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cali. - Come del primo l’opera stupenda della creazione. dell’universo aveva formato il subbiclto, cosi lo fu del.secondo l’alternarsi delle stagioni, i fenomeni naturali clic ne succedono. E come non vi ha quadro che si renda veramente interessante per noi se l’uomo non vi comparisce, in isccna, cosi nel nuovo poema (che da quello dcH’inglcse Thompson., dal quale e tratto, ebbe il titolo - Le Stagioni) alle descrizioni dei naturali fenomeni si alternano quelle delle azioni umane che più vi han rapporto, tra cui primeggiano le faccende campestri. Con fervor giovanile si pose Haydn al lavoro, e sul finire dell’anno 1800 la partitura fu compita. Nelle sale del già nominato principe di Schwartzcnbcrg anche questo nuovo componimento fu eseguito le prime, volte nei di 24 e 27 aprile, e nel di primo maggio 1805. Fu desso in certo modo il canto del cigno pel celebre maestro, poiché, quantunque Van Swicten avesse già concepito il disegno di un altro oratorio o cantata, di cui i Almissimi dovevano esser soggetto, null’allro più sortì dalla sua penna tranne tre quartetti, l’ultimo dei quali le forze ognor più decrescenti non gii permisero terminare. Abbcnchò le Stagioni fossero accolte a Vienna con sommo plauso, l’autore stesso ne sentì l’inferiorità paragonandole con la Creazione, per lo che ebbe a dire clic mentre in questa son angioli clic cantano, in quella son contadini. È un fatto intanto che quantunque ogni pagina delle Stagioni riveli l’altissimo magistero dell’autore, pure nella parte melodica una certa stentata grettezza, una qualche prolissità, un tal quale languore accusano talora la stanchezza della già feracissima immaginativa. Ollredio.hò, e forse appunto in conseguenza di ciò, questa composizione è in generale più minuta nei particolari e più frastagliata che tutte le altre composizioni del celebre autore; e per questo, abbcnchò per data la più moderna, forse la meno adatta ad essere oggi offerta pubblicamente ad un’udienza formala in modo indistinto di ogni sorta di persone, anziché ad un ristretto uditorio di scelti professori ed amatori di musica. Tanto più in Italia, dove le cagioni estrinseche che ne sostengono la popolarità in Germania mancano quasi tutte. - Ma vi è di più; da quanto fu detto di sopra si può dedurre del pari che le Stagioni esigono ad essere ben eseguite un luogo ohe non sia vasto di troppo ed un numero di scelti ma non troppi esecutori. Ed essendoché le condizioni sotto la influenza delle quali s’intesero presso di noi produrre erano appunto di queste le inverse, così, per questo lato, non sembra meritare grande assentimento di approvazione la scelta. Ma siccome, ad onta delle lievi macchie di cui sopra è parola, vivissima e la luce clic spicca pur sempre dall’Ila y de n iano lavoro, e che quelle macchie, le stesse inconvenienze di mezzi e di luogo potevano in certo modo dissimularsi per mezzo di una esecuzione tanto più accuratamente ben preparata e condotta, così poteva restare giustificata in certo modo la scelta, tanto più se si considera la deficienza di opere nel genere dell’oratorio che caratterizza la nostra moderna scuola italiana, la soverchia astruseria, per le orecchie dei più, di quelli dei Mcndclsshon, degli Spohr e degli altri scrittori della moderna scuola tedesca, e la ormai troppo cresciuta discrepanza dal gusto oggi invalso di quelli della vecchia scuola italiana, o degli altri classici del vigoroso e robusto Handel. Ma, per quanto doloroso possa riuscire il confessarlo, convicn dire clic, qualunque si fosse la causa, l’esecuzione non fu preparata con istudio bastantemente maturo. Con sistema diametralmente opposto a quello tenuto negli anni indietro, e riconosciuto tanto proficuo quando per più volte fu eseguita in simigliarne circostanza la Creazione e poi lo Slabat di Rossini, abbcnchò si trattasse di una composizione delle sunimentovate molto più