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benemerito clii pensa presentarle al nostro pubblico con riforme e correzioni; basta scorrere gli articoli riguardanti Bellini. Donizetti. la Pasta per convincersi die Fétis, nel render conto de1 musicisti italiani contemporanei, non diede sempre prova dell1 accuratezza da lui posta nel parlare degli antichi e della maggior parte di quelli delle altre nazioni. L‘ interesse della grandiosa opera del direttore del Conservatorio di Brusselles. oltre dalle già accennate appendici ed annotazioni, dall’editore italiano verrà accresciuto da una serie di pezzi musicali dei più antichi compositori lino a’nostri giorni, non che da una completa raccolta di strumenti di tutti i tempi e di tutte le nazioni. ed in fine da una Galleria di ritratti dei più celebri artisti e scrittori. Del modo splendido con cui il Locatelli intende adempiere alle sue promesse ed al suo proposto fan piena testimonianza i quattro eleganti fascicoli che abbiamo sotf occhio, ai quali sono uniti quattro figurini miniali di suonatori e d’istromenli indiani} otto pagine di musica con esempj di arie indiane, chinesi ed arabe} di canti deifi Abissinia. dell"’Armenia e delle Chiese greche, di una preghiera con parole del Corano, di un Inno ad Apollo colla semeiografia greca, di melodie russe e gallesi ed un canto del Re David, il tutto trascritto nella notazione ora in uso} ed i ritratti di Piltagora, Rossini, Mozart e Marcello, il quale ultimo meritava questa distinzione quasi a titolo di compenso della noncuranza in cui Fétis inavvertentemente ebbe a lasciarlo, avendo obbliato di farne menzione nel suo Compendio. Le zelanti cure del Locatelli e le ingenti spese da lui affrontate non dovrebbero mancare di esser favorevolmente accolte e debitamente rimunerale dal pubblico, perchè indirizzate ad illustrare e far tenere cara la più deliziosa delle belle arti, la musica, con cui a preferenza alla natura piacque confortare l’umana vita. L’Opera, di nitida edizione, sarà composta di quattro volumi di testo di circa 300 pagine cadauno, ed ogni quindici giorni uscirà un fascicolo contenente un ritratto, una tavola di strumenti, due tavole di musica e due fogli di testo al prezzo di L. 1. 50 Aust. Le associazioni si ricevono presso il signor Carlo Nicolini contrada di S. Pietro all’Orto N.° 890 e dai principali librai. ANEDDOTI In qual modo fu comporto I’Otello, da Hossivi. (Dal francese; Rossini giungeva a Napoli, preceduto da una grande riputazione. La prima persona che egli incontrò disccndendo dal legno fu, come non se nc dubita, l’impresario del teatro San Carlo, lìarlmja andò incontro al maestro colle braccia c col cuore aperti, e senza dargli neppure il tempo di fare un passo c di pronunciare una parola: — lo vengo, gli disse, a farti tre offerte, c spero che tu non ne rifiuterai nessuna. — Io ascolto, rispose Rossini con quel fino sorriso che voi conoscete. — lo t’offro il mio palazzo per te c pei tuoi servi. — Accetto. — T’offro la mia tavola per te e pei tuoi amici. — Accetto. — T’offro di scrivere un’opera nuova per me e — lo non accetto più. — Come! tu rifiuti di lavorare per me? — Per te e per tulli: io non voglio più scriver musica. — Tu sci pazzo, mio caro. — Egli è come ho l’onore di dirvclo! — E che vieni dunque a fare a Napoli? — lo vengo per mangiare dei maccarelli c per prendere dei sorbetti: sono la mia passione. — Io ti farò preparare dei sorbetti dal mio limonicre che è il primo di Toledo, ed io stesso ti preparerò dei maccaroni, di cui poi mi darai le notizie. ■— Diavolo! ciò comincia a farsi grave. — Ma tu mi darai in cambio un’opera. — Noi vedremo. — Prendi un mese, due mesi, sei mesi di tempo, come ti piace. — Vada per sei mesi. — Andiamo a cena. Nella sera stessa il palazzo ili Barbaja fu messo a disposizione. di Rossini; il proprietario s’ccclissò intieramente, ed il celebre maestro potè riguardarsi come in propria casa, e ciò nel più stretto significato della parola. Tutti gli amici, e persino i più