rese prove evidentissime dell insussistenza
di quella calunnia, ed è posto in ridicolo
quel detrattore, perchè fino allora citava dei
testimoni già morti, e allegava documenti
che non esistevano. Mostra in oltre che
nessuno dei detrattori contemporanei di
Rousseau attribuì mai quella musica a Granet.
bensì a Grenet e a Grauier, i quali però
(per testimonianza di molti fra quali di Préville
allora direttore del Gran Teatro di Lyon,
di Brizard, di Noverre e di madama Lobreau,
che ebbero conoscenza dei detti due
maestri Lionesi) mai non ebbero a dire
d’aver composto in musica il Deviti dii
Pillage. Quanto poi all’essere stata riconosciuta
debole o di poco effetto la seconda
musica che Rousseau scrisse sulle
medesime parole, avverte saviamente il signor
di Chambrye che non è da farne alcuna
maraviglia essendo oltremodo difficile
e pressoché impossibile che le cose
buone possano migliorarsi dal medesimo
artista che prende a rifonderle sotto altro
aspetto; e ne cita esempi luminosi d ogni
genere.. Finisce l’osservatore mostrando
come il sig. Castil-Blaze sia venuto in proposito
di questo già smentito plagio di
Rousseau per l’indignazione concepita nel
vedersi rifatto dal signor Berlioz il suo grande
capolavoro W il lìobin des bois. Così
egli per fine indiretto non si è vergognalo
di ripescare nel torbido di riprovate e smentite
accusazioni di un secolo fa, adulterandole
impudentemente, e contrapponendole
alla fama d’un uomo grande, con un attentato
miserabile che non può risolversi che
a scorno di chi l’ha commesso.
11 sig. Castil-Blaze al N. -IO della France
Musicale produce un altro articolo ove prosegue
a dar nuove taccie alla vita privata
di Gio. Giacomo Rousseau, e promette di
dar quanto prima novelli schiarimenti e
prove del plagio della musica del Devia
du Village.
Or che diremo noi di una somigliante polemica?
Certo è che il racconto del signor
Castil-Blaze non ha alcun fondamento di verità
perchè, oltre al mancare d’appoggio di
convenienti prove, pecca ancora di inverosimile.
Perocché, stando al racconto, Granet
viveva ancora quando l’opera fu fatta rappresentare
da Rousseau a Versailles, quando fu
venduta al sig. De la Voupalieie, quando
fu presentata all’Accademia per essere approvata.
Or come Granet non seppe niente
di lutto ciò? E poi quando l’opera fu data
a Versailles, la produsse egli BouSseau per
sua, o no? Questo dal racconto non si sa.
Il sig. Castil-Blaze se non l’ha fatta da
storico, doveva almeno farla da avvocato e
fra le sue ingegnose invenzioni far luogo
a quella che poteva costituire una prova
almeno in apparenza sufficiente, e coprir
questo vano, che non sarà mai per dargli
la causa altro che perduta. Ma egli è certo
che Rousseau, quando fece rappresentare
il Devm diè la musica per sua. Or come
quel Granet che ancor viveva non ne
fece alcuna lagnanza? e piuttosto quando
si cominciò a mormorare del plagio, perchè
non mossero le querele da Lione anziché
da Parigi, da’parenti o dagli amici
di Granet anziché dai nemici di Rousseau,
e dagli invidi membri dell’Accademia?
Quello che più è singolare è la discordanza
onde i contemporanei detrattori di Rousseau
lo accusarono di quel plagio. Uno
voleva che quella musica fosse di’ un aliate
ifPfà (1) Ciò intendasi detto scherzosamente, dacché è nolo
che il Robin tles bois dei signor Castil-Blaze non è die
una povera riduzione del Freischutz di Weber
anonimo, l’altro pretendeva che una donna
ne fosse l’autrice, e Voltaire diceva che
quella partizione era stata trovata fra le carte
di Gaulthier musicante di Marsiglia. Or
come tutte queste contenzioni non cedettero
alla rivelazione di quel Bellisent che
svelò il gran segreto ch’ei possedeva dello
scambio dei nomi? E come può essere che
dei tanti detrattori d’allora nessuno si appoggi
a questo equivoco, e a questo importante
rivelo? Solo al sig. Castil-Blaze
era dato dopo novant’anni ingegnosamente
trovar modo ili chiarire questo punto di
critica musicale rannodando e tessendo una
tradizione che non poteva essere a noi
trasmessa che dopo la morte di quel Lefèvre
che a lui l’aveva confidata. Si perdonerà
al sig. Castil-Blaze la menzogna di
tante invenzioni, l’animosità dei suoi fini
indiretti, e il cumulo di tanti fatti insussistenti,
ma chi sarà per perdonargli il
temerario ardimento di avere sbollato e
posto in derisione un nome sì grande?
