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sto fli impressioni, le quali le une alle al^ Ire avvicendandosi o tra esse compenetrandosi, servono a far compiuta un illusione poco men che perfetta; e, mirabil cosa! senza sussidio di apparato o finzione teatrale. costringono quasi gli ocelli della nostra mente a raffigurarci dipinta dinanzi la scena, e per poco non ci forzano a credercene reali spettatori. Acciocché non si dica che noi esageriamo, ne sia lecito ricordare, per solo esempio tra molti, il magnifico pezzo stromentale che con mirabile insieme si annesta al coro de1 guerrieri giudei accorrenti in cerca del Nazareno nei mesti silenzi del monte, e bramosi di farlo prigione e trascinarlo in catene agli insulti, ai patimenti e alla morte. Un non so che di truce e di selvaggio ci ritrae quel breve componimento ■, e ad un tempo, mercè i misurati ed or lenti, ora incalzanti rintocchi dei timpani, e il reboato delle trombe e il rombar sordo degli stromenti d’arco e de’bassi, sembravi quasi udir suonare i pesanti lor passi pei tortuosi sentieri, e distinguere il mal represso fremito della loro ferocia soldatesca; indi il coro dei discepoli di Cristo si intreccia a queste pittoresche e vibrate armonie, e i lamentosi accenti eli qne1 miseri, e il terrore ond’ei sono compresi alla minaccia della paventata catastrofe, emergono dal contesto stromentale con si profonda sapienza di effetto e con si giusta imitazione artistica che ogni parola vien meno all’alto soggetto. Ma la sacrilega mano dei satelliti di Gaifa già si impose sulle divine membra; l inl’ame oltraggio è consumato. Le patetiche e a un tempo serene modulazioni colle quali il Cristo esulta, nel suo dolore, ilei trionfo da lui ottenuto sullo spirito del male rivelano la sovrana filosofia del compositore che seppe spargere di eletta soavità i suoi canti senza d’un punto dimenticare il carattere della sacra composizione, nè ricorrere a volgari e profane melodie. Preparata con poche battute di maestoso, nelle quali spiccano mirabilmente alcune note risentite delle trombe e dei corni, irrompe subito dopo sulf ultima stroffa, con improviso scoppio stromentale, la fuga, nella quale il coro degli angioli si effonde a manifestare il giubilo delle divine schiere per la vittoria riportata dal cielo sull’inferno. E stupenda in questo Osanna la ricchezza delle modulazioni e delle peregrine armonie che tutte collimano a trasportare lo spirito dell uditore in una nuova e più pura regione di emozioni e con somma potenza di effetto chiudono il sacro poema musicale. Troppo rade volte si offrono tra noi le occasioni di udire simili capolavori perchè non sia nostro dovere il commendare a nome dei buoni cultori della musica lo zelo dei valenti professori ed allievi che nella gran sala dell’I. R. Conservatorio eseguirono la mattina della scorsa domenica questo magnifico Oratorio Beethoveniano. Nella parte stromentale l’esecuzione fu qual poteva desiderarsi da un’orchestra poco men che perfetta e intelligente; nella; vocale si distinsero i giovani alunni cui furono affidate le parti principali: di Cristo, i Manzocchi Luigi; del Serafino, Cella Giuseppina; di san Pietro, Bartolommeo Gandini. - 1 cori non mancarono di beninsieme. Lo slancio, la giusta alternativa de" piani e dei forti, la precisione di colorito e di accordo di tutte le voci,sono pregi che di rado ponilo j vantarsi dalle più provette masse corali dei grandi teatri; e nondimeno nella mattinata musicale di cui parliamo furono più volte lodati con vera compiacenza. A raffronto del grande favore che gode in Italia la musica teatrale, e della facilità colla quale alla buona, alla cattiva e alla mediocre accordasi il medesimo entusiasmo, è troppo poco l’amore che si ha per le classiche composizioni de’ grandi maestri che nel vasto campo dell" arte si innalzano come fari di luce ad additare la giusta via a chi vuol mirare alla vera gloria e non si cura degli ingannevoli clamorosi applausi della turba. Non potrà pertanto encomiarsi abbastanza il senno e il buon volere di coloro che presiedono all insegnamento del nostro Conservatorio, se non punto allucinati dalle capricciose esigenze della moda, si propongono di ripetere più spesso che non per lo innanzi gli esempli di un culto sincero ed effettivo ai più perfetti e severi modelli. B. QUESTIONI MUSICALI Della falsa accusa di {(lamio data a Rousseau dal gig. Castil-Blaze. Un’acerba polemica ferve presentemente fra i due giornali parigini la France Musicale e la Gazelte Musicale suscitata dal sig. Castil-Blaze, il quale in un suo lungo articolo inserito al N. 8 della Frane,e Musicale pretende di togliere il vanto a Gian Giacomo Rousseau d’avere scritto la musica dell’Opera buffa le Devili dii Fillage, appoggiandosi a viete e smentite dicerie degli invidiosi contemporanei, e a tradizioni foggiate da lui non meno con evidente malizia che con pazzo astio contro il nome del filosofo di