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1 del dolore sono con tanta estetica sapienza | adoperati e con tanto gusto drammatico che, anziché intiepidire. Fazione aggiungono i colore e prestano favella al muto sceneggiare dell’attrice. Se non in tutto, almeno in parte, fu primo a rompere l’abitudine delle arie poste a beneplacito dei cantanti, non secondo la necessità del dramma, dei rondò sempre posti alla line dell’opera, dei pezzi concertati posti, volere o non volere, sempre al finire de’ primi atti. Il terzetto con cui termina Fatto primo della Norma fu come una stravaganza, come una novità per il nostro pubblico uso da tanti anni ad udir sempre un pezzo concertato a pieni cori. Da una tale formalità egli medesimo non seppe svincolarsi che nella Norma. Ultima delle prerogative di Bellini che vogliam ricordare fu quella di aver saputo con tanto magistero distinguere i varj generi drammatici che dall’uno all’altro nuovo lavoro più non si deduceva l’autore-, nel che se non erriamo, superò lo stesso Bossini, che a tutte l’opere sue infuse certo colore, che ai primi tratti palesa immediatamente la facoltà generatrice. Nella Sonnambula di Bellini all’incontro mal si conoscerebbe Fautore del Pirata. come nel Pirata non si ravviserebbe l’autor della Norma, come dalla Norma non si conoscerebbe quello dei Puritani. A tutti questi spartiti impresse tale diversità di carattere che l’uno non può dirsi fratello dell’altro se non a certa tinta melanconica, soave e piena d’espressione che distingue le melodie belliniane da tutte quelle degìi altri maestri, perchè fu la morale individualità del loro creatore. A rendere completo questo nostro ragionamento, poiché si è parlato dei pregi, dovremmo ora far menzione anche dei difetti,• ma perchè già più volte ne fu ragionalo in questi fogli noi ne taceremo, e darem fine alle nostre parole, soggiungendo che se ad alcuno potessero sembrare dettate da uno spirito di parzialità, o pregiudicate dall’amor nazionale, potremmo a nostro conforto recare la testimonianza di più d’uno scrittore straniero, a cui se furono aperti i difetti del catanese compositore furon note non meno le belle sue qualità che in Italia e fuori gli meritarono la rinomanza del più favorito de1 recenti compositori d’opera italiana e del più celebre tra i successori di Rossini. Cosi vien egli qualificato nell’articolo biografico del Dizionario di conversazione, stampato in Lipsia nel 4858, opera europea, nella quale, se trattasi di musica con principi forse non abbastanza emancipati dalle alemanne preoccupazioni, si giudica però di Bellini con quella coscienza ed imparzialità che può desiderarsi, da chi scrive di cosa estranea ai gusti ed alle dottrine della propria nazione. Qui a proposito dei Puritani leggesi tra l’altro quanto segue. «Pec«cato che cotesta sua opera, la quale an«minziava un primo passo ad una nuova «strada, sia stata anche l’ultima. Che se «egli avesse potuto vieppiù inuoltrarsi «nella propria carriera musicale, se egli «avesse appreso a conoscere con magri giore profondità ciò ch’eragli rimasto «sconosciuto aldi là dell’Alpe, i gran mo«deili tedeschi ed italiani, Mozart, Bee«thoven, Gluck, Handel, Cherubini e, «sotto certi rapporti, anche Spontini, Bel«lini col severo sentimento che rilevasi «dalle sue creazioni, malgrado il barocco «ch’egli contrasse dal secolo e dall’eduv. cazione. Bellini sarebbe stato l’ingegno «che avrebbe fatto correre all’arte uno «splendido cammino. Così la morte lo «rapì nel bel mezzo de’ suoi sforzi e quasi «nel fiore della giovinezza. «La venerazione, prosegue l’articolo, in «che Bellini è tenuto in Italia è senza a esempio-, e quivi, corrispondendo egli «pienamente al genio, al gusto, ed alla 44 coltura artistica del paese, appare come 44 una specie di Rafaello della musica che 44 non si è consacrato che ai temi più no44 bili, rigettando tutto quello che gli parve 44 non degno. Un gran risultato ha sem44 pre una grande cagione essenziale,e que44 sto è pure il caso di Bellini, il cui ta44 lento fu notabilissimo, anzi potrebbe 44 dirsi unico nella sua maniera, ancorché 44 questa si potesse