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GAZZETTA MUSICALE ANMO II. DOMENICA N. 17. 25 Aprile 843. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in i.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AnDI MILANO • La musique, par des inflixions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, partantes, exprime toutes les pas• sions, peint Unis les tableaux, rend tous les objets,» soumet la nature entière à ses savantes imitations, • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. •./. J. Rovssbjv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e all ’dittologia classica musicale è diclfett. Ausi. L. i 2 per semestre, ed cITett. Ausi. L. 14 affrancata di porto fino ni confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — I.a spedizione dei pezzi di musica viene falla mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in còsa Ricordi, contraila degli Omcnoni N.° f"20; all’estero pressò i principali negozianti dj musica e presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati frenelli di porto. I. Schizzi Biografici. Vincenzo Bellini e le sue Opere. - II. Accademia de’signori Honnoré e Scligmann. III. Carteggio. Firenze, I’arigi. • IV. Notizie Musicali Diverse. - V. Dizionario Musicale CriticoUaoRisTico. SCHIZZI BIOGRAFICI VI.VI I.VZ» BEIXIM E LE SUE OPERE mlinuazionc e fine V. i N. i, fi, 8 e io) ’ero grande fu la perdita che l’arte fece in Bellini, non solo loàfcpel bene che già avevaie proSjSijocacciato, ma per quello ancora che avrebbe potuto recarle seguitando l’opera della sua mente. Siccome già avvertimmo aveva egli conosciuto che la musica era stata forviata da suoi naturali principj, quelli cioè di informarsi ai lineamenti della poesia, di vestirne lo stesso manto, gli stessi colori, e d’esprimere colla favella dei suoni l’indole e la passione della parola. Aveva egli compreso che anche alla musica potevano infondersi que’ diversi caratteri con tutte le loro moaificazioni che nei varj suoi generi dalla poesia si manifestano: vale a dire ch’essa pure poteva essere eroica come la Gerusalemme, sublime come un canto di Isaia, nobile come il Sanile, semplice come l’Aminta, patetica come un capitolo da romanzo, gaja come una commedia del Goldoni. De’ quali caratteri alcuni erano al suo apparire quasi sconosciuti, altri degenerati, altri ricoperti d’apparenze superficiali che mal celavano il difetto delle intime essenze. Il solo genere buffo avea veramente conservate le qualità sue primitive; gli altri, qual più, qual meno, tutti eran mascherati, guasti o deformati. Avevano in alcune parti progredito in altre quasi ad un tratto retroceduto. Bellini di grado in grado sempreppiù insistendo come più s’innoltrava nella carriera, venne compiendo que’ miglioramenti di cui buon frutto venimmo raccogliendo all’epoca nostra, altri verrau raccolti nelle produzioni avvenire; poiché s’egli è pur vero che la fantasia s’esaurisce col generare, l’arte, con somma pace de’vantatori degli ottimismi passati e presenti, si migliora col procedere. Alcuni esempi di questa verità veggonsi a’ di nostri: manca alle nuove opere la grande originalità, la verdezza delle immagini, l’impronta primigenia delle idee, t vieppiù s’accresce il colore drammatico, l’la comprensione del soggetto, l’ordinamento i j del piano, la verità dell’espressione, lo stu- i! dio de’ mezzi stromentali e degli effetti ar-: j mollici; e il pubblico va sempreppiù diventando censore inclemente della discrepanza del linguaggio musicale colla natura degli oggetti rappresentati quando poco innanzi quasi non vi faceva attenzione. Di | questo raffinamento del gusto pubblico gran: parte noi la dobbiamo all’opera di Bellini. | Abbiam già notato in queste pagine a quali condizioni si trovasse la musica all’epoca della sua apparizione. Il canto non era più (juella soave espressione della natura, quel1 antica melodia italiana che fu per più secoli la delizia di tutti i culti popoli di Europa, ma spesso un’arte di ’leggiadrie fatta per avvezzare la voce umana a vincere e superare le difficoltà e le astruserie degli strumenti. Egli lo ricondusse alla primiera sua