GAZZETTA MUSICALE
AH MO li. domenica
N. 7. 4 2 Febbrajo i 845.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica
classica antica c moderna, destinati a comporre un volume
in i.° di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AnDI
MILANO
> La musique, pur des inflexions vives, accentuées, et,» pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas»
sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets,» soumet la nature entière à ses savantes imitations,
■ et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen■
timents propres à t’émouvoir. ■
J. J. Rousseau.
Il prezzo dcH’associazionc alla Gazzetta caUViito/ogia
classica musicale è dicITctt. Ausi. L. 12 per semestre,
ed ctTelt. Ausi. L. 14 affrancata di porlo fino ai confini della
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omononi
N.° 1720; all’estero presso ì principali negozianti
di musica c presso gli Uffici postali. — ■ Le lettere, i gruppi,
ce. vorranno essere mandati franchi di porto.
I. Varietà’ Scientifiche. Le Dissonanze. - II. Critica
Musicale. Di un libro intitolato Lezioni d’Armonia, ecc. - III. Cenni Biografici. Parish-Alvars. IV.
Notizie Musicali Ditersr. Milano, Napoli, ecc.
- V. Dizionario Musicale Critico-Umoristico.
TARI ETÀ SCIENTIFICHE
ILE DISSOKASZE
rous ne choquez d’abord l’oreille
que pour la flatter ensuite plus
agréablement.
(Rousseau. Dict. de Musique.
Art. Dissonance).
L’armonia de’ suoni e delle voci non dovrebbe
ella essere una consonanza continua,
siccome la parola stessa sembra indicare? La domanda è onesta, tanto più
se vien fatta da certi filarmonici appassionati
d’una musica soave ed eguale, nemicissimi
delle settime, sebbene non sempre
pronti e leali nell’intonazione di quelle
terze e quinte che [tanto essi amano. La
domanda, ripeto, è onesta; ma prima di rispondere,
bisogna vedere se l’armonia possa
stare senza le dissonanze. Se è vero che
gli antichi non conoscessero il contrappunto,
o l’arte di accordare i suoni, quale noi
adoperiamo, è probabile, che la musica
loro nessun elemento contenesse offensivo
delle delicate orecchie; principalmente i
Greci, i cui suonatori erano inceppati da
molte leggi musicali dettate dalla politica.
Ma i moderni che in musica furono, come
sono, sèmpre liberissimi, che altra legge
non conoscono che il gusto de’tempi, ritrovalo
il contrappunto, di necessità dovettero
adottare le dissonanze procurando di
temperarle colle consonanze; il qual temperamento
è senza fallo uno de’ caràtteri
della musica moderna.
E qui bisogna soprattutto farsi un giusto
concetto dell’armonia, la quale altro
nou è che una mistura di accordi, tra’quali
contatisi le dissonanze; e poi pensar anche
bene di queste, e non badare al mal
augurato nome che portano. La dissonanza
non è una disarmonia, non essendo, nè
uno strillo, nè una stonazione, nè altra
musicale discordanza; non si può neppure
assomigliare ad uno di que’ peccali
di prosodia, o di que’difetti d’accento che
J alcuni rigidi censori vanno discoprendo
’ ne’ grandi poeti. La dissonanza è un ac}
cordo armonico come la consonanza, un
| elemento omogeneo del contrappunto, necessario
quanto ogni più soave accoppiamento
di suoni; e se per la sua nativa
durezza urla un tal poco l’udito, la colpa
non è sua, ma dell’arte, o dirò meglio, del
sistema armonico il quale non può farne
senza. E quando parlasi di sistemi non
bisogna essere tanto rigorosi, sapendosi
che errori, anomalie, irregolai’ità, e simili
dissonanze entrano in tutti, senza che essi
sistemi ne soffrano, anzi talora con vantaggio
de’ medesimi, e con lode di coloro
clic sanno spremere il bene dal male.
Ma a parlar poi schietto, nel fatto delle
dissonanze non si dovrebbe nè anche accusare
il sistema armonico, ma piuttosto
la natura de’ suoni che lo compongono, i
quali, dopoché dai moderni rinchiusi furono
dentro Voltava, siccome piante soffocale
in troppo angusto terreno, perdettero
mollo della loro forza nativa danneggiandosi
l’un l’altro per la troppa vicinanza.