Ginevra. Noi ci saremmo leggermente rimasti d’intrattenere i nostri lettori sopra un fatto quale è questo di critica musicale poco per sè importante, e molto ridicolo pel modo onde lo tratta il sig. Castil-Blaze; ma avendo veduto che uno de’ nostri giornali milanesi di teatro (0 ha riportato tradotto per esteso l’articolo suddetto, non curandosi di farci sopra alcuna osservazione, noi ci siamo tenuti in dovere di rendere qui conto di questa polemica curiosa, mettendo in chiaro quanto saviamente il signor Emilio di Ghambrye ha osservato (2) confutando lo scritto del CastilBlaze. Le Devili da Fillage, Opera en un acte, paroles de J. J. Rousseau, citoyen de Genève, rnusique de Granet, citoyen de Lyon. - Ecco come è intitolato l’articolo del signor avvocato Castil-Blaze. I fatti poi che egli viene scaltramente foggiando in appoggio alla sua discoperta sono del tenore seguente: Rousseau passando da Lione fece amicizia con Granet, e gli promise un libretto d’Opera; attenendogli la parola, gli inviò un piccolo dramma intitolato le Devili dii Lillage, che Granet rese in musica ed inviò a Parigi diretto a monsieur Rousseau. A Parisi, dice il sig. Castil-Blaze, tanti sono i Rousseau quanti i Lefèvre, i Martin e i Robert. Però per isbaglio quella partitura venne in mano di un certo Rousseau letterato giornalista e intendente di musica, il quale aperto il piego, esaminò il lavoro che molto gli piacque, e fattolo vedere al sig. di Beìlissent uno de’ conservatori della Regia Biblioteca, conobbe non poter essere a lui diletto, tanto più (t) Il Pirata X. 75 - tS.42. (2) Revne et Gazetfe musicale de Paris. dS42 - X. 9. che in una lettera accompagnatoria era fatta menzione del libretto. Fu adunque il piego e la lettera inviata alla sua vera destinazione, a Rousseau il filosofo di Ginevra. Quest’Opera fu rappresentata la prima volta nel palagio di Versailles, ove molto pia.cque, onde il signor de la Vaupalière che primo 1 aveva da Rousseau comprata, pagandogliene franchi 6000, la presentò alla Regia Accademia di musica perchè ivi fosse ammessa e fatta rappresentare. Intanto che quel severo, difficile e invidioso tribunale metteva tempo in mezzo ad approvare quell’Opera. come è suo costume anche al presente, Granet venne a morte, e Rousseau, veggendosi di poterlo fare, si proclamò autore del libretto e della musica del Devili du l illage. Intraprese le prove, s’incominciò a mormorare che quella musica non fosse altrimenti di Rousseau; tanto che fattane la rappresentazione che ebbe molto successo, lutti si scatenarono gridando: al plagio, al ladro, e se ne fecero più libelli attribuendo la musica del Devili quale ad uno, quale ad altro maestro. Rousseau indispettito per tanti oltraggi, per provare che desso era l’autore di quella musica ne rifece molti pezzi sulle parole medesime, e fatta rappresentar l’Opera cosi racconcia, fu rimandata colle fischiate del pubblico. Quel signor di Bellisent. al quale il giornalista Rousseau aveva mostrato la partizione originale del Deviti, sentendo il gran rumore che facevano i critici oppositori di Gio. Giacomo, si risovvenne dello scambio accaduto dell’uno per l’altro Rousseau, e del nome di Granet da cui era la lettera sottoscritta. Egli manifestò il fatto di quello scambio, il quale per mera tradizione passato per una buona serie di generazioni e di nomi, è pervenuto sino a un certo Lefèvre dal quale l’apprese il sig. Castil-Blaze. Questo Lefèvre (notisi la circostanza) è morto da poco tempo. Sopra un tale ordine di fatti stabilisce il sig. avvocato Castil-Blaze che 11011 solamente Rousseau non si debba avere per autore della musica del Devia du Fillage, ma ne deriva ancora che sia una illusione il credere che il filosofo Ginevrino abbia mai avuto alcuna buona pratica e cognizione delle cose musicali, e lo viene tacciando d’impudente, di cerretano, e di sfacciato plagiario. E quanto al Dictionnaire de Musique dice che ciascuna pagina è un monumento d’ignoranza dell’arte; e che in quell’opera Rousseau si mostra inetto eziandio a copiare i suoi predecessori. E così con aneddoti fuor di proposito esposti con modi piuttosto francesi che satirici, il sig. Castil-Blaze compie il suo articolo mostrando come Rousseau siastato uomo superbo, vano, ghiottone e pieno di avarizia. Il sig. Emilio di Chambrye nella Revue et Gazette musicale de Paris, prende le difese di Rousseau rispondendo al CastilBlaze; nè meno si mostra pungente contro il suo avversario di quello che questi si sia dimostrato inopportuno e maligno detrattore del grande filosofo. Afferma per tanto altro non essere di vero riguardo alle contestazioni sulla musica del Devin du T’illage, se non che un certo Pietro Rousseau, contemporaneo e nemico del filosofo fu il primo che per invidia spargesse la calunnia di quel plagio, e reca una lettera che un amico del grande Rousseau scrisse all’altro che allora per ischerno era chiamato il piccolo Piousseau, nella quale sono