difficile e lunga e mai eseguila tra noi, in luogo di preparare gli esecutori con sufficienti studj individuali all’esperimento, si riunirono addirittura ed all’improvviso alle generali prove di orchestra, che non furono più di quattro, misti coni’ erano tra molti abilissimi altri che erano poco mcn che orecchianti, e tulli insieme in un numero così smodalo che rendeva difficilissimo invigilarli e dirigerli; Per lo che, ad onta del buon volere di tutti, è mancato generalmente nell’esccuzionc quel nerbo, quella unione, quella sicurezza ed esattezza che se neU’esccuzioiie di ogni musica è necessaria, in questa è essenzialissima, e di cui altra causa convicn riconoscere in una battuta portata quasi sempre in modo incerto ed ineguale, nei movimenti talora errali e spesso troppo lenti negli adagi, e troppo mossi negli allegri fugali, e che, per di più, mai conscrvaronsi eguali nello stacco degli stessi pezzi ed alle prove ed all’esecuzione. - E qui è il momento di notare un altro sbaglio (a mio credere) del maestro, d’altronde senza dubbio abilissimo, clic dirigeva l’esecuzione. Che in sul finire dei pezzi si tenda piuttosto ad incalzare un poco che a slargare i movimenti, va bene; ma che indistintamente in tutte le perorazioni musicali si raddoppi all’impazzata il movimento, anche quando l’autore non l’ha indicalo nò ve n’è traccia ili necessità nella composizione, ò sistema che, se può tollerarsi nei disperati gran-finali delle moderne tragedie liriche, non saprebbe scusarsi nelle tranquille |j composizioni di oratorio del genere di quelle di Haydn, i| nelle quali non vi ò nota o riposo che non sia savia1 mente calcolato, o cosa clic offra motivo a tali malte sfuriale. Ed ò pretesa che non mi sembra suscettibile di giustificazione il voler guidare così a soprassalti capricciosi grandi masse di orchestre e cori di più centine ili persone, non avvezze a trovarsi costantemente e regolarmente riunite insieme sotto lo stesso direttore, ma eventualmente raccolte. Il minor male che ne soglia avvenire, ò un ondeggiamento che dai primi si propaga grado a grado fino agli ultimi, e clic non si calma prima del finire del pezzo. Ma ben altre cose più importanti restano a dire. Quella cura che non si pose nell’istruire bastantemente gli esecutori, si spese nel raffazzonare per l’esecuzione l’opera del maestro. - E prima di lutto si considerò che, trattandosi di un’accademia come quella di cui parlo, le Stagioni sono una composizione alquanto lunga; onde si pensò ad accorciarla. In genere l’idea non mancava di una certa giustezza, ma come si mandò essa ad esecuzione? - Vediamolo. - Oltre all’avere omessi tanti pezzi, cosichè l’invito al pubblico per assistere alla esecuzione delle Stagioni di llaydn poteva dirsi all’incirca una decozione, si dette il bando quasi indistintamente a tutti i recitativi; con clic si distrusse quella varietà di effetto di cui llaydn è stalo sempre così vago. E da ciò nuovo inconveniente derivò pure. Le Stagioni sono come una galleria di quadri diversi, che hanno però tra loro un legame, un rapporto pel quale si riferiscono ad una idea principale che tutti li domina. Ora, poslochè tai quadri delibano necessariamente situarsi in una sala determinata che tutti non li possa contenere, sarà giuocoforza lasciarne fuori taluno; e quantunque l’insieme onde quella galleria era bella sia per soffrire necessariamente da questa mondatura, se si elimineranno i quadri unicamente episodici il male non sarà tanto.grande. Ma chi sarà mai che voglia sopprimere le cornici dei quadri che restano, anzi con sacrilega mano ritagliarli a capriccio, in modo da renderli di dimensioni minori: - Non pare ciò possa neppure immaginarsi; eppure egli è quanto nò più nò meno si fece nel nostro caso mediante la quasi indistinta soppressione dei recitativi. Infatti, contengono essi quasi sempre la esposizione del soggetto di cui nel pezzo metrico successivo si ha lo