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pianista formava l’ammirazione dei dilettanti Berlinesi. Due anni più tardi il foglio stesso rammenta di nuovo, e a più riprese, il suo piccolo protetto la cui riputazione va crescendo, sicché ormai, essa dice, più nulla rimane a desiderarsi da lui in fallo di bravura e d’eleganza d’esecuzione. Come or si vede, la stampa periodica preludiava per tempo al vasto concerto di lodi che più tardi suonar doveva intorno all illustre autore di Roberto il Diavolo e degli Ugonotti. Tuttavolta per ben che universale e pomposo fosse l’osanna, dubitiamo ch’ei non titillasse mai le orecchie del gran compositore >iù gradevolmente di quel che facessero e pi i me poche linee della buona Gazzetta Lipsiana dettale in onore del fanciulloprodigio. Il signor Meyerbeer si chiamava allora Meyer Liebmaun Beer; Meyer è una specie di pronome tedesco che non sapremmo come rendere italiano. Liebmaun equivale alla parola filantropo, e siccome molti giornali, e principalmente la già citala Gazzetta ostinavansi a scrivere Bar (si prò- | nunzii Ber) in vece di Beer, dall’accopìiamento del nome col pronome nasceva a significazione un tantin bizzarra di Orso filantropo. Offriamo queste particolarità anziché no puerili, nella supposizione in cui viviamo (forse erronea) che appunto per liberarsi da un poco gradevole eufemismo il celebre maestro si determinasse a presentarsi al cospetto della posterità, non sotto il vero suo nome, ma sotto l’altro più poetico e musicalmente artistico di Giacomo Meyerbeer. Il signor Meyerbeer nacque a Berlino da ricca famiglia ebrea, nel 1791, secondo il Conversations-Lexicon di Lipsia, e nel 4794, secondo il signor Fétis e molti altri biografi. Allorché si confrontano queste due opinioni alle varie attestazioni dei giornali tedeschi all’esordire della carriera del giovine artista, sembra più verosimile la prima. Il padre del signor Meyerbeer, il signor Giacomo Beer, morto or fa pochi anni a Berlino, esercitava la professione di banchiere. Dei due fratelli del compositore, l’uno, Guglielmo Beer si rese sufficientemente illustre per diversi lavori d’astronomia, e in più particolar modo mercè la pubblicazione di una nuova carta selenografica; l’altro Michele Beer, autore del Paria e del Struensée. giovine poeta pieno di estro e di fuoco, crasi già guadagnala una bella rinomanza nella carriera drammatica, allorché una morte precoce troncò d’improvviso le splendide sp. ranze già concepite del suo avvenire (L. Nato da genitori opulenti, il sig. Meyerbeer ricevette di buon’ora una educazione accurata e del pari di buon’ora la musica diventò la predominante sua passione e interamente lo occupò. Dalla tenera età di quatlr’anni, invece di abbandonarsi ai giuocherélli della prima infanzia, spendeva gran parte delle sue giornate a star ad udire dalla finestra gli organetti che passavano per le vie di Berlino, e solo che gliene garbasse menomamente la melodia, correva a sedere al suo clavicembalo e la ripro(I ) La Revue française, giornale accreditatissimo, e al quale pi-ima della rivoluzione del 1850 cooperavano altissimi scrittori clic poi prcSer posto ne’ primi impieghi dèi novello governo della Francia, produsse un lungo c molto elaborato articolo intorno ai lavori drammatici del fratello di Meyerbeer. Quest’articolo fu poi dato tradotto nell’Indicatore periodico milanese pubblicatosi ila! 1829 al 1834. duceva al momento. Colpito da cosi meravigliosa attitudine, suo padre lo affidò alle cure di un pianista distinto, De Lancka, allievo del celebre Clementi. A sei te anni il piccolo Meyerbeer eseguiva brillantemente la sua parte nei concerti da dilettanti ^ a nove era segnato a dito coni’uno de’migliori pianisti di Berlino. Fu intorno a quest’epoca che il dotto abbate Vogler, di Darmstadt, il più illustre istitutore di contrappunto che possedesse la Germania, ebbe occasione al suo passaggio da Berlino d’udire il giovinetto virtuoso. «Alla presenza di un tal maestro, il fanciullo, dice un biografo, si puntiglio e sì die’a improvvisare con un estro poco meno che furioso. 11 buon abbate, non è ben certo se più meraviglialo per le originali ispirazioni dell’adolescente compositore, o indispettito dello spregio in che ei mostrava d’avere le grandi regole dell’arte, si limitò a manifestare una viva sorpresa e a preconizzargli una splendida rinomanza musicale.» A dieci anni, il giovine Meyerbeer rinunziò alle lezioni di Lancila, e lo stesso Clementi acconsentì a continuare la sua educazione sebbene da un pezzo ei più non si occupasse di far scuola. A quest’età il fanciullo compose molti pezzi di canto con accompagnamento di pianoforte, e i primi suoi saggi vennero molto gustati dal pubblico. A Clementi succedette qual professore di composizione Bernardo Anseimo Vogler fratello dell’abbate. Questo nuovo maestro, grande ammiratore di Giudi, ma debole armonista, coltivò quanto meglio potè le disposizioni dell’allievo, e lo iniziò ai primi rudimenti dell’alta scienza musicale-, ma