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guisa che si parano davanti a’miei} A. perchè gli oltramontani stanno continuo con gli occhi spalancati a vedere se mai trovano occasione di ridersi de’ fatti nostri: onde ho creduto minor male che il librò del Quadri (posto che sia quale io Io reputo) venga prima da noi che da essi giudicato} 5. perchè, se non v’ha chi possa ragionevolmente dire la sua opinione infallibilmente conforme al vero, tanto meno io credo di potermi arrogare tale infallibilità: e perciò non dubito che il sig. Quadri risponderà con buone ragioni alle mie censure, affinchè il pubblico possa rettamente decidere sul mento della di lui opera} e in tal caso gli auguro, per vantaggio dell’arte, ch’egli mi dimostri ciò che per ora non so vedere, cioè che il suo libro sia buono. Luigi Rossi. MUSICA SACRA Il Salmo Tumulale a due cori reali con accompagnamento di Organo e di Contralilmsgo, Scritto dal celebre maestro Francesco Basily per la Sacra Santa Basilica di S. Pietro in Roma, ed eseguito il giorno 18 ge.nnajo 1845. ( Vedi il N. 15 di questa Gazzetta.) Superiormente ad ogni encomio sono trattate le parole Quis sicut Dominus Deus nosler? nelle quali il carattere dell’interrogativo è così ben pronunciato che non si potrebbe certamente desiderare di meglio. A tal uopo l’autore fa incominciare in concerto il primo coro colla sola parola Quis modulando con vaghissima armonia di terzo rivolto da tono di la a quello di re. Nella battuta successiva risponde il secondo coro Quis ed il primo prosiegue la frase quis sicut Dominus cui tien dietro il secondo coro con la replica identifica delle stesse parole, non più in re ma in si: dopo ciò continua il primo coro con il rimanente della frase Deus nosler. ripetendosi sulla quinta del tono primitivo,dopo di che i due cori si rispóndono alternativamente sulla tonale quis sicut Dominus per poi soffermarsi sulla quinta. L’effetto di queste parole è immenso. Che non dovrò dire della successiva frase: Qui in altis habitus? Procurerò di porre sotto l’occhio del lettore l’ingegnoso artifizio del sommo maestro. Ma mi si permetta in prima una breve digressione. Quando l’ignoranza o la malignità vuole perseguitare un nobile ingegno, gli uomini non isdegnauo ■ punto lo incolpare altrui nella più insulsa guisa. Fu detto del Basily, poiché la sua celebrità non era più da revocarsi in dubbio, essere egli un autore difficile. Questo è l’addiettivo che simili saccentuzzi vanno susurrando all’orecchio dei dilettanti e delle donne. Ma di grazia che intendono dire perciò?che cosa è difficoltà in fatto di musica? può un maestro veramente dotto essere difficile? Tali inchieste faccio, non a questi accusatori, ma a me stesso. La mia logica che si aspetta alla logica dei benevoli lettori mi risponde, che un maestro veramente dotto non può essere difficile che per coloro i quali non conoscono gli elementi per saperlo leggerle, e vorrebbero aggravare altrui del peso della propria ignoranza. La difficoltà di un autore nasce dalla imperizia, difetto che, come ognun vede, si oppone diametralmente alla dottrina} e questa è la causa che produce la difficoltà nelle opere dei principianti. Questa imperizia nel giovine autore che non è del tutto addentro ai misteri dell’arte, è causa che le parti non siano disposte in guisa da rendersi facile e sicura l’intonazione. In questo caso soltanto la musica sarà veramente difficile perchè sovente in contrasto colle leggi fisiche ed immutabili dell’organo della voce. Ma ciò potrà aver luogo nella musica del nostro autore?, Se, come parmi aver dimostrato, la difficoltà è figlia dell’imperizia, la musica del Basily dovrà esser facile anzi che no, e seppure evvi esempio, che gli esecutori vi si accingessero titubanti, egli è d’accagionarne la mala impressione in loro nata per la suddetta accusa, e più ancora per essere la di lui musica originale e per nulla plagiaria. La musica del Basily è un linguaggio robusto, espressivo, melodico ed armonico ad un tempo, coll’impronta della più sana filosofia, e per conseguenza d’originalità. E ben mi torna caro potere per l’appunto con un novello esempio pratico del suo portentoso ingegno venire opportunamente in soccorso del mio dire. Le parole qui in altis habitus richiedono che l’animo dell’uditore venga scosso quasi da mano celeste che a lui ricordi lo supreme sfere sulle quali siede l’Onnipotente. Nulla di più opportuno di un ardito passaggio bensì, ma che non offenda l’orecchio, e questo passaggio, per non scemare di effetto, è d’uopo si operi rapidamente. Ecco come l’egregio autore si accinge ad effettuare un passaggio armonico repentino il quale, se per la natura dei toni che non mancano di qualche relazione fra loro, non è arduo, lo sarebbe ciò non pertanto, attesa l’esecuzione delle voci col solo accompagnamento d’organo e contrabbassi, se dal nostro difficile