sviluppo. Così, per esempio, nell’Estate dal Soprano si descrive in un recitativo stromcntalo il primo albeggiare, quindi il crescer per gradi della luce, mentre nel successivo terzetto in re maggiore si ha la descrizione del levare del sole; dopo di che. la massa del coro prorompe in un inno entusiastico per tal meraviglia. Così nell’Autunno si annunzia in un breve recitativo clic, maturi i grappoli, i contadini si apprestano a vendemmiare, e ne segue quel gran coro in cui la vendemmia è pcnnellcggiala con mano più che maestra. Così ncll’Inverno in un recitativo stromcntato si descrivono le contadine raccolte in sulla sera intorno al fuoco a filare, e nell’accompagnamento è introdotto di quando in quando un andamento di orchestra che esprime il girar delle ruote e dei rocchetti; e a quel recitativo licn dietro una canzone di filatrici, durante la quale i secondi violini e le viòle fan sentire di nuovo lo stesso andamento caratteristico che fu proposto nel recitativo. Ed in altro recitativo si annunzia che una giovine contadina si appresta ad intrattener la brigata con una gaja frottola, e ne segue quel grazioso racconto, vero modello di comica delicatezza, dopo il quale, finita già la favola, in due recitativi ed un’aria, che furono omessi, se ne spiega la morale, spiegando l’analogia clic passa tra il corso dell’anno e quel della vita umana, e dando occasione così a quell’inno di lode e di ringraziamento a Dio, che, sviluppato in una maestosa fuga, da fine al componimento. Ora ò chiaro che soppressi, come fu fatto, tutti questi ed altri recitativi, i pezzi che dovevano esserne preceduti, ricscirono per gli uditori veri indovinelli, de’ quali non apparendo la convenienza, male emergendone il significalo, fu come perduto il pregio più bello, e ben poco poterono interessare. Nò ciò è ancor tutto; clic anzi rimane a dirsi il peggio. - Se vi è scrittore di musica chc.abbia mai posseduto in sommo grado la convenienza e la varietà del colorito, quello fu per certo Giuseppe Haydn, e dà prova di scarsa sagacia chi crede povertà quella che nelle sue partiture è sobrietà bellissima: sobrietà clic è per sé stessa la maggiore delle perfezioni. Tra i cori delle Stagioni ve n’ha di quelli che son pieni di ogni sorta d’istromcnlazioni e di stromcnli; altri clic sono accompagnati da un’orchestra più ristretta. Ciò non ò stato fatto a caso dall’autore, ma con lo scopo di ottenerne una varietà ed una verità di espressione maggiore. Così è da osservarsi che nella istrumcntazionc di quei, cori che sono di soggetto meramente pastorale sono impiegati’ tra gli stromcnli da fiato i soli flauti e gli stromcnli di legno a piva, cui son misti talora soltanto i corni ad ottenerne una certa maggiore sonorità; ma ne sono esclusi accuratamente, oltre gli stromcnli più rumorosi di ottone, per fino i clarinetti, che sono invece introdotti in altri lunghi dove il loro impiego poteva riuscire più conveniente. Ed ora (chi il crederebbe?) in tutti i cori indistintamente furono aggiunti e clarinetti, e.trombe, e. tromboni, ed offiiìeidi, cosicché uno dei principali pregi, della composizione veline à sparire, a perdersi in un y assordante continuo rumore. E, ad esempio del con- Ct trosenso che spesso ne derivò, basti citare la canzone delle filatrici nella quarta parte, della quale ho parlalo di sopra, elio con tutto quell’intempestivo strepitar di oricalchi, oltre all’accento troppo più vibrato di quello avrebbe dovuto essere, anziché un tranquillo villereccio canto apparve una danza di demoni, o almeno un inno guerriero di Patagoni, d’irocchcsi 0 di altra simile selvaggia genia. Oltreché da tale preteso arricchimento della islrumcntazione derivò, che rotto l’equilibrio dell’orchestra, si persero quasi sempre in mezzo al rumore degli stromcnli da fiato quei bellissimi ed interessanti lavori di cui è ricco sempre il quartetto degli stromcnli da arco. - È poi cosa strana da avvertirsi che di