riguardare come un’a44 berrazione... L’entusiasmo de’suoi con44 nazionali volle innalzargli un monumento 44 per il quale contribuirono specialmente 44 ragguardevoli somme gli artisti melodram44 matici. G. Vitali. ACCADEMIA De’sicnori MWonnoré c Seligmantt ni llidotto dell’I. It. Teatro alla Scala la sera del 21 aprile. I pubblici concerti a Milano, allorché non si tratta di qualche celebrità europea, riescono assai freddi c sono pochissimo frequentati, in ispccie dall’alla società; quello però dato Venerdì sera a buon punto servi di eccezione alla regola comune, per cui d‘ ora in avanti n’è lecito lo sperare che le ben combinate accademie, anche nell’opulenta capitale lombarda, potranno aver fortuna e meno scarso sarà il numero degli artisti che visiteranno la nostra città per farsi da noi ammirare e per averne premio corrispondente al loro merito. E bensì vero clic grande si era la curiosità da potersi in pubblico recar giudizio sopra Honnoré c Seligmann, i due sonatori i (piali in varii crocchi particolari cran già stati dichiarati sommi. Il volo generale fu consentaneo all’aspettativa. Leone Ilonnorc è un giovane pianista, allievo del Conservatorio di Parigi, di un’esecuzione elegante, corretta, granita, brillante, ora energica ed or delicata. Egli, a nostro credere, può esser collocalo fra Thalberg c Dòhler, del primo de’ quali ha minor imponenza e meno finitezza, e del secondo più chiarezza c meno foga ed arditezza. Fra i pezzi da lui fra le acclamazioni unanimi eseguiti si nolo una fantasia sulla Lucia di Lammermoor di Prudcnt, autore che, come Honnoré, nell’eseguire, qua c là non di rado lascia scorgere l’imitazione delle maniere delle due. or citate notabilità pianistiche. La composizione di Prudcnt, altro allievo del Conservatorio parigino, come la magnifica sulla Sonnambula di Thalbcrg. pure dall Ilonnoré interpretata, lodevolmente è basata più sull’effetto del canto clic su quello della difficoltà. Honnoré possiede modestia pari a bravura, che non volle prodursi in alcuno de’ svariati suoi studj o nel suo vivace valtz. Il nome di questo sì valente pianista non può tardar molto a risuonar celebrato in Europa. Ciò che ora si asserì dell’Honnoré può essrc pure applicato all’abile suo compagno Seligmann, il quale qui giunse preceduto da buona fama per aver dato varj saggi di sé nella capitale del mondo artistico e per essergli stali tributati elogj da quella Gazzella Musicale, in cui in un piccante articolo intitolato i Violoncellisti vien chiamato il vice-re della scuola francese c si esalta la sua poesia c l’espressivo suo modo di cantare sul proprio istromcnto c d’infondervi tutta la sua anima, c si aggiunge da lui desiderarsi che più spesso a più complicate difficoltà avesse a cimentarsi. Quanto il Seligmann operò fra noi corrispose pienamente a queste espressioni dell’egregio Blanchard c ben di rado il nostro pubblico potè rimanere tanto penetrato come a’ suoni maestrevolmente e con squisita morbidezza da lui cavati c tutti furono commossi dàlie melodie della Sonnambula, dell’aria della Mula di Portici interpolata al Capriccio sul Bravo, della romanza del tenore nell’cffetluoso Duo sulla Lucrezia Borgia di Wolff e Batta e dell’adagio del trio in la bemolle di Mayseder ove anche l’esperto nostro Cavallini si cattivò ealde lodi. Nel breve soggiorno fatto in Milano questo distinto violoncellista francese compose un aggradevole divertimento sopra alcuni temi del Don Pasquale (op. ó’2) pezzo in tulio degno del suo autore c del quale l’editore Ricordi fece acquisto insieme ad una raccolta di Studj. Diremo che le cantanti Rivaska e Borgognoni cd il tenore Jacohclli dopo ogni lor pezzo vennero da’ cor- | tesi spettatori applauditi, c termineremo colla gentile c signora Bertuccat, la deliziosa arpista, che per grazia, * soavità, dolcezza c facilita di maneggio non teine ri- e vali. Senza averla veduta cd udita non si può formare f una giusta idea del garbo, tutto a lei proprio nell’attaccare le corde e nel farle rispondere ad ogni più lieve tocco della sicura sua mano. /*. C. CARTEGGIO Firenze 13 Aprile 184J. Dopo le pioggie di Gori, dopo i plausi