maestro non si operasse colla massima facilità per gli esecutori. Fermatasi come dissi la modulazione in mi, quinta del tono principale, l’autore fa incominciare il soprano ed il contralto del primo coro tenendo ambedue il mi quinta del tono di la che stanno per abbandonare. L’organo e di contrabbassi danno le stesse note unisone, e mantenendosi per due battute la nota mi si cantano le parole qui in altis ed alla replica delle parole cadendo sulla terza battuta, le parti estreme d’ambo i cori passano ad un fa naturale mentre le medie danno le relative armonie di terza e quinta, che nella successiva battuta cangiansi in quarta e sesta, ed eccoci per tal guisa dal tono di la tre diesis, in quello SS. fa naturale di bemolle. Per singolare gentilezza ed umanità dell’eccelentiss. Mons. Riario Sforza, Prefetto della Cappella Giulia al Vaticano, ho sott’occhio la partitura di questo Laudate ed oso affermare che anche un principiante di solfeggio non potrebbe incontrare difficoltà alcuna dal lato dell’intonazione nell’eseguire la parte affidatagli, tanta è la naturalezza, la sagacità e la grand’arte che appunto si manifesta nella ammirabile facilità di questo sommo compositore nel vergare queste magnifiche note. 11 dire che l’effetto raggiunto da questo passo non fu dissimile a scossa elettrica, sembrerà concetto esagerato o meno che vero a coloro i quali, profani a questa bell’arte, non sanno che questo grandioso genere di musica, eccheggiando sotto le vòlte di S. Pietro e sotto l’influenza ancora di nostra augusta Religione, ha tal possanza da rapirci, da entusiasmarci, e trasportarci fuori di noi medesimi. Nelle parole successive et humilia incominciano parimente i soprani, e tenori del primo coro con la sola nota la accompagnata come sopra dall’organo coll’unisono, e nella successiva battuta i bassi danno il fa naturale per portarsi nella battola susseguente sul mi con quarta e sesta minore come quinta di la minore} il secondo coro ripete et humilia, parimenti con l’accordo di quarta e sesta minore col dare però al basso, che nella seconda battuta scende sul re diesis, l’accordo di settima diminuita col quale la modulazione viene a fermarsi sulla quinta di la con terza maggiore e quinta. Le parole respicit in coelo et in terra sono soggetto di proposte e risposte modulanti sul la minore e sua quinta. Suscitans a terra inope/n dà luogo ad alcune imitazioni canoniche che si uniscono in pieno concerto del primo coro rispondendogli ad intervalli il secondo coro a terra suscitans. Questo tratto si aggira su i toni di fi diesis, di si minore e di re con mirabile concatenazione di accordi. Le parole et de stèrcore erigens pauperem ut collocet eum cum principibus danno luogo in ambo i cori a piacevoli imitazioni, a bellissimi artifizi a melodiosi concerti a due, tre, e quattro. Le parole Qui habitare facit sterilem in domo sono trattate con un magnifico concerto di ambo i cori sopra un pedale di ottimo effetto. Questo bellissimo pieno è seguito da nuove vaghezze di contrapmnto, e di melodie a svariati a solo del’uno, e dell’altro coro. Nelle parole matrem f lionati lactantem. è da osservarsi la vivacità del movimento del basso. Al termine della suddetta frase l’autore pone la modulazione in mi maggiore, e nella successiva battuta, tocco dai bassi il re naturale, considerato come terzo rivolto di mi egli si riconduce rapidamente al tono principale sul quale egli si posa nella seconda battuta del gloria annunciato dal primo basso del primo coro. Sembrerà per avventura a taluni che questo salmo dovesse terminarsi coll’indispensabile gloria fugato, forse perchè i più hanno tenuto tal metodo} il nostro autore però, per la sola eccellente ragione che così non gli ha garbato, non trattò il gloria a fuga propriamente detta, ma bensì nello stile su esposto innestandolo di quanti fiori e grazie di melodia e di severi artifici di contrappunto può suggerire l’arte a’ suoi più fedeli divoti. L’effetto ne è sempre vivo e mirabilmente crescente sino al termine di questa stupenda composizione, poiché le imitazioni, l’entrate, le risposte, le frasi a due, a tre, a quattro, vanno sifattamente aumentando, stringendosi ed incalzandosi, come appunto si potrebbe desiderare nella più elaborata stretta di tema fugato, e parmi, se non erro, anche con più verità, novità ed eleganza. La durata di soli dodici minuti è al parer mio l’unico difetto che ho rinvenuto in questa classica creazione. II bello su questa nostra terra è così raro che dai pochi, ai quali è dato di produrlo, si vorrebbe che ce ne venisse prolungata la durata. Se questo capo-lavoro potesse essere fatto di pubblica ragione, io mi sarei astenuto dal parlarne, poiché vengono meno le parole a tante bellezze, non diversamente che male mi avviserei di parlare di un quadro, cui fosse dato a tutti d’ammirare coi propri occhi. Ma essendo proprietà esclu