Noi crederemmo opera perduta il difendere
Rousseau dalla taccia datagli d’imperito
delle cose musicali del suo tempo, non
credendo che essere vi possa alcuno clic
voglia dar fede alle ciance del sig. CastilBlaze
a preferenza di quanto ne hanno
scritto e opinato in ogni tempo i dotti
dell’arte.
C. M.
NECROLOGIA.
CHERUBINI.
I.
Il giorno 15 corrente questo patriarca
de’ compositori di musica cessò di vivere
in Parigi nella grave età di H2 anni. Non
erano ancora trascorsi due mesi ila che egli
crasi ritirato dalla direzione di quel Conservatorio
ed era stato insignito del titolo
di Commendatore dell’ordine della Legion
d’onore. Per molti riguardi Cherubini
emerse superiore a tutti i maestri dell’epoca,
sia che si consideri la durala delP
utile e luminosa sua carriera, sia che
si ponga mente alla varietà ed importanza
de’ suoi lavori. Egli si dedicò al teatro
prima di Mozart e tuttavia lo occupava
quando già, con tanto danno dell’arte, erasene
ritirato Rossini: ottenne distinta gloria
nel genere drammatico; meritossi 1 universale
estimazione pe’ suoi precetti e per
le sue opere didascaliche; si cimentò non
senza lode a composizioni per camera del
genere severo, e s’innalzò a maestro sovrano
della moderna musica sacra.
La perdita di Cherubini non potrà non
svegliare una dolorosa impressione in tutta
Europa musicale. In uno de’prossimi numeri
porremo studio a dare un sunto biografico
di un artista sì grande, che a buon
dritto può annoverarsi tra le maggiori illustrazioni
artistiche dell’Italia.
— Con uno de’ prossimi fogli si darà
uno de’ migliori pezzi del capolavoro di
Cherubini Le due giornate, e per comodo
de’ signori dilettanti, anche con accompagnamento
di pianoforte e col testo tradotto
appositamente in versi italiani. Questo
pezzo formerà il N. -4.° della nostra
Antologia Classica.
Giovanni Enrico Màster
(Articolo comunicato.)
II 17 febbrajo alle ore undici antimeridiano morì in
questa città Giovanni Enrico Kùster. Egli era nato in
Bùckcburg capitale del Principato di Schaumburg-Lippe
ai 44 aprile del 47SO. Fin dalia sua fanciullesca età aveva
posto grande amore nell’arte musicale. E con quella ammirabile
costanza di volere, con quella coscienziosa sollecitudine,
tutta - propria dei Germani, coltivò tino allo
stremo di sua vita religiosamente l’arte, ed amò. I,’indomabile
desiderio di aggiungere in essa quella sommità
che per lui si poteva maggiore, trasselo ancor giovinetto
in Italia alia bella scuola del famoso l-’cnaroli, onde sono
usciti il Cimarosa, il Guglielmi c il Palma. Degno del
gran maestro non tardò a mostrarsi il bramoso discepolo.
É tanta perizia nella prediletta arte acquistò e a tale eccellenza
pervenne, clic presto si guadagnò c poi conservò
sempre l’estimazione universale, e le sincere lodi degl’intendenti.
