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diare al Dramma, e coU’andar del tempo si sollevi al medesimo grado d’importanza. Ma soprattutto è da osservare che la parte poetica non sia inferiore ai migliori libretti delle opere. Anche questo sarebbe un nuovo campo alla poesia moderna così ricca di pensieri, d’affetti e di filosofìa. Questa poesia debbe essere sommamente armoniosa nel metro, limpida ne’ concetti, forte e vibrala nelle locuzioni, avvicinarsi alla [ dantesca. Sarà come un poemetto di vario metro: con endecasillabi.sciolti, talora al- | ternati con settenarj e rimati quando nar- ] rcrà; sarà un’ode, od altro pezzo lirico a; strofe molto sonore quando descriverà ed |j ecciterà gravi movimenti; saranno semplici I; strofette allorché s’introdurrà il dialogo.! Non dirò che l’Oratorio debba sempre j essere di genere sublime. La vita campe- I stre, le scene pastorali, intorno a cui si li occupavano i nostri antichi drammatici, i creatori del teatro, potranno anche pie- | stare argomenti. Che importerebbe poi ai [ dilettanti di teatro che le scene musi- I; cali loro intonassero un bel canto nazio-! naie, un inno religioso, un brano di mu- j sica che ricordasse le imprese de’ nostri I maggiori, le glorie della patria, che dilet- j tasse i presènti colle illusioni dell’avvertire? Chi non sente il bisogno d’una musica degna d’uomini, di pensatori, di collabo-! ratori della civiltà, merita d’essere con- j dannato per sempre alle lascive cantilene I degli spasimanti’, od al fracasso delle opere j insignificanti. Quando musica e poesia sono! capaci di sublime e toccante lin<ma(’ffio. ’ quando ci possono eccitare senti menti’no- j bili e. generosi, quando ci possono dilet- | tare senza corromperci, ed effeminarci, j perchè ridurremo noi l’una e l’altra al:j triviale officio di lusingarci gli orecchj e I le passioni? Si è detto che le arti belle li giunte ad ottenere nella società grande j importanza e venerazione, finiscono con j! guastare i costumi, c danno il crollo a |! quelle maschie virtù che esse società so- j stenevano. Quest’accusa, se prendesi nel I suo stretto significalo è ingiusta; perchè [ le arti, essendo per sè innocue, non pos- j; sono in ver un modo nè corrompere, nè j rovinare. Ciò che debbesi veramente accusare è l’abuso che loro viene e dai loro | cultori, dai quali comincia lo scandalo, e j! dalla malvagità di chi se ne diletta. Per I; fino la danza, inventata-a dare agilità e j disinvoltura alle membra, ad insinuare Parmonja de’ movimenti, de’gesti, de’passi, e lj procurare sanità e robustezza, che è dive- j nula in pubblico e privato? Un incentivo!| al male. Un’azione mimica, un dramma | muto grande, ed interessante al pari della P miglior tragedia, insudiciato da qùe’diso- il hesti intermezzi, da quelle danze insigni- j Acanti che sappiamo, sebheri possa tornar j grato a chi ammira la virtù delle gambe, li agli occhi dell’uomo debbe parer mostruo- li sa, immorale. Non si abusi adunque delle arti se vuoisi j da esse ricavare un piacere che non ci j contamini. Come le vergini muse potranno i coi loro pudibondi sguardi, coi loro modesti colloquj, colle loro celesti influenze I spargere in luogo del diletto il veleno nei || nostri cuori? Se mai il teatro per causa de’presenti costumi, non fosse degna stanza j di queste deità; se mai avessero a schifo I! la profanità del luogo, sta a noi che in-! tendiamo al meglio, a purificare il tempio: dall’abbominio sopravvenutogli da un falso || sentire, da uno sciocco dilettarsi,e sopra I lutto dall’idolatria che si professa agl’in- Il lj terpreti delle muse teatrali. Costestoro i j lerpreteranno meglio quando sentirai! m j glio,e non sentiran meglio che quando sarau j meglio educati, non dico nella musica, nel! canto e nel gesto, ma nella morale. La j buona educazione, cosi dicesi da più anni j in qua, è quella che debbe migliorarci; | dunque applichiamovici anche in teatro: Prof. Bigliani. CARTEGGIO