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valori dell’ortodossia in fatto di musica religiosa, i quali a buon dritto vogliono che il più vivo sentimento di religione ne domini l’ispirazione (non senza però divietare le varie tinte di questo sentimento) non siensi mai avvisati di biasimare l’uso delle fughe d’un movimento vivo, le quali da lungo tempo formano il fondo, della musica d’organo in tutte le scuole. Forse che ciò ha luogo perchè i temi di queste fughe, alcuni dei quali esprimono un bel nulla, e molti anzi sono d’una foggia pel meno grottesca, diventano religiosi e gravi solo perchè sono svolti nello stile fugato, vai a dire nella forma che tende a i-iprodurli il più spesso, a porli ripetutamente in rilievo? Ovvero, codesta moltitudine di entrate delle diverse parti, codeste imitazioni canoniche, codesti spicchi di frasi ritorte, incastrate, perseguentisi, fugantisi, rotolantisi le une dietro le altre, codeste tiritere dalle quali è esclusa la vera melodia ove gli accordi si succedono sì rapidamente che a malappena se ne può discernere il carattere, codesta agitazione incessante di tutto il sistema, codesta apparenza di disordine, queste repentine interruzioni d’una parte che subentra all’altra, tutti questi armonici viluppi ottimi a dipingere una orgia di selvaggi, o una danza di demonii, si trasformano, nel passare che fanno dalle canne di un organo, e assumono l’accento serio, grandioso, supplice o meditativo, proprio della prece devota, e del raccoglimento, ovvero quello del terrore e della prostrazione religiosa? Vi ha delle menti cosi strane, le quali non esitano punto a porre lutto ciò fuor di dubbio. In ogni caso, i critici dei quali parlavo or ora, senz’affermare precisamente che le fughe vive d’organo sono intinte di sentimento religioso, non ne hanno mai biasimata la sconvenevolezza e l’assurdità, e questo, a non dubitarne, perchè ne trovarono l’uso inveteralo da lungo tempo, perchè i grandi maestri, ubbedendo essi pure alla consuetudine, ne scrissero una quantità, e da ultimo perchè gli scrittori che trattano della musica religiosa, essendo per solito molto ligi ai dogmi cristiani, considerano tutto ciò che mirerebbe a indur cambiamento nelle idee consecrate, come cosa pericolosa e incompatibile colla immobilità della fede. Quanto a noi, e per far pieno ritorno al nostro argomento, affermeremo che a giudizio nostro, ove l’invenzione di Erard venisse applicata all’organo antico non altrimenti che come un nuovo meccanismo, in modo che fosse in arbitrio dell’organista di usare i suoni espressivi e di non servirsene, o almeno in guisa che ei potesse sforzare o diminuire certi suoni indipendentemente da altri, affermeremo che sarebbe un perfezionamento reale e tutto a vantaggio del vero stile religioso. E. Beblioz. MUSICA MODERNA CESTIVI 8UUI1A MUSICA SACRA (Continuazione; vedi il foglio antecedente). Due uffizj ha la chiesa: uno pei vivi, l’altro pei morti, uno di letizia, l’altro di tristezza:, due colori perciò debbe avere la musica sacra onde adattarsi al diverso rito. E comechè questa diversità io la vegga generalmente usata, nondimeno vorrei sapere quale e quanta debba essere colesta differenza. La corda, amico mio, non debbe cangiare, è sempre quella della divozione} cangiano solo le melodie, o, dirò meglio, il colorito delle melodie, nello stesso modo che la chiesa muta il color delle stole} che del resto, come sapete, il sagrifizio che celebrasifpei morti in nulla differisce da quello dei vivi: solo alcune cerimonie, alcune preci si trovano mutate. Ora appunto per non voler badare a questo, soglionsi commettere alcune dissonanze nella musica, le quali meglio cliiamerebbonsi errori. Coni ceduto che un tetro preludio stia bene sul principio d’un Requiem, onde il devoto componga a tristezza la sua mente, perchè mai queste parole che canlansi a conforto del defunto: Signore, dategli l’eterno riposo, e la perpetua luce lo rischiari. A te, o Dio, si debbe un inno in Sion, ed un voto in Gerusalemme: ascolta la mia preghiera, a te ritornerà ogni uomo in carne, perchè mai, ripeto, queste soavi e consolanti parole che parlano del cielo dovranno essere accordate con note sepolcrali, con suoni bassi e profondi? Anzi una preghiera che ricorda la vita futura, che augura felicità all’estinto, che addolcisce l’amarezza della morte dovrebbe essere accompagnata da tenere melodie. Così dicasi del Kyrie, dell’Offertorio, e di altre preci. Solo nel Dies irte può il maestro cangiar registro, e caricar il suo quadro di tinte le più fosche, le più spaventose, ma a tempo e luogo onde non commettere dissonanze. Aggiungo alla musica dei mortori quella della settimana santa, musica, coinè credo, la più difficile per tutti i riguardi. I lamenti dell’inspirato e sublime Geremia come sono inimitabili in poesia, così anche in musica} ed un bravo compositore, quando sia giunto con molta fatica ad esprimere sentimenti di dolore che non spiacciano per la loro monotonia, non isperi di più} ed il perchè lo sa un tale che uscendo il venerdì santo dai lugubri