Da Begia Accademia di musica di Stocolina
10 aggregò volentieri fra’ suoi membri. La B. Corte di
Torino nel 1814 Io scelse per Maestro di Cappella. Molli
Principi vollero da lui apprendere le regole della musica:
fra i quali le Auguste Figliuole di S. M. Vittorio Emmanucic
Be di Sardegna (t). Il Principe di Assia-Philippstahi
per più anni in sua Corte ospitollo e in grande
favore lo tenne e mostrosscgli quasi tenero padre. Humboldt,
la Stael, Paganini l’ebbero in tanta grazia che,
a nessun altro nell’amicizia loro mai lo posposero.
Di molti scritti sulla teorica dell’arte sua adornò il
Kiistcr varj giornali tedeschi: i quali fanno fede dell’ucutezza
del suo ingegno c dei suo raro sapere. In un opuscolo
elie mandò per le stampe in Torino nel 4824 sviluppò
nuove c profonde vedute sul ritmo musicale, clic
furono molto apprezzate (2). Da gran tempo slava egli
maturando un’Opera, in cui intendeva di proporre una
riforma nei metodo usato di scrivere la musica, trovato
da lui, non che da altri valenti uomini, assai imperfetto.
La morte lo impedì di condurla a termine. Noi non conosciamo
ancora il merito del suo innovamento. Ma molto
dovevamo aspettarci dal Kùstcr e molto dovremmo dolerci
se i suoi trovati andassero perduti.
Nò allo studio indefesso dell’arte sua ristrinse l’attenzione:
che anzi volle ornare ii suo spirito di molte lettere,
e in ogni maniera di discipline atte a formare la
mente sana, lo ingegno solidamente applicò (3). E a questa
intellettuale coltura non per ozioso pascolo o passeggiare
dilettazione, come tanti fanno, andava egli attendendo: ma saviamente indirizzavala al perfezionamento
morale di sé medesimo, per il clic non 6 a stupire s’egli
improntò l’animo suo di tante beile e inimitabili virtù.
Fu il Blister uomo d’illibati costumi, d’integra vita.
Buono, schietto,caritatevole, pio: largo di consigli fedeli,
di soccorsi nascosti. I giovani poveri c volonterosi ammaestrava
nell’arte sua senz’altro guiderdone clic quello
clic gli dava la sua coscienza nel far del bene. Dalla famigliarità
dei potenti uscì ( cosa mirabile a dirsi ) intemerato.
Un marito e un padre più amante e più riamato
di lui avresti dilticilnicnte trovato. Nella cara compagna
della sua vita che gli aveva proprio mandata la providenza
inspirò ed ebbe quell’alletto per cui era formalo
11 suo cuore. I trentatre anni clic passò con lei furono
un continuo ricambio di benevolenza che il tempo anzi
che alTievolirc andava sempre più rinforzando. Le loro
assidue cd unanimi cure nella buona educazione dei figliuoli
erano degnamente ricompensate dalia reverenza e
dall’amore di questi. Così il Kùster nella pace e nelle dolcezze
della famiglia andava fruendo di quella felicità clic
co’ suoi lumi e coila sua industria si aveva egli stesso
preparata, quando morte venne a rompere questi teneri
nodi.
Lunga c dolorosissima sul finire fu la malattia del
Kiistcr. Ogni angoscia con rassegnazione veramente cristiana
patì: allorché sentì l’ora suprema avvicinarsi rasscrcnossi
in viso c palesò l’elTusione di un gaudio ciic
non era più terreno.
Questi brevi tratti credemmo ufficio nostro di pubblicare: a satisfazionc di coloro che conosciute avendo ie
inestimabili doti del Kùster reclamano per lui giusto tributo
di laudi: a specchio di quelli in chi i lodati esempi
hanno ancora qualche possanza; a conforto dei buoni i
quali veggano che morendo essi non muore l’affettuosa
memoria delle lorb desiderate virtù.
k. a.
(t) A queste Principesse insegnò pure la lingua tedesca.
(2) L’Opera è intitolata: Dodici Variazioni per Pianoforte
in tempi differenti sopra un tema del maestro
Gioachino Bossini, precedute da un breve Itaqionamento
sul Itilmo. Di essa diede un giudizioso ragguaglio
la Gazzella Piemontese nel n." Ìi7 dell’anno ÌS24.
(3) Il Jiilster voltò molti libri dall’idioma tedesco
in italiano: e n’ebbe lode anche dagli stessi autori.