e d’un dfgnns Dei di Bienni imi. Nel Pie Jesu il sig. Panseron ebbe la felice idea d introdurre alcuni motivi dell’opera Montano et Stéphanie-., le quali melodie celesti appena giunsero all orecchio degli uditori. le lagrime sgorgarono dagli occhi di tutti. L iniero pezzo produsse una grandissima sensazione. AH1 entrare del convoglio nella Chiesa, l’orchestra ha eseguita la marcia funebre di J irpinie. grand opera di Berton. Sulla sua tomba furono recitali cinque discorsi che la circostanza rese commoventissimi. Il primo dal sig. Raoul Rochelle, gli altri dai signori Panseron. Bureau.Dauclas ed Ehvarl. G. lì olitili. PROGETTO 7HA 1TÎI07A RIFORMA MUSICALE LV.il (Continuazione, Vedi il A. 18, 19 e 20). le Se non risposi prima al tuo graditissimo foglio del corrente, egli fu perchè non ne ebbi il tempo. Oltre solile mie occupazioni, nojosetle anziché no, mi venne, voglia di scrivere un po’ di musica, il che per l’ordinario succede (piando sento opere, nuove.. Conosco bene, che non più del mio progetto di riforma mi sarà di. vantaggio lo scriver musica; ma, che, vuoi? è I un bisogno: non so frenarmi; c malgrado abbia ornai perduto anche la speranza di vedere una mia opera sulle scene, pure di tempo in tempo il desiderio che già n’ebbi si risveglia, e m’obbliga a scriver qualcosa anche senza oggetto. Mi lusingo, non crederai questo un pretesto per farli sapere che non mi riterrei del lutto indegno d’esporre un mio lavoro alla critica: no, gli è unicamente per dirti la cosa come è, ed all’oggetto di scusarmi (eco del ritardo. Per venire ora al mio assunto, ti dirò in primo luogo, che non dee recar meraviglia se nel secolo delie invenzioni e. del progresso v’c chi pensa anche ad innovare qualche cosa in musica. Fra le bell’arti che abbelliscono la vita umana, darò piuttosto il primo che il secondo luogo alla musica, se non fosse altro per che serve d’occupazione, a preferenza delle altre, ad | un più gran numero di persone, sia per l’educazione della gioventù, alla (piale è ornai resa indispensabile, come per coloro che la professano: c più ancora pel sollievo che riceve il pubblico dalle opere teatrali, e dai trattenimenti in cui ha luogo la musica. Ora, se tanta parte, prende la musica nell’incivilimento attuale, vediamo intanto che nella maniera di,scriverla non v’è tutta la chiarezza, come dee convenire chi ha fior di senno, perchè non tentare di scriverla meglio? Equi cade, in acconcio il dire, che non trovo affatto opportuno il cambiar nome alle sette note! Sarebbe lo stesso, a mio avviso, che voler cambiare le lettere dell’alfabeto. Son tanto conosciute anche, da chi non conosce punto la musica, che servono ben sovente, a meraviglia per fare una sciarada; e poi la cosa si renderebbe impossibile da per sé, giaeche il professore non potrebbe mai adattarsi nare all’abbici della musica. a lortro.vo tampoco espediente ricorrere agli arabi per servirsi de’ numeri, e meno ancora del rigo di due lince di cui parla Kircher. Se mia innovazione può aver luogo nella maniera di scriver la musica si è quella, a mio giudizio, di dare un nome ai cinque tasti neri. Fino dal 1854 mi venne fatta la qpislione se nella scala in sol diesis terza minore, avendo- il fa doppio diesis, c dovendo per conseguenza sonare sol naturale, non fosse meglio scriver a dirittura sol. Non esitai a rispondere che, stante le cose come sono, bisognava pur scrivere fa doppio diesis, e sonare sol, poiché altrimenti non avremmo progressione di| scala, mancandoci il fa, ed avendo due sol di seguilo. Fu allora ch’entrai in pensiero di trovar modo per render possibile la supposta chiarezza di chi aveu fatta la quislione. Non andò mollo «he trovai questa possibilità nel dare un nome af tasti neri, scrivendoli però con note differenti. Non nc parlai perchè altre occupazioni c gravi pensieri di famiglia me ne han (fistollo, e poi anche perché pareami avesse un non so che di