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Supplemento al N. 5 - 19 -

lavoro su cui le maggiori autorità musicali hanno già inappellabilmente pronunciato. Sentenza che ottenne ed ottiene tutto giorno ampia e solenne conferma sui principali teatri d’Europa, ed a cui godiamo poter aggiungere la ratifica più recente del nostro pubblico, certamente non ultimo in fatto di buon gusto musicale, come si vorrebbe pur far credere col mezzo di quelle bizzarrissime opinioni e di que’ strani giudizi, che con le deboli mie forze mi sono provato di ridurre ai termini del loro vero valore e della loro reale significazione.

G. Vanetti.




STUDJ BIBLIOGRAFICI

IL MISERERE

DI GREGORIO ALLEGRI


Gregorio Allegri nacque in Roma nel 1580. Dotato dalla natura di tutte le favorevoli disposizioni musicali, studiò ne’ suoi anni giovanili l’arte del comporre sotto Mariano Nanini, contemporaneo ed amico di Palestrina. In breve tempo l’allievo sorpassò il maestro, e questo suo merito nell’arte musicale gli procurò il beneficio ed il posto di compositore e cantante nella Cattedrale di Fermo. Possedeva l’Allegri in grado eminente questo doppio merito; niuno meglio di lui sapeva esporre e rendere gradite le proprie sue ispirazioni, e la sua voce pura e sonora produceva sempre dolci e soavi emozioni sull’animo degli ascoltanti. Scrisse in quest’epoca le prime sue opere che furono sufficienti a dargli un nome pieno di gloria: pubblicò pure i suoi concerti a due e tre voci, ed i suoi mottetti. Codeste belle composizioni popolarizzarono il suo nome in Italia, la cui fama pervenne pure alle orecchie di papa Urbano VIII. In que’ tempi in cui, malgrado l’esempio del Palestrina, la musica religiosa avea compiutamente perduto il suo santo carattere di gravità, e che mediante una deplorabile depravazione di gusto, si sceglievano dalle canzoni popolari i temi più comuni per servire di sviluppo alla sacra armonia, il comparire di un immediato discepolo del Palestrina, di un continuatore di questa bella scuola, fu per la Chiesa un avvenimento importante. Appena che si rese palese al mondo questo nuovo genio, il papa fu sollecito di prenderlo al suo servigio ammettendolo nel Capitolo dei Cappellani cantanti del Vaticano.

Nel corso dei venti anni che l’Allegri rimase addetto alla Cappella Sistina, scrisse le sue più belle opere, e fra le altre il famoso suo Miserere, cui anche al giorno d’oggi, quando viene eseguito, accorre sempre una folla divota di ascoltanti.

Dopo una lunga carriera intieramente consacrata all’arte sua, l’Allegri morì il 18 febbraio 1632 circondato da una profonda venerazione, e soprattutto compianto da una popolazione, che nelle sue miserie soventi volte era stata sollevata dalle soavissime note di questo esimio compositore.

Il Miserere dell’Allegri che tutti gli anni si canta nella Cappella Sistina, il mercoledì, il giovedì ed il venerdì della settimana santa, è scritto per due cori, l’uno a quattro parti e l’altro a cinque, ordinariamente eseguito da trentadue cantanti. La composizione dell’Allegri non si distingue, né per nuova melodia, né per una difficile e complicata armonia, essendo invece lo stile del suo canto d’una estrema semplicità; l’armonia grave, corretta è scritta nella pura scolastica di que’ tempi; ma una profonda mestizia, un’espressione piena di religioso sentimento, danno alla musica d’Allegri un carattere tale di santità che a ragione può dirsi inimitabile.

Il pezzo dell’Allegri viene cantato alla presenza del Sacro Collegio, in faccia al Giudizio Universale di Michelangelo, cupamente illuminato dalla fioca luce dei cerei. Appena che incomincia il coro del pentimento e del dolore, il Papa ed i Cardinali umilmente si prostrano; ad ogni nuovo versetto successivamente si estinguono i cerei, e quella crescente oscurità rende sempre più imponente la terribile espressione delle figure dipinte da Michelangelo. Di mano in mano che termina il pezzo, i cantanti insensibilmente rallentano il movimento, e ad ogni parola Miserere diminuiscono il volume delle loro voci sino a tanto che questa ammirabile ed incantevole armonia si estingue e si perde nel silenzio dei genuflessi fedeli.

Tutto in tale modo concorre ad aumentare l’impressione di questa religiosa pena di dolore, e la santità del luogo, e la maestà degli assistenti, e le tradizioni trasmesse ai cantanti della Cappella papale.

Il pezzo d’Allegri, che facilissimo sembra al primo colpo d’occhio, presenta invece delle numerose difficoltà nella sua esecuzione. Cosicché rendonsi necessarj dei lunghi studi per ottenere quel modo particolare di portare la voce sopra certe note, di articolare più o meno forte alcuni passaggi, di accelerare, o rallentare la misura, di accrescere i suoni, le quali cose tutte sono indispensabili, onde dare il vero senso e necessario colorito alla composizione.

