Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
- 1 - |
GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 1 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
INTRODUZIONE.
Delle attuali condizioni
delle arti musicali in Italia.
ARTICOLO I.
I’ parlo per ver dire.
Coloro, e non sono in picciol
numero, i quali hanno in uso
di giudicar delle cose dalla sola
apparenza e non dall’intima sostanza,
vivono nella molto bella
opinione che l’Italia d’oggidi sia la terra classica
della musica, come tale fu essa ripetutamente
proclamata ai floridi giorni dei Cimarosa
e dei Paesiello, dei Pacchiarotti e dei
Marchesi, delle Bulgarelli, delle Banti, ec. E
per verità, a chi badi menomamente ai clamorosi
trionfi onde ad ogni tratto si onorano
nei menomi nostri teatri lirici le tante cosi
dette celebrità musicali di che è formicolante
questa bellissima penisola; a chi tenga conto
delle tante iperboliche elucubrazioni dei
nostri giornali sempre traboccanti della gloria
immortale onde si incoronano ad ogni
poco non so quante centinaja di esimie prime
donne, di incomparabili primi tenori, di celeberrimi
baritoni e bassi; a chi si fermi
un tratto per le strade maggiori non delle
sole nostre capitali, ma ed anco de’ menomi
borghi, e ammiri nelle vetrine degli editori
musicali, de’ librai, e de’ rivendugliuoli di
intagli, i ritratti in litografia di non so
quante dozzine di dozzine di eccellenze melodrammatiche,
melotragiche e melobuffe,
altre disegnate in sembianza di muse antiche
inghirlandate di fiori, altre di genii
mitologici, altre di olimpiaci eroi colla gran
fronte onusta di allori e riposanti su un
letto di palme; a chi tenga conto dei
nembi di sonetti, canzoni, inni, ditirambi
che tanto spesso veggiam piovere dai loggioni
a ingombrar l’atmosfera delle nostre
platee grandi e piccole; a chi abbia avuta la
santa pazienza di gettar lo sguardo su certe
rapsodie teatrali biografico-panegiriche più
gonfie di superlativi e ridondanti di magniloque
frasi d’ammirazione che nol fossero di
care ghiottornie le botteghe de’ nostri salsamentari
la vigilia delle or passate feste natalizie...;
a tutti costoro, noi diciamo, riescir debbe
certamente molto difficile il non persuadersi
che noi italiani dei correnti anni di grazia viviamo
proprio nell’età dell'oro de’ fefautti
e de' mibemolli! Eppure, che cosa diranno di
noi i nostri lettori se, per conto nostro,
non punto allucinati dal falso orpello che ne
circonda, avremo il coraggio di mettere innanzi
una opinione in gran parte contraria
e di protestarci persuasi essere anzi oggidì
l’arte musicale in Italia in condizione tutt'altro
che invidiabile, minacciato di fallimento
gualche ramo di essa, ed altro, per cagioni
fatali, spinto a volgere alla sua piena decadenza?
