di una marcia, gaja sì, ma tranquilla pur
I essa. Anche il poeta si esprime che i guer5
rieri babilonesi irrompono nel tempio, il
1 maestro interpretò il punto scenico come: se si [lattasse del trionfale ingresso di un
conquistatore, e cosi sia. Non di meno, il
ripetiamo, la marcia è bella, e il medesimo
compositore 1 ebbe per tale dacché più
volte la ricordò con predilezione nel corso
dello spartito. Il pezzo cf assieme che segue
e che serve di sortita aNabucodonosor
è tessuto con sicurezza di effetti. E in
si maggiore a tre tempi, e staccasi con
un solo di Ronconi (Nabucco) caratteristico
e nuovo. Dopo questo tutte le voci a poco
a jioco si collegano, e nel mezzo di esse
meno pregevole spiccasi la cantilena di Abigaille,
la quale passa anzichenò freddamente
e scolasticamente in sol, poi in si bemolle,
quindi alla spiccia in re bemolle ovvero
do diesis con settima, poi sul J’a diesis
pure con settima, col quale si rimette in si.
Queste transizioni sono poste troppo nudamente
e senza un palese scopo. La melodia
che si riapre sul si non è più quella
di prima ma però elegante e di effetto. La
cadenza del pezzo è bene immaginata con
una bella insistenza della voce del basso
(Ronconi) sul si, che molto risentitamente
manifesta il violento e minaccioso carattere
di Nabucco.
Il pezzo è dunque più lodevole dal lato
drammatico che non dal musicale, perché
oltre alla freddezza delle modulazioni manca
di unità di melodia. E sì ne sembra che
la prima potevasi molto bene congegnare.
La stretta di questo pezzo, che serve di
finale alla prima parte, si apre con un movimento
non troppo felice e mancante, a
nostro credere, di severo carattere tragico.
Le parole di Nabucco soprappostevi rimangono
soffocate; ma poco poi le cose si aggiustano
e il bel crescendo e il robusto
forte che susseguono rialzano il pezzo a
bella dignità. Almeno al ritornello ne sembra
che si potrebbe orninettere quel primo
movimento, e attaccare a dirittura di nuovo
il crescendo. Non è dubbio che a questo
modo l’effetto riuscirebbe più vivo. Tutto
questo finale è in complesso ben compreso,
bene espresso, pieno di fuoco, grande
e popolare, il ebe non è dir poco.
Un’arM di Abigaille apre il second’atto,
ma di questa non vogliamo recar qui giudizio
mancandone quasi interamente l’esecuzione;
bensì toccheremo delia bella scena
di Zaccaria. Il ritornello de" sei violoncelli
è svolto con bel lavoro di parti, e l’invocazione
o preghiera (impropriamente chiamata
romanza.’) è ottimamente interpretata.
L’ingegnoso ed ardito isolamento d’uii solo
violoncello che si lega colla voce del canto,
già tentato da Meyerbeer nella sortita di
Raoul ne’suoi Ugonotti, giova non poco al1
effetto delizioso e devoto che produce la
rientrata di tutti i violoncelli col severo e
mistico rintocco del sol profondo pizzicato
dal contrabasso. E d’altronde la melodia è
sì pura e di sì austero carattere che mal
sapremmo dire se meglio poteasi ideare
questo pezzo. L’effetto è in gran parte scemato
dalla scarsa nitidezza dell’esecuzione.
Il coro de’ Leviti della scena 4.“ è pur
esso delineato con giusta filosofia. Avremmo
tuttavia desiderato meno comune la frase
d’Ismaele dalla quale viene interpolato.
