Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/91

GAZZETTA ANNO II. domenica N. 21. 2’ Maggio i 843. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinali a comporre un volume in i.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figuralo si intitolerà AsDI MILANO • La musique, par des inflexions vives, accentuées. et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint toiis les tableaux, rend tous les objets, ■ soumet la nature entière à ses savantes imitations, • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir.» J. J. Roussejv. Il prezzo deH’associaziono alla Gazzetta e all’^ntolotjia classica musicale 6 di effett. Ausi. L. 12 per semestre, ed effett. Ausi. L. li affrancala di porlo fino ai confinidclla Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Oincnoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. I. Etimologia della parola Musica. - II. Bibliogiufia. Lo Stabat Mater di Rossini giudicato dalla stampa periodica francese ed italiana, ecc. III. - Caktkggio. Anonimo. 2. Parigi, s IV. Cenni Biogbapici. Giuseppe Lanncr. - V. Varietà’. Un’aria nuova di Rossini. - VI. Notizie Musicali Diverse. Vienna, Don Pasquale, ecc., ecc. ETIMOLOGIA DELLA PABOLA ( Dalla France Musicale ) 5 a voce musica provenne a noi dal >5 greco musile è, per mezzo del lattino musica. )!, composta in greJco dalla parola musa, la musa, olio deriva dall’egizio, e dalla greca desinenza, ikè., provenuta dal celtico. La parola egizia mas o mus, significa pro[inamente la generazione, la produzione o o sviluppo esterno d’un principio; vale a dire la formale manifestazione o il passaggio in fatto di ciò che era in. facoltà. Si compone della radice àsh, che caratterizza il principio universale, primordiale e della radice mà, esprimente tutto ciò che si genera, si sviluppa, si manifesta, s’accresce, prende una forma esteriore. As significa m un’infinità di idiomi, l’unità, l’essere unico, Dio, e mà s’applica a tutto ciò ch’è fecondo, produttore, generatore; vuol dire propriamente una madre. Pel tal modo il vocabolo greco mousa (musa) fu applicato ab origine, ad ogni sviluppamelo di principio, ad ogni sfera d’attività, in cui lo spirito trapassa dalla potenza all’atto, e rivestesi d una forma sensibile. Era nel più ristretto suo senso una maniera d’essere, come esprime il vocabolo latino mos. La desinenza ikè (iclie) indicava che una cosa era trasferita ad un’altra per similitudine, o che n’era una dipendenza, un’emanazione. Trovasi in tutte le lingue del nord dell’Europa questa terminazione scritta ich, ig o ick. Essa è legata al vocabolo celtico aik,che vuol dire uguale, e tiene della radice egizia ed ebraica àch, simbolo dell’identità, dell’u2 guaglianza, della fraternità.?. Se, dietro all’etimologia che abbiam | data alla parola musica, si toglie il senso h esteso che gliEgizj tenevano aderente alla sua radice, e che i Greci medesimi hanno ritenuto in origine, sì durerà minor fatica a concepire i sensi diversi sotto i quali questi ultimi han prese le loro muse, e l’universale influenza che hanno essi attribuito alla scienza che particolarmente le designava. S’intenderà facilmente perchè riguardavan essi tutte le arti imitatrici siccome un’appartenenza alla musica, poiché, secondo la significazione di questo vocabolo, tutto ciò che serve a produrre esternamente il pensiero, e d’intellettuale che era, lo rende sensibile e lo fa passare dalla potenza in atto, rivestendolo di una forma propria, ad esso apparteneva. Sembra che gliEgizj non avessero che tre muse: Melete, Mueme, Acede: vale a dire quella che genera o produce, quella che conserva od indica, quella che idealizza o rende comprensibile. I greci ne accrebbero il numero fino a nove, vieppiù distinguendo i loro attributi. Le dissero figlie di Zeus e di Mnemosine, cioè dell’ente eternamente