- Se non che, prima di tutto intendiamoci
bene nei termini; chè non avessero
per caso a lapidarci coloro, i quali,
per un falso sentimentalismo patriottico,
amano meglio essere pascolati di assurde
adulazioni, anzi che di ardite ma utili verità;
ne ci gridino addietro alla bestemmia
quegli altri cui la superba albagia delle
passate memorie che si stenda a velare i
torti della presente ignavia è più gradita
della voce di chi scuota dal suo sonno involontario
il genio italiano e lo ecciti a
non lasciare che le altre nazioni lo precorrano
sulla strada dei progressi intellettuali
e civili. Noi coll'aver detto che l’arte
de' suoni è ora nella nostra Italia in istato
di scadimento, non abbiamo voluto per ombra
accennare che spenta sia o solo in
parte scemata tra noi quella gloriosa e potente
favilla musicale che accese il petto ai
tanti insigni de’ quali si vanta l'italiana
melopea. Mai no: siamo anzi preparati a
sostenere con ampio corredo di ragioni e
di prove a fronte di chiunque osasse mai
affermare l’opposto, che fra il vivace e
immaginoso popolo nostro più che sotto
qualunque altro cielo è sovrano il musicale
istinto; che la natura, sì generosa de’ suoi
più eletti doni all’uomo italiano, nol fu mai
tanto come dei tesori di che si costituisce
il più puro, il più nobile, il più efficace
tra i linguaggi dell'affetto: che una tal qual
tendenza fisica ad espandere l'anima coi
soavi accenti della musica non venne data
da Dio con tanta esuberanza come a questa
nazione scaldata dal sole che irradiò
le fronti de’ più sublimi interpreti del bello
artistico. L’Italia del tempo presente, altamente
lo proclamiamo, sotto questo particolare
aspetto non ha nulla ad invidiare alle
sue età musicali più trionfanti; ai dì nostri,
come a’ tempi de' suoi più grandi capiscuola,
l’organizzazione italiana è in sovrana guisa
inclinata a riuscir prodigiosa di musicali
prodotti; le doti primitive o, diremo meglio,
i germi di istinto che si richiedono a
costituire i grandi cantanti, i grandi attori,
i sommi poeti e compositori, voi li
vedete largiti a profusione ove solo gettiate
uno sguardo alla innumerevole turba di coloro
che tra noi si addensano al limitare
delle professioni teatrali; i pubblici più colti
d’Europa, con tutta la loro vana pretesa di
giudici inappellabili in fatto di dottrinarismo
estetico e di sapienza musicale, mal reggerebbero
al confronto delle nostre più modeste
platee, ove avesse a darsi la palma
a chi sapesse mostrar meglio di sentir proprio
nel fondo dell’anima il prestigio delle
creazioni musicali, a chi valesse meglio a
palesare di aver sortita dalla natura indole
più propria a simpatizzare, per gusto sincero
e non affettato, coll’arte e coll’artista.
L’italiano, il diciamo con orgoglio, ove lo
si voglia supporre isolato da ogni condizione
estranea alla sua indole naturale, va primo
a tutti i popoli nel genio artistico, va primissimo
nel genio musicale. Ma, poiché abbiamo
voluto proclamare con tanta insistente
pompa questa incontrastabile verità,
ci si vorrà forse negare di affermar ad un
tempo con pari franchezza che, per molte
ragioni finora solo in nube accennate, (e di
queste verremo a suo luogo discorrendo per
esteso) quelle arti stesse e l’arte de’ suoni
non meno dell'altre, per le quali ricevemmo
dalla natura tanta dovizia di istintive disposizioni,
sono al presente nella patria nostra
con limitato senno interpretate, coltivate
con insufficienza di larghi principii, e con
false ed anguste dottrine giudicate1? Ad
altri l'ufficio di sostenere questa tesi per
ciò che più particolarmente riguarda la pittura,
la scultura, la poesia ec.; a noi quello
di svolgerla nel proposito della musica.—
Abbiamo più sopra gettato un motto delle professioni teatrali. Ebbene; prendiamo le mosse dal dire alcuna cosa di queste. Chi sa additarne un solo popolo d’Europa, nel seno del quale ribolla come tra noi, e ferva più incomposta, e stiam quasi per dire frenetica, la brama di avventurarsi ad occhi chiusi e a capo basso sul burrascoso oceano della scena melodrammatica? Giovinetti inesperti, mal sortiti in altre umili carriere, respinti dal conteggio, dalla mercatura, o forsanco dalle meccaniche officine, se furono dati per disperati d'ogni mezzo di buona riuscita in altri studii, se ne consolano di leggieri col pensare che rimane loro pur sempre un’àncora di speranza, e un raggio di luce splende pur sempre nel buio del loro avvenire; la carriera del canto! Ed eccoli correre difilati a piantarsi a lato al pianoforte del primo maestruzzo che lor colga tra piedi e a farsi provare a gola spalancata il metallo della voce!- È deciso il nuovo destino: Tizio ha un eccellente diapason di tenore, Sempronio ha un magnifico registro di basso! Detto fatto le lezioni
di solfeggio e di vocalizzazione (e sa
- ↑ Avvertiamo i lettori che parliamo dello stato dell’arte in genere, e che non saremo tardi a dedicare il nostro culto alle gloriose eccezioni per altro in troppo piccolo numero.....