tumultuosi che nel teatro della Pergola lo scorso carnevale prodigavansi da due esaltate fazioni di fanatici ammiratori dell’agilità dell’esimia danzatrice Guzman l’una, delle grazie della elegante ballerina Frassi l’altra, si pervenne per opposito in quaresima ad una calma placidissima: talché in quel teatro stesso vi passaron tranquillamente, o se vogliam dirlo con gergo da camerino, vi passarono senza fiaschi e senza furori la Linda di Chamounix, la Lucrezia Borgia c Le due illustri rivali. Ma a rimuovere il pubblico da questo musicale apatisino giunse opportuno uno straordinario numero di Accademie, le quali intrattennero con piena soddisfazione gli amatori di questa bell’arte. fi già celebre arpista Bochsa pienamente confermò quella fama che di sé avea sparso nel mondo musicale, c che da più di venti anni era sino a noi pervenuta, lo che fu causa di una riconosciuta superfluità, se non vogliam dire ridicolezza di alcuni dei nostri giornalisti, i quali pretesero di anticipatamente raccomandare al pubblico con vani titoli, e colle solite viete forinole laudative il merito incontestabile di qnesto principe dell’arpa. Nelle tre accademie che egli diede in compagnia della dotta cantante raad. Bishop, ognuno ebbe da ammirare le bellissime composizioni del Bochsa, come i suoi felici improvvisi su temi ricevuti al momento, oltre la sua maniera di esecuzione animata da entusiasmo, c ricca di difficili cd eleganti passaggi, non ostante che ad alcuno sembrasse voler egli talvolta abusare della superior forza delle sue dita e della sua persona per dominar lo strumento. Il giovinè pianista Angeli riscosse pure i più sinceri suffragi degli uditori nelle tre Accademie clic egli offerse a colla società riunita nel piccolo teatro Stendiseli. Riconobbero tutti in questo artista un talento non comune cd una perfezione particolare, tanto nella esattezza, quanto nell’uso della sua forza sempre giustamente equilibrata fra le due mani secondo la contingenza dei casi, lo che porta ad una maniera di esecuzione variata, colorita, cd oltremodo piacevole. Per tali superiori qualità può esser l’Angeli considerato come uno delle maggiori speranze italiane in questo ramo dell’arte musicale quand’ci non cessi dai necessari studii, per cui soltanto è dato all’uomo di giungere ai gradi i più elevati in qualunque siasi facoltà. Altre varie accademie di minor conto vi ebbero, ma come di avvenimenti comuni ed ordinari, di esse non vi farò parola abbcnchè incontrassero una qualche fortuna; soltanto vi dirò che tutte le nostre differenti società musicali diedero nella ormai scorsa quaresima il loro segno di vita, eccettuata quella che si intitola - Conversazione ÌHusicale - che sembra oggi essersi profondamente addormentala. E la ragione si è che tale istituzione proponeasi unicamente di riprodurre le classiche composizioni musicali del secolo precedente al nostro, e siccome lo spirito di quel tempo non è attualmente alla portata della più parte tanto degli esecutori come degli uditori, perciò non trovando essi in quelle produzioni dell’arte il potente svegliarino dei tromboni, ottavini, ofìcleidi, grancasse, tamburi, ecc., fin sulle prime giudicarono esser questa l’accademia del sonno, ed il fatto ora prova la giustezza dei loro giudizi, i quali però non concordano con quelli della minor parte, che, a dir vero, sono i migliori intelligenti. Fra tutte queste varie istituzioni quella che più d’ogni altra primeggiò fu la nostra Società Filarmonica. La mattina del 19 marzo vi ebbe una delle sue ordinarie adunanze, ove al solito accorse numerosa udienza. La magnifica ouverture del Guglielmo Teli con che si apriva il trattenimento fu clamorosamente applaudita e richiesta di una ripetizione. Il pianista Angeli con soddisfazion generale fece udire una sua bella fantasia composta sopra temi della Linda di Cluimounix, ò dietro le istanze del pubblico egli ebbe la compiacenza di eseguire i esercizio di Dòhler sul trillo, che già con somma per- t fezionc avea fatto sentire in alcune delle s demie. In questa medesima brillante mattinata ì cale il nostro giovine maestro Mabellihi riprodusse la |