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lare quello artista fu la pubblicazione della Fantasia sulla Norma. Gli è un sublime scritto, che basterebbe di per sè solo a dar fama di grande ad un compositore — Udite quell’imponente e fragorosa introduzione, che amoreggia come torrente per ismisurati dirupi: a poco a poco si sperde, e racqueta: ed eco alzarsi un canto lento, misterioso or soave, or truce, che par la dipintura del cuor di Norma: il coro de’ sacerdoti sopravviene a dar una tinta vieppiù commovente alla composizione... Quivi sostate: le variazioni sono omai tenute da tutti per un controsenso, nè Thalberg avrebbe interrotto con delle meccaniche scavezzature una poesia sì bene incominciata, se non vi fosse stato trascinato dalla moda: inoltre, facendo astrazione dalla cattiva natura della variazione in generale, quelle che Thalberg sa creare sono ingegnosissime, e come lavoro isolato, assai belle... Ma quetato il garrito delle variazioni, di nuovo si ode il gemito di Norma, ed un oceano di voci sorvolare a quel gemito come a conforto della meschina sacerdotessa: fra pompose ed austere combinazioni d’armonia, quel gemito si ripete, insiste, e si ripercote, finchè s’incontra nel coro già pria udito de’ sacerdoti, ed a questo si mischia: ed i due motivi si travolgono, si urtano, e si assorbono in una patetica e concitata fuga. Il componimento ha fine con un riepilogo della preghiera foggiata in guisa nuova e di grand’effetto. Per chi vuol vederci bene addentro, quest’opera è piena di filosofica sublimità; non sono più i tasti che pulsano, non sono le corde che oscillano, non le biscrome che guizzano: è il cuore che batte, è l’intelletto che tutto ha afferrato il bello d’un’idea drammatica.

Malgrado le originali bellezze che si trovano nella Fantasia sul Don Giovanni, la ci par un po’ fredda; e ciò per due ragioni: prima vien la qualità stessa dei motivi impresi a variare che, tuttocchè belli, non offrono campo a tesservi intorno grandiosi numeri: seconda, e l’abuso d’imitazione, e di fuga. Quando la fuga oltrepassa una moderata quantità di battute, e si dà alla sbracciata a percorrere tutti i toni, la grata sensazione che gli uditori provarono al primo mutar di tono va affievolendosi a poco a poco e svanisce del tutto, se la frase non si riduce accortamente e presto alla prima forma, o non si tronca.

Saltiam di piè pari alla deliziosa Fantasia sulle due Arie Russe. Quei canti così semplici, così leggiadramente infiorati di note, che si direbbon bricciole d’oro, che cadendo in terra mandano un suono etereo, indefinito, quel maestoso tema cui va di fianco nei bassi una concitata e martellante catena di ottave, quell’infuriar di dissonanze verso la fine... tutto ciò forma un insieme di immaginosa in uno e regolare composizione. Saremmo quasi per dirla una delle più belle, in ordine all’effetto.

Il Divertimento sulle serate di Rossini — Il Secondo capriccio — La Fantasia sugli Ugonotti — La Grande Fantasia ec. sono altrettante produzioni degne qual più qual meno dell’illustre autore, e quel che più monta contengono ciascuna or qua or là, ora potente, ora nascosta qualche frase nuova, qualche movimento inusato, qualche ritrovato originale da indicar perenne in lui il progresso. Il secondo capriccio è un gran bel lavoro, ma ci pare che lo sarebbe ancor più ove non ne venisse guasta la purità da quel risoluto in do: la natura di quel mordente così lungo, o c’inganniamo, o non è di buon gusto. Del resto quella poca menda, se pur è menda, è ben ricompra da tante bellezze!.. E negli Ugonotti?.. Chi può dire quanta sia l’eleganza e l’affetto di quelle ottave ribattute, e quanto il vigore dell’allegretto in si bemolle?...

I studii del Thalberg sono d’una foggia totalmente nuova e per chi vuole attendere scrupolosamente all’indicazione del metronomo riescono di una difficoltà quasi insuperabile.