Il momento scenico nel quale Nabucco
strappa la corona dalla testa di Fenena e
la pone sulla propria, offrì f occasione al
maestro, mal sapremmo dire con quanto
amore di verità, di tessere un canone, il
quale, parimente per mancanza di esecuzione.
si dovette dopo la prima rappresentazione
mutilare in molta parte, per quanto,
artisticamente parlando, fosse hello.! Nel parlante che sussegue è degna d’elogio
la minaccia di Nabucco, trascurata forse
invece quella di Zaccaria. Poi. al momento
che scoppia il fùlmine che fa cadere la corona
dal capo dell’empio monarca, sicché
egli sgomentatone, per subito effetto dell’ira
divina smarrisce l’intelletto, parve a qualche
critico che la musica non s’innalzi a
dipingere il terrore profondo di quella situazione.
Noi siamo d’avviso che il difetto
non sia della musica, ma dell’esecuzione
drammatica, vale a dire sulla scena, dove
per verità, ad eccezione di due o tre dei
primarii personaggi dell’azione, tutti gli altri,
componenti la moltitudine di popolo
spettatrice della scena, si danno ben poco
pensiero di esprimere cogli atti e col gesto
la sorpresa onde sono colpiti.
Tutta l’ultima scena di Nabucco è così
bene interpretata e diremmo quasi creata dal
Ronconi che se anche vi si trovino de’ nei
musicali, sono a meraviglia nascosti dall’ingegno
del grande artista. Ad elogio del maestro
devesi lodare la replica piena di effetto
della bella e affettuosissima cantilena sulle
parole: Ah perchè, perchè sul ciglio? già
segnata la prima volta sulle altre parole
Oh mia figlia’. Così chiudesi la seconda
delle quattro parti di questo dramma, nella
quale non venne punto meno il retto sentire
del compositore. Se l’effetto di questo
finale non adegua interamente quello del
primo, vuoisi ciò attribuire principalmente
alla nuova forma del pezzo, che termina
senza il valido sostegno delle masse. Il Verdi,
piuttosto che mancare alla filosofia del componimento,
non esitò arrischiare la sorte
di un minor effetto musicale.
Un coro di Babilonesi, che fan corona
ad Abigaille assisa in trono, apre la parte
terza. E questo coro tessuto per molte misure
del motivo stesso della marcia lodata
ed accennata nell’atto primo. Non sappiamo
scorgere il giusto motivo di ciò; se non che
il pezzo ha effetto, e per questo possiam
consolarci in parte di quanto può appuntarsi
pel resto. Dopo breve recitativo Nabucodohosor
con ispida barba, e dimesse
vesti presentasi sulla scena: come disennato
gira lo sguardo e cerca del suo trono
che con cupa meraviglia scorge occupato
da Abigaille. Costei scende dal seggio e
d’un cenno allontana ogni astante. che
vuol rimaner sola con ISabucco. Qui si offre
la situazione oltremodo drammatica di
un duetto..11 Verdi ne comprese falla portata?
Dobbiam confessare che non ne parve
espresso il concetto al modo col quale
avremmo voluto eli’ ei lo sentisse. Il primo
tempo non poteva, a modo d’esempio, prendersi
assai più largamente? E bensì vero
che è vestito di gentile accompagnamento
il qual si svolge con eleganza dai stromenti
da fiato, e la seconda volta si trova anche
meglio applicato alle parole Sorgete
Ebrei giulivi! ma nondimeno il parlante
sopra postovi rèsta in certo modo storpiato,
non si sente, tutto quel dialogo che pure
è importante perdesi affatto, e il pubblico
non è chiamato all’attenzione che dall’ar/agio
seguente, nel quale, come nella cabaletta
che succede, i canti sono delicati
e patetici quanto si possono desiderare, e
forse un po’ troppo d’indole famigliare.
Ma’, senza perderci in sofisticaggini, diamo
plauso a Ronconi che interpreta a perfezione
i bei canti del Verdi, e che sa ottenere a
questo pezzo i più caldi applausi, he non
che, se fin qui ci parve dover desiderare in
parecchi punti la lima, a partire dal coro
che segue il duetto ora accennato ben poco
ha la critica da osservare in biasimo del
compositore. - Siamo sulle sponde dell’Eufrate.