vivo e della facoltà memorativa, e le chiamarono: Clio, quella che celebra; Melpomene, quella che canta le gesta degne di memoria; ’l’alia, quella che espandesi, che cerca il diletto; Euterpe, quella che rapisce; Tersicore, quella che si compiace della danza; Erato quella che ama; Calliope quella che racconta le gesta grandiose; Urania quella che considera il cielo; Polinnia quella che spiega le arti differenti. Le nove muse riconosceano per capo Apollo, il generatore universale, e prendean talora per guida Ercole, il signore o il padrone dell’Universo. Siccome i moderni han da lungo tempo separata la musica propriamente detta dalla scienza musicale in generale, io segno il loro principio su questo punto e considero la musica come quella parte della scienza che, per rendere sensibili i concetti intellettuali dell’uomo, impiega esternamente due elementi costitutivi, il suono ed il tempo prendendoli, l’uno per materia, l’altro per regola della forma ch’ella loro presta col mezzo dell’arte. Ma il suono, come prodotto del corpo sonoro, non è apprezzabile all’orecchio dell’uomo che per le vibrazioni che comunica all’aria, secondo certi calcoli dipendenti dal numero; egli non acquista le proprietà melodiche ed armoniche, vale a dire non s’eleva e non s’abbassa nè procede dall’acuto al grave o dal grave all’acuto, che secondo certe proporzioni egualmente dipendenti dal numero; e il tempo non si misura e non produce il ritmo musicale, col di cui mezzo è regolala la durata di ciascun suono, se certe leggi di movimento che di’ esse dal numero; di i non se giusta certe leg dipendono aneli’esse dal numero; niera che il numero trovasi inerente dappertutto agli elementi musicali ed evidentemente è loro antei’iore e necessario perchè non esistono che in esso e non muovonsi che per esso. Ora, una cosa inerente, anteriore e sempre necessaria ad un’altra cosa è incontestabilmente dichiarata il principio d’una tal cosa. Il numero è dunque il principio della musica, e noi possiamo, mercè le conosciute sue proprietà, discoprire quelle del suono e del tempo relativamente a questa scienza. Lasciando peraltro alla tìsica ed alla metafisica l’occuparsi di ciò che concerne la loro essenza particolare od assoluta, tutto ciò che ci importa di sapere del suono in lui medesimo, è ch’egli si distingue dal rumore per mezzo di certi rapporti che pure nascon dal numero; imperocché come fu detto in un’altr’opera (Nozioni sul senso dell’udito) i rumori non sono realmente che la somma di una moltitudine di suoni diversi che si fanno intendere insieme e contrariando in certa maniera le loro ondulazioni; ed i suoni si discostano dai rumori e divengono di una natura vieppiù armonica a misura che il corpo che li produce è più elastico, più j omogeneo, formato d’una sostanza il cui j grado di purezza e di coesione è più perJ l’etto e più eguale; in guisa che puossi; c«nchiudere che un corpo è tanto più roj moreggiante quanto più è diviso in masse; ineguali di solidità e di contessitura, e tanto più sonoro quanto più s’avvicina; all’omogeneità. Dalle esperienze indicate nell’opera d’onde vien tolta questa asserzione risulta che l’udito umano s’apre innanzi al rumore, e che insensibilmente passando dall’enarmonico all’ai’monico o dalla diversità alla unità giunge al suòno. Siffatto pare essere in tutto l’andamento della natura. L’unità assoluta è il suo scopo; la diversità il punto di sua dipartenza; l’unità relativa, i suoi mezzi di riposo. I fisici che han calcolato il numero delle vibrazioni che forniscono i corpi sonori in un dato tempo, affermano che il suono più I grave che l’orecchio nostro può comprenI aere, è quello di un corpo che dà venti I vibrazioni per secondo, ed il suono più: acuto quello di un corpo il cui numero i di vibrazioni sale a quattro mila nello stesso spazio di tempo.