La Fantasia sul Mosè in Egitto è omai quasi popolare quanto l’Oratorio da cui è tratta. Ora poi la voga se n’è fatta maggiore fra noi dacchè la si udì eseguita cosi divinamente dall’autore istesso. Dire che tutto in essa è ponderato, previsto, studiato, e dire nell’istesso tempo che giammai immaginazione non volò su ali così rilucenti e leggiere; dire che ogni battuta dimostra la profondità del sapere, e la potenza dell’ingegno; dire che quelle note volanti, que’ pedali, sono della novissima perfezione, che la melodia è sempre sposata all’armonia senza che questa nuoca a quella, nè quella abbassi questa, dire insomma che la è una composizione che può star a fronte di tutto che si scrisse per pianoforte, non è troppo dire. Ci eravamo dati a credere che non fosse delle più difficili sue opere; ma ora che abbiamo udito come egli adoprasse nell’eseguirla. ci siamo persuasi, che forse per la difficoltà materiale no, ma per la difficoltà estetica, pochi fuori di Thalberg devono sapere interpretarla degnamente.

Dovremmo anche far qualche parola dello Scherzo - del Divertimento sulla Gipsy della Cadenza — della Fantasia sull’Òberon1 — della Romanza e Studio — dei Souvenirs de Beethoven - della Fantasia sulla Donna del Lago. Ma troppo ci dilungheremmo, oltrecchè ci avverrebbe di dare in ripetizioni.

Quarant’una sono le opere di Thalberg: L’ultima è; Romances sans paroles che, quantunque senza parole, parlano assai al cuore2.

Come abbiamo detto, precipuo pregio di Thalberg è l’eleganza ed il buon gusto. Nissuno come lui canta: pare che il tasto da lui tocco si trasformi in qualche cosa di animato ad esprimere la passione. Il Thalberg fu primo ad adoprar così felicemente i pedali da trar suoni continuati anche quando la mano trasvola e corre, e a riempiere in certo qual modo tutta la lunghezza della tastiera, qui di canto, e là di accompagnamento e più in là di abbellimenti senza che ne risulti confusione; ed in ciò consiste forse la prima sua gloria; venne difatti imitato da tutti i compositori, i quali la sua scoperta misero tosto a profitto, con cambiamenti ma coll’istessa natura di movimento. La Romanza e Studio, — il Notturno in la minore, (op. 21), per allegare due fra tanti esempii, provano a che brillante risultato si giunga con questo metodo di affidare il canto al mignolo ed all’annulare, conservando tutte le altre dia per gli abbellimenti, per gli accompagnamenti, e pe’ giuochi di vezzo. In altri casi tutto il canto è affidato al pollice o della destra, o della sinistra. La pienezza de’suoni che Thalberg inventa non può esser messa a paro che colla sua eleganza.

E chi può vaticinare fino a quali spere drizzerà il suo volo questa giovine aquila? Certo a ben sublimi.

Le sue composizioni non ancora stampate ci sono sembrate più maschie, più ben lavorate, più piene, nè mai, come in alcuni passi sono le pubblicate, fiacche ed esitanti.

G. Torelli.


Seconda Accademia di THALBERG.

La sera del 28 Dicembre Thalberg diede nel gran teatro della Scala una seconda accademia, la quale ebbe principio con un nojoso ballo per finir con un altro ballo più nojoso; e non vi volle che il nome del grande artista per indurre gli amatori della musica ad affrontare in folla simili nenie mimiche, che servirono come di meschinissima cornice al più bel quadro. — Il canto in quella sera fece tregua; così nelle successive accadesse delle grida! — I professori della nostra orchestra van lodati per la scelta delle due sinfonie, l’una tolta al Prè aux Cleres di Herold, l’altra quel maraviglioso poema che precede l’Opera delle Opere, il Tell, che fu forza ripetere anche in questa circostanza.