Gli Ebrei incatenati e costretti al lavoro
sciolgono un canto patetico una preghiera,
un addio alle rive del Giordano,
alle torri atterrate di Sionne, alla patria
si bella e perduta. La melodia con cui staccasi
all unisono e a mezza voce questo coro
non può essere più toccante. Non esageriamo
che ci commosse quasi alle lagrime.
Crediamo di non avere bisogno di tesserne
ulteriori elogj.
Ora passiamo ad un altro de’più notevoli
pezzi di questo spartito lavorato con
tutto amor d’arte dal compositore. - È la
profezia di Zaccaria. - A tessere un minuto
elogio di questo pezzo ci converrebbe trascriverne
e poesia, e canto e istrumentazione.
Appartiene esso a quel genere di
musica detta propriamente imitativa, e che
qui. ove havvi il sacerdote infiammato di
tutto il fuoco profetico, viene permessa,
anzi si esige, una esagerazione di tinte, le
quali appunto, se non ci sbagliamo, hanno
luogo colla quasi caricata e singola espressione
di ogni parola. I belli accompagnamenti
di strumenti di metallo rotti dal colpo
secco e freddo della sola grancassa; il rauco
crepitio de’violini imitanti quello àdcranj e
delle ossa: il volversi della polve felicissimamente
espresso in quelle cupe, larghe,
leggere e quasi sfumate scale cromatiche,
e i tristi lamenti del gufo espressi col singulto
dell’oboe e col gemito de’violoncelli
ci richiamarono il far di Paisiello e d’IIaydn
(*). Chiudesi con bella pompa teatrale
questo pezzo alle parole Buina pietra ove
surse l:altera - Babilonia, allo stranio dirà;
dove la cantilena larga bensì, ma a terzine
di crome sillabiche, ha bisogno di tutta la
grandezza di declamazione, per non cadere
nel troppo popolare, o diremo meglio nel
triviale. - Se non c’inganniamo, questo è il
pezzo che manifesta nel maestro un distinto
ingegno, e diciamo distinto nella sua propria
significazione, che lo distingue dagli
altri.
La quarta ed ultima parte di questo spartito
ha cominciamento da un bene ideato
stromentale, col quale volendo esprimere
un sonno o sopore affannoso di Nabucco, il
maestro va riandando con nobile concetto
i pensieri applicati nelle altre Ire parti alle
principali situazioni sceniche del protagonista,
vale a dire la scena del delirio,
finale secondo, la marcia del trionfo, che
rompesi per ricordare l’attacco della stretta
del primo finale, ecc. Il recitativo susseguente
è rettamente inteso, bene svariato
nelle tinte differenti che la poesia richiede,
dolce e melanconica la marcia eseguita
di dentro dalla banda, che si suppone accompagnare
alla morte Fenena. La banda,
(t) A nostro giudizio nella musica teatrale (che seguir
deve regole ben diverse (ti quelle delia musica pittoresca o
descrittiva, come a ragion d’esempio la Passione di Paisieilò,
e le Stagioni c la Creazione d’Haydn) non crediamo
di buon genere questi piccoli tratti imitativi dell’orchestra,
se non ne’ pochi casi iti cui essi giovino a rendere
più evidente la pittura di fenomeni fisici che si svolgono
sulla scena e che hanno una diretta c attuale immediata
azione sullo spirito de" personaggi o del personaggio del
dramma presenti o spettatori di essi fenomeni. Ma in
questo caso delia profezia di Zaccaria, gli sforzi del maestro
a sminuzzare, e a materializzare (se cosi possiam
dire) col sussidio di varii effetti stromentali ia pittura
delle immagini che si succedono nell’accesa fantasia del f
sacerdote ebreo, ne paiono troppo ricercali c non conformi?
alla buona estetica. Desideriamo di ingannarci per aver ■
la soddisfazione di vedere, in vece della nostra, approvata f
l’opinione del nostro amico collaboratore.;
IvEslcns. (
ìegue il Supplemento).