l’allievo ne sapeva già al pari del professore, quando il dotto abbate, fatto consapevole dei progressi del giovinetto, lo invitò a trasferirsi presso di lui a Darmstadt, e acconsenti finalmente ad aprirgli le porle del suo seminario musicale nel quale non erano accolli che allievi di ingegno distinto. Colà, il signor Meyerbeer si trovò in compagnia di condiscepoli della fatta d’un Ritter, di un Rnecht, d’uri Winter, i quali più tardi s’annoverarono fra i più dotti critici: Gamsbacher, che fu maestro di cappella a Vienna; l’illustre autore del Freyschiitz e dell’Óberon, l’immortale Carlo Maria de Weber, rapito troppo presto all’ammirazione della Germania, e Gotofredo de Weber fratello di lui, eran pure dell’elella brigata. Una vita laboriosa e metodica conduce vasi alla scuola dell’abbate Vogler; e vi si coltivava l’arte con una specie di fanatismo, chè era dessa l’occupazione di tutte le ore. Ogni giorno dopo la messa, che Carlo Maria Weber serviva come il solo cattolico tra gli allievi, l’abbate rientrava nel suo appartamento per lavorare cogli scolari. Il professore esordiva con una lezione di contrappunto, poi dava un tèma di composizione, un inno od un salmo che dovevasi comporre nel corso della giornata. e la sera consecravasi all’esecuzione e all’analisi dei pezzi scritti. Questo metodo recava il doppio vantaggio della serietà e dell’attrattiva, poiché condivasi dell’emulazione per essa svegliata. E per vero, immaginiamoci il futuro autore del Roberto il Diavolo messo a gara coll’autore del Freyschiitz, a chi scriverà meglio un Kyrie, 1111 Sanctus o ua Gloria, e di leggeri comprenderemo di quale profitto esser dovesse feconda una simil lotta, e quanto giovar dovesse allo sviluppo di organizzazioni sì felici, e fino a che punto Meyerbeer andasse più tardi debitore a codesta vigorosa e larga educazione dell’elevatezza sempre sostenuta del suo stile e dell’arte sua particolare, mercè la quale operò una specie di rivoluzione, facendo adottare nella musica da teatro molte tendenze e forme particolari alla musica sacra. Gli esercizi degli allievi compositori facevano le spese alla consumazione musicale di tutte le chiese del Gran ducato. Spesse volte alla domenica, nella cattedrale di Darmstadt, l’abbate Vogler, il quale era uno de’più valenti organisti della Germania, sedevasi a un organo, ne affidava un altro a Meyerbeer, e improvvisavano ambidue ad un tempo, prendendo ciascuno, dice il signor Fétis, un tèma fugato e maestrevolmente sviluppandolo. Il signor Meyerbeer non aveva ancora lasciato le panche della scuola quando compose il primo suo Oratorio intitolato Dio e la Natura, che gli valse il titolo di compositore della Corte Granducale, e si eseguì più tardi a Berlino ove ottenne favorevolissimo accoglimento dal pubblico. Questa prima produzione del gran maestro, molto lodata dai critici, congiunge alla severità delle forme melodiche un piano variato e animalissimo, una recitazione espressiva e piena di verità; buona ne è l’islrumentazione e spesso originale e nuova. Eran trascorsi non più di due anni di studio e già gli allievi dell’abbate Vogler avevan spiccato il lor volo. Il benemerito abbate aveva chiusa la sua scuola e percorreva la Germania in compagnia del signor Meyerbeer, suo favorito discepolo. Quest’ultimo fece a Monaco un primo sperimento drammatico che non gli riuscì al tutto felice. Il suo Foto di Jefte, opera seria in tre atti che si rappresentò nel 4812, soddisfo mezzanamente gli intelligenti. Questa partizione, meglio improntata del carattere d’Oratorio, che non d’opera, le cui forme fredde e severe risentivano troppo di un tal qual pedanlismo scolastico, produsse tutt’altro che buon effetto sulla scena. Il susseguente anno il giovine compositore sì trasferì a Vienna ove ottenne non pochi clamorosi successi come pianista. In quest’ultima città ebbe dalla Imperiai Corte l’incarico di comporre un’opera buffa, i Due Califfi, la quale da prima si rappresentò a Stuttgard, indi nel 1814 a Vienna. Codest’opera comica, scritta nel medesimo gelido stile del Voto di Jefte, putiva sovverchio di scolastico rigorismo, e si capiva di leggeri che era stata scritta sotto la burbera influenza dell’abbate precettore. Le orecchie viennesi, troppo a lungo lusingate’dalla molle musica italiana Ai quel I tempo, non si poterono comportar in pace certe forme troppo severe,certi modi troppo rigidi, e l’opera cadde a piombo. Però, più tardi, allorachè il signor Meyerbeer ebbe gettate le prime basi della sua riputazione in Italia, Weber, l’antico suo condiscepolo, biasimandolo d’aver abbandonata la prima maniera, gli poneva innanzi per raffronto questa stessa sua opera, che ei molto lodava, attribuendone la caduta nonaltro che al pessimo modo ond erai! state eseguite le parti, e alla ignoranza di un pubblico di domenica. Comunque si fosse la cosa, è pur sempre vero che il signor Meyerbeer inostravasi inconsolabile di quelle due successive cadute, allorachè il celebre Salieri, che a que’giorni dirigeva