natura ritornandolo alla natia sua semplicità, all’uso delle note lunghe, piane, insistenti, perchè il canto si piace della perseveranza dei suoni che colla continuità producono una maggior commozione nei nervi e viemmeglio giungono al cuore. I suoni che troppo celeremente si succedono oltrecchè d ordinario non hanno una esecuzione perfetta nè lasciano discernere un’orditura, un soggetto, non si convengono al canto perchè, dicon gli acustici, si confondono tra loro, e mentre producono l’ammirazione per l’agilità e fa bravura di chi li eseguisce lasciano gli animi degli ascoltatori Senza profondi sentimenti. Egli senti che, a ben colorire la musica, come il forte e il piano, è necessario di affrettare e rallentare i tempi secondo vuole la qualità e la frase della melodia, e quindi fece spesse volte, anzi quasi sempre, variare la misura a seconda del variare della frase poetica, dei trasporti drammatici, e degli effetti scenici. Egli, e in questo ne pare abbia fatta una scoperta tutta nuova, diede al canto quel medesimo chiaro-scuro che vien dato alla voce dalla pura declamazione: cioè alzò la nota del cauto quando un attore drammatico avria alzato il suon della voce, e lo abbassò quando il declamatore l’avrebbe abbassato. Il colore esimiamente drammatico, passionato ed espressivo della musica di Bellini sta in questo segreto, al quale vorremmo che ponessero mente tutti i moderni compositori che per la più parte sembrano non pure non averlo osservato ma nemmeno immaginato. Il recitativo che da gran tempo poteva dirsi posto dalla scena in bando, continuando e compiendo l’opera che da Rossini era stata incominciata, fu da lui ridotto quasi tutto all’istrumentale, togliendo quegli intervalli che tanto raffreddavano il calor dell’azione, ne’ quali i cantanti non più cantavano ma parlavano in cadenza accompagnati dal solo violoncello o da due o tre strumenti soltanto. Egli nel recitativo introdusse l’uso frequente de’canti metrici 0 diremmo anacreontici, simili in tutto ai veri cantabili, in cui con finissimo accorgimento tratta i versi ineguali in guisa che, al pari de’ ritmici e commisurati, a meraviglia si prestano al cauto ed insensibilmente eludono il passaggio che dal recitativo conduce al cantabile. I primi esempi ch’ei diede nel Pirata e nella Straniera tra i quali bellissimo sopra tutti è quel’o posto in bocca di Arturo sui versi: Credilo a questo Che mi spinge ver te potere arcano; Credilo all’amor mio. T’amo lo sai, Io son tuo, tuo per sempre, io tei giurai furono come segnali a cui lutti si volsero 1 compositori contemporanei, e Donizetti, grand’ape d’ogni bello musicale, più di qualunque altro. È questa una parte del1 arte di Bellini che singolarmente vuol essere encomiata. Egli ridusse le.leggiere e saltellanti cabalette a quell’ordine piano, facile e passionato che solo le rende tollerabili nella melopea veramente elevala, nobile e drammatica. Egli temperò o soppresse i cosi detti ritornelli i quali noi vorremmo chiamare preludj strumentali, che quasi sempre ponevansi innanzi al canto con molto imbarazzo degli attori, che intanto o rimanevansi come paralizzati stando ritti sul davanti della scena senza saper che fare, od eran costretti di passeggiare nel fondo del palco a riguardare tra l una e l’altra quinta per dar tempo agli strumenti di fare la loro parte. Un tale difetto dell’arte melodrammatica non è ancora oggidì tolto interamente, ma speriamo che lo sarà fra non molto, quando cioè i maestri vorranno essere convinti che tutto ciò che raffredda l’azione drammatica nuoce grandemente al buon effetto delle loro ispirazioni. Bellini o li fece assai brevi, o non li adoperò se non quando l’attore è in tale situazione da poter occupare l’attenzione dei riguardanti anche colla sola pantomima. Tale è quello che precede la cavatina della Norma, durante il cui preludio la sacerdotessa compie la religiosa cerimonia di mietere il sacro vischio, come bellissimo è quello che nel Pirata va innanzi all’aria finale d’imo- ( ene, in cui gli strumenti e il pizzico dei iolini, non men che l’assolo del corno inglese si sensibilmente significante il lamento (!