fronte a questa manìa di far uso di tutti i più rumorosi stromcnli, anche contro il voto del compositore, nell’unico pezzo dove egli slcsso ha introdotto il flauto piccolo, ovvero ottavino, voglio dire nell’aria del basso nella Primavera, quella parte fu eseguita eoi flauto traverso ordinario. Che con tutta parsimonia s’introducano gli stromcnli da fiato nelle opere di quegli antichi maestri clic non poterono usarne perché non li conoscevano, può con-, donarsi, purché si adopri in ciò con ogni riserva e cautela; ma quando, anziché ad un semplice e raro riempimento, si voglia in tali lavori estendere l’arbitrio a rifare al tutto la strumentazione, per ottener venia dell’ardire convicn chiamarsi Volfango Amadeo Mozart (1); ma chi pose mano a questo malaugurato lavoro nel nostro caso, abbcnchò sia artista abilissimo, anzi dei più valenti direttori teatrali, non era Mozart, nè le Stagioni avevan per nulla bisogno di essere in tal modo arricchite e raffazzonate. Resterebbe ora a parlare più specialmente dellYsccuzionc; ma siccome molte cose ad essa relative possono rilevarsi anche dalle considerazioni svvraesposle, così senza entrare infruttuosamente in minuti particolari, e seguendo il sistema di cui ni? son fatto una legge nei meschini miei critici lavori, di parlare cioè principalmente di che può avere un interesse artistico generale, mi limiterò a dire che se nell’esecuzione per parte dell’orchestra mancò spesso il chiaroscuro e l’unione, credo avvenisse principalmente dalla cattiva organizzazione e distribuzione dell’orchestra medesima. Cattiva organizzazione clic risulto specialmente dal non essersi- determinato in modo bastantemente assoluto la gerarchia- del comando, e la ’ catena della subordinazione, e nell’avere spinto gli. stranienti da fiatò, gli ottoni in ispccic, ad un numero smodato in confronto a quello degli stranienti da arco. Cattiva distribuzione o situazione di cui può darsi ragione dicendo, che troppo sparpagliati sovra un palco eccessivamente grande erano i suonatori; che il primo violino ed il violino di spalla trovavansi separati e lontani di troppo da tutti gli altri violini; che lo stesso primo violino era in luogo non sufficientemente visibile da tutti; che li stromcnli della stessa specie trovavansi disseminali troppo in diverse parti dell’orchestra e gli uni dagli altri lontani. Non dico ciò per 1 contrabbassi, clic, quapdo non possa farsi di meglio, possono spargersi su vari punti per servire di sostegno a tutti; ma lo dico per i violini, per le viole, pei flauti, pei clarinetti, pei quali non mi pare vi sia scusa sufficiente. Ecco quello che, obbedendo al mio non grato solilo ufficio di critico* ho creduto cosccnziosamenlc dover dire nel proposito di questa grandiosa festa musicale, che pel suo carattere non comune tra -noi, per J’interesse artistico che offre, per l’utilità di cui in progresso può riescirc per l’arte; ognuno doveva aver desiderio di coadjuvarc, e addurre ad ùn punto di perfezione che facesse tacere una volta i rimproveri che riguardo al modo di eseguire la musica abitualmente e per sistema, ma pur troppo non senza qualche ragione, ci gettano in faccia gli oltramontani. Chiudo intanto queste righe con una grata notizia che va pubblicamente circolando per questa città: che, cioè, per la festa dell’anno avvenire abbia preso impegno il celebre Merendante di scrivere la musica di una cantata. Alla quale si aggiunge che di altra da eseguirsi nell’anno successivo abhia ricevuto la onorifica commissione l’allievo dello stesso Merendante, il maestro Teodolo Mabellini pistojesé. Firenze li 8 Luglio 1845. L. F. Casa morata. (!)./: noto che Mozart, dovendo eseguirsi in Vienna il Messili di Handel, aggiunse alla partitura un completo corralo di strumenti da fato. GRANDE SERENATA nel Palazzo del NobillsMmo sig. Due Avioaio Luta Viscom Akese. La notte del 15 al -16 corrente fu noti di festa al Palazzo Litta. Era la vistili