lontani conoscenti che egli incontrava passeggiando, erano invitali senza complimenti alla tavola di Barbaja, di cui Rossini faceva gli onori con perfetta disinvoltura. Alcune volte, quest’ultimo si lamentava di non aver trovati abbastanza amici da convitare ai banchetti del suo ospite: appena uvea egli potuto riunirne con pene infinite, dodici o quindici: erano allora i suoi giorni In quanto a Barbaja, fedele alla parte di cuciniere clic s’era imposta, inventava tutti i giorni delle nuove vivande, vuotava le bottiglie più vecchie della sua cantina, c festeggiava lutti gli sconosciuti che piaccia a Rossini di condurgli, come fossero stati i migliori amici di suo padre. Soliamo, verso la fine del pranzo, con un’aria 1111 colai po’ leggera, con una destrezza infinita, c colle lahbra sorridenti, lasciava scorrere fra le pera ed il cacio alcune parole sull’opera clic si era fatta promettere, e sopra lo straordinario successo clic non Ma per quante precauzioni oratorie fossero adoperale dall’onesto impresario onde richiamare al suo ospite il debito che avea contratto, questi rapidi cenili, lanciati quasi a fior di labbro, producevano sul maestro lo stesso effetto delle tre formidabili parole del festino di Baldassare. Egli è perciò che Barbaja, la cui presenza era stata fino allora tollerata, fu pregato politamente da Rossini di non più comparire al (/esseri. Frattanto i mesi scorrevano, il libretto era da lungo tempo finito, c niente ancora lasciava travedere clic il compositore si fosse deciso di porsi al lavoro. Ai pranzi succedevano le. passeggiate, alle passeggiale le partile, ili campagna; la caccia, la pesca, l’equitazione, si dividevano le. ore del nobile maestro, ma non v’era questione della minima nota. Barbaja soffriva venti volle al giorno dei trasporti di furore, delle crispazioni nervose, delle voglie invincibili di fare, uno scandalo. Pure egli si conteneva, giacche nessuno più di lui avea fede ndl’incomparabilc genio di Rossini. Barbaja tenne il silenzio durante cinque mesi eolia più esemplare rassegnazione. Ma alla mattina del primo giorno del sesto.mese, vedendo che non v’era più tempo da perdere, nc riguardi da conservare, prese da un lato il maestro, ed incomincio il seguente discorso: — Qua dunque, mio caro, sai tu che non mancano più clic Ventinove, giorni all’epoca fissata? — Qual epoca? disse Rossini eollò stupore (l’un uomo, al quale venisse rivolta per isbaglio una domanda incomprensibile. — Il 50 maggio. — Il 30 maggio! Medesima pantomima. — Non ni’ hai tu promesso un’opera nuova che deve andar in isccna quel giorno? — Ah! io ho promesso! — Non si tratta di far il meravigliato! gridò l’impresario la cui pazienza era esaurita; io ho attesa la dilazione di rigore contando sul tuo genio c sull’estrema facilità di lavorare che Dio t’ha concessa. Ora non posso più aspettare; io ho bisogno di quest’0pera. — Non si potrebbe aggiustare qualche Opera vecchia cangiandone il titolò? — Vi pensi tu! E gli artisti che sono scritturati espressamente per agire in un’Opera nuova? — Ebbene, li metterete all’ammenda. — Ed il pubblico? — Voi chiuderete il teatro. — Ed il re? — Date la vostra dimissione. — Tutto ciò ò vero fino ad un certo punto. Ma

  • se nò gli artisti, ile il pubblico, nò il re stesso possono

costringermi a mantenere le mie promesse, io ho data la mia parola, signore, e Domenico Barbaja non ha mai mancato alla sua parola d’onore. — Allora la cosa c differente. — Cosi tu mi prometti di cominciare domani. — Domani ò impossibile; io debbo andare a Fusaro per una partita di pesca. — Va bene, disse Barbaja seppellendo le mani nelle, tasche del suo abito, non parliamone più. Vedrò qual partito dovrò prendere. E s’allontanò senza aggiungere una parola. Alla sera Rossini cenò d’ceecllentc appetito, è fece onore alla (asola dell’impresario da uomo, che avea perfettamente obbliala la disputa del mattino. Ritirandosi, egli raccomandò al suo domestico di risvegliarlo alla punta del giorno e di tener (ironia una barca per