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| sica sorrise alle altre arti sorelle nascenti, | al valore, alle glorie, e senza abbandonare, l’antico suo asilo, il tempio, ella visitò i ne5 gri castelli de’ piccoli sovrani ed i campi di battaglia. Fu allora che in Italia ed in Francia sorse uno sciame di trovatori e di menestrelli a celebrare colla voce e con istrumenti o greci o moreschi le grandi gesta e la bellezza. L’ingenua sirventese, la toccante romanza, la leggera ballata, ecco la musica di que" tempi: a traverso la ignoranza de’ rapsodi, e la semplicità quasi goda de’ loro canti, si vede il progresso lento ma innegabile della musica. Mentre in Francia ed in Italia l’arte musicale si univa alla poesia e concorreva così all’avanzamento della civiltà, nasceva in Allemagna una letteratura nazionale e popolare, le cui spontanee ispirazioni erano sposate al prestigio dell’armonia. I poeti-musici alemanni del decimoterzo e decimoquarto secolo appartenevano, come anche i trovatori provenzali, alle più alle classi della società, ciò che dava a quella vita avventuriera e galante la voga della moda: sanzione, come ognun sa, cotanto influente. In Danimarca e Norvegia nacquero gli Scalili, in Irlanda i Baiali, i quali, girando alla ventura, si affratellarono cogli italiani, cogli alemanni e co’francesi formando quasi una famiglia e promovendo il gusto della poesia e della musica. Le canzoni, serenate. fandango, bolero, tonadillas, ecc., furono la gioja di tutte le corti, e la musica destò la simpatia di tutta Europa. Ma con romanze e bolero la musica non poteva crescere ed ampliare i suoi confini. Fu circa il finir del decimoquarto secolo, ed il cominciar del seguente, che comparve il benemerito Giovanni Tintore. T. (Sarà continuato). VARIETÀ. I niaestrt eomjtositori di mugica melodrammatica dovrebbero essere attori. Un sorrisetto, che annunziava stenograficamente il compatimento, spuntava sul giovinetto labbro di un maestro di cappella mentre io sortiva colla proposizione che ho messa per capitello a questo articolo. Significava quel dottissimo sogghigno che io avessi detto una teoretica bestialità:, eppure io crederei di poter appoggiare quel capitello su di un ragionamento fermo come colonna cui serva di base la logica. Mi proverò, e se non ci riesco, seguiti a ridere il maestrino, e ridano i maestroni, ma se vi arrivo, riderò io benignamente del primo, e mi saran grati i secondi. Già da lungo tempo si declama contro la non minor parte de’cantanti teatrali, accusandoli ora di burattinismo, ora di nullità nell’azione} e per verità bisognerebbe non aver buon senso per non ridere del telegrafico loro gesticolare, di quel loro moversi ed atteggiarsi sulla scena che han che fare col senso della poesia cantata e colla situazion drammatica, come il dondolar d’un pendolo col ritmico e leggiadro ballar della Cerrito. Sì, ma il faut ètre de bon compie, la colpa è ella poi tutta e sempre de’ cantanti?... Sono cinque, se mal non m’appongo, le cause di questo difetto che alla maggior parte degli spettacoli melodrammatici toglie tre quarti (buona misura) del possibile effetto: che mette X Opera presso a poco al livello di un’accademia vocale ed islro- 79 mentale; che rende quasi inutili, insignificanti i recitativi, che pur sono la parte eminentemente drammatica dell’Opera in musica. La prima di queste cause è l’ignoranza di declamazione, di mimica, e questa viene o dall’essere il cantante rozzo nello spirilo, e non potè impararle: o dalfessere capitato in un maestro che o non ne sapesse o non sapesse insegnarle} o (quel che più spesso accade nei canori cuterpei) dall’avere una cordiale antipatia allo studio: o finalmente dal voler credere per forza di aver ricevuto dalla benigna mamma natura un genio che non ha bisogno di studio, un genio bizzarro (o matto) che sdegna le pastoje delle regole. de’ precetti. degli altrui suggerimenti: e anche di questi ve ne sono, perchè l’assortimento de’ ridicoli è necessario a formare l’infinita varietà dell’umano quadro. La seconda causa si è il non essere ancora persuasi molti cantanti che l’essere attore sia attributo indispensabile nW’artìsta cantante scenico: basta nell’opinione di questa buona gente il saper trillare, gorgheggiar passaggi, gruppetti, far il portamento, la messa, dì voce, scivolar sulla scala cromatica; basta perfino per taluni di loro (guardate mirabile semplicità artistica!) basta il poter arrampicare su per gli acuti o trombeggiar profondi bassi per essere già artisti bell’e fatti, senza che abbisogni seccarsi collo studio dell’espressione, di tutto ciò che costituisce la musica un’arte imitativa.