uffizj della sera, crollalo il capo, disse (come io udii) all’amico: oibò! il maestro ha presa una corda per l’altra-, e poi per esprimere a capello i treni di Geremia bisogna sentire un dolor profondo, ed un forte amor patrio, - Costui aveva ragione e se fosse maestro potrebbe far de’ miracoli. Son sicuro, che egli in luogo di ripetermi tante volte Jerusalem, mi farebbe sentire nelle sventure di quella città, nell’ultimo eccidio di quella patria tutta la dolente storia d’un’anima che gemendo sotto il peso de’ suoi falli anela al pentimento, e nella schiavitù della colpa sospira la libertà, sostenuta dalla speranza del perdono, e della futura sua riedificazione... Ma che? non è egli vero che molti salmi e cantici presentano le stesse difficoltà? le quali per altro, anzi che spaventare dovrebbero, indurre i maestri a severo studio, poiché l’arte è lunga, e la vita è breve. In quanto alla messa dei vivi, benché debba essere festosa e lieta, nondimeno fa d’uopo aver qualche riguardo alla differenza delle solennità. Se una messa pasquale, per esempio, vuol essere tutta gioja e brio, quella in onor d’un martire esige un’allegria temperata da alcune meste melodie che ricordino le sofferenze del martirio. Il maestro vada via accordandosi col colore delle vesti sacerdotali e col rito che si celebx-a} queste sono le prime consonanze che debbe adoperare. Ma ciò che maggiormente importa si è il complesso della musica che aebbe accompagnare questo augusto e tremendo rito della cattolica Chiesa. A questo proposito io direi che il I compositore potrebbe considerare la messa | in musica sotto l’aspetto d’un sacro dram- | ma. Se la messa è la.rappresentazione del | sagrilizio della croce, che compiesi nelle fi i sue distinte parti, perchè la musica non espri- i mera questa rappresentazione con drammatico processo? Figurisi il maestro il Sa; orifizio cTIsacco o la Piissione di Cristo ’ come furono scritti da Metastasio, aggiungendovi solo una terza parte che debbe contenere il ringraziamento} così egli avrà la sua musica divisa quasi in tre atti, nei quali tenterà di tratteggiare colla varietà | de’ motivi, coi colori dell’armonia. e col, l’uso opportuno delle voci e degli stro1 menti il grande sacrifizio. In questo intrec| ciò egli non avrebbe a seguire altra trac| eia che le vibrazioni di quella corda di! cui abbiamo parlato} poiché quivi è il primo amore, che volonlieri si vota, chè immensamente soffre, che trionfalmente risorge per la salute dell’uomo. Una musica che oltre le parole della-liturgia esprimesse degnamente questo divin processo dell’amore sarebbe un capolavoro da riporsi tra le migliori produzioni delfumano ingegno. Che se questo metodo paresse o difficile, 0 superiore alle forze dell’arte, potrebbe almeno il maestro avvicinarvisi passando gradatamente dalla gravità deY Introito alla tenerezza del Kyrie; dalla varia allègrezza del Gloria alla maestà del Simbolo, procurando che il resto della messa fosse in luogo d’inopportune sinfonie, 0 d’insignificanti mottetti cantato colle parole della medesima liturgia, come in alcuni luoghi saviamente si usa} e così verrebbesi a schivare ogni sorta di dissonanze, che quantunque sieno comode e spedite, nondimeno Perchè non son fruito dell’ingegno e deiarte, ma anzi vitupero e danno della musica, debbono essere abolite. E qui, per far fine, io lascierò altre riflessioni sull’intrinseco della composizione, sull’economia degli accompagnamenti, sul modo della esecuzione, dalla quale siccome il buon esito della musica dipende, cosi prende pure diverso colore l’ecclesiastica armonia, tanto più quella parte che riguarda il canto; poiché, a dirlo di passaggio. il modo di cantare in Chiesa debbe essere tutto diverso da quello del teatro, dove certe licenze son tollerate per non dire applaudite. Perciò il bravo cantore di Chiesa faccia come il maestro, veli la sua voce, ricordandosi del luogo dove canta. Un canto che in tutta la varietà dei motivi e delle modulazioni consuoni colla corda devota debbe essere il migliore} nè senza ragione diceva Davide cantando, che bisogna salmeggiar bene, benepsallite, perchè la parola di Dio è retta-, il che può significare, che il canto debbe concordare collo spirito delle parole. Nè altro avendo per ora da aggiungere vi dico sinceramente addio. B. I FANCIULLI VIAXESI AL TEATRO RE Prendete tutti questi ammirabili artisti, cori, prime c seconde parli, e comparse; prendete tutti questi interpreti di quanto v’è di più fino c di malizioso nello spirito di Bcauiiiarchais, di quanto v’e di più brillante, di più vivo, di più frizzante nel genio di Rossini; prendete questa Rosina gaja, vivace, furba come una ragazza clic dovrebbe avere diciotl’aimi ed un intrigo, questo conte appassionato, bello, c coperto d’oro e di de-. eorazioni come dcv’csscrlo uno spagnuolo, quest’ccgcI- I lente tutore clic adopera tutta la malizia cli’è necessaria j per essere burlato, questo nobile Figaro che aggiusta e 1 baffi degli amanti e sommale tutt’assieme! Sarete ® assai bravi se tutto compreso, non eccettuate le guar- (