Il Don. Séhastif.x, al Rrand tollera, La Mabia iti Koiian, al Veatro italiano, ccc. Parigi, Nov. 1843 Per aeqnìstarc dello spazio, io rispnrmicrì) tutti gli ’Ordii, persino quello elio aven già idealo, c elite1 dora assumersi l’incombenza di far risaltare eon una inveniente vivacità, la singolarità piuttosto unica che rara del doppio trionfo assegnato a Donizetti dal pubblico parigino nel breve giro di circa trcnl’ore. Sì, sì, io potrei far sorgere una folla di osservazioni più o meno nuove e deliziose nel parlarvi dell’ingegno proteiforme, della ispirazione sempre in movimento e sempre inesausta di quest’nomo, elio, è il grande provveditele di note, di quasi tulli i teatri d’Europa. Ma io ve. l’ho detto, gli esordii saranno risparmiati, ed avrò per bacco! il coraggio di mantenere la parola. 11 Don Sebastiano dunque, l’opera dovuta al doppio concorso di due fra i più fecondi talenti dell’epoca, ollennc all’O/jera un deciso c’completo successo; la musica dapprima, c poscia l’esecuzione, le decorazioni ed anche il libretto appagarono le immense aspettnlivc d’un pùbblico, clic avea da più mesi formato di quest’opera l’argomento de’suoi discorsi. La distribuzione delle scene, l’intreccio e. la verseggiatura del libretto, mentre offrono dei veri pregi, che non mancarono certo d’influire sulla fantasia del maeslro, presentano pure dei difetti d’uno evidente apparenza; tali sarebbero per esempio, quell’abuso eccessivo dei mezzi estremi offerti dall’arie, clic permette bensì 1 impiego delle posizioni terribili, ma che ne respinge l’affastellamento; (ali sarebbero varie incongruenze che passano i limiti concessi alla vita (inizia del paleo scenico; tali sarebbero un numero discreto di versi che s’aggirano sopra pensièri d’una antichità o d’una volgarità disperante... Nò l’elenco dei peccali del signor Scriba sarebbe qui finito, se. invece di una lettera destinala a tenervi al fatto delle novità musicati di Parigi, mi venisse il capriccio di scrivere un arlieolo di critica melodrammatica. Ma io avrò indulgenza c risparmierò a Scribc ed a voi il flagello d’un’analisi minuta, clic recando della noia a tutti, non farebbe alla lunga del bene a nessuno. Veniamo ora alla musica. Il primo atto comincia superbamente con una introduzione islrumcnlale la cui base ò formata dal motivo della musica funebre del terzo atto; ma il primo coro e l’aria di Rnrroilhet non presentano una grande originalità, nò dei molivi francamente designati: La marcia della processione clic conduce Zaida (Mail. Sloltz) al supplizio è un pezzo degno d’essere citato, sia polla fattura che pel concetto, come pure merita molti elogi un piccolo cantabile, clic esprime i sentimenti della giovane africana, quando ha ottenuta dal re la sua grazia. Il cauto della partenza, c il ritornello F.n avalli Ics Chreliens, sono vivamente accentuati, ma lasciano qualche cosa a desiderare in quanto ad eleganza c novità. Il secondo atto comincia eon un coro assai grazioso, seguilo da un cantabile della Sloltz. clic fu ammirabilmente eseguilo. E assai licita la prima parte d’un il duetto fra la Sloltz c Duprcz, durante la quale si ri-! sente, grazie ad un innesto felicemente ispiralo, il i cantabile della Stollz del primo alto. La seconda parte del duetto avrebbe diritto a maggiori cncomii, se il i suo effetto non fosse minorato dalla decisa superiorità I del primo tempo. Quest’alto finisce in una maniera assai ardila, vale a dire con una romanza di Duprcz, | pezzo delizioso clic fece scoppiare una tempesta d’ap- fl plausi, sebbene all’idea di finale vada d’ordinario aggiunta quella di gran casse, di tromboni, di trcmuolo insomma musicale. 