} e figuratevi poi se vogliono studiare il come movere le braccia, come atteggiar la persona! è anche troppo se si pensa ad alzar le mani piuttosto che abbassarle nel cantar e oli stelle.! Eppure, miei cari, vi dovrebbe servire di forte stimolo allo studiare con ogni impegno Tazione il pensare che il cantante attore dura negli applausi e nei sonori quartali. anche dopo qualche crisi nella voce, ma al contrario il semplice cantante, è costretto a chiuder bottega appena diventi smunto o s’abbassi lo cisolfautte. La terza causa si è la difficoltà della mimica melodrammatica, difficoltà assai maggiore che non quella della drammatica.parlata. É cosa, a dir vero, un pocheltin ridicola che alcuni maestri di declamazione non pensino a questa essenzialissima differenza quando insegnano ai novelli cantanti. Eppure, dopo averli ammaestrati nella declamazione mimica-parlata, non sarebbero ancora che a metà strada. - Volere o no, bisogna ammettere per la declamazione cantata la sinonimia de’gesti per tutte quelle formé di frasi musiche che non saranno Recitativi, parlanti, le quali, o prolungando la durata delle parziali espressioni. o ripetendole sulle stesse parole, vogliono quelle possibili variazioni, quelle gradazioni di mimica che sono compatibili col non cadere nel contrassenso o nell insignificante e ridicolo gesticolare de’ cantanti de ea. i quali col più bel ripiego del mondo sorpassano l’ostacolo di quella difficoltà. Nulla di fatti di più facile, di più comodo dello ripetere gli stessi gesti quante volte sono replicate le parole, come fanno le coristiche macchine, o cambiar gesti come viene, basta che le braccia si movano} e ciò che è ancor più spiccio espediente, dello stare immobili e cantare come canta messer clarinetto o messer fagotto. La quarta causa si è il non iscarso.numero di applauditoci orecchianti, di quelli, m’intendo, che, a dovizia forniti di organi uditorj, ma poverini di anima, e privi di tatto drammatico, poco si curano di azione: poco importa loro di sentire la poesia cantata. e, contenti di poter dilettare l’organo in loro predominante, vanno in brodo al sentire un trillo, una volata, una cadenza fiorettata a casaccio, e quindi si sbracciano ad applaudire, sicché que’ cantanti, inehbriali da questi omaggi, si ridono poi della critica che con amore li esorta a studiare e non pensano che gli applausi presto passano ma la loro arte scapita e li abbandona. La quinta causa ( e qui la colpa non è de’cantanti, ascende assai più in su) è colpa de’ signori maestri compositori che non sono attori. - Io opinerei che non possa ottenersi vai Opera perfetta, un dramma in musica capace di tutto il possibile, effetto se non da un maestro che fosse e poeta e verseggiatore; ma transeat questo, perchè, alla fin de’ conti, se il maestro non è poeta può avere educato lo spirito ( e questo poi è indispensabile ) a segno di sapersi immedesimare nella poesia altrui, di penetrarne ben addentro il tipo, il carattere generale, riconoscerne i rapporti varj cogli episodj, comprendere i caratteri distintivi de’ singoli personaggi, rilevarne i contrasti, conoscere intimamente il senso fondamentale de’periodi, onde distinguerlo dai sensi accidentali degli incisi o delle parole isolate; insomma il maestro non poeta ma studioso, ma colto, può anatomizzare la poesia che deve infiorare, rinforzare, immedesimare colla musica. Sì... ma ciò non basta, e ripeto essere necessario che il maestro sia attore, od abbia almeno la forza di fantasia necessaria per sapersi trasportare ne’panni di coloro che devono cantare i melodrammi da lui musicati; ed immaginarsi gli atteggiamenti, i moti, i gesti, la mimica insomma colla quale gli attori cantanti dovrebbero eseguire l’Opera, onde il complesso dell’azione non venga defraudato del possibile effetto scenico, della sua forza nell illudere, nel commovere, e l’Opera in musica 11011 si converta in un concerto vocale ed istcoment ale cui la poesia 11011 abbia servito che per darle un nome, e per dividerla in atti, scene, arie, duetti e via discorrendo. - Crederei non doversi dubitare che tutto nell’Opera, debba concorrere a dar moto, energia, espressione, forza imitativa, calore al soggetto espresso dal dramma; che a questo scopo debbano concorrere colle peculiari loro forze la melodia, l’armonia e l’espressione mimica; che sono questi i tre principali elementi che il maestro deve avere incessantemente presenti alla fantasia nel comporre; che anzi potrà bensì per alcuni intervalli lasciare o l’armonia o la melodia, e perfino e l’una e l’altra, ma giammai, nemmeno un istante, deve perdere di mira la mimica, la così detta azione, essendo questa la parte veramente essenziale della rappresentazione, la parte che anche sola, isolata, può presentare un alibozzo di azione rappresentativa: ciò che non saprebbe fare la melodia da sola, peggio poi l’armonia. - Vuole 1 uso 1 introduzione alla cavatina, l’orchestra deve anticiparne qualche cosa; l’attore è già in scena, anzi avrà cantato un recitativo; ma... avete pensato, o signor maestro, qual scena muta potrà eseguire l’artista onde Xazione drammatica seguiti il corso?.... E.cantato Vandante. prima che si canti Vallegro, vuole la consuetudine (non diciamo ora se ridicola o no ) ciré l’orchestra ne presenti il motivo, ma intanto che farà l’attore?... Riposerà... Sì, ma intanto che riposa, s’inter