Nell’esecuzione di Thalberg si ammirano riuniti molti grandi elementi che divisi l’uno dall’altro potrebbero bastare alla fortuna di varj artisti. Per dir nulla della granita velocità e della straordinaria elasticità delle dita, della padronanza di maneggio e del perfetto uso dei pedali, in essa avvi continua venustà, elegante e dolce espressione, delicatezza e nell’istesso tempo forza di tocco, incantevole graduazione di colorito, precisione conveniente ad ogni pezzo, ad ogni frase, ad ogni passo, ad ogni abbellimento; una maestà che alletta ed impone, ed una certa qual magia nell’interpretar le melodie che dà ad esse un’attrattiva particolare, e le rende suscettive di produrre quasi l’effetto di una voce umana, nel mentre il risuonar degli accompagnamenti pieni di vezzo e senza confusione serve allo sfoggio delle risorse dell’istromento. In una parola Thalberg, per quel che è specialmente della finitezza, grazia, buon gusto e chiarezza, tratta il pianoforte in modo da non temer alcun rivale, e noi così dicendo non facciamo che confermare un’asserzione già resa comune in Europa.

Il sommo pianista eseguì una nuova Fantasia sopra alcuni motivi della Semiramide altrettanto bella che difficile: poi un Andante3 assai notevole per l’unità di carattere e per l’invenzione, a cui tenne dietro un delizioso Studio in mi a note ribattute di aggradevole concepimento e di squisita fattura, pezzo che gli uditori tumultuosamente acclamarono come un giojello musicale e vollero riudire, al par della conosciuta Fantasia colle variazioni sulla Norma, ove il tema della stretta dell’introduzione venne trascritto per pianoforte e suonato in tal guisa da render quell’istromento pressochè emulo per sonorità, della forza di una intiera orchestra e di una moltitudine di coristi. Thalberg, secondo il programma, aveva finito, ma gli applausi, susseguiti dalle chiamate, andavano crescendo, ed il desiderio di sentirlo ancora una volta sempre più s’incalzava. La sua compiacenza fu posta pertanto a novella prova, ed egli accondiscendendo al comun voto, si rimise al pianoforte e sembrava che nella sua mente trascegliesse ciò che doveva suonare, quando una voce dalla platea gridò Mosè, e fra i trasporti degli spettatori Mosè venne ad operar nuovamente gli incomparabili suoi prodigj.

C.




CRITICA MELODRAMMATICA.


MARIA PADILLA, melodramma in tre atti del sig. Rossi, con musica del maestro Donizetti4

In questi ultimi tempi, grazie al genio sovrano di alcune menti privilegiate, l’orizzonte delle idee musicali si venne mirabilmente dilatando. Il periodo che potè vantare i nomi di Rossini, di Meyerbeer, di Paganini, della Pasta e della Malibran, vide la prima delle arti che parlano al cuore e allo spirito, farsi doviziosa dei più eletti tesori dell’immaginazione e del sentimento; e l’Opera in musica, la più splendida tra le sue forme, potè sorgere ardita a foggiarsi colle grandiose proporzioni proprie del poema teatrale per eccellenza.

E avvenne in fatto che dal giorno in cui il Guglielmo Tell e il Roberto il Diavolo empirono di ammirazione gli animi e le fantasie, pienamente s’accordarono gli spiriti meno volgari nel considerare come neppur degne dell’esame di una critica elevata certe dozzinali raccozzature di pezzi di musica più accademici che teatrali, delle quali per lunga pezza si nutrirono le scene e tutto giorno si nutrono non poche di esse, ignare

  1. Nota Opera di Weber.
  2. L’Editore Lucca pubblicherà quanto prima la 12.a opera di Thalberg, una nuova Fantasia sul Don Giovanni.
  3. Questo pezzo, come pure l’altro, sul Mosè è stato pubblicato dal Ricordi.
  4. Prodotto la sera dei 26 dicembre sulle scene della Scala, colle signore Sofia Lowe e Luigia Abbadia, e coi signori Donzelli e Giorgio Ronconi.