Gelosi i Papi di esclusivamente possedere questo bel pezzo, proibirono, sotto pena di scomunica, di concedere agli stranieri copia di questa musica; ma un giovine compositore che peranco non avea compiuto il terzo lustro, avendo sentito a Roma per due sole volte il Miserere dell’Allegri, gli bastò per scrivere a memoria questo pezzo celebre, non curandosi d’incorrere nelle minacciate censure. Questo giovine fu il celebre Mozart; e quest'altro aneddoto prova a sufficienza e l’importanza delle tradizioni pel buon effetto di questa musica, e l’intelligenza precoce che Mozart palesò in modo meraviglioso nell’imitazione delle delicate e misteriose mescolanze di colori di questa esecuzione.

L'Imperatore Leopoldo I, distinto amatore dell’arte musicale, chiese una copia del Miserere per la Cappella di Vienna. Con sollecita cura gli fu trasmessa la dimandata copia; ma, ad onta che S. M. Leopoldo avesse al suo servigio i più abili e migliori cantanti d’allora, la musica d’Allegri sembrò assai mediocre. Fu però riconosciuto che ciò era a ripetersi dalla circostanza che quella copia non poteva essere che incompletamente espressa dalle stesse sue note, e perciò dai cantanti male interpretata l’esecuzione, rendendosi indispensabili e necessarie le lezioni degli stessi artisti della Cappella Pontificia per potere bene comprendere le numerose intenzioni di questa sorprendente composizione.

In seguito le copie sonosi moltiplicate; il dottore Burney fece stampare nel 1771 a Londra il Miserere, e Choron lo ha pubblicato a Parigi nel 1810 nella sua collezione dei Classici. Dappertutto, a Londra, a Parigi ed in qualunque altro luogo, la musica d’Allegri, eseguila ne’ suoi convenienti modi, ha prodotto e tuttora produce incantevoli effetti, attraendosi sempre l’universale ammirazione.

(Art. com.)




VARIETÀ

I.

CENNI

Intorno a Felice Mendelssohn


A qual filarmonico rimane ignoto il nome di Mendelssohn? e a chi non è caro? questo favorito delle muse, il cui capo giovanile è già da molto tempo adorno d’allori?...

Mendelsshon procede sur una via del tutto opposta a quella scelta da Meyerbeer, e questo sol fatto sarebbe bastevole a dimostrare quanto infinito sia l’impero dell’arte, mentre ambi i maestri acquistarono non poca gloria.

Se gli avversarj di Meyerbeer gli rimprovano ch’egli offre tutto per produrre l’effetto (nominatamente nei suoi Ugonotti), gli amici suoi possono con ugual ragione rimproverare a Mendelssohn, ch’egli cerca ansiosamente di evitare l’effetto (nominatamente nel suo celebrato Oratorio, Paolo). Questi rimproveri sono però ingiusti: l’indole ed individualità di entrambi lor impone il modo col quale hanno da comporre e non altrimenti, e ognuno di essi ci fornì di eccellenti lavori che rapiscono in modo differente.

Il dire però che il Paolo di Mendelsshon sia in gran parte una imitazione della Passione di Sebastiano Bach, non gli fa gran torto, e volesse il cielo che molti de’ nostri moderni compositori ecclesiastici prendessero tanto per modello quell’antico gran maestro, quanto lo fece il Mendelsshon. Il Paolo e il Giudizio Universale di Federico Schneider, riempirono la loro missione in ambi gli emisferi, ove le sublimi bellezze di quei due oratorj furono apprezzate secondo il merito, e possiamo congratularci se il creatore del Paolo ci regalerà ancora altre opere simili.

Il Mendelssohn è l’anima epulona nella sua arte, e lo comprovano le sue ouvertures al Sogno di una notte di state, alla Caverna di Fingallo, alla Melasina, alla Calma del mare; e più di tutto le sue Canzoni senza parole, che si potrebbero anzi intitolare: Sentimenti non esprimibili con parole. Tutto ciò ch’egli scrisse nel rigoroso stile di Chiesa, particolarmente l’ultimo suo Salmo, può stare come modello a lato de’ migliori di questo genere, e dimostra quanto egli sia penetrato nelle bellezze di un Bach e degli antichi maestri italiani.

Non è da credersi che Mendelssohn sconoscerà la sua vocazione, per rivolgersi all’opera in musica, nella quale probabilmente non brillerà tanto. Tutta la sua individualità contrasta all’indole dell’opera, ed egli stesso confessò un giorno di non sapere come mai potrà far uso di quei mezzi coi quali si cerca ad elettrizzare il pubblico dei teatri, e che piuttosto ama di rinunciare alla massima gloria, anziché agire contrariamente alle sue viste, le quali il suo sentimento gli dice essere le vere adattate alla sua natura. Se tutti gli artisti pensassero così, noi avremmo tante cattive opere di meno.