Di qui provengono alcuni fenomeni armonici,
a’quali non sapendosi qual ragione
assegnare si dà il nome di misteri, parendo
ragionevole che la sciènza musicale
abbia pure i suoi. E veramente è miràbile
come una serie d’accordi, cominciando a
consuonare per i numeri -1, o, 5, si guasli
al.sopraggiungere del 7, del 9 e va dicendo;
e ciò dico nel genere diatonico, o
naturale; perchè negli altri generi questa
progressione di numeri dispari, e tanto più
nell enarmonico, riesce sopportevole sino
all’infinito. Ma gli accordi consonanti, dicono,
non possono essere che tre, la terza,
cioè, la quinta e l’ottava, la quale chiude
l’antico diapason. Rispondo che possono
essere più. e meno di tre, giacché vera e
perfetta consonanza non è che la terza,
come sola e vera dissonanza non è che la
seltima, quella appunto che fa abbrividire
molti de’ riostri dilettanti.
Questa settima, in cui tutte le altre dissonanze
si risolvono, è tutl’altro, come taluno
disse, che un vezzo rettorico de’compositori,
un suono eccentrico, accidentale
aU’arnionia. Allorché un orecchio sensibile
riposa sopra una soave triade armonica
(.a 3.a 3.° ) di tono maggiore,
quale mai disgusto dovrà sentire al sopraggiungere
d’un quarto suono, destinato a
cangiare il primo piacere in un secondo,
e questo in un altro, a farlo passare insomma
per la serie di tutti i piaceri? Ciò
appunto opera la settima, vero elemento
di transizione, causa di quella varietà che
infiora l’armonia al variar de’ toni. La settima
adoperata a questi passaggi appena ci
fa avvertiti di sua scabrezza, sia che comunichi
un po’ del suo amaro alle compagne, sia
che da esse medesime tolga alquanto di dolce;
perchè egli è indubitato che risultane un
tal quale temperamento che non può disgustare
altri che gli schifiltosi. In qualunque
modo poi adoperata, o per preparare,
o risolvere, od ingannare, od anche per
semplice ornamento, bisogna che abbia una
ragione sufficiente, e non cadali inaspettata,
inopportuna. quasi por far dispetto
alle orecchie delicate de’ filarmonici, sebbene
talvolta le settime sieno giudicate o
cattivi umori del maestro, od erroridi penna
o di stampa; il che sia detto non tanto di
queste, quanto di tutti gli altri accordi dissonanti,
o delle consonanze imperfette.
Tali essendo le dissonanze in forza del
sistema, vediamo un poco sé i primi cultori
dell’arte divenuta moderna potevano
scrivere i loro spartiti, quali si fossero,
schivando a tutto potere gli accordi dissonanti; perchè se non ni inganno, questo
caso debbe essere compreso nella proposta
quistione.
Le dissonanze esistevano nella musica
de’ Fiamminghi siccome risultali di combinazioni
armoniche da essi trovale per
via di matematiche applicazioni a un dipresso,
sebbene con molta diversa riuscita,
come sul principio del secolo scorso fece
il grande Tariini nel suo Trattato di musica
secondo la vera scienza dell’armonia.
Ma la musica fiamminga era piuttosto scienza
che arte, buona da leggere, non da udire,
piena di dottrina priva allatto di gusto. A
contemplare le carte di Fiandra nulla oravi
a dire; ogni nota a suo luogo, ogni accordo
rigorosamente condotto, le transizioni,
gl’inganni, le cadenze, le modulazioni
perfettamente ragionate; il complesso
poteva giudicarsi a vista armonioso, ma
guai alle orecchie un po’ delicate! Solo in
questo caso poteva l’armonia chiamarsi secondo
il Rousseau un ritrovato de’barbari.
E l’Italia clic a’ tempi de’Fiamminghi era
già uscita dalla barbarie, nè voleva ritrocedere,
riprovò quella musica scientifica,
e la riprovazione fu rettificata dai fulmini
del Vaticano, felicemente regnante papa
Marcello di questo nome secondo. Eppure
questa musica giustamente fulminata, siccome
selvatica, rozza, ingrata doveva a guisa
del linguaggio barbaro del medio-evo dar
vita alla più dolce favella. Ma per ottenere
questa lingua soave tre difetti dovevano
sparire, come altrettanti ostacoli alla buona
musica: la mania delle applicazioni ma- 1
tematiche, vizio che a’ tempi nostri si riprodusse
in altre scienze ed arti; l’abuso
delle dissonanze; e il difetto massimo di
qualche ingegno che sapesse dar vita alla