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GAZZETTA MUSICALE

N. 1

DOMENICA
2 gennaio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


INTRODUZIONE.


Delle attuali condizioni

delle arti musicali in Italia.


ARTICOLO I.


I’ parlo per ver dire.


Coloro, e non sono in picciol numero, i quali hanno in uso di giudicar delle cose dalla sola apparenza e non dall’intima sostanza, vivono nella molto bella opinione che l’Italia d’oggidi sia la terra classica della musica, come tale fu essa ripetutamente proclamata ai floridi giorni dei Cimarosa e dei Paesiello, dei Pacchiarotti e dei Marchesi, delle Bulgarelli, delle Banti, ec. E per verità, a chi badi menomamente ai clamorosi trionfi onde ad ogni tratto si onorano nei menomi nostri teatri lirici le tante cosi dette celebrità musicali di che è formicolante questa bellissima penisola; a chi tenga conto delle tante iperboliche elucubrazioni dei nostri giornali sempre traboccanti della gloria immortale onde si incoronano ad ogni poco non so quante centinaja di esimie prime donne, di incomparabili primi tenori, di celeberrimi baritoni e bassi; a chi si fermi un tratto per le strade maggiori non delle sole nostre capitali, ma ed anco de’ menomi borghi, e ammiri nelle vetrine degli editori musicali, de’ librai, e de’ rivendugliuoli di intagli, i ritratti in litografia di non so quante dozzine di dozzine di eccellenze melodrammatiche, melotragiche e melobuffe, altre disegnate in sembianza di muse antiche inghirlandate di fiori, altre di genii mitologici, altre di olimpiaci eroi colla gran fronte onusta di allori e riposanti su un letto di palme; a chi tenga conto dei nembi di sonetti, canzoni, inni, ditirambi che tanto spesso veggiam piovere dai loggioni a ingombrar l’atmosfera delle nostre platee grandi e piccole; a chi abbia avuta la santa pazienza di gettar lo sguardo su certe rapsodie teatrali biografico-panegiriche più gonfie di superlativi e ridondanti di magniloque frasi d’ammirazione che nol fossero di care ghiottornie le botteghe de’ nostri salsamentari la vigilia delle or passate feste natalizie...; a tutti costoro, noi diciamo, riescir debbe certamente molto difficile il non persuadersi che noi italiani dei correnti anni di grazia viviamo proprio nell’età dell'oro de’ fefautti e de' mibemolli! Eppure, che cosa diranno di noi i nostri lettori se, per conto nostro, non punto allucinati dal falso orpello che ne circonda, avremo il coraggio di mettere innanzi una opinione in gran parte contraria e di protestarci persuasi essere anzi oggidì l’arte musicale in Italia in condizione tutt'altro che invidiabile, minacciato di fallimento gualche ramo di essa, ed altro, per cagioni fatali, spinto a volgere alla sua piena decadenza? - Se non che, prima di tutto intendiamoci bene nei termini; chè non avessero per caso a lapidarci coloro, i quali, per un falso sentimentalismo patriottico, amano meglio essere pascolati di assurde adulazioni, anzi che di ardite ma utili verità; ne ci gridino addietro alla bestemmia quegli altri cui la superba albagia delle passate memorie che si stenda a velare i torti della presente ignavia è più gradita della voce di chi scuota dal suo sonno involontario il genio italiano e lo ecciti a non lasciare che le altre nazioni lo precorrano sulla strada dei progressi intellettuali e civili. Noi coll'aver detto che l’arte de' suoni è ora nella nostra Italia in istato di scadimento, non abbiamo voluto per ombra accennare che spenta sia o solo in parte scemata tra noi quella gloriosa e potente favilla musicale che accese il petto ai tanti insigni de’ quali si vanta l'italiana melopea. Mai no: siamo anzi preparati a sostenere con ampio corredo di ragioni e di prove a fronte di chiunque osasse mai affermare l’opposto, che fra il vivace e immaginoso popolo nostro più che sotto qualunque altro cielo è sovrano il musicale istinto; che la natura, sì generosa de’ suoi più eletti doni all’uomo italiano, nol fu mai tanto come dei tesori di che si costituisce il più puro, il più nobile, il più efficace tra i linguaggi dell'affetto: che una tal qual tendenza fisica ad espandere l'anima coi soavi accenti della musica non venne data da Dio con tanta esuberanza come a questa nazione scaldata dal sole che irradiò le fronti de’ più sublimi interpreti del bello artistico. L’Italia del tempo presente, altamente lo proclamiamo, sotto questo particolare aspetto non ha nulla ad invidiare alle sue età musicali più trionfanti; ai dì nostri, come a’ tempi de' suoi più grandi capiscuola, l’organizzazione italiana è in sovrana guisa inclinata a riuscir prodigiosa di musicali prodotti; le doti primitive o, diremo meglio, i germi di istinto che si richiedono a costituire i grandi cantanti, i grandi attori, i sommi poeti e compositori, voi li vedete largiti a profusione ove solo gettiate uno sguardo alla innumerevole turba di coloro che tra noi si addensano al limitare delle professioni teatrali; i pubblici più colti d’Europa, con tutta la loro vana pretesa di giudici inappellabili in fatto di dottrinarismo estetico e di sapienza musicale, mal reggerebbero al confronto delle nostre più modeste platee, ove avesse a darsi la palma a chi sapesse mostrar meglio di sentir proprio nel fondo dell’anima il prestigio delle creazioni musicali, a chi valesse meglio a palesare di aver sortita dalla natura indole più propria a simpatizzare, per gusto sincero e non affettato, coll’arte e coll’artista. L’italiano, il diciamo con orgoglio, ove lo si voglia supporre isolato da ogni condizione estranea alla sua indole naturale, va primo a tutti i popoli nel genio artistico, va primissimo nel genio musicale. Ma, poiché abbiamo voluto proclamare con tanta insistente pompa questa incontrastabile verità, ci si vorrà forse negare di affermar ad un tempo con pari franchezza che, per molte ragioni finora solo in nube accennate, (e di queste verremo a suo luogo discorrendo per esteso) quelle arti stesse e l’arte de’ suoni non meno dell'altre, per le quali ricevemmo dalla natura tanta dovizia di istintive disposizioni, sono al presente nella patria nostra con limitato senno interpretate, coltivate con insufficienza di larghi principii, e con false ed anguste dottrine giudicate1? Ad altri l'ufficio di sostenere questa tesi per ciò che più particolarmente riguarda la pittura, la scultura, la poesia ec.; a noi quello di svolgerla nel proposito della musica.—