11 duetto del terzo atto fin Abayaldos (Massol) c Zaida ò d’un vigorec d’una energia straordinaria; la stretta produce il più grande effetto, c completa superbamente uno dei pezzi più drammatici della musica moderna. Il pubblico fu letteralmente elettrizzalo da questa splendida ispirazione, clic venne interpretala da una esecuzione supcriore ad ogni critica. La romanza di Barroilhct 0 ma patrie I ò deliziosa, ed il suo duetto con Duprcz ò pieno di espressione. Il cantabile però di questo duetto mi sembra preferibile all’allegro clic ò forse un po’ troppo saltellante. La marcia funebre è un pezzo da gran maestro delineato largamente, istromcntato con rara abilità, un pezzo insonni» d’un colorito e d’una fattura incontrastabilmente eminenti. Il quarto allo, superiore ancora al bellissimo terzo, forma certo la parte più interessante del magnifico lavoro di Donizetti; esso ò pieno di impressioni terribili c grandiose. Quest’atto ò costituito, quasi per intiero, da un gran pezzo d’assieme con cori, scritto secondo il sistema del crescendo lentamente, adoperalo da Donizetti molle volte coll’esito più felice. Nessuno certamente sa meglio del celebre maestro servirsi di una tale risorsa musicale, nò con maggior criterio; egli calcola da lungi la forza progressiva delle voci, finché le fa scoppiare, unitamente all’orchestra, in un fortissimo, il cui effetto abbagliante trascina il pubblico all’entusiasmo. Il successo di questo pezzo fu grande, completo, generale, profondo, c fu costatato dal bis che insorse rumoroso da tutte te parti nella sala; ed ò questo un avvenimento unico all’Opéra’ per un pezzo d’assiemo. La prima parte del quinto atto riesce un pò’languida dopo le potenti impressioni prodotte dal quarto atto; n» pure vengono a rialzarlo una deliziosa barcarola di Baroilhctj cd un terzetto clic dà fine all’opera, clic ò d’un aggradcvolissimo effetto e clic lai forse la sola imperfezione di chiudere un po’ leggermente l’imponente riunione de’pezzi drammatici, clic formano complessivamente lo sparlilo del Don Sóliaslicn. Da questa rapida analisi, voi avrete traveduto elio la musica giustificò altamente le grandi aspettazioni del pubblico e della direzione, e clic il legittimo trionfo di Donizetti ha arricchito il regno musicale d’uri nuovo capolavoro. Nò questo successo sarà di breve durata, aliò anzi il temilo e la riflessione andranno sempre più rafforzandolo, giacché il Don Sebastiano appartiene al novero di quelle opere, lavorale con profondità c coscienza, che vanno sempre più acquistando quanto più vengono con minutezza esaminate. L’esecuzione di quest’opera affidata alla Sloltz cd ai signori Duprcz, Barroilhct, Massol, e Lcvnsscur fu assolutamente degna dei più splendidi nomi di cui s’onori 1 arie francese. Gl’interpreti della musica del granile maestro non ommiscro nò arte, nè ispirazione per collocarsi al livello dell’incarico che veniva loro affidalo, c corrisposero ampiamente all’importanza ’della loro missione, E ben vero clic la loro impresa ricscivn meno difficile dal momento, che nessun maestro ai nostri giorni conosce cd indovina meglio di Donizetti le qualità dei cantanti clic deve impiegare, nò sa trarne partito al pari di lui; ma pure io debbo costatare coi più vivi elogi l’impégno con cui tulli cercano di tradurre i concetti del grande itab’ano, c la felicità con cui raggiunsero il loro scopo. Duprcz, fra gli altri, fu inarrivabile; giammai, neppure nei suoi giorni migliori, egli fc’pompa di eguale calore, energia, potenza, nò meritò mai, più clic in quesl’opera, il titolo di primo cantante della Francia. Dativi questi dettagli non vi parlerò delle decorazioni clic sono d’un lusStf, d’un buon gusto, d’un effetto incredibile; le meraviglie di misc-en-scdne a crii ci I» avvezzati l’Opéra, impallidiscono innanzi ai nuovi c prodigiosi risultati ottenuti dalla direzione: in tale occasione; le istorie favolose delle fate furono realizzate per circondare coi loro prestigi questo nuovo capolavoro di Donizetti. Passando ora al teatro Italiano la Maria di Ilolian, scritta pclln scorsa primavera di Vienna, manierine nella massima parte gli augtirii favorevoli clic avenno; preceduto la sua comparsa. II primo cd il secondo.