Fusaro; dopo questo egli si addormentò nel sonno del giusto. All’indomani il mezzogiorno suonava col mezzo delle 500 campane possedute dalla felice città di Napoli, ed il domestico di Rossini 11011 era ancora salito dai suo padrone; il sole dardeggiava i suoi raggi attraverso le persiane, c Rossini, svegliatosi di sopra salto, si solleva a metà sul suo letto, si frega gli occhi e suona: il cordone del campanello gli rimase fra le Egli chiama dalla finestra che metteva sul cortile: il palazzo resta mulo come, un serraglio. Egli scuote la porla della sua camera; la porla resiste alle sue scosse; essa era murala al di fuori. Allora Rossini ritornando alla finestra si mise a urlare: al soccorso: al tradimento: all’agguato! Egli non ebbe neppure la consolazione, di udir l’eco rispondere alle sue grida; il palazzo di Barbaja era l’edificio più sordo del globo. Non gli restava più che. una risorsa, od era di saltare dal quarto piano; ma bisogna confessarlo a lode di Rossini, che questa idea non gli venne neppure pel capo. Dopo una buona mezz’ora, Barbaja comparve col suo berretto di cotone ad una finestra del terzo piano. Rossini, clic non aveva abbandonata la sua finestra, ebbe voglia di lanciargli una tegola, ma si contentò di coprirlo, d’imprecazioni. — Desiderate qualche cosa? gli chiese l’impresario con voce melata. — lo voglio oscire all’istante. — Voi sortirete quando avrete finito l’Opera. — Ma questo è un sequestro arbitrario! — Arbitrario fino clic volete, ma io ho bisogno d’un’Opera.. — Io me nc lamenterò con tutti gli artisti, ed allora vedremo. — Io li porrò all’ammenda. — Ne informerò il pubblico. — Io chiuderò il teatro. — Andrò dal re. — Ed io darò la mia dimissione. Rossini s’avvide d’esscr stato preso ne’ suoi lacci. Cosi, da uomo supcriore, cangiando ad un tratto di tuono e di maniere, disse con calma: — lo accetto lo scherzo, c non vado in collera; ma posso sapere quando mi sarà restituita la libertà? — Quando mi sarà rimessa l’ultima scena dell’Cipero, rispose Barbaja levandosi il berretto. — Va bene; mandate questa sera a prendere la sinfonia. Alla sera si rimise puntualmente a Barbaja un quinterno di musica sul quale era scritto a grandi lettere: Sinfonia dell’(Hello. Il salon di Barbaja era pieno di celebrità musicali, quando ei ricevette questo primo invio del suo prigioniero..Mise mano tosto al pianoforte, si decifrò il nuovo capolavoro c si conchiusc che Rossini non era un uomo, ma che simile a Dio egli creava senza fatica c senza sforzo, pel solo atto della sua volontà. Barbaja, quasi pazzo di gioia, strappò il pezzo dalle mani degli ammiratori c lo mandò alla copisteria. AIl’indomani egli ricevette un nuovo quinterno, sul quale si leggevà primo ulto dell’Otello; questo nuovo quinterno fu inviato egualmente ai copisti, clic adempivano al loro dovere con quella passiva obbedienza a cui Barbaja li avea si bene avvezzati. Dopo tre. giorni lo spartito dell’Otello era stato consegnalo e copiato. L’impresario, 11011 potendo frenare i trasporti della sua contentezza, si gettò al collo di Rossini, gli fece le scuse, più commoventi e più sincere pcllo stratagemma clic era stato costretto d’impiegare, e lo pregò di terminare l’opera assistendo alle prove. — Passerò io stesso dagli artisti, rispose Rossini con un tuono affatto tranquillo, e farò loro ripetere la parte. In quanto ai signori dell’orchestra io avrò l’onore di riceverli presso di ine. — Ebbene, mio caro, tu puoi intendertela con essi. La mia presenza 11011 ò necessaria, ed io ammirerò il tuo capolavoro alla prova generale. Ancora una volta, io ti scongiuro di perdonarmi il modo con cui t’ho trattato. — Neppure una parola di più a questo riguardo, od io vado in collera. — Cosi dunque alla prova generale? — Alla prova generale. Il giorno della prova generale arrivò alla fine; era la vigilia di questo famoso trenta maggio, che aveva costalo al Barbaja tanti trasalimenti. 1 cantanti erano al loro posto, i suonatori occuparono l’orchestra, e Rossini s’assisc al cembalo.