Abbiamo più sopra gettato un motto delle professioni teatrali. Ebbene; prendiamo le mosse dal dire alcuna cosa di queste. Chi sa additarne un solo popolo d’Europa, nel seno del quale ribolla come tra noi, e ferva più incomposta, e stiam quasi per dire frenetica, la brama di avventurarsi ad occhi chiusi e a capo basso sul burrascoso oceano della scena melodrammatica? Giovinetti inesperti, mal sortiti in altre umili carriere, respinti dal conteggio, dalla mercatura, o forsanco dalle meccaniche officine, se furono dati per disperati d'ogni mezzo di buona riuscita in altri studii, se ne consolano di leggieri col pensare che rimane loro pur sempre un’àncora di speranza, e un raggio di luce splende pur sempre nel buio del loro avvenire; la carriera del canto! Ed eccoli correre difilati a piantarsi a lato al pianoforte del primo maestruzzo che lor colga tra piedi e a farsi provare a gola spalancata il metallo della voce!- È deciso il nuovo destino: Tizio ha un eccellente diapason di tenore, Sempronio ha un magnifico registro di basso! Detto fatto le lezioni

di solfeggio e di vocalizzazione (e sa

  1. Avvertiamo i lettori che parliamo dello stato dell’arte in genere, e che non saremo tardi a dedicare il nostro culto alle gloriose eccezioni per altro in troppo piccolo numero.....