ridicolo il metter fuori un nuovi monosillabi. In novembre del 1812, (piando pensava a questo, mi si presentii (lenza del numero delle vocali coi progetto con de’ poco più, o nulla 1 idea della coim imi parve possibile, e ne diedi (osto cenno sulla Gazzella di Genova, e quindi sul Figaro di Milano. Erano scorsi due mesi appena da ciò, quando mi capitò alle mani un libro di musica in cui trovo espressa la mia idea coi monosillabi Ibi, Ilo, Tu, De, Va, e di cui un cavaliere Zindadago di Siena nc fu l’inventore fin dal 1770 circa. Non fu poca la mia sorpresa per la singolare coincidenza d’idee; e lungi dal darmi carico che avesse a potersi dire non mia l’inv unzione, mi confermai sempre più nel mio progetto, conoscendo da questo che non era solo in trovar poco esatta la nostra maniera di scriver la musica. Ad onta perciò di quanto possa dirsi in contrario, ho voluto scarabocchiare questi mici pensieri, e se non vien meno la tua costanza in leggerli, conto scriverne ancora parecebj per farti conoscere (pianto potrebbe farsi a questo riguardo, e prima di chiudere la presente (leggio dirli, che comcchè mia, e non però nuova F invenzione di dare un nome ai cinque, tasti neri, quella del celebre Zindadago non è che, un’ombra di (pianto esposi prima di conoscerla. Egli si contentava di chiamare, il do sempre do, fosse scritto più fusione maggiore di quella che abbiamo, vedendo la nota scritta in tante diverse maniere, il che non snolerà, termino pregandoti a non dimenticare chi t’ama. Addio. Genova f(> del 1841. Maurizio Sciorati. GAZZETTINO SETTIMA1IALE IH HILAM) — La seduta musicale di Giovedì ora scorso al Gasino della Nobile Società fu affollata più che d’ordinario. Prova sempre maggiore ed evidente dell’interesse clic i nostri (imqtort pongono all’udizione delle belle musiche. Tutti i quattro pezzi da noi già annunciati furono gustati assaissimo. L’Ouverture di Frcyschùtz però ha riportato il maggior trionfo. Vi destò un vero entusiasmo, dimodoché se nc chiese e se ne eseguì la replica. L’abilissima orchestra la interpretò con un fuoco ed un aplomb slraor dinarj. - Sembra che queste seduto non si riprenderanno che nell’agosto, a motivo’ della stagione troppo bruciante. — Domenica e lunedi al Re, l’Arditi, che come già annunciammo siede direttore di quell’orchestra, suonò tra gli atti del sempre applaudito Borgomastro, una graziosa sua composizione coi titolo Les Sonnettes demolir. Avvi in quel’pezzo dell’originalità, del fuoco e buono intendimento di effetti. Sono in ispecial modo lodevoli il primo tempo- andante, e le variazioni. L’ultimo tempo che si apre eoa una scherzevolc-grotlesca idea, combinata con un suono di campanelli, che saranno, crediamo, les sonnettes d’.dmaur, poteva essere meglio e più lungamente sviluppato. - Quanto all’esecuzione difficilmente potrebbe desiderarsi migliore. Intonazione perfetta, amabilità di suono, eleganza artistica e (pianto oteorre- coquette nel fraseggiare, formano le più belle cd incontrastabili dòti di questo giovane violinista, che promette di salire ben alto. Desidercrebbesi perù nell Arditi un po’ di minore abuso nel servirsi del talon dell’arco: si otterrebbe allora, ne sembra, più ïotondità di smino e più larghezza di fraseggiare. Anche In persona potrebbe sostenersi più composta. - Il martedì susseguente la Vigliardi, per sua serata, regalò il pubblico del Rondò della Sonnambula e di alcuni altri pezzi. Fu toccantissima anzi tutto nell’adagio del suddetto Rondò. - Al Re si attende pure la Clarice risconti nuova opera di Wèlter. — Alla Canobbiana jeri sera (lavasi, la Cenerentola. Nell’Accademia a profitto dell’istituto Filarmonico, che ebbe luogo martedì a questo; medesimo teatro, si notarono belle doli artistiche, garanti d’un lieto avvenire, nel basso sig. Blindili. — A.I Carcami vuoisi che si stia allestendo.Varia di Rohan. Possiamo veramente lusingarcene con qualche fondaménto?